Sentenza
nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 19 della
legge  della  Provincia  autonoma  di Bolzano 30 settembre 2005, n. 7
(Norme  in  materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti
elettrici),  promosso  con  ricorso  del Presidente del Consiglio dei
ministri notificato il 14 dicembre 2005, depositato in cancelleria il
19 dicembre 2005 ed iscritto al n. 97 del registro ricorsi 2005.
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  15  gennaio  2008  il  giudice
relatore Paolo Maddalena;
   Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Glauco Nori per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e l'avvocato Giuseppe Franco Ferrari per la
Provincia autonoma di Bolzano.
                          Ritenuto in fatto
   1.   -  Con ricorso notificato il 14 dicembre 2005 e depositato il
successivo  19  dicembre,  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
proposto questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 19
della  legge  della  Provincia autonoma di Bolzano 30 settembre 2005,
n. 7  (Norme  in  materia  di  utilizzazione  di acque pubbliche e di
impianti elettrici).
   1.1.  -  In  particolare, quanto all'impugnazione dell'art. 13, il
Presidente  del Consiglio dei ministri evidenzia, anzitutto, che tale
disposizione,  al  comma  2,  prevede  che la concessione delle acque
minerali  esistenti  nel  territorio  della  provincia  e' rilasciata
«previo riconoscimento del carattere minerale delle acque medesime da
parte  dell'Agenzia  provinciale  per  l'ambiente e previa iscrizione
nell'apposito    elenco    delle   acque   minerali   tenuto   presso
l'amministrazione  provinciale»;  in forza del successivo comma 3, e'
attribuita  all'Agenzia  provinciale  per l'ambiente, di concerto con
l'Azienda  sanitaria  di Bolzano, la competenza al riconoscimento del
carattere minerale ai fini dell'imbottigliamento e dell'uso termale o
terapeutico.  Sicche'  -  rileva la difesa erariale - nella impugnata
legge provinciale si trova «la disciplina integrale della materia per
il  territorio  della  Provincia  senza  nessun  coinvolgimento dello
Stato».
   Il  ricorrente  deduce,  quindi,  che  il  predetto  art. 13 e' in
contrasto  con  gli  artt.  8  e  9 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), con il principio di
leale  collaborazione e con l'art. 117, primo comma, Cost., in quanto
in violazione della normativa comunitaria.
   A  tal  riguardo,  osserva  che  l'art.  8,  n. 14,  dello statuto
ricomprende  le  acque  minerali  e termali tra le materie rientranti
nella  potesta'  legislativa delle Province, che, a mente dell'art. 4
dello  stesso  statuto,  deve  essere  esercitata  «in armonia con la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e  con  il  rispetto  degli obblighi internazionali e degli interessi
nazionali»,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle  riforme
economico-sociali  della  Repubblica;  mentre  il  successivo  art. 9
attribuisce   alle   province  medesime  potesta'  legislativa  sulla
utilizzazione  delle  acque  pubbliche (n. 9) e l'igiene e la sanita'
(n.  10),  da  esercitarsi,  in  base  all'art.  5 dello statuto, nel
rispetto  dei limiti indicati dal citato art. 4 nonche' dei «principi
stabiliti dalle leggi dello Stato».
   L'Avvocatura  erariale  sostiene  che  la  disciplina  delle acque
minerali  e'  recata  dal decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105
(Attuazione  della direttiva 80/777/CEE relativa alla utilizzazione e
alla commercializzazione delle acque minerali naturali), che all'art.
4  attribuisce  al Ministro della sanita' (attualmente Ministro della
salute)  la  competenza  a  verificare  «le caratteristiche igieniche
particolari,  nonche' le proprieta' favorevoli alla salute dell'acqua
minerale  naturale,  le indicazioni e le eventuali controindicazioni,
che possono essere riportate sulle etichette e ogni altra indicazione
ritenuta opportuna, caso per caso». Inoltre, quanto al riconoscimento
delle  proprieta'  terapeutiche  delle  acque minerali e termali e la
pubblicita'  relativa  alla  loro  utilizzazione  a  scopo sanitario,
siffatte attribuzioni erano state gia' riservate allo Stato dall'art.
6,  lettera t), della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del
servizio sanitario nazionale).
   Cio'  precisato,  nel  ricorso si assume che l'acqua minerale, «in
quanto  potabile con funzione anche terapeutica, incide sulla salute»
e  che la tutela della salute deve trovare «base unitaria su tutto il
territorio  nazionale».  Ne  deriva, ad avviso del ricorrente, che le
relative  norme nazionali costituirebbero «i principi stabiliti dalle
leggi  dello  Stato», la cui osservanza, «con il rispetto [...] degli
interessi   nazionali»,   lo   statuto   impone   alla   legislazione
provinciale.
   La  difesa  erariale  sostiene,  peraltro,  che  le acque minerali
«entrano  nel  mercato nazionale» e se non fosse possibile eseguire a
livello  centrale  le  dovute verifiche, «nel circuito commerciale si
troverebbero  acque  con caratteristiche igieniche diverse e sotto il
profilo  igienico si avrebbero livelli minimi di tutela diversi». Una
eventualita'    siffatta    sarebbe   anche   contrastante   con   la
«concorrenzialita'  del  mercato  nazionale»,  giacche'  il «rapporto
concorrenziale   non   sarebbe  piu'  fondato  sulle  caratteristiche
igieniche,   sulle   proprieta'   terapeutiche   e   sulle  eventuali
controindicazioni,  accertate  da  uno  stesso organo ed in base agli
stessi  criteri,  ma si sposterebbe sui criteri adottati dagli organi
locali».
   Ne   conseguirebbe   che  «sarebbe  alterata  anche  la  posizione
competitiva  degli  operatori economici del settore, alcuni dei quali
potrebbero  essere autorizzati ad immettere nel mercato acque che non
potrebbero esserlo in altre Regioni».
   Osserva,  quindi,  il  ricorrente  che la materia trova disciplina
nella   direttiva  80/777/CEE  del  15  luglio  1980  (Direttiva  del
Consiglio in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri   sull'utilizzazione  e  la  commercializzazione  delle  acque
minerali   naturali),  alla  quale  ha  fatto  seguito  la  direttiva
2003/40/CE  del  16  maggio  2003  (Direttiva  della  Commissione che
determina  l'elenco,  i  limiti di concentrazione e le indicazioni di
etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonche'
le  condizioni  d'utilizzazione  dell'aria arricchita di ozono per il
trattamento  delle acque minerali naturali e delle acque sorgive). In
esse  si  evidenzia  che  le differenze esistenti tra le legislazioni
«ostacolano  la  libera  circolazione  delle acque minerali naturali,
dando    luogo   a   distorsioni   della   concorrenza,   ed   hanno,
conseguentemente,   una   diretta  incidenza  sull'attuazione  e  sul
funzionamento  del  mercato comune». Per ovviare a tali inconvenienti
si  e',  quindi,  ritenuto  necessaria la «emanazione di norme comuni
specie  per  quanto  concerne  i requisiti necessari sotto il profilo
batteriologico  ed  i  requisiti per l'utilizzazione di denominazioni
particolari per determinate acque minerali».
   Ad  avviso  del  Presidente  del Consiglio dei ministri, il «venir
meno  dell'unita'  di  disciplina  nazionale,  realizzata dalle norme
statali   di   attuazione   della   direttiva  del  1980,  pregiudica
l'attuazione   ed  il  funzionamento  del  mercato  comune  alla  cui
salvaguardia la direttiva stessa era rivolta»; pertanto, la Provincia
di  Bolzano  avrebbe  sconfinato  dai  limiti  della propria potesta'
legislativa,  invadendo «la materia della concorrenza, riservata allo
Stato  dall'art.  117,  secondo comma, lett. e), con violazione della
normativa comunitaria».
   Inoltre - prosegue la difesa erariale - la disciplina di principio
statale  avrebbe  tenuto  conto degli interessi regionali in materia,
prevedendo  (art.  5  del d.lgs. n. 105 del 1992) che una sorgente di
acqua  minerale  naturale,  riconosciuta  ai  sensi dell'art. 4, puo'
essere  utilizzata  solo  su  autorizzazione regionale. Diversamente,
dovrebbe  reputarsi  in riferimento alla disposizione denunciata, che
sarebbe  quindi  illegittima  anche  sotto  il  profilo della mancata
previsione  di qualsivoglia «forma di collaborazione con lo Stato che
consentisse  la  tutela  da  parte  di  quest'ultimo  degli interessi
unitari di cui e' portatore».
   1.2.  -  In  relazione  alla  denuncia dell'art. 19, il ricorrente
rammenta  che  la  norma  ha integrato l'art. 1, comma 3, della legge
provinciale 11 aprile 2005, n. 1 (Disposizioni transitorie in materia
di  concessioni  di  grandi derivazioni a scopo idroelettrico), quale
disposizione   provinciale   gia'   impugnata   con  ricorso  in  via
principale.  Ad avviso del ricorrente, la «norma impugnata, insieme a
quella  di  cui  costituisce  la modifica, ha pertanto sconfinato dai
limiti  della  potesta'  legislativa della provincia», interferendo -
come   gia'  precisato  nel  precedente  ricorso  -  «in  materia  di
concorrenza,  sulla  quale lo statuto non conferisce alcun potere, ed
e'  andata  contro  ai  principi  comunitari,  esponendo  lo  Stato a
responsabilita' nei confronti della comunita' europea, cosi' violando
l'art. 117, primo comma, Cost.».
   2.  - Si e' costituita la Provincia autonoma di Bolzano, la quale,
riservandosi  di  argomentare  sulle proprie ragioni, ha concluso per
l'inammissibilita',  l'improcedibilita'  o,  comunque, l'infondatezza
del ricorso.
   3.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato, in
data 8 novembre 2006, memoria illustrativa.
   3.1.  -  Quanto  alla  denuncia  dell'art.  13  della  legge della
Provincia  di  Bolzano  n. 7 del 2005, insiste per la declaratoria di
incostituzionalita'  della predetta disposizione per violazione degli
artt.  8  e 9 dello statuto di autonomia, dell'art. 117, primo comma,
Cost. e del principio di leale collaborazione.
   La  norma  censurata si porrebbe in contrasto, in riferimento alle
acque  termali,  con i principi desumibili dalla legislazione statale
(segnatamente, dall'art. 4 del d.lgs. n. 105 del 1992, coordinato con
l'art.   6,  lettera  t,  della  legge  n. 833  del  1978),  giacche'
consentirebbe - peraltro in via legislativa e non gia' caso per caso,
come  dovrebbe  invece  avvenire  - che possa riconoscersi «capacita'
terapeutica, anche nella forma termale, ad acque che in altre Regioni
non l'avrebbero».
   In  riferimento  poi  alle  acque  minerali  - argomenta ancora il
ricorrente   -   in   assenza  di  standard  minimo  qualitativo  «la
concorrenzialita'   del   mercato  ne  resterebbe  pregiudicata».  Si
osserva,  quindi,  che «la rilevanza di questo dato concorrenziale si
trova  messa in evidenza nella Direttiva del Consiglio 80/777/CEE del
15  luglio  1980»,  sicche'  soltanto  lo  Stato poteva legiferare in
materia,  ai  sensi  dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
come appunto avvenuto in forza del d.lgs. n. 105 del 1992.
   3.2. - In riferimento alla denuncia dell'art. 19, nella memoria si
evidenzia  che  la  legge provinciale n. 1 del 2005 e' stata abrogata
dall'art.  19,  comma 6, della legge provinciale 20 luglio 2006, n. 7
(Disposizioni  in  connessione  con  l'assestamento  del  bilancio di
previsione della Provincia autonoma di Bolzano per l'anno finanziario
2006  e  per il triennio 2006-2008), e che detta abrogazione riguarda
pure  l'art. 1, comma 3, come modificato dalla disposizione di cui al
censurato  art.  19,  senza che vi sia stata medio tempore attuazione
della  norma  impugnata.  Si  conclude,  pertanto, sostenendo che non
sussiste «utilita' pratica» di una pronuncia sul punto.
   4. - In prossimita' dell'udienza hanno depositato memorie entrambe
le parti costituite.
   4.1.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, nell'insistere
per  l'incostituzionalita'  dell'art.  13  della legge provinciale 30
settembre  2005,  n. 7  e  nello  sviluppare  argomentazioni  gia' in
precedenza   esposte,  riafferma,  in  particolare,  che  i  principi
fondamentali  in  materia  di  acque minerali sono dettati dal d.lgs.
n. 105  del 1992, di attuazione della direttiva 80/777/CEE, il quale,
all'art.  4,  intesta al Ministro della sanita' (attualmente Ministro
della  salute)  il  potere  di riconoscimento della qualita' di acqua
minerale   naturale,   con  norma  conforme  anche  al  principio  di
sussidiarieta' di cui al nuovo art. 118 Cost.
   4.2  -  La  Provincia  autonoma  di  Bolzano  conclude  per la non
fondatezza   della  sollevata  questione,  assumendo  che  l'art.  13
denunciato   sarebbe  frutto  di  corretto  esercizio  della  propria
competenza  legislativa  primaria,  attribuita dallo Statuto (art. 8,
n. 14),  giacche'  - posto che la direttiva 80/777/CEE prevede che il
riconoscimento  come  acqua  minerale  naturale  della risorsa idrica
estratta  dal  suolo  di  uno  Stato  membro  avvenga  ad opera della
«autorita'  competente dello Stato membro» medesimo - essa si sarebbe
limitata  ad individuare «quale soggetto competente al riconoscimento
l'Agenzia  Provinciale  per  l'Ambiente,  di  concerto  con l'Azienda
Sanitaria  di  Bolzano,  quindi  enti  certamente competenti sotto il
profilo tecnico».
   La  Provincia  resistente sostiene, quindi, che la norma censurata
non  detta  alcuna prescrizione o procedura in ordine ai requisiti di
mineralita'  delle  acque  ai  fini  del  riconoscimento  di siffatto
carattere,  ma,  appunto,  individua soltanto un determinato soggetto
deputato  al  predetto riconoscimento, che avviene in base ai criteri
ed  ai  protocolli  fissati dalla legislazione statale, in attuazione
del   diritto   comunitario   (direttiva   80/777/CE   e   successive
modificazioni).
   In   definitiva,  «la  legge  provinciale  censurata,  dunque,  si
discosta   dal   parametro   statale  solo  per  l'aspetto  peculiare
dell'individuazione del soggetto competente al riconoscimento [...] e
consente  di  procedere  alla valutazione della natura minerale delle
acque, in applicazione dei parametri di cui alla direttiva 80/777/CEE
e   relativa   disciplina   di   attuazione,   avendo  riguardo  alle
caratteristiche  che,  caso  per  caso,  la  risorsa idrica esaminata
presentera».
   5.  -  In  data  21  settembre  2007  il Consiglio dei ministri ha
deliberato  di  rinunciare  all'impugnazione dell'art. 19 della legge
provinciale  n. 7  del  2005  ed il successivo 24 settembre la Giunta
provinciale   di   Bolzano  ha  deliberato  l'accettazione  di  detta
rinuncia.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, con ricorso notificato
il  14  dicembre  2005  e  depositato  il  successivo 19 dicembre, ha
proposto questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 19
della  legge  della  Provincia autonoma di Bolzano 30 settembre 2005,
n. 7  (Norme  in  materia  di  utilizzazione  di acque pubbliche e di
impianti elettrici).
   1.1.  -  L'art. 13 della legge della Provincia autonoma di Bolzano
n. 7 del 2005, prevede:
     al  comma  2: «La concessione delle acque minerali, da derivarsi
esclusivamente da corpi idrici sotterranei e superficiali per i quali
sono  realizzate  aree  di tutela, e' rilasciata secondo le modalita'
previste  dalla  disciplina  concernente  le  acque pubbliche, previo
riconoscimento  del  carattere minerale delle acque medesime da parte
dell'Agenzia   provinciale   per   l'ambiente   e  previa  iscrizione
nell'apposito    elenco    delle   acque   minerali   tenuto   presso
l'amministrazione provinciale»;
     al successivo comma 3: «Ai fini dell'imbottigliamento o dell'uso
termale  o  terapeutico  delle  acque  minerali il riconoscimento del
carattere minerale delle acque e' effettuato dall'Agenzia provinciale
per l'ambiente di concerto con l'Azienda sanitaria di Bolzano».
   Il ricorrente deduce il contrasto con:
     gli  artt. 8, n. 14, e 9, nn. 9 e 10, del d.P.R. 31 agosto 1972,
n. 670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi costituzionali
concernenti  lo  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige) - i
quali,  rispettivamente,  attribuiscono  alla  Provincia,  nei limiti
dell'art.  4  dello  Statuto, la competenza legislativa in materia di
«acque  minerali e termali», e, nei limiti dell'art. 5 dello Statuto,
l'«igiene»  e  la  «sanita»  -  giacche' sarebbe violato il d.lgs. 25
gennaio  1992, n. 105 (Attuazione della direttiva 80/777/CEE relativa
alla  utilizzazione  e  alla commercializzazione delle acque minerali
naturali),  che  all'art.  4  attribuisce  al  Ministro della sanita'
(attualmente  Ministro  della  salute) la competenza a verificare «le
caratteristiche   igieniche   particolari,   nonche'   le  proprieta'
favorevoli alla salute dell'acqua minerale naturale, le indicazioni e
le  eventuali  controindicazioni,  che possono essere riportate sulle
etichette  e  ogni  altra  indicazione  ritenuta  opportuna, caso per
caso».  Dette  disposizioni,  attenendo  alla  salute, da tutelare su
«base  unitaria  su  tutto  il  territorio  nazionale»,  sarebbero da
annoverare  tra  i «principi stabiliti dalle leggi dello Stato», alla
cui osservanza, «con il rispetto [...] degli interessi nazionali», e'
tenuta  la  legislazione  provinciale,  ai  sensi  dell'art.  5 dello
statuto;
     l'art.  117, primo comma, Cost., in quanto - trovando la materia
la   sua   presupposta   disciplina  nella  direttiva  del  Consiglio
80/777/CEE  del  15  luglio  1980,  alla  quale  ha  fatto seguito la
direttiva della Commissione 2003/40/CE del 16 maggio 2003 - il «venir
meno  dell'unita'  di  disciplina  nazionale,  realizzata dalle norme
statali   di   attuazione   della   direttiva  del  1980,  pregiudica
l'attuazione   ed  il  funzionamento  del  mercato  comune  alla  cui
salvaguardia  la direttiva stessa era rivolta», cosi' da determinarsi
l'invasione  della  «materia  della concorrenza, riservata allo Stato
dall'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  con  violazione della
normativa comunitaria»;
     il  principio  di leale collaborazione, in quanto - diversamente
dalla disciplina di principio statale, che avrebbe tenuto conto degli
interessi regionali in materia, prevedendo (art. 5, d.lgs. n. 105 del
1992)  che  una  sorgente di acqua minerale naturale, riconosciuta ai
sensi  dell'art.  4,  puo'  essere  utilizzata solo su autorizzazione
regionale - non e' stata prevista alcuna «forma di collaborazione con
lo  Stato  che  consentisse  la tutela da parte di quest'ultimo degli
interessi unitari di cui e' portatore».
   1.2. - Quanto alla denuncia dell'art. 19, il ricorrente, dopo aver
precisato  che  la  norma ha integrato l'art. 1, comma 3, della legge
provinciale 11 aprile 2005, n. 1 (Disposizioni transitorie in materia
di  concessioni  di  grandi derivazioni a scopo idroelettrico), quale
disposizione   provinciale   gia'   impugnata   con  ricorso  in  via
principale, sostiene che la «norma impugnata, insieme a quella di cui
costituisce  la  modifica,  ha  pertanto  sconfinato dai limiti della
potesta'  legislativa  della  provincia»,  interferendo  -  come gia'
precisato  nel precedente ricorso - «in materia di concorrenza, sulla
quale  lo statuto non conferisce alcun potere, ed e' andata contro ai
principi   comunitari,  esponendo  lo  Stato  a  responsabilita'  nei
confronti  della  comunita' europea, cosi' violando l'art. 117, primo
comma, Cost.».
   2. - Va immediatamente evidenziato che, in data 21 settembre 2007,
il    Consiglio    dei   ministri   ha   deliberato   di   rinunciare
all'impugnazione  del  predetto art. 19 ed il successivo 24 settembre
la  Giunta  provinciale  di  Bolzano  ha deliberato l'accettazione di
detta rinuncia.
   Si   deve   quindi   pronunciare   l'estinzione  del  giudizio  in
riferimento  alla  denuncia dell'art. 19 della legge provinciale n. 7
del 2005.
   3.  -  La  residua questione, che investe l'art. 13 della medesima
legge provinciale n. 7 del 2005, non e' fondata.
   Nell'inquadrare  la  normativa  di immediato rilievo ai fini della
decisione,  occorre rammentare, anzitutto, che l'art. 8, n. 14, dello
Statuto di autonomia attribuisce alla competenza legislativa primaria
della  Provincia  autonoma  la  materia  «miniere,  comprese le acque
minerali e termali».
   L'art.  4  della  legge  23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del
servizio  sanitario  nazionale),  prevede,  a  sua  volta,  che,  per
garantire  l'uniformita'  delle  condizioni  di salute sul territorio
nazionale,  la legge statale detti norme, assistite anche da sanzione
penale,  in  materia  di  «tutela  igienica  degli  alimenti  e delle
bevande».  Inoltre,  in base all'art. 6 della stessa legge n. 833 del
1978,  sono  state  attribuite  allo Stato le funzioni amministrative
relative al «riconoscimento delle proprieta' terapeutiche delle acque
minerali  e termali e la pubblicita' relativa alla loro utilizzazione
a scopo sanitario».
   Gli  artt.  1  e  2 del d.lgs. n. 105 del 1992 come modificati dal
decreto  legislativo 4 settembre 1999, n. 428 (Disciplina delle acque
di  sorgente  e  modificazioni  al  d.lgs.  25 gennaio 1992, n. 105),
forniscono  la  definizione  di  acque  minerali e stabiliscono quali
debbano  essere le loro caratteristiche e i criteri di valutazione da
tenere presente all'atto del riconoscimento.
   Va  rammentato  altresi'  che  la  Corte  di  giustizia CE, con la
sentenza  del  17  luglio  1997  -  causa C-17/96, ha interpretato il
disposto  dell'art.  1,  n. 1,  dell'allegato I, parte I, punti 1 e 2
(che reca la definizione di acqua minerale naturale), della direttiva
80/777/CEE,  in  materia  di riavvicinamento delle legislazioni degli
Stati  membri sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque
minerali naturali, nel senso che non e' necessario che un'acqua abbia
proprieta' salutari per poter essere riconosciuta come acqua minerale
naturale. Di qui le modifiche alla originaria direttiva del 1980 (con
la direttiva del 1997) e, conseguentemente, al d.lgs. n. 105 del 1992
(da parte del d.lgs. n. 428 del 1999).
   In  base  a quanto previsto dal primo comma dell'art. 2 del d.lgs.
n. 105 del 1992, e' stato emanato il decreto ministeriale 12 novembre
1992,  n. 542  (Regolamento  recante  i  criteri di valutazione delle
caratteristiche   della   acque   minerali   naturali)  e  successive
modificazioni, con cui sono stati stabiliti i «criteri di valutazione
delle caratteristiche delle acque minerali naturali».
   L'art.  4  del  d.lgs. n. 105 del 1992 attribuisce la competenza a
decidere  sul  riconoscimento  del  carattere minerale di un'acqua al
Ministro  della sanita', che provvede con proprio decreto, sentito il
Consiglio superiore di sanita'.
   3.1.  -  La disciplina sopra richiamata pone, nel suo complesso, i
requisiti  minimi,  validi  per tutto il territorio nazionale, per il
riconoscimento del carattere di mineralita' delle acque e, come tale,
costituisce  principio dell'ordinamento giuridico che funge da limite
alla  potesta'  legislativa  primaria  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano ex art. 8, n. 14, dello Statuto.
   Limite  che  non  e'  superato dalla norma censurata, la quale non
detta alcuna prescrizione in ordine ai requisiti di mineralita' delle
acque  ai  fini del riconoscimento di siffatto carattere, ma soltanto
individua   un   determinato   soggetto   (nella   specie,  l'Agenzia
provinciale  per  l'ambiente,  di  concerto  con  l'ASL)  deputato al
predetto  riconoscimento,  ma  in  base  ai  criteri ed ai protocolli
fissati  dalla  legislazione  statale  (d.lgs.  n. 105  del 1992), in
attuazione del diritto comunitario (direttiva 80/777/CEE e successive
modificazioni). Non puo' pertanto ravvisarsi la lesione dei parametri
evocati  dal  ricorrente,  giacche'  la  Provincia  ha  esercitato la
propria  competenza  legislativa primaria, rispettando le esigenze di
uniformita'  sottese  al  riconoscimento  delle  acque  minerali,  da
ravvisare  proprio  nei  requisiti di mineralita' delle acque imposti
dalla normativa statale innanzi richiamata.