Ordinanza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge
22  maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternita'
e   sull'interruzione  volontaria  della  gravidanza),  promosso  con
ordinanza  del  12  dicembre  2006  dal  Giudice  tutelare  presso il
Tribunale  di  Treviso  nel procedimento relativo a C.T., iscritta al
n. 308  del  registro  ordinanze  2007  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 18, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  24  ottobre 2007 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che, con ordinanza del 12 dicembre 2006, il Giudice tutelare
presso il Tribunale di Treviso ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme
per la tutela sociale della maternita' e sull'interruzione volontaria
della  gravidanza),  per contrasto con l'art. 111, sesto comma, della
Costituzione;
     che  il  rimettente  riferisce  di avere autorizzato, in data 23
novembre  2006,  ai  sensi dell'art. 12 della citata legge n. 194 del
1978,  la  minorenne  C.T.,  nata  il 6 luglio 1989, all'interruzione
volontaria  della  gravidanza,  sulla  base dei presupposti di cui al
combinato  disposto  degli  artt.  4,  5, e 12 della legge n. 194 del
1978,  ritenendo  sussistenti  i  motivi  che  rendono sconsigliabile
consultare  gli  esercenti la potesta' genitoriale, ed aggiungendo di
avere  assunto  tale provvedimento per il rifiuto della minore stessa
di  considerare  l'opportunita'  di informare i genitori e sulla sola
base  della  volonta' della minore, e avuto soprattutto riguardo alla
urgenza di procedere per l'approssimarsi del termine ultimo utile per
l'interruzione volontaria della gravidanza;
     che,   secondo   il   giudice   a   quo,  l'assunzione  di  tale
provvedimento in assenza di qualsivoglia valutazione discrezionale si
porrebbe   in   contrasto   con   l'art.   111,  sesto  comma,  della
Costituzione,  secondo  cui  tutti  i  provvedimenti  giurisdizionali
devono essere motivati;
     che,  infatti,  dall'esame delle precedenti pronunce della Corte
costituzionale,  assunte  con  riferimento  all'art.  12  della legge
n. 194  del  1978,  si evince che la Corte ha ritenuto in particolare
che  «[...] la funzione del giudice tutelare costituisce strumento di
garanzia  circa la effettiva consapevolezza della scelta della minore
nella valutazione dei beni in gioco, in un sistema che vede coinvolti
tutti gli interventi di carattere sociale a tutela della maternita' e
della  vita del concepito, potendo il giudice negare l'autorizzazione
quando  escluda,  nel suo prudente apprezzamento, tale consapevolezza
[...]» (viene richiamata l'ordinanza n. 293 del 1993);
     che,  a  parere  del  rimettente,  la norma sarebbe stata dunque
interpretata  nel  senso di negare di fatto ogni potere discrezionale
al giudice tutelare, in contrasto con la lettera della norma, secondo
cui  il giudice, «sentita la donna e tenuto conto della sua volonta',
delle  ragioni  che  adduce  e  della  relazione  trasmessagli,  puo'
autorizzare la donna a decidere l'interruzione della gravidanza»;
     che tale interpretazione contrasterebbe in maniera stridente con
il  carattere  discrezionale  del  provvedimento richiesto al giudice
tutelare  e, quindi, con il principio dell'obbligo di motivazione del
provvedimento  stesso,  imposto  dall'art.  111,  sesto  comma, della
Costituzione;
     che,  dunque,  apparirebbe evidente l'estrema contraddittorieta'
di   una   norma   che,   da   un  lato,  richiede  un  provvedimento
giurisdizionale  discrezionale  (che, alla stregua dell'invocato art.
111, sesto comma, della Costituzione, deve essere sempre motivato) e,
dall'altro, impone (nella interpretazione che ne e' stata fornita) un
mero  provvedimento  autorizzativo  svincolato  da  qualsiasi  potere
discrezionale del giudice;
     che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   concludendo   per   l'inammissibilita'   o,   comunque,  per
l'infondatezza della questione;
     che,   secondo   la   difesa   erariale,  la  questione  sarebbe
inammissibile  per  difetto  di rilevanza, per essere stata sollevata
dopo  che  il  giudice  rimettente aveva gia' emesso il provvedimento
previsto   dalla  norma  denunciata,  autorizzando  la  minorenne  ad
interrompere  la  gravidanza,  con  la conseguenza che l'ordinanza di
rimessione e' intervenuta nell'ambito di una procedura gia' chiusa;
     che  la  questione  sarebbe  inoltre infondata, perche' la Corte
costituzionale  ha  precisato  che  il giudice deve motivare soltanto
sull'accertamento  della  volonta'  della donna stessa, senza entrare
nel merito di quanto da lei affermato.
Considerato  che  il  Giudice tutelare presso il Tribunale di Treviso
dubita  della legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge 22
maggio  1978,  n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternita' e
sull'interruzione  volontaria  della  gravidanza), nella parte in cui
prevedrebbe   che   il   giudice   tutelare  debba  emanare  un  mero
provvedimento  autorizzativo  non  motivato,  svincolato da qualsiasi
potere discrezionale del giudice, per violazione dell'art. 111, sesto
comma, della Costituzione;
     che  la questione e' manifestamente inammissibile per difetto di
rilevanza,  per  essere  stata  sollevata dal giudice a quo dopo aver
autorizzato  la  minorenne  ad  interrompere la gravidanza sulla base
della norma censurata e, quindi, dopo aver gia' fatto applicazione di
tale disposizione, ed avere, pertanto, consumato il proprio potere al
riguardo   (con   la   conseguenza   della  completa  ininfluenza  di
un'eventuale pronuncia di incostituzionalita' della stessa).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e
9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.