Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promossi dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale centrale e dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, con ordinanze del 10 marzo 2006, del 16 maggio 2006 e del 30 marzo 2006 rispettivamente iscritte ai nn. 304, 432 e 540 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 37, 43 e 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2006. Visti gli atti di costituzione dell'INPDAP, di L. A. ed altri, nonche' l'atto di intervento, fuori termine, di S. S. e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 12 febbraio 2008 il giudice relatore Francesco Amirante; Uditi gli avvocati Filippo De Jorio per S. S., Paolo Guerra per L. A. ed altri, Dario Marinuzzi per l'INPDAP e l'avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che nel corso di un giudizio in cui il ricorrente, titolare di pensione diretta e di trattamento di reversibilita', aveva richiesto l'accertamento del diritto a percepire per intero l'indennita' integrativa speciale su entrambe le pensioni (compresa la tredicesima mensilita), la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato); che il remittente ricorda come questa Corte, con la sentenza n. 494 del 1993, abbia dichiarato illegittima la norma impugnata nella parte in cui non prevedeva che, nei confronti dei titolari di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennita' integrative speciali, dovesse comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, sicche' si deve ritenere che il menzionato divieto di cumulo continui a sussistere nel nostro ordinamento in caso di contestuale titolarita' di due pensioni, anche se mitigato dalla necessita' di assicurare su una delle due pensioni il trattamento minimo previsto per il suddetto Fondo; che il giudice a quo osserva come la citata decisione n. 494 del 1993 si colleghi logicamente con la precedente sentenza n. 566 del 1989, che aveva dichiarato l'illegittimita' costituzionale, con una formula semplicemente ablativa, del quinto comma del medesimo art. 99 - il quale disponeva la sospensione dell'indennita' integrativa speciale nei confronti dei pensionati che prestassero opera retribuita presso lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici - in quanto la norma non stabiliva il limite dell'emolumento dell'attivita' esplicata, al di sotto del quale la decurtazione fosse operante; che, pertanto, mentre nel caso di concorso di trattamenti pensionistici sarebbe stata la giurisprudenza di questa Corte ad individuare il livello del secondo reddito da salvaguardare (il trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti), nel caso di concorso di pensione e di retribuzione detta giurisprudenza avrebbe disposto l'immediata rimozione dall'ordinamento del divieto di cumulo dell'indennita' integrativa speciale, facendo salvo l'intervento del legislatore per stabilire il limite di retribuzione al di sotto del quale era ritenuto ammissibile il cumulo integrale fra il trattamento pensionistico e la retribuzione; che la Corte dei conti remittente esclude di poter interpretare il dispositivo della sentenza n. 494 del 1993 nel senso di dedurne la cancellazione dal nostro ordinamento del divieto di cumulo dell'indennita' integrativa speciale nel caso di contestuale godimento di piu' trattamenti pensionistici, nonostante i successivi interventi di questa Corte sull'argomento (ordinanze n. 438 del 1998 e n. 517 del 2000 e sentenza n. 516 del 2000) possano, apparentemente, indurre ad una diversa conclusione; che simile restrittiva interpretazione sarebbe conforme anche a quanto ritenuto dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con la sentenza n. 2/2006/QM; che, pertanto, il mancato intervento del legislatore nel senso ipotizzato dalla Corte costituzionale ha finito per rendere stabile e duraturo l'integrale cumulo dell'indennita' integrativa speciale in caso di contestuale riscossione di pensione e trattamento retributivo (in ipotesi anche elevato), mentre il divieto di doppia percezione continua a sussistere, ancorche' mitigato dall'erogazione comunque del trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, nel caso di due trattamenti pensionistici, benche', in buona parte dei casi, si tratti di pensioni di modesta entita'; che il permanere di tale diversita' comporta, ad avviso del remittente, una disparita' di trattamento non compatibile con il principio di eguaglianza fissato dall'art. 3 della Costituzione, poiche' il lavoratore subisce una «consistente falcidia del reddito complessivo per la perdita dell'indennita' integrativa speciale goduta sulla pensione e per il minor importo tra stipendio e nuovo trattamento di pensione», di tal che, almeno per i casi piu' frequenti, resta vanificata «la funzione sociale connessa all'istituto dell'indennita' integrativa speciale, con la conseguenza di un vulnus recato alle finalita' perseguite dall'art. 36 della Costituzione»; che, inoltre, avendo l'art. 15 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 stabilito il conglobamento dell'indennita' integrativa speciale nella retribuzione prima, e nella successiva pensione poi, senza problemi di cumulo, si verrebbe a determinare un'ulteriore disparita' di trattamento a seconda della data di collocamento in pensione, in quanto coloro i quali sono a riposo da un periodo antecedente il 1° gennaio 1995 si vedono applicato il divieto di cumulo che, viceversa, non sussiste per gli altri; che nel giudizio davanti a questa Corte si e' costituito l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, in subordine, non fondata; che nel corso di un giudizio di appello - nel quale l'INPDAP aveva chiesto la riforma della sentenza con cui era stato riconosciuto il diritto dell'appellato a percepire l'indennita' integrativa speciale in misura intera su ambedue i trattamenti di pensione di cui era titolare - la Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale centrale, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimita' costituzionale del medesimo art. 99, secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973; che il remittente premette di essersi in precedenza sempre pronunciato nel senso del riconoscimento del diritto alla corresponsione dell'indennita' integrativa speciale in misura intera su piu' trattamenti di pensione, ma afferma di aver cambiato il proprio orientamento e di dover condividere ora l'orientamento indicato dalle sezioni riunite della Corte dei conti con la menzionata sentenza n. 2/QM/2006, in base al quale l'appello proposto dall'INPDAP dovrebbe essere accolto, con conseguente negazione del diritto di parte appellata alla corresponsione del richiesto emolumento, il che darebbe conto della rilevanza della questione; che un tale esito del giudizio, pero', non sembra costituzionalmente legittimo, in quanto l'orientamento indicato dalla citata decisione delle sezioni riunite, da ritenere ormai «diritto vivente», fa si' che la doppia indennita' integrativa speciale possa essere erogata solo al pensionato-lavoratore e non anche al titolare di due pensioni, in tal modo prospettandosi un'evidente discriminazione denunciabile con riguardo all'art. 3 Cost., tanto piu' che, tra le due situazioni, quella del percettore di reddito da sole pensioni e' sicuramente piu' degna di tutela; che anche in questo giudizio si e' costituito l'INPDAP che, con argomentazioni analoghe a quelle esposte nel precedente giudizio, ha chiesto che la questione venga, in via principale, dichiarata inammissibile, in quanto gia' decisa e non sollevata con riferimento a motivi nuovi o, in subordine, non fondata; che si e', altresi', costituita la parte privata appellata nel giudizio pendente, la quale ha chiesto che, in ipotesi di dichiarazione d'inammissibilita' della questione, la Corte voglia ribadire, contrariamente a quanto sostenuto dalle sezioni riunite della Corte dei conti e fatto proprio dal giudice a quo, che il giudice di merito, anche nella ipotesi in esame, ha il potere-dovere di interpretare la norma in armonia con la Costituzione, nel rispetto delle regole indicate da questa Corte con i suoi piu' recenti interventi; che e' tardivamente intervenuta in questo giudizio S.S., pur non essendo parte nel giudizio a quo; che nel corso di due giudizi nei quali i ricorrenti avevano chiesto il cumulo dell'indennita' integrativa speciale su due distinti trattamenti pensionistici, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del medesimo art. 99, secondo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione; che il giudice a quo afferma che la questione e' rilevante poiche' l'art. 99, secondo comma, in oggetto, letto alla luce della sentenza costituzionale n. 494 del 1993, dovrebbe condurre al rigetto dei ricorsi, mentre la decisione sarebbe opposta in caso di accoglimento della prospettata questione; che la Corte dei conti precisa, in ordine all'ammissibilita' dell'odierno dubbio di legittimita' costituzionale, di volersi uniformare al piu' volte citato recente orientamento delle sezioni riunite della Corte dei conti (sentenza n. 2/QM/2006), secondo cui in caso di cumulo di piu' trattamenti pensionistici permane il divieto di cumulo dell'indennita' integrativa speciale, con la sola salvezza del cosiddetto trattamento minimo INPS; che, richiamando ampi stralci della sentenza appena citata, il giudice a quo osserva come la legge n. 724 del 1994 segni il discrimine temporale dell'evoluzione normativa dell'indennita' integrativa speciale - com'e' stato riconosciuto anche dalla piu' recente giurisprudenza costituzionale e, soprattutto, dall'ordinanza n. 89 del 2005 di questa Corte - poiche' il legislatore ha trasformato quella che era una retribuzione (differita) accessoria in retribuzione primaria, con cio' evidenziando il suo chiaro intento di non riproporre il precedente divieto, benche' stemperato dalla tutela del minimo pensionistico; che la Corte remittente conclude chiedendo una pronuncia d'incostituzionalita' della norma censurata «sotto la nuova ottica (rispetto all'assetto normativo che ha conosciuto il giudice costituzionale del 1993), in quanto, diversamente opinando, si verserebbe nella macroscopica disparita' di trattamento tra i percettori di plurimi pensionistici ante legge n. 724 del 1994 (che godrebbero del mantenimento di piu' indennita' integrative speciali, ma ancorate inevitabilmente al cosiddetto minimo INPS) e i percettori di plurime pensioni post legge n. 724 del 1994 (i quali, a parita' di condizioni e di trattamenti pensionistici, solo temporalmente differenziati quanto al momento della loro liquidazione, godrebbero di indennita' integrative speciali senz'altro integrali)»; che nel giudizio davanti a questa Corte si sono costituite le parti ricorrenti, con un'ampia memoria difensiva, concludendo nel senso che l'originario divieto di cumulo, dichiarato piu' volte illegittimo, non puo' rivivere sulla base del solo dettato della sentenza n. 494 del 1993 - in quanto questa pronuncia va letta alla luce dei successivi provvedimenti di questa Corte - ed aggiungendo che, ove cosi' non fosse, questa Corte «non potrebbe non riesaminare la legittimita' della norma dichiarata illegittima con sentenza additiva-manipolativa, scrutinandola, questa volta, sotto altri parametri di costituzionalita' e dichiarandola illegittima con sentenza "ablatoria" in difetto d'intervento da parte del legislatore»; che in tutti e tre i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione. Considerato che la sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo e la sezione giurisdizionale per la Regione Toscana della Corte dei conti, nonche' la terza sezione giurisdizionale centrale della medesima Corte hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato); che, preliminarmente ed indipendentemente dalla tardivita', deve essere dichiarato inammissibile l'intervento di S.S., trattandosi di soggetto parte di un diverso giudizio, genericamente ritenuto simile a quello promosso dalla Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale centrale (come da ordinanza letta all'udienza del 12 febbraio 2008); che, successivamente alla proposizione delle questioni, e' entrata in vigore la legge 27 dicembre 2006, n. 296; che l'art. 1, comma 776, di tale legge ha abrogato l'art. 15, comma 5, della legge n. 724 del 1994, mentre l'art. 1, comma 774, della medesima ha dettato una norma di interpretazione autentica relativa al computo dell'indennita' integrativa speciale per le pensioni di reversibilita', applicabile indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta (si veda sul punto la recente sentenza n. 74 del 2008); che la citata abrogazione dell'art. 15, comma 5, della legge n. 724 del 1994 ha, di fatto, eliminato anche il riferimento alla perdurante applicabilita' - quanto alle pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994 e a quelle di riversibilita' ad esse riferite - delle disposizioni relative alla corresponsione dell'indennita' integrativa speciale sui trattamenti di pensione previste dall'art. 2 della legge n. 324 del 1959 e successive modificazioni; che, alla luce di tali modifiche del quadro normativo, costituenti ius superveniens nell'ambito dei giudizi a quibus, appare opportuno restituire gli atti ai giudici remittenti affinche' procedano - anche ai fini della verifica delle condizioni di ammissibilita - ad una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni da loro sollevate.