Ordinanza
nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 126-bis, comma
2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  introdotto dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15
gennaio  2002,  n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo
codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22
marzo  2001,  n. 85),  nel  testo risultante all'esito della modifica
apportata  dall'art.  7,  comma  3,  lettera b), del decreto-legge 27
giugno  2003,  n. 151  (Modifiche  ed  integrazioni  al  codice della
strada),  convertito,  con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003,
n. 214,  nonche'  dell'art.  180, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 285
del  1992, promossi con ordinanze del 27 novembre 2006 dal Giudice di
pace  di  Montevarchi nel procedimento civile vertente tra Cristoforo
Enzo  Mobilia  in  qualita'  di  legale rappresentante della De Nisco
Istituto  Investigazioni  s.r.l.  e il Comune di Montevarchi e del 16
gennaio  2007  dal Giudice di pace di Arezzo, nel procedimento civile
vertente  tra  la  Fenice  di Citi & Ragoni s.n.c. e la Prefettura di
Arezzo,  iscritte  ai  numeri 435 e 511 del registro ordinanze 2007 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 24 e 27,
prima serie speciale, dell'anno 2007.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio del 7 novembre 2007 il Giudice
relatore Alfonso Quaranta.
   Ritenuto  che i Giudici di pace di Montevarchi e di Arezzo, con le
ordinanze indicate in epigrafe, hanno sollevato - in riferimento agli
artt.  3,  24  e  27  della  Costituzione - questioni di legittimita'
costituzionale del combinato disposto dell'art. 126-bis, comma 2, del
decreto  legislativo  30  aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice della
strada),  introdotto dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15
gennaio  2002,  n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo
codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22
marzo  2001,  n. 85),  nel  testo risultante all'esito della modifica
apportata  dall'art.  7,  comma  3,  lettera b), del decreto-legge 27
giugno  2003,  n. 151  (Modifiche  ed  integrazioni  al  codice della
strada),  convertito,  con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003,
n. 214,  e  dell'art.  180,  comma  8, del medesimo d.lgs. n. 285 del
1992;
     che  il  rimettente  di  Montevarchi premette di dover giudicare
dell'opposizione  proposta,  dal legale rappresentante della societa'
“De Nisco Istituto Investigazioni” s.r.l., avverso il verbale con
il  quale  la  locale  polizia municipale ha contestato alla societa'
l'infrazione  consistente  nell'omessa  comunicazione  dei dati della
persona  e della patente del conducente responsabile di un'infrazione
stradale  comportante  l'applicazione della misura della decurtazione
del punteggio dalla patente di guida;
     che  il  predetto  giudice  a  quo  evidenzia,  inoltre, come il
ricorrente   abbia   dedotto   di   trovarsi  nell'impossibilita'  di
ottemperare  all'obbligo  di  comunicazione, atteso che la vettura di
proprieta'  della  societa'  -  di  cui e' il legale rappresentante -
risultava,  al  momento dell'accertata infrazione stradale, in uso ad
una  societa' collegata, nonche', materialmente, nella disponibilita'
di  due  dipendenti  della stessa, destinati ad alternarsi alla guida
del veicolo durante l'orario di servizio;
     che  tali  circostanze, unitamente al lasso di tempo di oltre un
anno  intercorso  tra  la  data  di  rilevamento dell'infrazione e la
richiesta  di  comunicazione  dei dati del conducente, avrebbero reso
impossibile   l'identificazione   del   responsabile   dell'accertata
infrazione;
     che  cio'  premesso in punto di fatto, il giudice a quo reputa i
summenzionati  artt.  126-bis,  comma  2,  e 180, comma 8, del codice
della strada in contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 Cost.;
     che,  sebbene  la  sentenza della Corte costituzionale n. 27 del
2005  abbia  stabilito  che  la sanzione della decurtazione dei punti
dalla  patente  di  guida  (prevista  dal  comma 2 del censurato art.
126-bis)   possa   applicarsi  soltanto  al  conducente  che  risulti
l'effettivo  responsabile  dell'accertata  infrazione stradale, e non
pure  al  proprietario del veicolo che abbia omesso di fornire i dati
necessari   all'identificazione   di   quel  soggetto  (sanzionandosi
l'omissione di tale comunicazione solo sul piano pecuniario, ai sensi
di  quanto  previsto all'art. 180, comma 8, del medesimo codice della
strada), tuttavia il combinato disposto delle due norme continuerebbe
a presentare persistenti profili di illegittimita' costituzionale;
     che   esso   «equipara»,   secondo   il   rimettente,   ai  fini
dell'applicazione  della  suddetta sanzione pecuniaria, «condotte tra
loro   diverse»,   e   cioe'  tanto  quelle  «tenute  da  coloro  che
“scientemente”  (e  quindi  con  dolo) o colposamente omettono di
fornire  la  dovuta comunicazione dei dati del conducente del veicolo
contravvenzionato»,  quanto  quelle  di  quanti  o «comunichino anche
semplicemente  di  “non ricordare” chi si trovasse alla guida del
veicolo»,  ovvero  «proponendo  ricorso,  motivino  le ragioni per le
quali   si   trovano  nell'impossibilita'  di  comunicare  alcunche',
esercitando quindi un loro legittimo diritto di difesa»;
     che  oltre  alla  violazione  dell'art.  3  Cost., il rimettente
ipotizza il contrasto con gli art. 24 e 27 della Carta fondamentale;
     che  quanto,  in  particolare,  al  primo  di tali parametri, il
Giudice  di  pace  di  Montevarchi  evidenzia  come,  per effetto del
sistema configurato dalle censurate disposizioni, il proprietario del
veicolo  si  venga  «a  trovare  nella  scomoda posizione di o dovere
rendere una dichiarazione contra se
per  ottemperare  all'obbligo di comunicazione impostogli, con palese
violazione   del  principio  nemo  tenetur  se  detegere»,  ovvero  -
allorche' «esprima le ragioni per le quali non e' nella condizione di
comunicare  alcunche»  - di vanificare «l'esimente dell'esercizio del
diritto ex art. 51 c.p.»;
     che,  infine,  in relazione all'asserito contrasto con l'art. 27
Cost.,  il  rimettente sottolinea come le norme censurate configurino
un'ipotesi  di  responsabilita'  oggettiva  in  capo al proprietario,
violando cosi' «il principio della personalita' della responsabilita'
penale»    (che    «costituisce    un   pilastro-limite   strutturale
dell'illecito  anche  depenalizzato»),  nonche'  la stessa previsione
dell'art.  42,  terzo  comma,  del codice penale, «che tassativamente
prevede  i casi in cui l'evento viene posto “altrimenti” a carico
dell'agente», e cioe' in difetto di dolo o di colpa;
     che  anche  il  Giudice  di  pace  di  Arezzo  censura le stesse
disposizioni  del  codice  della  strada,  in riferimento ai medesimi
parametri di cui agli artt. 3, 24 e 27 Cost.;
     che    anche    il   predetto   rimettente   risulta   investito
dell'opposizione  proposta  da una societa' commerciale, “La Fenice
di  Citi  e  Ragoni”  s.n.c.,  la  quale - sul presupposto di avere
comunicato  all'autorita'  procedente  di  versare  nella  «oggettiva
impossibilita'  di  fornire il nominativo della persona fisica che il
giorno  dell'accertamento  dell'infrazione era alla guida del veicolo
della  societa»  -  contesta  la  legittimita'  della  irrogazione, a
proprio  carico,  della  sanzione  pecuniaria prevista per la mancata
comunicazione  dei  dati  personali  e  della  patente del conducente
responsabile  dell'infrazione  stradale di cui all'art. 142, comma 8,
del codice della strada;
     che  tanto  evidenziato in punto di fatto, il rimettente aretino
sottolinea  come  le  motivazioni addotte dalla ricorrente a sostegno
della propria opposizione - e cioe' che «il tempo decorso dal momento
dell'accertamento  e  quello  della  notifica  del  relativo verbale,
ovvero  la possibilita' che la vettura, al momento dell'accertamento,
fosse nella disponibilita' materiale di piu' persone» costituirebbero
altrettante     circostanze     che     «renderebbero     impossibile
l'individuazione  del  conducente» - non siano idonee, in realta', ad
evitare l'applicazione della sanzione pecuniaria;
     che  cio'  nondimeno, il giudice a quo reputa di dover censurare
il  combinato  disposto degli artt. 126-bis, comma 2, e 180, comma 8,
del  codice  della  strada, in quanto esso si presenta, innanzitutto,
viziato   da   «irragionevolezza»,  giacche'  il  proprietario  «puo'
legittimamente  dichiarare  e  comunicare  il  nominativo di colui al
quale  la  vettura  venne  consegnata,  ma  non  i  dati di chi fosse
effettivamente alla guida al momento dell'accertamento»;
     che   tale   combinato  disposto,  inoltre,  «di  fatto  esclude
qualsivoglia  possibilita'  concreta  di  esercizio  del  diritto  di
difesa»,  atteso  che  fa  dipendere  l'applicazione  della  sanzione
pecuniaria  di  cui  all'art.  180,  comma  8,  «tanto  dalla mancata
comunicazione  dei  dati»,  quanto «dalla comunicazione delle ragioni
della  impossibilita'  della comunicazione richiesta, derivante dalla
mancata individuazione del conducente»;
     che,  infine,  le  norme  censurate  configurano «una ipotesi di
responsabilita' oggettiva in capo al proprietario», in contrasto «con
lo stesso spirito» della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al
sistema  penale),  «ed in particolare con l'art. 3 che vuole irrogata
la  sanzione amministrativa solo nei casi in cui si rinvenga, in capo
al trasgressore, l'elemento psicologico del dolo o della colpa»;
     che  e'  intervenuto, nel solo giudizio originato dall'ordinanza
del  Giudice  di  pace  di  Arezzo,  il  Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   deducendo  la  manifesta  infondatezza  della  questione  ma
riservandosi di illustrarne le ragioni «nel prosieguo del giudizio».
   Considerato  che i Giudici di pace di Montevarchi e di Arezzo, con
le  ordinanze  indicate in epigrafe, hanno sollevato - in riferimento
agli  artt. 3, 24 e 27 della Costituzione - questioni di legittimita'
costituzionale del combinato disposto dell'art. 126-bis, comma 2, del
decreto  legislativo  30  aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice della
strada),  introdotto dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 15
gennaio  2002,  n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo
codice della strada, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22
marzo  2001,  n. 85),  nel  testo risultante all'esito della modifica
apportata  dall'art.  7,  comma  3,  lettera b), del decreto-legge 27
giugno  2003,  n. 151  (Modifiche  ed  integrazioni  al  codice della
strada),  convertito,  con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003,
n. 214,  e  dell'art.  180,  comma  8, del medesimo d.lgs. n. 285 del
1992;
     che,  in  via  preliminare, deve essere disposta la riunione dei
due  giudizi,  atteso  che la loro comunanza di oggetto ne giustifica
l'unitaria trattazione;
     che  l'iniziativa  assunta  da entrambi i rimettenti - al di la'
dell'evocazione di tre parametri costituzionali (ed a prescindere dal
non  pertinente  richiamo  dell'art. 27 Cost., applicabile, per vero,
alla  sola responsabilita' penale e non pure a quella amministrativa)
-  tende,  in  definitiva, a censurare l'equiparazione, operata dalle
norme   censurate,   tra   le   condotte   «tenute   da   coloro  che
“scientemente”  (e  quindi  con  dolo) o colposamente omettono di
fornire  la  dovuta comunicazione dei dati del conducente del veicolo
contravvenzionato»   e   quelle   di   quanti  o  «comunichino  anche
semplicemente  di  “non ricordare” chi si trovasse alla guida del
veicolo»,  ovvero  «proponendo  ricorso,  motivino  le ragioni per le
quali  si trovano nell'impossibilita' di comunicare alcunche» (cosi',
in particolare, il Giudice di pace di Montevarchi);
     che, tuttavia, ciascuno dei giudici a quibus
mostra  di  ignorare il contenuto delle modificazioni apportate - tra
l'altro  anteriormente alla pronuncia delle ordinanze di rimessione -
al  testo dell'art. 126-bis, comma 2, del codice della strada (vale a
dire  una  delle  due  norme censurate) dal comma 164 dell'art. 2 del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria   e   finanziaria),   inserito  dalla  relativa  legge  di
conversione, 24 novembre 2006, n. 286;
     che, difatti, nella sua novellata formulazione, il predetto art.
126-bis, comma 2, del codice della strada stabilisce - in ordine alla
conseguenze derivanti dalla mancata comunicazione «dei dati personali
e  della patente del conducente al momento della commessa violazione»
-  che il «proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido
ai  sensi dell'articolo 196, sia esso persona fisica o giuridica, che
omette,  senza  giustificato  e  documentato  motivo,  di fornirli e'
soggetto  alla  sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
euro 250 a euro 1.000»;
     che,  inoltre,  i rimettenti, non solo hanno mancato di valutare
le conseguenze che la descritta modificazione legislativa - la quale,
oltretutto,  si  indirizza proprio nella direzione da essi auspicata,
giacche'  nega  che l'irrogazione della sanzione pecuniaria derivante
dalla  mancata  comunicazione «dei dati personali e della patente del
conducente  al  momento  della  commessa violazione» possa applicarsi
indistintamente  ad  ogni  comportamento  omissivo,  escludendone, in
particolare,  l'operativita' nel caso in cui la mancata comunicazione
sia  dipesa  da  un  «giustificato  e  documentato motivo» - potrebbe
produrre   in   relazione   alla   fattispecie  oggetto  dei  giudizi
principali,  ma mostrano anche di ignorare quanto affermato da questa
Corte con l'ordinanza n. 244 del 2006;
     che  questa  Corte  -  gia' nello scrutinare il testo originario
dell'art.  126-bis,  comma  2,  del  codice  della strada (e con esso
quello dell'art. 180, comma 8, dello stesso codice, al quale il primo
rinviava)  -  ha  sottolineato come un «duplice argomento ermeneutico
(letterale  e  sistematico)»  porti necessariamente a riconoscere «la
possibilita' di discernere il caso di chi, inopinatamente, ignori del
tutto  l'invito  “a  fornire  i  dati personali e della patente del
conducente  al  momento  della  commessa  violazione”, da quello di
colui che, “presentandosi o scrivendo”, adduca invece l'esistenza
di  motivi  idonei a giustificare l'omessa trasmissione di tali dati»
(ordinanza n. 244 del 2006);
     che     a     fronte,    pertanto,    di    persistenti    dubbi
nell'interpretazione del testo originario dell'art. 126-bis, comma 2,
del  codice della strada (e del successivo art. 180, comma 8), questa
Corte  deve  ulteriormente  precisare che un'opzione ermeneutica, che
pervenisse  alla  conclusione  di  equiparare  ogni ipotesi di omessa
comunicazione  dei  «dati personali e della patente del conducente al
momento   della   commessa   violazione»,  presenterebbe  una  dubbia
compatibilita' con l'art. 24 Cost.;
     che  una  simile  interpretazione,  difatti,  non consentendo in
alcun   modo  all'interessato  di  sottrarsi  all'applicazione  della
sanzione   pecuniaria,   si  risolverebbe  nella  previsione  di  una
presunzione iuris et de iure
di  responsabilita',  contravvenendo a quanto ripetutamente affermato
da  questa Corte, secondo cui «tale presunzione assoluta determina la
lesione   del   diritto   di  difesa  garantito  dall'art.  24  della
Costituzione,   dal   momento   che   preclude  all'interessato  ogni
possibilita'  di  provare  circostanze  che  attengono  alla  propria
effettiva condotta» (ex multis, sentenza n. 144 del 2005);
     che,   dunque,   cosi'   correttamente   interpretate   le   due
disposizioni  censurate  si sottraggono ai dubbi di costituzionalita'
prospettati  dai  giudici  rimettenti,  risultando cosi' le questioni
sollevate manifestamente infondate.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.