Ordinanza
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 46, 353 e 354
del  codice  di procedura civile promosso dal Tribunale di Monza, nel
procedimento  civile vertente tra Fercam s.p.a. e Mahlo Italia s.r.l.
ed  altri,  con ordinanza del 19 dicembre 2006 iscritta al n. 454 del
registro  ordinanze  2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 25, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito  nella  Camera  di  consiglio  del  21 novembre 2007 il giudice
relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che il Tribunale di Monza - sezione distaccata di Desio, nel
corso  di  un giudizio di appello avverso una sentenza del giudice di
pace -  dichiarativa  della  connessione  con  altra  causa  pendente
davanti  a  detto  Tribunale -  ha  sollevato,  con  ordinanza del 19
dicembre  2006:  a)  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
riferimento  agli  artt. 3 e 25 della Costituzione, degli artt. 353 e
354  del  codice di procedura civile (anche in combinato disposto con
l'art.  46  dello stesso codice), nella parte in cui non prevedono la
possibilita'  per  il  tribunale,  in  funzione di giudice di appello
avverso  le  sentenze  del  giudice di pace, di rimettere la causa al
giudice di primo grado, qualora riformi la sentenza con cui questi ha
declinato  la  propria  competenza;  b)  «in subordine», questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  46 cod. proc. civ. (anche in
combinato  disposto  con  gli  artt.  353 e 354 cod. proc. civ.), per
contrasto  con  gli  artt.  3, 24, 25 e 111 Cost., nella parte in cui
esclude  l'esperibilita'  del  regolamento  necessario  di competenza
avverso  le  sentenze  del  giudice  di  pace che si pronuncino sulla
competenza, anche ai sensi degli artt. 39 e 40 cod. proc. civ., senza
decidere il merito della controversia;
     che  il  Giudice  di  pace  di  Desio,  espone il remittente, ha
dichiarato, con sentenza, la connessione della causa per risarcimento
danni  da  circolazione  stradale,  pendente dinanzi a se', con altra
causa  pendente dinanzi al Tribunale di Monza - sezione distaccata di
Desio -  fissando il termine di centoventi giorni per la riassunzione
della causa dinanzi a quest'ultimo giudice;
     che,  avverso  detta  sentenza,  la  parte  attrice  ha proposto
appello  dinanzi al Tribunale di Monza - sezione distaccata di Desio,
quale   giudice   territorialmente   competente  per  1'impugnazione,
contestando  la  sussistenza dei presupposti previsti dal citato art.
40  cod.  proc.  civ.,  ai  fini della remissione della causa e dello
spostamento di competenza;
     che  la  medesima  parte  ha  provveduto  anche  a riassumere il
giudizio  dinanzi  allo  stesso  Tribunale, nella qualita' di giudice
designato come titolare del procedimento connesso, il quale pero' non
puo'  essere  piu'  riunito  a  quello  per cui il Giudice di pace ha
dichiarato la connessione, in quanto ormai definito in primo grado;
     che,  osserva il remittente, attesa l'impossibilita' di regresso
in  primo  grado,  la  decisione  circa la fondatezza dell'appello si
tradurrebbe  «in  un nulla di fatto», in quanto il tribunale dovrebbe
comunque trattenere la causa e giudicare nel merito;
     che,  inoltre,  la  contemporanea  pendenza  innanzi allo stesso
tribunale  di  due  distinti procedimenti, «aventi entrambi lo stesso
oggetto  sostanziale»  fa sorgere, nel giudice a quo, il dubbio sulla
stessa   ammissibilita'   dell'appello,   interrogandosi  egli  sulla
sussistenza del presupposto processuale dell'interesse ad agire;
     che, secondo il Tribunale, il sistema costituito dagli artt. 46,
353   e   354   cod.   proc.   civ.   porta  ad  escludere  de  facto
l'impugnabilita'   delle   sentenze   declinatorie  della  competenza
pronunciate  dal  giudice di pace, in quanto, precluso il regolamento
di  competenza,  l'appello  e',  a  sua  volta, impedito dalla stessa
carenza  di  interesse  ad  impugnare  la  pronuncia,  poiche' il suo
eventuale accoglimento in nessun modo infirmerebbe la statuizione del
giudice di pace sulla competenza;
     che,  quanto  all'art.  3  Cost.,  il Tribunale, pur consapevole
della  inesistenza  di una garanzia costituzionale di un doppio grado
di  merito,  non  ritiene  tuttavia  giustificata  la  preclusione al
regresso del giudizio in primo grado in caso di sentenza declinatoria
di  competenza  emessa  dal  giudice  di  pace, mentre nel caso delle
sentenze  emesse  da  altri  giudici  di  primo  grado,  la  sentenza
declinatoria  di  competenza  e'  impugnabile  con  il regolamento di
competenza innanzi alla Corte di cassazione, per cui, nell'ipotesi di
accoglimento  dell'impugnazione,  il  giudizio  viene  restituito  al
giudice dichiaratosi incompetente;
     che,  mentre  in  passato  tale  soluzione  poteva  trovare  una
giustificazione   nel   carattere  «bagatellare»  delle  controversie
rimesse  al  conciliatore  (e  nella sproporzione tra il ricorso alla
decisione  della  Corte  di  cassazione  ed il valore economico delle
controversie stesse), essa risulta del tutto ingiustificata alla luce
della nuova e piu' estesa competenza del giudice di pace;
     che,  secondo  il  remittente,  il  legislatore,  nel dettare la
formulazione  originaria degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., aveva
presente  il  rimedio  del  regolamento di competenza (il cui mancato
esperimento  e' rimesso alla scelta della parte), come indirettamente
dimostrato dall'originario (ed ormai abrogato) quarto comma dell'art.
354 cod. proc. civ.;
     che,  dovendo  il giudice di appello limitarsi a rilevare la non
correttezza  della  decisione  sulla  competenza passando subito dopo
all'esame  del merito, cosi' in tal modo sanando una violazione delle
norme  sulla  competenza, risulterebbe violato anche il principio del
giudice naturale di cui all'art. 25 Cost.;
     che,  quanto alla questione relativa all'art. 46 cod. proc. civ.
(esplicitamente  definita  come  subordinata),  il remittente ritiene
venuta  meno  la  ratio alla base della norma impugnata, in quanto il
procedimento  innanzi  al  giudice di pace non presenta piu' concreti
elementi  idonei  a  distinguerlo  (come  avveniva,  invece,  per  il
giudizio innanzi al conciliatore) dai giudizi innanzi ad altri organi
giurisdizionali, sicche' una diversificazione del regime impugnatorio
risulta  non  piu'  giustificata  e  si  traduce  in  una  violazione
dell'art. 3 Cost.;
     che  al  Tribunale l'esperibilita' del regolamento di competenza
d'ufficio  non  appare  integralmente satisfattiva, in quanto, ove il
giudice  ad  quem non ritenga di adire la Corte di cassazione in base
all'art.  45  cod.  proc.  civ.,  la  parte non ha alcuna facolta' di
reazione  e  nessuna  tutela, con corrispondente lesione dell'art. 24
Cost.;
     che, inoltre, l'impossibilita', per la parte, di dare impulso ad
un  procedimento  decisorio  in  ordine alla corretta competenza, con
conseguente   impossibilita'  di  rimessione  di  fronte  al  giudice
naturale  precostituito  per  legge,  si  traduce  in  una violazione
dell'art. 25 Cost.;
     che,  infine,  con  riguardo  all'art.  111 Cost., il remittente
ribadisce  il  carattere  «meramente  apparente» dell'appello, con la
conseguenza  della  violazione del principio per cui sono ricorribili
in cassazione, per violazione di legge, tutte le sentenze;
     che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di  non  fondatezza della
questione.
Considerato  che il Tribunale di Monza - sezione distaccata di Desio,
ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale:  a)  «del
combinato  disposto  degli  artt. 353 e 354 cod. proc. civ. (anche in
combinato  disposto  con  l'art.  46 codice di procedura civile)» per
contrasto con gli artt. 3 e 25 della Costituzione, nella parte in cui
essi  non  prevedono la possibilita' per il tribunale, in funzione di
giudice  di  appello  avverso  le  sentenze  del  giudice di pace, di
rimettere  la  causa  al  giudice  di primo grado, qualora riformi la
sentenza  con cui il giudice di pace - definitivamente pronunciando -
ha  declinato la propria competenza; b) «dell'art. 46 cod. proc. civ.
(anche  in  combinato  disposto  con  gli  artt. 353 e 354 cod. proc.
civ.), per contrasto con gli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., nella parte
in  cui esclude l'applicabilita' dell'art. 42 cod. proc. civ. in tema
di  regolamento  necessario  di  competenza,  avverso le sentenze del
giudice di pace che pronuncino sulla competenza, anche ai sensi degli
artt.  39  e  40  cod.  proc.  civ.  senza  decidere  il merito della
controversia»;
     che  l'ordinanza  di  rimessione  e'  stata  emessa nel giudizio
d'appello avverso la sentenza con la quale un giudice di pace, avendo
rilevato la connessione della controversia davanti a lui pendente con
altra  di  cui  era  stato  investito  lo stesso Tribunale di Monza -
sezione distaccata di Desio, aveva declinato la propria competenza;
     che   il   remittente   rileva  la  probabile  erroneita'  della
statuizione  del  giudice di primo grado perche' deliberata quando il
giudizio asseritamente connesso era stato gia' deciso dal tribunale e
la sentenza era stata impugnata con l'appello;
     che,  nel contempo, in ottemperanza alla sentenza del giudice di
pace,  il  giudizio e' stato riassunto davanti al remittente, sicche'
per la stessa vicenda pendono due processi, l'uno in appello, l'altro
in primo grado;
     che il remittente, sulla base di orientamenti giurisprudenziali,
definiti   consolidati,   escludenti   sia   la   proponibilita'  del
regolamento  di  competenza  avverso  le sentenze del giudice di pace
(art. 46 cod. proc. civ.) sia la rimessione al giudice di primo grado
per l'ipotesi, nella specie ricorrente, di riforma della declinatoria
di  competenza  (artt.  353  e  354 cod. proc. civ.), ritiene inutile
l'appello;
     che,  ad  avviso  del remittente, gli artt. 353 e 354 cod. proc.
civ.  contrastano, nella parte sopra indicata, con l'art. 3 Cost., in
quanto  soltanto  in  caso  di  erronea  declinatoria  della  propria
competenza  da  parte del giudice di pace la parte si vede privata di
un grado di giurisdizione di merito;
     che, secondo il giudice a quo, i suddetti articoli violano anche
il  precetto  costituzionale  dell'art.  25,  primo  comma, Cost., in
quanto   all'erroneita'   non   correggibile  della  declinatoria  di
competenza  del  giudice  di  pace conseguirebbe l'attribuzione della
controversia, per il giudizio di merito in primo grado, ad un giudice
diverso da quello precostituito per legge;
     che,  secondo  il  remittente,  e' fondata anche la tesi, da lui
definita  subordinata,  dell'illegittimita'  dell'art.  46 cod. proc.
civ.  nella parte in cui esclude il regolamento di competenza avverso
le  sentenze  del  giudice di pace, per contrasto con l'art. 3 Cost.,
perche' l'esclusione avrebbe potuto giustificarsi per le sentenze del
conciliatore,  ma  non  nei  confronti di quelle del giudice di pace,
nelle   cui   competenze   rientrano   anche  questioni  di  notevole
importanza;
     che,   ad  avviso  del  Tribunale  di  Monza,  l'esclusione  del
regolamento  necessario  di  competenza comprime irragionevolmente il
diritto  di difesa (art. 24 Cost.) e viola anche le regole del giusto
processo (art. 111 Cost.);
     che  lo scrutinio di legittimita' costituzionale non puo' essere
ammesso;
     che,  con  riguardo alla prima questione, il remittente da' atto
della  contemporanea  pendenza,  dinanzi  a  se', di due procedimenti
«aventi  lo  stesso oggetto sostanziale», uno costituito dall'appello
«esteso  al  merito»  e  l'altro  dal giudizio riassunto dalla stessa
parte;
     che  il  giudice  a  quo  dubita quindi della «sussistenza di un
interesse concreto all'impugnazione, con conseguente inammissibilita'
della  medesima»,  ma solo in ragione della denunciata impossibilita'
di  regresso  in  primo  grado  e non invece a causa dell'intervenuta
riassunzione  dello  stesso  procedimento entro i termini fissati dal
giudice di pace;
     che  il remittente non precisa alcunche' circa la compatibilita'
tra  tale  riassunzione e l'attualita' dell'interesse ad impugnare, e
quindi sull'ammissibilta' dell'appello;
     che  tale  omissione  si  traduce  in una carenza di motivazione
sulla rilevanza della questione;
     che analoga lacuna circa l'ammissibilita' del giudizio a quo non
consente  di  dare ingresso neppure alla seconda questione, in quanto
il  Tribunale non chiarisce quale effetto dovrebbe avere la richiesta
pronuncia  additiva su un giudizio per il quale egli stesso espone il
sopravvenuto difetto di interesse;
     che,  infatti,  al venir meno delle condizioni di ammissibilita'
dell'appello consegue la mancanza della stessa sede procedimentale in
cui  il  giudice a quo puo' sollevare tale incidente (diversamente da
quanto  avvenuto  nei  giudizi  all'origine delle ordinanze di questa
Corte n. 585 del 2000 e n. 69 del 2002);
     che,   inoltre,  tra  le  sollevate  questioni  il  rapporto  di
subordinazione  e'  soltanto formalmente enunciato ma non logicamente
dimostrato, perche' in punto di rilevanza esiste tra le stesse, cosi'
come   sollevate   nell'ordinanza   di  rimessione,  un  rapporto  di
alternativita' e non di subordinazione;
     che,   quindi,   entrambe   le   questioni  sono  manifestamente
inammissibili.
Visti  gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e  9,  comma  2,  delle  norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.