Sentenza
nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, commi 1 e
2,  4,  comma  2,  e  5,  comma  1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9
(Interventi  per  la  riduzione del disagio abitativo per particolari
categorie  sociali),  promosso  con  ricorso della Regione Lombardia,
notificato  il 16 aprile 2007, depositato in cancelleria il 20 aprile
2007 ed iscritto al n. 19 del registro ricorsi 2007.
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 6 maggio 2008 il giudice relatore
Gaetano Silvestri;
   Uditi  l'avvocato Giuseppe Franco Ferrari per la Regione Lombardia
e  l'avvocato  dello  Stato  Francesco  Lettera per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  La Regione Lombardia ha promosso, con ricorso notificato il
16  aprile  2007  e  depositato il successivo 20 aprile, questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 2, 4, comma 2, e
5,  comma  1,  della  legge  8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la
riduzione  del  disagio abitativo per particolari categorie sociali),
in  riferimento  agli artt. 3, 97, 117, terzo, quarto, quinto e sesto
comma, 118 e 119 della Costituzione.
   1.1.  -  L'art.  3  della legge impugnata, al comma 1, stabilisce:
«Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
le   regioni   e   le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
predispongono,  su  proposta  dei comuni individuati nell'articolo 1,
sulla  base  del  fabbisogno  di  edilizia residenziale pubblica, con
particolare  riferimento  a quello espresso dalle categorie di cui al
medesimo   articolo   1   gia'   presenti   nelle   graduatorie   per
l'assegnazione  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale pubblica e
indicate  dagli  stessi  comuni, un piano straordinario articolato in
tre  annualita'  da inviare ai Ministeri delle infrastrutture e della
solidarieta' sociale e al Ministro delle politiche per la famiglia».
   Il comma 2 del medesimo art. 3 prevede: «A decorrere dalla data di
entrata  in  vigore  della  presente  legge,  nei  comuni individuati
nell'articolo   1,   comma   1,  possono  essere  istituite  apposite
commissioni,   con   durata   di   diciotto   mesi,  per  l'eventuale
graduazione,  fatte  salve  le  competenze dell'autorita' giudiziaria
ordinaria,  delle  azioni  di  rilascio,  finalizzate  a  favorire il
passaggio  da  casa a casa per i soggetti di cui al medesimo articolo
1,  nonche'  per  le  famiglie  collocate utilmente nelle graduatorie
comunali   per   l'accesso  agli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica».
   1.1.1.  -  La Regione Lombardia ritiene che «la predisposizione da
parte delle Regioni, imposta unilateralmente ai sensi del primo comma
dell'articolo denunciato, di un piano straordinario articolato in tre
annualita'  e  l'istituzione,  ai  sensi  del  successivo  comma,  di
apposite  Commissioni,  cui compete la graduazione [...] delle azioni
di  rilascio  dell'immobile per particolari categorie di soggetti cui
e'  diretta  la  legge in argomento» siano lesive delle «attribuzioni
legislative  e  amministrative  regionali  in materia di assistenza e
politiche  sociali e dell'abitazione, edilizia residenziale pubblica,
lavori  pubblici  di  interesse  regionale  e  locale  e gestione del
patrimonio  immobiliare  di  edilizia residenziale pubblica, ex artt.
117, commi terzo e quarto, e 118 Cost.».
   La  difesa  regionale ricorda che ai sensi dell'art. 3 della legge
22  maggio  1971,  n. 339 (Approvazione, ai sensi dell'art. 123 comma
secondo,  della Costituzione, dello Statuto della Regione Lombardia),
la  Regione  e'  tenuta  ad  assicurare a tutti i cittadini i servizi
sociali,  con particolare riguardo a quelli inerenti l'abitazione, la
salute e la sicurezza sociale.
   La  ricorrente  osserva, altresi', che «anche laddove, partendo da
un'interpretazione  estensiva della competenza legislativa statale di
cui  all'art.  117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, si
volesse teorizzare una competenza legislativa e regolamentare statale
estesa   alla   concreta   e  dettagliata  disciplina  dell'attivita'
necessaria per garantire i livelli essenziali delle prestazioni, tale
disciplina statale [...] non potrebbe investire i singoli e specifici
profili    organizzativi   attinenti   alle   politiche   sociali   e
dell'abitazione,  di esclusiva competenza regionale (cfr. sent. Corte
cost.   451/2006),   senza   ledere  le  attribuzioni  legislative  e
l'autonomia amministrativa della ricorrente».
   A  parere  della  ricorrente,  l'imposizione  alle  Regioni e alle
Province  autonome  di  un  piano straordinario da articolarsi in tre
annualita'  (art.  3,  comma 1, della legge n. 9 del 2007) «configura
evidentemente  un  onere  peculiare  sia  quanto  alla  scelta  dello
specifico modello organizzativo del servizio da assicurare sia quanto
alle  prescritte  tempistiche  da  seguire», che eccede rispetto alla
competenza   statale   in   materia  di  determinazione  dei  livelli
essenziali  delle  prestazioni,  oltre  che  rispetto alla competenza
legislativa  statale  di  principio  nella  materia  del  governo del
territorio.
   Analoghe  considerazioni  sono  svolte  dalla Regione Lombardia in
relazione  all'art.  3, comma 2, della legge n. 9 del 2007. In questo
caso  sarebbe  evidente  «l'ingerenza» delle costituende Commissioni,
previste  nel  suddetto  art.  3,  comma  2, «nell'elaborazione della
graduazione  programmata e, in generale, nelle attribuzioni spettanti
alla  Regione in materia di assistenza e politiche sociali, oltre che
di gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica». Questa
ricostruzione  sarebbe confermata dall'inciso, contenuto nell'art. 3,
comma  2,  in  virtu'  del  quale  sono  fatte  «salve  le competenze
dell'autorita'  giudiziaria  ordinaria»; secondo la difesa regionale,
da cio' risulterebbe «in modo del tutto inequivoco, che la disciplina
di  cui  si  tratta  e'  come  tale estranea ai profili inerenti alla
giurisdizione,  investendo fattispecie di prioritaria spettanza degli
enti   territoriali   riconducibili,   pertanto,   alle  attribuzioni
legislative  - e in larga misura anche amministrative - della Regione
ricorrente».
   La  difesa  regionale  aggiunge  che  questa  conclusione potrebbe
essere messa in discussione «attraverso un'impropria e ingiustificata
dilatazione  del  ruolo  prefettizio  e degli Uffici territoriali del
Governo, o attraverso un'indebita estensione della competenza statale
in  materia di giurisdizione, norme processuali e ordinamento civile,
che   semmai   riguarda   il  diverso  e  antecedente  momento  della
sospensione delle procedure esecutive di rilascio».
   In  definitiva,  la  Regione  Lombardia  ritiene che i commi 1 e 2
dell'art.  3  della  legge n. 9 del 2007 siano illegittimi «in quanto
introducono,  in  materia  di  edilizia  residenziale  pubblica  e di
politiche  sociali  e  dell'abitazione,  disposizioni  puntuali sulla
predisposizione  del suddetto piano, sulle valutazioni concernenti la
graduatoria  e  sui  connessi requisiti per l'inserimento in essa dei
soggetti  interessati,  in  violazione  dell'art. 117, terzo e quarto
comma,  della Costituzione, posto che allo Stato spetta unicamente la
determinazione  dei  principi  fondamentali in materia di governo del
territorio  e  [...]  dei  livelli  essenziali  delle prestazioni nel
settore del servizio abitativo».
   1.1.2.  -  La  difesa  regionale  ricostruisce,  poi, l'evoluzione
normativa  e  giurisprudenziale  in  materia di edilizia residenziale
pubblica,  ricordando  come  la  Corte costituzionale, nella sentenza
n. 94   del   2007,  abbia  ricondotto  alla  competenza  legislativa
regionale  esclusiva,  ex art. 117, quarto comma, Cost., «la gestione
del  patrimonio  immobiliare  di  edilizia  residenziale  pubblica di
proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri
enti  che  a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione
regionale».
   1.1.3. - Infine, la ricorrente sottolinea l'ampia discrezionalita'
concessa   dal   censurato  comma  2  dell'art.  3  alle  costituende
Commissioni,   «che   andrebbe   ad  interferire  con  le  competenze
riconosciute alla Regione in materia di gestione dell'allocazione del
patrimonio  immobiliare  di  edilizia  residenziale  pubblica  (nello
specifico sotto il profilo della gestione delle azioni di rilascio)».
   E' richiamato, in proposito, l'art. 3, comma 51, della legge della
Regione Lombardia 5 gennaio 2000, n. 1, recante «Riordino del sistema
delle  autonomie  in  Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato
alle  regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della
legge  15 marzo 1997, n. 59)», che prevede il trasferimento ai Comuni
di  tutte le funzioni amministrative concernenti l'assegnazione degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica.
   Pertanto,  la  Commissione  di  cui  al censurato art. 3, comma 2,
della legge n. 9 del 2007, «si troverebbe ad interferire pesantemente
con  attribuzioni  regionali»  in  materia di «politiche sociali e di
edilizia   residenziale   pubblica,   con   particolare   riferimento
all'aspetto assistenziale e di gestione del patrimonio immobiliare di
edilizia residenziale pubblica», con conseguente violazione dell'art.
117,   terzo   e  quarto  comma,  Cost.,  nonche'  del  principio  di
sussidiarieta'  di  cui  all'art.  118  Cost. e del principio di buon
andamento di cui all'art. 97 Cost.
   1.2. - Oggetto delle censure regionali e' anche l'art. 4, comma 2,
della  legge  n. 9  del  2007,  il quale stabilisce quanto segue: «In
relazione  alle indicazioni emerse dal tavolo di concertazione di cui
al  comma  1,  il  Ministro  delle  infrastrutture, di concerto con i
Ministri  della  solidarieta' sociale, dell'economia e delle finanze,
per  le politiche giovanili e le attivita' sportive e delle politiche
per  la  famiglia,  d'intesa  con  la  Conferenza  unificata  di  cui
all'articolo  8  del  decreto  legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai
sensi  dell'articolo  8,  comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131,
predispone,  entro due mesi dalla conclusione dei lavori del medesimo
tavolo di concertazione, un programma nazionale contenente:
     a)  gli  obiettivi  e gli indirizzi di carattere generale per la
programmazione  regionale  di edilizia residenziale pubblica riferita
alla  realizzazione,  anche  mediante l'acquisizione e il recupero di
edifici  esistenti,  di  alloggi  in locazione a canone sociale sulla
base  dei criteri stabiliti dalle leggi regionali e a canone definito
sulla  base  dei  criteri  stabiliti  dall'articolo 2, comma 3, della
legge  9  dicembre  1998, n. 431, e successive modificazioni, nonche'
alla riqualificazione di quartieri degradati;
     b)   proposte   normative   in   materia   fiscale   e   per  la
normalizzazione  del mercato immobiliare, con particolare riferimento
alla  riforma  della  disciplina  della  vendita e della locazione di
immobili di proprieta' dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3;
     c)  l'individuazione  delle  possibili  misure,  anche di natura
organizzativa,  dirette  a favorire la continuita' nella cooperazione
tra  Stato,  regioni ed enti locali prioritariamente per la riduzione
del disagio abitativo per particolari categorie sociali;
     d)   la   stima   delle   risorse   finanziarie  necessarie  per
l'attuazione   del  programma  nell'ambito  degli  stanziamenti  gia'
disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per
la finanza pubblica».
   1.2.1.  -  La  Regione  Lombardia  ritiene  che,  con l'«apparente
finalita'  di  indicare  "gli  obiettivi e gli indirizzi di carattere
generale  per  la  programmazione  regionale di edilizia residenziale
pubblica"»,   la   previsione   del  programma  nazionale  di  natura
ministeriale  di  cui all'art. 4, comma 2, della legge n. 9 del 2007,
introduca  «in realta' disposizioni puntuali ed elementi di indirizzo
per  la  Regione  incompatibili,  tra  l'altro, con il superamento, a
seguito  della  revisione  costituzionale  del  2001,  della funzione
statale  di  indirizzo  e coordinamento dell'attivita' amministrativa
delle   Regioni,   che   le   disposizioni  impugnate  finiscono  per
riproporre».
   La ricorrente osserva che «la programmazione nazionale, secondo il
censurato  disposto  normativo, per un verso contiene gli obiettivi e
gli  indirizzi  per  l'attuazione della programmazione regionale, per
altro  verso  indica  nel  dettaglio le modalita' di attuazione della
politica abitativa regionale».
   Sarebbe,  pertanto,  «evidente  l'interferenza  statale  in ambiti
rimessi   alla   competenza   regionale  in  tema  di  pianificazione
urbanistica, lavori pubblici per la costruzione e la manutenzione dei
fabbricati, gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica
ed organizzazione e attivita' amministrativa in materia di gestione e
assegnazione  degli alloggi, tutte attribuzioni garantite dagli artt.
117, terzo e quarto comma, e 118 Cost.».
   La  difesa  regionale  aggiunge  al  riguardo  che, trattandosi di
materie  di cui all'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., la lesione
delle  competenze  regionali  non  viene meno «per il fatto che detta
programmazione presuppone un tavolo di concertazione e l'intesa della
Conferenza unificata».
   Inoltre, l'art. 4 della legge n. 9 del 2007, «prescrivendo in modo
dettagliato  e  puntuale  le  finalita'  da  perseguire  in  sede  di
attuazione»,  finirebbe  «col  predeterminare  il  contenuto stesso e
della programmazione regionale di edilizia residenziale pubblica e di
ogni altro intervento legislativo regionale "attuativo"».
   1.2.2. - La Regione Lombardia esclude, poi, che nel caso di specie
possa  essere  riconosciuta - in virtu' dell'art. 117, secondo comma,
lettera  m), Cost. - «una competenza esclusiva statale in ordine alla
determinazione  ed  individuazione  dell'offerta  minima  di  alloggi
destinati  a  soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti, mediante
la  fissazione  di  linee  guida e principi di carattere generale per
garantire  l'uniformita'  dei  criteri  di  assegnazione  su tutto il
territorio nazionale».
   Per  le  ragioni  sopra riportate, infatti, la normativa censurata
«non   corrisponderebbe   [...]   a   tale  ipotetica  funzione,  non
determinando  essa  alcun  livello  di prestazione». In proposito, la
ricorrente  osserva  che  «il fine della disposizione in esame non e'
quello  di  dettare  una  disciplina generale in tema di assegnazione
degli  alloggi  di  edilizia  residenziale pubblica, bensi' quello di
regolare  l'organizzazione e le procedure amministrative per arrivare
ad una piu' rapida e conveniente offerta e cessione degli immobili».
   Si  tratterebbe,  quindi,  «di un intervento normativo dello Stato
nella  gestione degli alloggi di proprieta' di enti strumentali della
Regione  che  esplicitamente  viene  motivato dalla legge statale con
finalita'   di   valorizzazione  di  un  patrimonio  immobiliare  non
appartenente  allo  Stato». Pertanto, nell'indicare il contenuto e le
finalita'  della  futura programmazione nazionale, l'art. 4, comma 2,
della  legge n. 9 del 2007 avrebbe, «in realta', previsto indirizzi e
limiti    volti    a   circoscrivere   l'esercizio   della   potesta'
programmatoria e, in violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., ha
affidato   la   programmazione  nella  materia  de  qua  ad  un  atto
ministeriale».
   La ricorrente osserva, inoltre, che l'impossibilita' di ricondurre
la  norma impugnata alla competenza statale in tema di determinazione
dei  livelli essenziali troverebbe una conferma nella sentenza n. 120
del  2005  della  Corte  costituzionale  che  ha  escluso da siffatta
attribuzione  del  legislatore  statale  «l'assetto  organizzativo  e
gestorio».
   La  Regione  Lombardia  richiama anche la sentenza n. 248 del 2006
nella  parte  in  cui si afferma che la competenza statale in tema di
livelli  essenziali  delle  prestazioni puo' essere invocata «solo in
relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa nazionale
definisca il livello essenziale di erogazione».
   1.2.3.  -  La  ricorrente  passa,  poi,  ad esaminare la normativa
regionale  sottolineando  come  l'art.  3, comma 41, della legge reg.
Lombardia  n. 1  del  2000  abbia  mantenuto  in capo alla Regione le
funzioni   di   programmazione   e  di  coordinamento  nella  materia
dell'edilizia residenziale pubblica.
   La  denunciata  disciplina  statale, pertanto, disconoscerebbe «in
radice»   sia  le  attribuzioni  costituzionalmente  garantite  della
ricorrente, sia il ruolo della Regione come delineato dalla normativa
regionale adottata nell'esercizio di tali attribuzioni.
   La difesa regionale esclude, inoltre, che ricorrano «le condizioni
per  l'assunzione in sussidiarieta' di funzioni legislative a livello
statale  in conseguenza dell'accentramento di funzioni amministrative
in   materia  di  spettanza  regionale».  Sarebbe  infatti  difficile
individuare   «l'interesse   unitario   invocabile  quale  motivo  di
alterazione  del  riparto  delle  funzioni», posto che «il livello di
governo   regionale  e  locale  si  presenta  allo  stato  pienamente
rispondente  ed adeguato alle finalita' che si intendono raggiungere,
specie  se  si considera che la materia in questione [...] investe la
realta'  locale, e che la direzione da assumere a livello legislativo
deve indirizzarsi verso la stabilizzazione di un sistema locale».
   La   ricorrente   conclude   sul  punto  rilevando  come  analoghe
considerazioni valgano anche per le altre norme censurate di cui agli
artt. 3 e 5.
   1.2.4.  -  Oggetto  di  specifica  censura  e', poi, la lettera d)
dell'art.  4,  comma  2,  della  legge  n. 9 del 2007, per violazione
dell'art.  119,  quarto  comma,  Cost.  In  particolare,  la  Regione
Lombardia  ritiene  che  la norma in esame, «stabilendo che per tutto
quanto  verra'  imposto in sede di programmazione alle Regioni e agli
enti   locali  non  sono  previste  risorse  finanziarie»,  violi  il
«principio  di  certezza  delle  risorse  finanziarie  e di autonomia
finanziaria  regionale  e  locale  sotteso  all'art.  119,  il  quale
disciplina  un  sistema  di  entrate  regionali  e locali destinato a
finanziare "integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite"».
   1.3.  - La Regione Lombardia impugna, infine, l'art. 5 della legge
n. 9  del  2007  il  quale  prevede: «Al fine di ottemperare a quanto
previsto  in materia di aiuti di Stato a favore degli alloggi sociali
dalla  decisione  2005/842/CE,  della  Commissione  europea,  del  28
novembre  2005,  il  Ministro  delle  infrastrutture,  entro sessanta
giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,
definisce  con  proprio  decreto,  di  concerto  con i Ministri della
solidarieta'  sociale,  delle  politiche  per  la  famiglia,  per  le
politiche  giovanili  e  le  attivita'  sportive  e  d'intesa  con la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5
giugno  2003,  n. 131, le caratteristiche e i requisiti degli alloggi
sociali  esenti  dall'obbligo  di  notifica  degli aiuti di Stato, ai
sensi  degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunita'
europea».
   1.3.1.  - Preliminarmente, la ricorrente richiama le censure mosse
nei confronti degli artt. 3 e 4 della legge n. 9 del 2007, precisando
che  esse  «valgono  anche  con  riguardo  alla  disposizione  di cui
all'art. 5».
   1.3.2.  - Passando alle specifiche ragioni di censura dell'art. 5,
la  difesa  regionale  ritiene  che questa norma, «nell'attribuire al
Ministero delle infrastrutture poteri regolamentari caratterizzati da
elevata  discrezionalita'  e rilevanza politica per la determinazione
dei   caratteri  e  dei  requisiti  degli  alloggi  sociali,  cui  e'
riconnessa  la  necessita'  o  meno  di  notificazione degli aiuti di
Stato»,  violi  l'art.  117,  sesto  comma,  Cost.,  «che  limita  la
competenza  della  fonte regolamentare statale alle materie di cui al
secondo comma dell'art. 117».
   La  Regione  Lombardia  ritiene,  inoltre, che il decreto previsto
nella   norma   impugnata  non  riguardi  gli  «aspetti  strettamente
attinenti  al  regime  fiscale,  riferibile  al  sistema tributario e
contabile  dello  Stato».  La  previsione  di cui al censurato art. 5
darebbe   luogo,  piuttosto,  ad  una  «pregiudizievole  interferenza
statale»  nelle  materie  di potesta' regionale residuale dei «lavori
pubblici   di   interesse   regionale   e  locale»  e  dell'«edilizia
residenziale pubblica».
   D'altra  parte,  le  competenze delle Regioni non potrebbero dirsi
salvaguardate   dalla   prevista   necessita'  di  un'intesa  con  la
Conferenza  unificata, «giacche' le procedure cooperative non possono
alterare  il  rigido riparto risultante dal sesto comma dell'art. 117
Cost.,   che   preclude   alla   potesta'  regolamentare  statale  di
intervenire  nella  materia  dell'edilizia  residenziale  pubblica, a
fortiori se inerente, come nel caso di cui si verte, al terzo livello
normativo, rientrante nella competenza residuale regionale».
   1.3.3.  -  La  difesa  della  ricorrente sottolinea, inoltre, come
l'art.  5  della  legge  n. 9  del  2007, «pur presentandosi [...] in
apparenza  attinente  alla  materia  della  tutela della concorrenza,
sotto  il profilo della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato»,
consente al decreto del Ministro delle infrastrutture di «intervenire
nel  dettaglio della materia dell'edilizia residenziale pubblica, per
i  profili  attinenti  alle  politiche sociali e dell'abitazione e ai
lavori   pubblici  di  interesse  regionale  e  locale,  mediante  la
fissazione  delle  caratteristiche  e  dei  requisiti  degli  alloggi
sociali  esenti  dalla  notifica  degli  aiuti di Stato, cosicche' il
profilo concernente la tutela della concorrenza si appalesa del tutto
pretestuoso  e inidoneo a legittimare i poteri ministeriali di cui si
tratta».
   Del  resto,  aggiunge  la  ricorrente, «per i profili di rilevanza
comunitaria  l'art.  5  della  legge  n. 9  del  2007 appare altresi'
incompatibile  con  il  quinto comma dell'art. 117 Cost., a norma del
quale   l'attuazione   e  l'esecuzione  della  normativa  comunitaria
spettano  alle Regioni e alle Province autonome nelle materie di loro
competenza».
   In  particolare,  la  Regione  Lombardia  ritiene  che nel caso di
specie  non  sussistano i «presupposti per il legittimo esercizio, da
parte  dello  Stato,  della  sua competenza trasversale in materia di
tutela  della  concorrenza  [...]  essendo  evidente  che  la materia
oggetto  del  presente giudizio si caratterizza per essere funzionale
ad   esigenze   tipicamente   locali,   e  che  la  disciplina  delle
caratteristiche  e  dei  requisiti  degli alloggi sociali esula dalla
materia  di  cui  alla  lettera e) dell'art. 117, secondo comma, come
delineata dalla giurisprudenza costituzionale».
   Al  riguardo,  la  difesa  regionale  osserva  che  la  «rilevanza
macroeconomica»,  che - secondo quanto affermato nella sentenza n. 14
del   2004   dalla   Corte  costituzionale  -  dovrebbe  giustificare
l'intervento   dello   Stato   nella   materia   della  tutela  della
concorrenza,  «stride  con  il  grado  di dettaglio che la disciplina
ministeriale  puo'  raggiungere nella definizione dei requisiti degli
alloggi sociali esenti dalla notifica degli aiuti di Stato».
   Infine,   la   Regione   Lombardia   conclude   rilevando  che  le
disposizioni  comunitarie  in  materia  di  aiuti  di  Stato non sono
«idonee  a  fondare  ex  se  delle  competenze in capo agli Stati, ma
semmai  esse  sono  idonee a limitare e indirizzare l'esercizio delle
competenze spettanti ai diversi livelli di governo».
   2.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si e' costituito in
giudizio, chiedendo che il ricorso sia rigettato.
   2.1.  -  In  merito  alla questione di legittimita' costituzionale
avente  ad  oggetto  l'art. 3, comma 1, della legge n. 9 del 2007, il
resistente  ritiene  che  la  norma  impugnata sia riconducibile alla
competenza  statale  in tema di determinazione dei livelli essenziali
delle  prestazioni  di  cui  all'art. 117, secondo comma, lettera m),
Cost.,   in  quanto  «viene  a  determinare,  proprio  attraverso  la
previsione  del  piano straordinario, i criteri di assegnazione degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica».
   Quanto  alla  norma  di  cui al comma 2 dell'art. 3, l'istituzione
delle Commissioni sarebbe «strumentale al passaggio degli interessati
da  casa  a  casa»  e,  comunque, atterrebbe alla materia dell'ordine
pubblico di cui all'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.
   2.2.  - Anche l'art. 4, comma 2, della legge n. 9 del 2007 sarebbe
«immune    da    censure    di    incostituzionalita',    considerata
l'applicabilita'  delle  intese  di  cui  all'articolo  8 della legge
n. 131  del 2003 alle materie di cui all'articolo 117, secondo comma,
Cost.». In particolare, secondo il Presidente del Consiglio, la norma
impugnata  sarebbe riconducibile alla competenza esclusiva statale di
cui  all'art.  117, secondo comma, lettera m) («per cio' che riguarda
gli   obiettivi   e  gli  indirizzi  di  carattere  generale  per  la
programmazione  regionale  di  edilizia residenziale pubblica nonche'
l'individuazione di misure dirette a ridurre il disagio abitativo per
particolari  categorie  sociali»)  e  lettera  e), Cost. («per quanto
riguarda   le   proposte  normative  in  materia  fiscale  e  per  la
normalizzazione  del  mercato  immobiliare  nonche'  la  stima  delle
risorse finanziarie necessarie per l'attuazione del programma»).
   2.3.  -  Infine,  secondo  la  difesa  erariale,  la  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  5  della legge n. 9 del 2007
sarebbe  infondata  in  quanto  la  norma impugnata «puo' agevolmente
inquadrarsi  nella  previsione  di  cui  all'art. 117, secondo comma,
lettera  a)  in  cui  si fa espresso riferimento ai vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario».
   2.4. - In generale, con riferimento a tutte le censure mosse dalla
Regione  Lombardia,  il  resistente  osserva  che,  alla  luce  della
giurisprudenza    della   Corte   costituzionale,   «l'attivita'   di
programmazione  degli  interventi  di  edilizia residenziale pubblica
rientra  nella  competenza  statale concernente la determinazione dei
livelli  essenziali  delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali».  Pertanto,  il legislatore statale, con le norme impugnate,
avrebbe fatto un «"proporzionato uso" di siffatta competenza, di tipo
trasversale, procedendo ad individuare la soluzione ritenuta idonea a
risolvere   una  grave  emergenza  abitativa,  non  limitata  ad  una
specifica parte del Paese, individuando livelli di assistenza tali da
garantire il diritto all'abitazione per i ceti meno abbienti».
   Secondo  la  difesa  erariale,  la  stessa  previsione di un piano
straordinario  costituisce «indice della circostanza che si e', nella
fattispecie  de  qua, al di fuori dell'ordinaria programmazione degli
interventi   abitativi  (attivita'  che  codesta  Corte  ha  comunque
riconosciuto  alla  competenza  del  legislatore statale)». In questo
contesto,  aggiunge  il resistente, risulterebbe infondata la censura
rivolta al comma 2 dell'art. 4 della legge n. 9 del 2007.
   Altrettanto   infondata   sarebbe  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  3,  comma  2, in relazione alla previsione
dell'istituzione  di apposite commissioni per l'eventuale graduazione
delle  azioni  di rilascio. In proposito, la difesa erariale, oltre a
richiamare   quanto   sopra  riportato,  rileva  come  si  tratti  di
«attivita'  concernente  anche  la  competenza  statale in materia di
ordinamento  civile»,  prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera
l), Cost.
   Con  riferimento  all'art.  5, il Presidente del Consiglio ritiene
che  la  norma  in  esame «detti disposizioni volte alla tutela della
concorrenza»,   di  competenza  esclusiva  del  legislatore  statale.
Pertanto, sarebbe «irrilevante la circostanza che la disciplina venga
rimessa ad un atto regolamentare e non legislativo»
   Infine,   sarebbero  inconferenti  le  censure  mosse  alle  norme
impugnate  in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., «non ricorrendo, nel
caso di specie alcun vulnus ai richiamati parametri».
   3.   -   In  prossimita'  dell'udienza  la  Regione  Lombardia  ha
depositato  una  memoria  integrativa  con  la  quale  insiste  nelle
conclusioni gia' rassegnate nel ricorso.
   La  ricorrente  ritiene  che  le  argomentazioni  sviluppate dalla
difesa   erariale  nell'atto  di  costituzione  non  siano  idonee  a
«dissolvere e superare» le censure mosse alla legge n. 9 del 2007. In
particolare,  secondo la Regione, non sarebbe possibile ricondurre la
normativa impugnata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato
nelle  materie  di cui all'art. 117, secondo comma, lettere m), h) ed
e), Cost.
   Inoltre,  non  sarebbe  pertinente  il  richiamo  alla  competenza
statale  di  cui  all'art.  117, secondo comma, lettera l), Cost., in
relazione  alla  questione  di  legittimita' costituzionale avente ad
oggetto  l'art.  3,  comma  2, della legge n. 9 del 2007. La norma in
esame,  infatti, non investirebbe la materia delle norme processuali,
bensi'   riguarderebbe   «il  diverso  e  antecedente  momento  della
sospensione delle procedure esecutive di rilascio».
   Infine,  non  potrebbe essere richiamata l'esigenza di uniformita'
della  disciplina  sull'intero  territorio nazionale per giustificare
«l'ampliamento   delle   potesta'   legislative   statali  [...],  in
conseguenza dell'assunzione in sussidiarieta' delle relative funzioni
amministrative  secondo  il  meccanismo derogatorio ed eccezionale di
cui alla sentenza n. 303 del 2003».
                       Considerato in diritto
   1.  -  La Regione Lombardia ha promosso, con ricorso notificato il
16  aprile  2007  e  depositato il successivo 20 aprile, questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 2, 4, comma 2, e
5,  comma  1,  della  legge  8 febbraio 2007, n. 9 (Interventi per la
riduzione  del  disagio abitativo per particolari categorie sociali),
in  riferimento  agli artt. 3, 97, 117, terzo, quarto, quinto e sesto
comma, 118 e 119 della Costituzione.
   2. - Preliminarmente deve essere rilevata l'inammissibilita' della
questione  avente  ad oggetto l'art. 4, comma 2, della legge n. 9 del
2007,  per  violazione  dell'art.  97  Cost.,  in  quanto la suddetta
censura e' priva di un'adeguata motivazione.
   Inammissibili  per  la  medesima  ragione  sono  pure le questioni
relative  all'art.  5  della  legge  n. 9 del 2007, in relazione agli
artt. 3 e 97 Cost.
   3.  -  La  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 1, della legge n. 9 del 2007 non e' fondata.
   Il   piano   straordinario   previsto  dalla  norma  censurata  e'
finalizzato  ad  identificare  il fabbisogno di edilizia residenziale
pubblica,   con   particolare  riferimento  alle  categorie  indicate
nell'art.   1   della   stessa  legge.  Si  tratta,  a  tenore  della
disposizione  da  ultimo  richiamata, di conduttori con reddito annuo
lordo  complessivo  familiare  inferiore  a  27.000 euro, che siano o
abbiano  nel proprio nucleo familiare persone ultrasessantacinquenni,
malati terminali o portatori di handicap con invalidita' superiore al
66  per  cento,  purche'  non  siano  in possesso di altra abitazione
adeguata  nella  Regione  di residenza. Per le suddette categorie, la
medesima  norma  dispone  la sospensione delle procedure esecutive di
rilascio  per finita locazione, limitatamente ai Comuni capoluoghi di
provincia, ai Comuni con essi confinanti con popolazione superiore ai
10.000  abitanti ed ai Comuni ad alta densita' abitativa, di cui alla
delibera CIPE n. 87/03 del 13 novembre 2003.
   La  norma censurata mira a predisporre interventi per alleviare il
disagio  abitativo  di  categorie di soggetti particolarmente deboli,
sia  mediante  la  facilitazione  del  passaggio «da casa a casa» sia
mediante   una  programmazione  nazionale  di  edilizia  residenziale
pubblica   prioritariamente   orientata   in  favore  delle  suddette
categorie sociali.
   Questa  Corte ha precisato che, anche dopo la riforma del Titolo V
della Parte II della Costituzione, continua a spettare allo Stato, ai
sensi  dell'art.  117,  secondo comma, lettera m), «la determinazione
dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei
ceti meno abbienti» (sentenza n. 94 del 2007). Del pari, questa Corte
ha  statuito  che  la  programmazione  degli insediamenti di edilizia
residenziale pubblica, in quanto ricadenti nella materia «governo del
territorio»,  appartiene  alla  competenza legislativa concorrente di
cui al terzo comma dell'art. 117 Cost. (sentenza n. 451 del 2006).
   Alla  luce  degli indirizzi giurisprudenziali prima richiamati, si
puo'  stabilire  che  gli  spazi  normativi  coperti  dalla  potesta'
legislativa  dello  Stato sono da una parte la determinazione di quei
livelli  minimali  di  fabbisogno  abitativo  che  siano strettamente
inerenti  al nucleo irrinunciabile della dignita' della persona umana
e  dall'altra parte la fissazione di principi generali, entro i quali
le  Regioni  possono  esercitare  validamente  la  loro  competenza a
programmare   e  realizzare  in  concreto  insediamenti  di  edilizia
residenziale  pubblica  o  mediante la costruzione di nuovi alloggi o
mediante  il recupero e il risanamento di immobili esistenti. L'una e
l'altra  competenza  (la  prima  ricadente nella potesta' legislativa
esclusiva dello Stato, la seconda in quella concorrente) si integrano
e  si  completano  a  vicenda, giacche' la determinazione dei livelli
minimi  di  offerta  abitativa  per  specifiche categorie di soggetti
deboli  non puo' essere disgiunta dalla fissazione su scala nazionale
degli  interventi,  allo  scopo di evitare squilibri e disparita' nel
godimento  del  diritto  alla  casa  da parte delle categorie sociali
disagiate.
   La norma censurata rispetta i suddetti confini di intervento della
legislazione  statale.  Infatti  essa  si  limita  a  richiedere alle
Regioni   la  predisposizione,  in  base  alle  proposte  dei  Comuni
interessati, di un piano straordinario, articolato in tre annualita',
destinato   a  soddisfare  il  fabbisogno  di  edilizia  residenziale
pubblica,   con  particolare  riferimento  a  quello  espresso  dalle
categorie  che  sono  state  prima menzionate. Da una parte emerge lo
scopo  di provvedere al bisogno minimo abitativo di precise categorie
di  soggetti  che  si  trovano in condizioni disagiate, dall'altra si
predispone  una  procedura  a  carattere  generale perche' le Regioni
possano  esercitare  la propria competenza legislativa concorrente in
materia  di insediamenti di edilizia residenziale pubblica. Lo Stato,
per mezzo della norma impugnata, si limita a richiedere un intervento
organico,  rapido  e  preferenziale,  con  riferimento  a particolari
categorie  di  soggetti,  che si trovano in condizioni oggettivamente
deteriori  rispetto  alla  generalita'  dei  cittadini  e che possono
vantare  pertanto  un  diritto  fondamentale,  da  garantirsi in modo
uniforme su tutto il territorio nazionale.
   La finalizzazione complessiva dell'intervento statale risulta piu'
chiara alla luce dell'art. 21 del successivo decreto-legge 1° ottobre
2007,  n. 159  (Interventi  urgenti in materia economico-finanziaria,
per  lo sviluppo e l'equita' sociale), convertito, con modificazioni,
dall'art.   1   della   legge  29  novembre  2007,  n. 222.  In  tale
disposizione,  non  impugnata  da  alcuna  Regione,  e'  previsto  un
programma   straordinario  di  edilizia  residenziale  pubblica,  con
relativo stanziamento, per l'anno 2007, della somma di 550 milioni di
euro,  diretto  a  rendere  disponibili,  con  vari mezzi, alloggi da
destinare  prioritariamente  alle  categorie di soggetti sottoposti a
procedure di rilascio e aventi i requisiti di cui al gia' citato art.
1   della  legge  n. 9  del  2007.  L'individuazione  del  fabbisogno
abitativo,  secondo l'art. 21 del menzionato decreto-legge n. 159 del
2007 ed in coerenza con quanto disposto dalla disposizione censurata,
e'  affidata alle Regioni ed alle Province autonome, sulla base degli
esiti  del  «tavolo  di  concertazione» di cui all'art. 4 della legge
n. 9  del  2007,  al  quale  partecipano anche i rappresentanti delle
Regioni.
   In  definitiva,  la norma censurata si presenta come la prima fase
di  un  programma  generale  di  interventi nel settore dell'edilizia
residenziale  pubblica, nell'ambito del quale lo Stato, da una parte,
si  riserva  il  potere  di  individuare le categorie particolarmente
disagiate,  da  considerare  con  priorita'  su  tutto  il territorio
nazionale,  dall'altra  parte,  detta  i  principi  fondamentali  che
dovranno   presiedere   all'elaborazione   dei  piani  specifici,  di
competenza delle Regioni. A queste ultime spetta sia l'individuazione
del  fabbisogno  abitativo,  sia  l'articolazione  degli interventi e
delle realizzazioni conseguenti. Per entrambi i profili, l'estensione
della  competenza  statale  non  supera i limiti di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera m), e terzo comma, Cost. La determinazione dei
livelli  minimi  di  offerta  abitativa  per  categorie  di  soggetti
particolarmente  disagiate,  da  garantire  su  tutto  il  territorio
nazionale, viene concretamente realizzata attribuendo a tali soggetti
una  posizione  preferenziale,  che  possa  assicurare agli stessi il
soddisfacimento  del diritto sociale alla casa compatibilmente con la
effettiva  disponibilita'  di  alloggi  nei  diversi  territori, resa
palese dai piani straordinari previsti dalla norma censurata.
   4.  -  La  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 2, della legge n. 9 del 2007 e' fondata.
   La norma suddetta riconosce ai Comuni la possibilita' di istituire
«apposite  commissioni», con durata di diciotto mesi, per l'eventuale
graduazione,  fatte  salve  le  competenze dell'autorita' giudiziaria
ordinaria,  delle  azioni  di  rilascio,  allo  scopo  di favorire il
passaggio  «da  casa a casa» per le categorie individuate all'art. 1,
nonche'   per  le  famiglie  collocate  utilmente  nelle  graduatorie
comunali   per   l'accesso  agli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica.
   Attribuire ai Comuni la possibilita' di istituire tali commissioni
lede  la  competenza  residuale delle Regioni in materia di politiche
sociali.  Ne'  si  puo'  ritenere  che la norma censurata si limiti a
conferire  ai  Comuni  una  semplice  facolta',  giacche' cio' non e'
consentito   in  materie  riservate  alla  competenza  regionale.  La
possibilita'  di istituire queste commissioni, qualora esercitata dai
Comuni,    si   risolverebbe   in   una   sottrazione   di   funzioni
costituzionalmente  spettanti  alle  Regioni. In altre parole, con la
norma  censurata,  si  attribuisce  ai  Comuni  la  facolta',  ove lo
ritengano,  di  ledere  la  sfera  di  competenza  costituzionalmente
garantita  delle  Regioni.  Il  fatto che gli stessi Comuni non siano
obbligati a farlo non elimina l'illegittimita' di tale previsione.
   Non  condivisibile e', poi, l'assunto dell'Avvocatura dello Stato,
secondo  cui  la  disposizione  in questione ricadrebbe nelle materie
dell'ordinamento   civile   o   dell'ordine   pubblico,  entrambe  di
competenza  esclusiva  dello  Stato.  Si  tratta infatti di norme che
incidono,  non sulla procedura di rilascio, ma solo sulla graduazione
degli  aventi  diritto  ai  fini di agevolare il passaggio «da casa a
casa»,  nell'intento di attutire il loro disagio abitativo. Finalita'
eminentemente  sociale,  che  non  puo' neppure essere ridotta a mera
questione  di  ordine pubblico, giacche' quest'ultimo potrebbe venire
semmai  in  rilievo solo con riferimento a problemi concreti nascenti
dall'esasperazione  del disagio abitativo, che appunto gli interventi
di  carattere sociale mirano ad evitare. Ogni acuto problema sociale,
se  non risolto per lungo tempo, puo' provocare turbative dell'ordine
pubblico.  Non  per  questo  tutti gli interventi pubblici in materia
sociale  si  risolvono  in  misure  di  ordine  pubblico, secondo una
concezione del tutto estranea alla Costituzione italiana vigente.
   In  definitiva,  trattandosi  di  materia  sociale e non potendosi
configurare nella specie alcuna competenza statale costituzionalmente
consentita,   la   norma  censurata  e'  illegittima  per  violazione
dell'art. 117, quarto comma, Cost.
   5.  -  La  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 4,
comma 2, della legge n. 9 del 2007 non e' fondata.
   La   disposizione   censurata   prevede  che  «il  Ministro  delle
infrastrutture,   di  concerto  con  i  Ministri  della  solidarieta'
sociale,  dell'economia e delle finanze, per le politiche giovanili e
le attivita' sportive e delle politiche per la famiglia, d'intesa con
la  Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28
agosto  1997,  n. 281,  ai  sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5
giugno  2003,  n. 131,  predispone,  entro  tre  mesi,  un  programma
nazionale contenente:
     a)  gli  obiettivi  e gli indirizzi di carattere generale per la
programmazione  regionale  di edilizia residenziale pubblica riferita
alla  realizzazione,  anche  mediante l'acquisizione e il recupero di
edifici  esistenti,  di  alloggi  in locazione a canone sociale sulla
base  dei criteri stabiliti dalle leggi regionali e a canone definito
sulla  base  dei  criteri  stabiliti  dall'articolo 2, comma 3, della
legge  9  dicembre  1998, n. 431, e successive modificazioni, nonche'
alla  riqualificazione  di quartieri degradati; b) proposte normative
in  materia fiscale e per la normalizzazione del mercato immobiliare,
con  particolare  riferimento  alla  riforma  della  disciplina della
vendita  e  della locazione di immobili di proprieta' dei soggetti di
cui  all'articolo  1,  comma  3;  c) l'individuazione delle possibili
misure,   anche  di  natura  organizzativa,  dirette  a  favorire  la
continuita'  nella  cooperazione  tra  Stato,  regioni ed enti locali
prioritariamente   per   la   riduzione  del  disagio  abitativo  per
particolari  categorie sociali; d) la stima delle risorse finanziarie
necessarie   per   l'attuazione   del   programma  nell'ambito  degli
stanziamenti  gia' disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica».
   Occorre ricordare che gli artt. 59 e 60 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello  Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo
I  della legge 15 marzo 1997, n. 59), stabiliscono che sono mantenute
allo  Stato  le funzioni e i compiti relativi al concorso, unitamente
alle  Regioni  ed  agli  enti locali interessati, all'elaborazione di
programmi  di  edilizia  residenziale  pubblica  aventi  interesse  a
livello  nazionale  (art. 59, comma 1, lettera c) ed alla definizione
dei  criteri  per  favorire  l'accesso al mercato delle locazioni dei
nuclei  familiari  meno  abbienti  e  agli  interventi concernenti il
sostegno  finanziario  al reddito (art. 59, comma 1, lettera e). Sono
invece  conferite  alle  Regioni e agli enti locali tutte le funzioni
amministrative non espressamente elencate tra quelle trattenute dallo
Stato  e,  in  particolare, quelle relative alla programmazione delle
risorse  finanziarie  riservate al settore (art. 60, comma 1, lettera
b),  alla gestione e all'attuazione degli interventi anche attraverso
programmi  integrati, di recupero urbano e di riqualificazione urbana
(art.  60,  comma  1, lettere c e d), alla fissazione dei criteri per
l'assegnazione  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale  destinati
all'assistenza  abitativa,  nonche'  alla determinazione dei relativi
canoni (art. 60, comma 1, lettera e).
   Dalle norme prima citate emerge l'esigenza di un momento unitario,
che deve precedere la programmazione regionale in materia di edilizia
residenziale   pubblica.  In  tale  momento  unitario  devono  essere
coinvolti tutti i soggetti istituzionali interessati (Stato, Regioni,
enti locali).
   In  base  a quanto detto, si puo' ritenere che sussistano tutte le
condizioni  ritenute  necessarie da questa Corte (sentenze n. 303 del
2003  e  n. 6  del  2004) perche' possa verificarsi la «attrazione in
sussidiarieta»  da  parte dello Stato della competenza legislativa in
tema di «programmi di edilizia residenziale pubblica aventi interesse
a  livello nazionale». Esiste infatti l'interesse unitario, stante la
necessita'  del  coordinamento,  allo  scopo  di individuare le linee
generali  della programmazione regionale e di evitare forti squilibri
territoriali  nella politica sociale della casa. La deroga al riparto
delle competenze legislative risulta proporzionata, giacche' lo Stato
non interferisce nella predisposizione dei programmi regionali, ma si
limita    a    fissare   le   linee   generali   indispensabili   per
l'armonizzazione  dei  programmi su scala nazionale. Infine, la norma
censurata  prevede  che  il  programma  nazionale sia predisposto dal
Ministro  delle  infrastrutture,  di  concerto  con  altri  Ministri,
«d'intesa   con  la  Conferenza  unificata»,  entro  due  mesi  dalla
conclusione  dei  lavori  del  tavolo di concertazione generale sulle
politiche  abitative,  previsto  nel  comma 1 del medesimo art. 4, al
quale  partecipano,  tra  gli  altri,  anche  i  rappresentanti delle
Regioni  e  dell'Associazione  nazionale  dei comuni italiani (ANCI).
Come  si  vede,  le  Regioni  sono coinvolte in due distinte fasi del
procedimento:  in  sede di concertazione generale e nel momento della
predisposizione  del programma nazionale, tramite l'intesa necessaria
con la Conferenza unificata.
   Per  i motivi sopra esposti, la norma in questione e' immune dalle
censure avanzate dalla Regione ricorrente.
   6. - La Regione Lombardia censura altresi' la lettera d) del comma
2  dell'art. 4 della legge n. 9 del 2007, poiche', stabilendo che per
tutto  quanto verra' imposto in sede di programmazione alle Regioni e
agli enti locali non sono previste risorse finanziarie, violerebbe il
principio  di  certezza  delle  risorse  finanziarie  e  di autonomia
finanziaria  regionale  e locale sotteso all'art. 119 Cost., il quale
disciplina  un  sistema  di  entrate  regionali  e locali destinato a
finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
   La questione non e' fondata.
   La norma impugnata prevede che il programma nazionale, predisposto
d'intesa con la Conferenza unificata, debba contenere «la stima delle
risorse  necessarie  per l'attuazione del programma nell'ambito degli
stanziamenti  gia' disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica». Pertanto, resta fermo quanto
stabilisce  il  gia'  citato art. 60, comma 1, lettera b), del d.lgs.
n. 112 del 1998, che attribuisce alle Regioni la programmazione delle
risorse finanziarie destinate al settore.
   7. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 della
legge n. 9 del 2007 non e' fondata.
   Tale norma attribuisce al Ministro delle infrastrutture il compito
di  definire,  di  concerto  con  altri  Ministri  e  d'intesa con la
Conferenza  unificata, le caratteristiche e i requisiti degli alloggi
sociali esenti dall'obbligo di notifica degli aiuti di Stato ai sensi
degli artt. 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunita' europea.
   Lo  Stato,  nel determinare le caratteristiche e i requisiti degli
alloggi  sociali,  in  sostanza  determina i livelli essenziali delle
prestazioni  concernenti  il  diritto all'abitazione. Questa Corte ha
stabilito  che  «la  determinazione dell'offerta minima degli alloggi
destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti» appartiene
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost. (sentenza n. 94 del 2007). Tale
determinazione ovviamente non puo' essere solo quantitativa, ma anche
qualitativa, nel senso che, nel momento in cui si determina l'offerta
minima  destinata  alle  categorie  sociali economicamente disagiate,
occorre stabilire anche le caratteristiche di questi alloggi.
   Alla  luce  di  quanto detto, non sono condivisibili ne' l'assunto
della  Regione  ricorrente, che riconduce la normativa impugnata alla
competenza   legislativa   residuale   delle  Regioni,  ne'  la  tesi
dell'Avvocatura   dello   Stato,   secondo  cui  la  norma  censurata
ricadrebbe  nella competenza legislativa statale in materia di tutela
della concorrenza.
   Si  deve  aggiungere  che,  anche  ai  fini  dell'osservanza della
normativa  comunitaria, la determinazione delle caratteristiche degli
alloggi  sociali  esenti dall'obbligo di notificazione degli aiuti di
Stato non puo' che essere uniforme su tutto il territorio nazionale.