Sentenza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 15 (recte:
15,  primo comma) della legge della Regione Sardegna 28 ottobre 2002,
n. 21 (Disciplina del referendum sulle leggi statutarie), nella parte
in  cui  rinvia all'articolo 14 della legge della Regione Sardegna 17
maggio   1957,   n. 20  (Norme  in  materia  di  referendum  popolare
regionale),  promosso  con  ordinanza del 30 ottobre 2007 dalla Corte
d'appello  di Cagliari nel procedimento di verifica dei risultati del
referendum  sulla  legge  statutaria della Regione Sardegna approvata
dal  Consiglio  regionale  il  7  marzo  2007, iscritta al n. 812 del
registro  ordinanze  2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 1, 1ª serie speciale, dell'anno 2008;
   Visti l'atto di costituzione della Regione Sardegna nonche' l'atto
di  intervento  di  Capelli  Roberto ed altri, nella loro qualita' di
promotori   del   referendum   regionale   confermativo  della  legge
statutaria della Regione Sardegna;
   Udito nell'udienza pubblica del 15 aprile 2008 il giudice relatore
Ugo De Siervo;
   Uditi  gli  avvocati  Giandomenico Falcon per la Regione Sardegna,
Giovanni Contu, Benedetto Ballero e Andrea Pubusa per Capelli Roberto
ed  altri,  nella loro qualita' di promotori del referendum regionale
confermativo  della  legge  statutaria  della  Regione autonoma della
Sardegna.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con ordinanza del 30 ottobre 2007 (r.o. n. 812 del 2007) la
Corte  d'appello  di Cagliari, nel corso del procedimento di verifica
dei  risultati  del  referendum  del  21  ottobre  2007  sulla  legge
statutaria per la Regione Sardegna, approvata dal Consiglio regionale
il  precedente  7  marzo,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'articolo 15 (recte: 15, primo comma) della legge
della  Regione  Sardegna  28  ottobre  2002,  n. 21  (Disciplina  del
referendum  sulle  leggi  statutarie),  nella  parte  in  cui  rinvia
all'articolo  14  della  legge della Regione Sardegna 17 maggio 1957,
n. 20  (Norme  in  materia  di  referendum  popolare  regionale),  in
riferimento  all'articolo  108  della  Costituzione e all'articolo 15
della  legge  costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale
per la Sardegna).
   Cio'  sotto  due  distinti profili: anzitutto l'art. 15, rinviando
all'articolo  14,  primo comma, della legge regionale n. 20 del 1957,
assegna  alla  Corte  d'appello, in pubblica adunanza, presieduta dal
Presidente  e  costituita  da  quattro  consiglieri,  il  compito  di
procedere,     con    l'intervento    del    procuratore    generale,
all'accertamento   del  numero  dei  votanti,  alla  somma  dei  voti
favorevoli  e dei voti contrari, e alla conseguente proclamazione dei
risultati  del  referendum.  Con  questo  rinvio  ricettizio  sarebbe
violato  l'art.  108  della Costituzione, poiche' una legge regionale
attribuirebbe a questa autorita' giurisdizionale una funzione diversa
da   quelle  previste  dall'ordinamento  giudiziario  e  dalle  altre
stabilite con legge statale.
   In  secondo  luogo,  lo stesso censurato art. 15, primo comma, non
escludendo  espressamente  l'applicabilita' al referendum sulla legge
statutaria  del  quorum  strutturale  previsto  dall'art. 14, secondo
comma, («almeno un terzo degli elettori») della legge regionale n. 20
del  1957  violerebbe l'art. 15, quarto comma, dello statuto speciale
per   la   Sardegna,   quale   modificato  dall'art.  3  della  legge
costituzionale   31  gennaio  2001,  n. 2  (Disposizioni  concernenti
l'elezione  diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e
delle  province  autonome  di  Trento  e di Bolzano), dal momento che
introdurrebbe,  con  legge  ordinaria,  un quorum non previsto per il
referendum sulle leggi statutarie.
   2.  -  Con  atto depositato il 17 gennaio 2008, e' intervenuta nel
presente  giudizio la Regione Sardegna, sostenendo l'inammissibilita'
delle   questioni   di  legittimita'  costituzionale  in  oggetto  e,
comunque, la loro infondatezza.
   2.1.  -  In  via  preliminare,  la  difesa  regionale eccepisce il
difetto  di legittimazione dell'autorita' rimettente, dal momento che
il procedimento nel corso del quale sono state sollevate le questioni
di   legittimita'  costituzionale  in  oggetto  non  presenterebbe  i
caratteri   del   «giudizio»,   di   cui   all'art.   1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n.1.
   Per  la  Regione  interveniente, infatti, il procedimento pendente
dinanzi    alla    Corte    d'appello    di   Cagliari,   consistente
nell'accertamento  del  numero  dei  votanti,  nella  somma  dei voti
favorevoli e contrari e nella conseguente proclamazione dei risultati
della    consultazione   referendaria,   attraverso   una   procedura
completamente  d'ufficio  e priva di parti, costituirebbe espressione
di  «una  funzione  di accertamento e controllo di una fase eventuale
del   procedimento   legislativo»,   che   potra'   culminare   nella
promulgazione della legge statutaria.
   Di  conseguenza  dovrebbe  trovare applicazione anche nel presente
giudizio   la  statuizione  resa  dalla  Corte  costituzionale  nella
sentenza n. 216 del 1972, che ha negato sotto il profilo oggettivo il
carattere giurisdizionale dell'attivita' posta in essere dagli uffici
elettorali  circoscrizionali,  trattandosi  di  «semplici  operazioni
amministrative,   dalle   quali  esula  un  momento  suscettibile  di
configurarsi come propriamente decisorio».
   Nel   procedimento   in   oggetto   difetta,  inoltre,  l'elemento
fondamentale  del  contraddittorio  (cfr.  ordinanza n. 183 del 1999)
che,  come  sottolinea  la  difesa  regionale, «non solo non e' stato
attivato, ma neppure e' normativamente previsto».
   D'altro  canto  -  prosegue  la  difesa  della  interveniente - se
davvero  il  procedimento  in  parola  avesse natura giurisdizionale,
l'incostituzionalita' da rilevare non consisterebbe nell'attribuzione
della  relativa  competenza  ad  un  giudice, ma consisterebbe «nella
previsione in se' e per se' di tale procedimento giurisdizionale, che
sarebbe evidentemente estraneo alla competenza regionale».
   2.2.  -  La Regione Sardegna sostiene, inoltre, l'inammissibilita'
del  ricorso  «per perplessita' e contraddittorieta», dal momento che
le  due  questioni  di  costituzionalita'  sono  poste  senza  alcuna
graduazione  fra  di  loro, mentre l'ipotetica fondatezza della prima
questione escluderebbe la rilevanza della seconda.
   2.3.   -  Altra  causa  di  inammissibilita'  discenderebbe  dalla
mancanza  nell'ordinanza  di  rimessione di sufficienti motivazioni a
sostegno  delle diverse censure: l'ordinanza di rinvio si limiterebbe
«ad  individuare i termini minimi della questione, senza un grado sia
pure   ridotto   di  argomentazione»  e  senza  fornire  neppure  gli
essenziali elementi conoscitivi relativi alla vicenda referendaria in
oggetto, che «non risultano affatto dall'ordinanza di rimessione».
   Solo,  infatti, la difesa regionale chiarisce che, in data 7 marzo
2007,  il  Consiglio  della  Regione  Sardegna  ha approvato la legge
statutaria  di  cui  all'art.  15  dello statuto. Ai sensi del quarto
comma dell'art. 15, diciannove consiglieri regionali hanno chiesto il
previsto  referendum.  La consultazione popolare ha avuto luogo il 21
ottobre  2007,  con  una  affluenza  al  voto del 15,7 % degli aventi
diritto.  Una  volta  terminate  le operazioni elettorali, i relativi
verbali  sono stati trasmessi alla Corte d'appello di Cagliari per le
attivita' previste dall'art. 14 della legge regionale n. 20 del 1957,
cui  rinvia il denunciato art. 15, primo comma, della legge regionale
n. 21 del 2002.
   2.4.  -  Nel  merito, la difesa regionale anzitutto afferma che e'
improprio  il  richiamo alla sentenza di questa Corte n. 43 del 1982,
dal  momento  che in quel caso ci si riferiva alla attribuzione ad un
organo  giurisdizionale  del compito di valutare l'ammissibilita' dei
referendum  regionali,  mentre  adesso  ci  si riferisce alla diversa
attivita'  di  accertamento  e  di  attestazione  dei risultati della
consultazione   referendaria.   Il   legislatore   regionale,   senza
interferire  sulla  composizione  o  sulle  attribuzioni degli uffici
giudiziari, si sarebbe limitato ad attribuire alla suddetta autorita'
«compiti  ulteriori  distinti  e  ben  delimitati», nell'ambito della
propria  «piena  competenza»  in  tema di disciplina del procedimento
referendario.
   Per   quanto   concerne   l'asserita   incostituzionalita'   della
previsione  relativa  al  quorum  strutturale,  la  difesa  regionale
sostiene  che l'invocata previsione statutaria non reca alcun divieto
al  riguardo,  ma  si  limita in realta' ad affidare l'intera materia
alla  fonte  legislativa.  L'art.  15,  secondo  comma, dello statuto
demanda   alla   legge   statutaria  la  «disciplina  del  referendum
abrogativo,  propositivo e consultivo», e il successivo quarto comma,
relativo  alla  legge  statutaria, ugualmente rinvia alla «disciplina
[...] prevista da apposita legge regionale».
   A  questo  proposito, la interveniente richiama la sentenza n. 372
del  2004  ed  afferma  che,  operandosi  nell'ambito  del  contenuto
necessario  dello  statuto  regionale ex art. 123 della Costituzione,
«si  deve  ritenere  che  alle  Regioni  e'  consentito di articolare
variamente   la   propria  disciplina  relativa  alla  tipologia  dei
referendum  previsti  in  Costituzione, anche innovando ad essi sotto
diversi profili».
   3.  -  Con «atto di costituzione e di intervento» depositato il 22
gennaio  2008, sono intervenuti nel presente giudizio di legittimita'
costituzionale  i  consiglieri  regionali Capelli Roberto e altri, in
qualita'  di  promotori  del  referendum sulla legge statutaria e che
erano  anche  intervenuti  presso la Corte di appello di Cagliari nel
procedimento che ha originato il presente giudizio.
   3.1.  -  Nel  merito  della  questione, i promotori del referendum
sostengono,    innanzitutto,   l'irrilevanza   della   questione   di
costituzionalita'  relativa  all'art.  15,  primo  comma, della legge
regionale n. 21 del 2002, nella parte in cui rinvia all'art. 14 della
legge  regionale  n. 20  del 1957: infatti, la censurata disposizione
non rinvia, e non avrebbe potuto rinviare, alla previsione del quorum
strutturale del referendum in oggetto di cui alla legge regionale del
1957.
   Quest'ultimo  quorum  non  sarebbe,  infatti,  compatibile  con la
natura del referendum sulla legge statutaria. Il silenzio serbato sul
punto  dall'art. 15 dello statuto e l'enunciato secondo cui «la legge
sottoposta  a  referendum non e' promulgata se non e' approvata dalla
maggioranza  dei  voti  validi», dimostrerebbero che la consultazione
popolare   in  oggetto  «si  inquadra  certamente  nell'istituto  del
referendum confermativo (o "approvativo"), per il quale pacificamente
non  e'  previsto  alcun  quorum strutturale». Inoltre il legislatore
regionale non avrebbe potuto prevedere il quorum strutturale, poiche'
l'art.  15 dello statuto, definendo la struttura essenziale di questo
tipo  di  referendum,  avrebbe  demandato al legislatore regionale di
disciplinare  soltanto  gli  aspetti procedurali del referendum sulla
legge  statutaria.  Sicche',  il rinvio di cui all'impugnato art. 15,
primo  comma,  della  legge  regionale n. 21 del 2002 dovrebbe essere
interpretato nel senso di escludere dal suo ambito di operativita' il
secondo comma dell'art. 14 della legge regionale n. 20 del 1957, «che
e'  la sola disposizione che tratta aspetti non meramente procedurali
ma strutturali del referendum».
   3.2.   -   Al   tempo  stesso,  i  promotori  ritengono  infondata
l'eccezione  sollevata  in relazione all'art. 108 della Costituzione.
Infatti, anche a seguito della revisione costituzionale dell'art. 117
della  Costituzione,  che  ha  profondamente  innovato il sistema dei
rapporti  tra  legge  statale  e  legge  regionale,  la  materia  del
referendum  sulla  legge  statutaria «e' sicuramente una materia, per
quanto  riguarda  la  Sardegna, esclusivamente regionale che incontra
limiti  solo  nelle  norme  superiori  costituzionali  e statutarie».
Pertanto,  nella  disciplina  relativa all'accertamento del risultato
della  consultazione  referendaria,  appare  corretto assegnare detta
funzione   all'ordine  giudiziario,  «dato  che  questa  e'  la  sola
soluzione  possibile  se  si  vuole dare effettivita' alla prevalenza
delle regole costituzionali».
   3.3.  - Nell'ipotesi che si riconoscesse, quale oggetto di rinvio,
anche  la  previsione  sul  quorum  strutturale  di  cui all'art. 14,
secondo  comma, della legge regionale n. 20 del 1957, la disposizione
in   oggetto,  a  detta  degli  intervenienti,  sarebbe  comunque  in
contrasto  sia  con  l'invocato art. 15, quarto comma, dello statuto,
sia «con il principio generale ricavabile dall'art. 138 comma secondo
della  Costituzione,  secondo cui il referendum confermativo riferito
alle  leggi  costituzionali  o  alle  leggi  regionali rinforzate (in
materia  costituzionale)  richiede  comunque  che  si abbia un valido
esito,   favorevole  o  sfavorevole,  del  voto  popolare,  senza  la
previsione di alcun quorum».
   4.  -  Con  memoria  depositata  il  1°  aprile 2008 i consiglieri
regionali  Capelli  Roberto  e  altri,  in  qualita' di promotori del
referendum  in  oggetto, hanno sviluppato ulteriori argomentazioni in
ordine  all'ammissibilita'  ed al merito delle suesposte questioni di
legittimita' costituzionale.
   4.1.  -  La difesa dei promotori referendari contesta le eccezioni
di  inammissibilita' prospettate dalla interveniente Regione Sardegna
ed,  in  particolare,  per  cio'  che  riguarda la legittimazione del
rimettente,  invoca l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte che
parrebbe  accedere  ad una lettura estensiva del requisito oggettivo,
cosi' da riconoscere natura giurisdizionale ai procedimenti nei quali
la  competente  autorita'  svolga  una  funzione  volta  unicamente a
garantire  la  legalita'  degli  atti  ad  essa  sottoposti,  e cioe'
preordinata alla tutela del diritto oggettivo.
   4.2.  -  I  suddetti  promotori  ribadiscono  l'irrilevanza  della
questione  di  costituzionalita'  relativa  all'art. 15, primo comma,
della  legge  regionale  n. 21 del 2002, nella parte in cui rinvia al
quorum  strutturale  di  cui  all'art. 14, secondo comma, della legge
regionale  n. 20  del  1957.  Infatti,  l'impugnata  disposizione non
rinvierebbe,  e  non  avrebbe  potuto  rinviare,  alla previsione del
quorum  strutturale  del  referendum  in  oggetto  di  cui alla legge
regionale  del  1957:  in  tal senso si ribadiscono le argomentazioni
gia' esposte.
   4.3.  -  Nel  merito,  la  difesa dei promotori esclude la dedotta
violazione  dell'art.  108 della Costituzione (non sussistendo alcuna
interferenza  con  le  funzioni  «piu'  strettamente  giurisdizionali
definite  dalla  legge  sull'ordinamento  giudiziario») e, in secondo
luogo   nell'ipotesi   che  non  venga  condivisa  la  sua  posizione
relativamente  all'irrilevanza  della  questione,  conferma  la  tesi
dell'incostituzionalita'   della   previsione   relativa   al  quorum
strutturale.
   5.  -  Anche  la Regione Sardegna ha depositato, in data 1° aprile
2008,  una memoria per illustrare e approfondire i rilievi sviluppati
nel precedente atto di intervento.
   5.1.  -  Innanzitutto, la difesa regionale contesta l'ordine delle
questioni  prospettato  dai promotori del referendum, dal momento che
«la  prima  questione  e'  quella  che  attiene alla stessa capacita'
dell'organo   rimettente   di   agire   come  giudice  a  quo».  Ove,
contrariamente   a   quanto   sostiene   la   stessa  resistente,  si
riconoscesse   la   legittimazione   della   Corte   d'appello  e  si
riconoscesse    la   lamentata   violazione   dell'art.   108   della
Costituzione,  l'autorita'  rimettente  non  potrebbe  piu' occuparsi
della   procedura  referendaria  in  oggetto,  dovendo  al  contrario
restituire  gli  atti  alla  Regione  per l'adozione delle necessarie
determinazioni. Stando cosi' le cose - prosegue la difesa regionale -
l'eventuale   accoglimento   della   prima  questione  priverebbe  di
rilevanza la seconda.
   5.2.  -  Quanto all'asserito difetto di legittimazione della Corte
rimettente,  l'interveniente Regione riafferma la tesi della mancanza
del  requisito oggettivo, come risulterebbe - peraltro - dallo stesso
atto  di  intervento  dei  suddetti  promotori, i quali dichiarano di
intervenire   «nella   loro  qualita'  di  promotori  del  referendum
regionale  confermativo».  Ad  ogni  modo,  difetterebbe il requisito
della  «ultimalita»,  nel senso che un procedimento puo' qualificarsi
come «giudizio» quando l'organo procedente e' abilitato a decidere in
via   definitiva   circa   l'applicazione  di  una  legge,  salve  le
impugnazioni  «interne»  attivabili o meno dalle parti (a tal fine e'
richiamata  la sentenza n. 387 del 1996 sul difetto di legittimazione
del  collegio  di garanzia elettorale, in quanto la decisione di tale
organo si e' rivelata priva del carattere della definitivita).
   5.3.  -  Per  quanto concerne la presunta violazione dell'art. 108
della Costituzione, la difesa regionale si limita a rinviare a quanto
gia' sostenuto nell'atto di intervento.
   5.4. - Infine, contrariamente a quanto sostenuto dai promotori, la
difesa  regionale  ritiene  che  il  censurato  art.  15  della legge
regionale  n. 21  del  2002 rinvia per intero all'art. 14 della legge
regionale  n. 20  del  1957:  oggetto del rinvio e', dunque, anche la
previsione  afferente  al  quorum  strutturale. E non potrebbe essere
diversamente, atteso che l'art. 15, quarto comma, dello statuto sardo
non  impone e non vieta alcunche' in ordine ai requisiti di validita'
della  procedura  referendaria,  «rimettendo ogni decisione su questo
come  su  altri  punti  alla  legge regionale». D'altro canto, per la
interveniente  la  soluzione  adottata  dal  legislatore sardo appare
«perfettamente    logica»    giacche',   trattandosi   di   decisione
estremamente  rilevante per l'assetto dell'istituzione regionale, «e'
ben  comprensibile ed adeguato» che la legge statutaria sia approvata
con  la  partecipazione  alla consultazione referendaria di un numero
minimo di elettori.
   Non   sarebbe,   inoltre,   condivisibile   l'interpretazione  che
distingue  tra  «struttura»  (interamente  disciplinata  dall'art. 15
dello  Statuto)  e  «aspetti  procedurali»  (rimessi  al  legislatore
regionale  «ordinario»)  del referendum in parola, dal momento che il
termine  «disciplina»  di cui al succitato art. 15 Statuto «comprende
ogni possibile regolazione dell'istituto».
                       Considerato in diritto
   1. - La Corte d'appello di Cagliari, nel corso del procedimento di
verifica dei risultati del referendum del 21 ottobre 2007 sulla legge
statutaria  per la Regione Sardegna approvata il 7 marzo dello stesso
anno,   ha   sollevato,   in   riferimento   all'articolo  108  della
Costituzione e all'articolo 15 della legge costituzionale 26 febbraio
1948,   n. 3   (Statuto  speciale  per  la  Sardegna),  questione  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 15 (recte: 15, primo comma)
della legge della Regione Sardegna 28 ottobre 2002, n. 21 (Disciplina
del  referendum  sulle  leggi  statutarie), nella parte in cui rinvia
all'articolo  14  della  legge della Regione Sardegna 17 maggio 1957,
n. 20 (Norme in materia di referendum popolare regionale).
   Anzitutto l'art. 15, rinviando all'articolo 14, primo comma, della
legge  regionale  n. 20  del  1957,  assegna alla Corte d'appello, in
pubblica  adunanza, presieduta dal Presidente e costituita da quattro
consiglieri,   il   compito   di   procedere,  con  l'intervento  del
procuratore  generale, «all'accertamento del numero dei votanti, alla
somma  dei  voti  favorevoli  e dei voti contrari, e alla conseguente
proclamazione  dei  risultati  del referendum». Con questa previsione
sarebbe  violato  l'art.  108  della  Costituzione, poiche' una legge
regionale attribuirebbe ad un'autorita' giurisdizionale «una funzione
diversa  da  quelle previste dall'ordinamento giudiziario e da quelle
altre stabilite con legge dello Stato».
   In  secondo  luogo,  lo stesso censurato art. 15, primo comma, non
escludendo  espressamente  l'applicabilita' al referendum sulla legge
statutaria  del  quorum  strutturale  previsto  dall'art. 14, secondo
comma,  della  legge  regionale  n. 20 del 1957 violerebbe l'art. 15,
quarto   comma,   dello  statuto  speciale  per  la  Sardegna,  quale
modificato  dall'art.  3  della legge costituzionale 31 gennaio 2001,
n. 2  (Disposizioni  concernenti  l'elezione  diretta  dei presidenti
delle  regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento
e di Bolzano), dal momento che introdurrebbe, con legge ordinaria, un
quorum non previsto per il referendum sulle leggi statutarie.
   2. - In via preliminare merita accoglimento l'eccezione, sollevata
dalla difesa regionale, di inammissibilita' delle suesposte questioni
di   legittimita'   costituzionale   per  difetto  di  legittimazione
dell'autorita'  rimettente  ai sensi dell'art. 23, primo comma, della
legge   11   marzo  1953,  n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte costituzionale).
   2.1.   -   La   giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  piu'  volte
interpretato  i  due  requisiti - soggettivo (il giudice) e oggettivo
(il  giudizio)  -  richiesti  dalla  legge  per  poter  sollevare una
questione  incidentale di legittimita' costituzionale, anche mediante
letture  non  restrittive  di  entrambi,  al  fine di ridurre le aree
normative sottratte al controllo di costituzionalita'.
   Non  mancano,  almeno  nella  sua  giurisprudenza  piu' risalente,
alcuni  casi  limitati nei quali questa Corte ha ritenuto sufficiente
anche  la  presenza di uno solo di questi requisiti (cfr. soprattutto
la  sentenza n. 83 del 1966), nella consapevolezza che «il preminente
interesse  pubblico  della  certezza  del  diritto  (che  i  dubbi di
costituzionalita'     insidierebbero),     insieme     con    l'altro
dell'osservanza  della  Costituzione, vieta che dalla distinzione tra
le   varie  categorie  di  giudizi  e  processi  [...],  si  traggano
conseguenze cosi' gravi» (sentenza n. 129 del 1957).
   Peraltro,   la   giurisprudenza   di   questa   Corte   e'  andata
progressivamente  attestandosi  su una interpretazione piu' rigorosa,
soprattutto in riferimento alla necessaria compresenza sostanziale di
entrambi i suddetti requisiti.
   La   Corte  e'  ormai  ferma  nel  negare  la  legittimazione  del
rimettente: se l'intervento del giudice si esplichi nell'ambito di un
procedimento  amministrativo, suscettibile di un successivo controllo
giurisdizionale  (sentenza  n. 132 del 1973); se il rimettente stesso
risulti  investito  di  «una  semplice  funzione di carattere formale
attribuitagli  per  una  finalita'  garantistica» (sentenza n. 96 del
1976);  se difetta un momento propriamente decisorio (sentenze n. 116
del 1983; n. 17 del 1980; n. 74 del 1971; n. 13 del 1966 e n. 112 del
1964;  nonche' le ordinanze n. 382 e n. 86 del 1991; n. 59 del 1990);
se vi e' carenza di contraddittorio (tra le molte, le sentenze n. 387
del  1996; n. 335 e n. 29 del 1995; n. 226 del 1976 e n. 12 del 1971;
e  l'ordinanza  n. 183  del  1999);  se  l'atto  posto  in essere dal
rimettente  e'  privo  del  carattere  della definitivita' (cfr., per
tutte, la sentenza n. 387 del 1996).
   La sintesi di questa posizione giurisprudenziale e' espressa nella
recentissima  ordinanza  n. 6  del 2008, ove questa Corte ha statuito
che «affinche' possa ritenersi sussistente il presupposto processuale
richiesto  da  dette  norme,  non  e'  sufficiente  il solo requisito
soggettivo [...]. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
l'intervento  di  un  magistrato,  di  per se' solo, non e' idoneo ad
alterare  la  struttura  di  un procedimento ed a connotarlo per cio'
stesso  quale  "giudizio" [...], restando escluso che cio' accada nel
caso  in  cui  tale  intervento  consista  nello  svolgimento  di una
funzione   di  carattere  formale  [...]».  Pertanto,  «affinche'  la
questione  possa  ritenersi  sollevata  nel  corso  di un "giudizio",
l'applicazione   della   legge  da  parte  del  giudice  deve  essere
caratterizzata  da  entrambi gli attributi dell'obiettivita' e "della
definitivita',  nel  senso  dell'idoneita' (del provvedimento reso) a
divenire   irrimediabile   attraverso  l'assunzione  di  un'efficacia
analoga  a  quella  del  giudicato", poiche' e' in questo caso che il
mancato   riconoscimento   della   legittimazione   comporterebbe  la
sottrazione delle norme al controllo di costituzionalita».
   2.2.  -  In  questo  filone  giurisprudenziale  assumono specifico
rilievo  le  sentenze  n. 387  del  1996  e n. 216 del 1972 e, attesa
l'affinita' degli ambiti nei quali sono state sollevate le rispettive
eccezioni  d'incostituzionalita':  trattasi,  invero, di sentenze che
hanno  negato la legittimazione a sollevare questione di legittimita'
costituzionale     rispettivamente     agli     uffici     elettorali
circoscrizionali  ed  al  collegio  centrale  di garanzia elettorale.
Nella  prima pronuncia questa Corte ha ritenuto che la funzione degli
uffici  elettorali  si  esplica  nello  svolgimento  di «una serie di
attivita'   materiali   e  di  conteggio»  consistenti  in  «semplici
operazioni  amministrative, dalle quali esula un momento suscettibile
di  configurarsi come propriamente decisorio». Nella seconda sentenza
si   e'   escluso   che   possa  essere  considerata  come  attivita'
giurisdizionale   quella   «tutta   interna  ad  un  procedimento  di
verificazione  che si attiva di ufficio, si svolge attraverso un mero
riscontro dei presupposti e delle condizioni richieste dalla legge in
vista  dell'eventuale  emanazione  di  un  provvedimento finale privo
[...] della definitivita».
   In  conclusione, la piu' recente giurisprudenza di questa Corte in
tema  di  legittimazione del giudice a quo esige che, al di la' della
evidente  finalita'  garantistica  implicita nell'attribuzione di una
funzione  ad  un organo giurisdizionale, l'attivita' richiesta non si
esaurisca  in  semplici  operazioni  amministrative,  per  di piu' da
conseguire  tramite  procedure  prive  di  forme di contradditorio ed
attraverso  determinazioni finali prive dei caratteri di decisorieta'
e di definitivita'.
   2.3.  -  Nel presente giudizio, la legge regionale 17 maggio 1957,
n. 20 (Norme in materia di referendum popolare regionale) attribuisce
espressamente  alla  Corte  di appello di Cagliari (nella particolare
composizione  di  cui  all'art.  14,  primo comma, della stessa legge
n.20) il solo compito di proclamare l'esito del referendum sulla base
dell'accertamento  del  numero  dei votanti e dell'ammontare dei voti
favorevoli  e  contrari.  Cio' mentre sta al Presidente della Regione
assumere  le  conseguenti  determinazioni,  secondo  quanto prevedono
alternativamente  tra  loro  gli artt. 12 e 13 della legge 28 ottobre
2002,  n. 21  (Disciplina  del referendum sulle leggi statutarie), ma
sempre  tramite  provvedimenti  che  potranno anche essere oggetto di
giudizio sia da parte di giudici ordinari che di questa stessa Corte.
   I  precedenti giurisprudenziali che hanno riconosciuto, anche solo
implicitamente,  la legittimazione di autorita' giudiziarie coinvolte
in   procedimenti   referendari  o  elettorali,  non  sono  idonei  a
dimostrare la natura «giurisdizionale» dell'attivita' posta in essere
dalla  Corte  d'appello nella presente procedura (sentenza n. 334 del
2004  e  ordinanza  n. 207  del  2000).  In quei giudizi, l'eccezione
d'incostituzionalita'  era  stata,  in effetti, sollevata nella fase,
anteriore  alla consultazione popolare, nella quale si e' in presenza
di  un  vero  e proprio «giudizio» sulla legittimita' della richiesta
referendaria.  Un  «giudizio»  condotto  al  cospetto di parametri di
legittimita',  con  garanzia  di  contraddittorio, e culminante in un
provvedimento finale - nel caso dell'Ufficio centrale presso la Corte
di  cassazione,  l'ordinanza  -  che  ha  i  tratti  tipici dell'atto
giurisdizionale.
   E'  il  caso,  tra  l'altro,  della sentenza n. 43 del 1982, nella
quale  la questione di legittimita' costituzionale concernente l'art.
6  della  legge  della  Regione  Sardegna  n. 20  del  1957 era stata
sollevata,  appunto,  nell'ambito  del giudizio di ammissibilita' del
referendum.
   Nel  caso  di  specie,  invece, la Corte d'appello svolge una mera
attivita'  materiale  di conteggio, essendo preposta ad una «semplice
funzione  di  carattere  formale»  volta  a realizzare «una finalita'
garantistica».  In  altri  termini, alla Corte d'appello e' assegnata
una  funzione  strumentale  di  acquisizione  ed elaborazione di dati
necessari   ai   fini   dell'adozione  del  provvedimento  finale  di
competenza  del  Presidente  della  Giunta  regionale,  che si svolge
secondo  un  procedimento  che non presenta i caratteri del giudizio.
Cio' diversamente dal giudizio di parificazione del rendiconto che si
svolge  con  le formalita' della giurisdizione contenziosa, attesa la
sussistenza  di  un  contraddittorio  e  considerata, soprattutto, la
natura  definitiva  e insindacabile della decisione pronunciata dalla
Corte  dei  conti  (sentenze n. 244 del 1995; n. 142 del 1968; n. 121
del 1966 e n. 165 del 1963).