Sentenza
nel  giudizio  per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
del  decreto  del  Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di
Torino  del  18 settembre 2007, con cui veniva disposto il giudizio a
norma  dell'art. 429 del codice di procedura penale nei confronti del
consigliere  della  Regione  Piemonte  Matteo Brigandi', promosso con
ricorso   della   Regione  Piemonte  notificato  il  27  marzo  2008,
depositato  in  cancelleria  il 28 marzo 2008 ed iscritto al numero 5
del registro conflitti tra enti 2008.
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
ministri nonche' l'atto di intervento di Cavaletto Marco;
   Udito nell'udienza pubblica del 10 giugno 2008 il giudice relatore
Sabino Cassese;
   Uditi  gli  avvocati Stefano Maccioni per Cavaletto Marco, Claudio
Maria  Papotti  per  la  Regione  Piemonte  e  l'avvocato dello Stato
Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  La  Regione  Piemonte,  con  ricorso  del 19 marzo 2008, ha
proposto  conflitto  di  attribuzione  nei confronti dello Stato, per
violazione  dell'art.  122,  quarto  comma,  della  Costituzione,  in
relazione  al  decreto  del  Giudice  per  l'udienza  preliminare del
Tribunale  di Torino del 18 settembre 2007, con cui e' stato disposto
il  giudizio a norma dell'art. 429 del codice di procedura penale nei
confronti del consigliere della Regione Piemonte Matteo Brigandi'.
   1.1.  - Espone la Regione ricorrente che il consigliere, all'epoca
dei  fatti  membro  del  Consiglio regionale del Piemonte e Assessore
agli affari legali e contenzioso della stessa Regione, e' imputato di
reato  di  diffamazione nei confronti del dirigente, Marco Cavaletto,
preposto  alla  «Direzione  Commercio  e  Artigianato»  della Regione
Piemonte per aver:
     stilato  e  messo  a disposizione dell'Assemblea regionale - nel
periodo  che va dal 18 giugno al 16 luglio 2003 - una relazione sulla
«causa  bi-alluvionati»  (non  sottoscritta  e composta da 17 pagine)
nella   quale,  tra  l'altro,  esprimeva  le  seguenti  affermazioni:
«l'unica  cosa  certa  e'  che  uno  dei due fatti dati per certi dal
dirigente  e'  falso»  [...]  «delle  due  l'una o il direttore vuole
vessare  il  cittadino  o  il direttore vuole applicare, essendo alla
data  delle lettere ormai noto il suo comportamento con la Fasti, una
linea  di  comportamento  simile  a  quella tenuta con la Fasti ma in
aperto  contrasto  con  la  circolare  3/LAP  e  con  le  sue  stesse
delibere...»  «Cavaletto  afferma  falsamente  di  avere rimborsato i
danni»  «strano  quindi  appare  che  un  solerte  dipendente  che ha
ritenuto   di   andare   di   persona  a  verificare  addirittura  la
costituzione  ...  non  ha  visto queste macroscopiche discrasie ...»
«ritiene  lo  scrivente che non vi sia spazio per pensare ad un fatto
colposo ... come si puo' spiegare, se non con la presenza del dolo il
fatto  ...»  «in  altri  termini il direttore propone delle soluzioni
irrazionali   ...  con  l'evidente  scopo  di  affossare  l'eventuale
transazione ...» «non si puo' non tenere conto del grave danno che e'
stato  cagionato alla p.a. in quanto la regione ha pagato la somma di
lire  2.353.886.942  che  proprio  in base alla interpretazione della
legge  n. 365/2000  data  dallo stesso direttore non avrebbero dovuto
essere  spesi  ... E' evidente che questi fatti appaiono di rilevante
gravita'  basti pensare alla pervicacia con cui sono state dette cose
false,  alla prevaricazione cui sono stati sottoposti i cittadini ...
il  Cavaletto  scrive: "la strada politicamente piu' percorribile per
risolvere definitivamente ed in fretta la questione" facendo non solo
evidenza di divergenze politiche ma, con il virgolettato sulle parole
"in  fretta"  con  una  critica  che  appare  anche  ingiuriosa.  Per
tralasciare  il  fatto  riportato  in  sede  di  Giunta ove lo stesso
Cavaletto   avrebbe  adombrato  interessi  privati  di  alcuni  degli
assessori»;
     rilasciata   un'intervista   al   quotidiano   «La  Repubblica»,
pubblicata  in  data  27 luglio 2003, nella quale dichiarava: «Io e i
miei  colleghi  di  Giunta  abbiamo  agito  per limitare l'esborso di
denaro  pubblico.  A differenza di quanto aveva fatto nei mesi scorsi
Cavaletto che aveva deciso di liquidare i danni di un'altra ditta, la
Fasti  ...  sulla  base di un atto notorio, che non e' una domanda di
risarcimento,  e di un nulla osta di liquidazione danni rilasciato da
una  banca  a  un'assicurazione  per l'alluvione del 1994. Perche' la
Fasti aveva diritto al risarcimento e l'Autovallere no?»;
     rilasciato,  infine,  un'altra  intervista al telegiornale RAI 3
regionale  del  Piemonte,  diffusa  in data 28 luglio 2003, nel corso
della  quale  dichiarava:  «la  responsabilita'  della transazione e'
riconducibile solamente ai direttori, poiche' l'Assessore mette firme
ad atti da loro preparati».
   La Regione Piemonte riferisce che a seguito delle sopra menzionate
dichiarazioni,  il  direttore  Cavaletto  ha  presentato  querela per
diffamazione e che la procura della Repubblica presso il Tribunale di
Torino, al termine delle indagini preliminari, ha richiesto il rinvio
a  giudizio  del consigliere regionale. Successivamente, il Consiglio
regionale  ha  dichiarato  l'insindacabilita' delle opinioni espresse
dal consigliere regionale ai sensi dell'art. 122, quarto comma, della
Costituzione  e,  nonostante  tale delibera, il Giudice per l'udienza
preliminare  dello stesso Tribunale, dopo aver respinto con ordinanza
del  18  settembre 2007 l'eccezione difensiva di insindacabilita', ha
disposto,  con decreto emesso nella stessa data, il rinvio a giudizio
del consigliere regionale.
   1.2.  -  In  via preliminare, la Regione ricorrente sottolinea che
l'ordinanza   del  Giudice  per  l'udienza  preliminare  in  data  18
settembre 2007 ed il contestuale decreto che dispone il giudizio sono
stati  conosciuti  dal  Consiglio regionale del Piemonte, che non era
parte in causa, solo in data 1° febbraio 2008, poiche' comunicati dal
consigliere  Brigandi'  con  lettera  datata  29  gennaio 2008 e che,
pertanto,  e'  stato  rispettato  il  termine per la proposizione del
ricorso previsto dall'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla  costituzione  e sul funzionamento della Corte costituzionale).
Inoltre,  la  ricorrente  insiste  per  la sussistenza degli elementi
soggettivo e oggettivo del conflitto di attribuzioni proposto.
   1.3  -  Quanto  alle  ragioni  del  conflitto, la Regione Piemonte
osserva che, in caso di delibera del Consiglio regionale con la quale
si  affermi l'immunita' del consigliere ai sensi del citato art. 122,
quarto  comma,  della  Costituzione,  il  giudice  «non potrebbe piu'
proseguire    il    processo»    dovendo,    piuttosto,   «affermarne
l'improcedibilita» tenuto conto che l'art. 3 della legge regionale 19
novembre   2001,   n. 32   (Norme   in   materia  di  valutazione  di
insindacabilita'  dei  Consiglieri  regionali, ai sensi dell'articolo
122,  comma 4, della Costituzione), sancisce il divieto di chiamare a
rispondere  i  consiglieri  regionali  per  opinioni  e voti espressi
nell'esercizio delle loro funzioni.
   La  Regione  insiste  affinche'  l'orientamento  giurisprudenziale
costituzionale  secondo  cui  «l'identita' formale degli enunciati di
cui  all'art.  68,  primo  comma,  e  122,  quarto  comma, Cost., non
riflette,  tuttavia,  una  compiuta  assimilazione  tra  le assemblee
parlamentari  ed  i  consigli  regionali»  (sentenza n. 301 del 2007)
«possa  essere  oggetto di una nuova riflessione» poiche', secondo la
ricorrente,   non   si   giustifica  «un'interpretazione  restrittiva
dell'art.  122  rispetto  al  suo  omologo  applicabile ai membri del
Parlamento».
   La  Regione  richiama  i  caratteri  costituzionali dell'autonomia
regionale, che, sebbene distinti dal concetto di sovranita' riservato
allo  Stato,  assicurano  all'ente  regionale un'autonomia normativa,
organizzatoria  e politica. In tale ambito, l'art. 122, quarto comma,
della  Costituzione  ha,  secondo  la  ricorrente,  una  funzione  di
«schermo costituzionale» a difesa dell'autonomia normativa e politica
delle Regioni.
   1.4.  -  In  relazione  alla  sussistenza,  nel caso in esame, dei
presupposti   di   insindacabilita'   delle   opinioni  espresse  dal
consigliere,  la Regione, richiamata la giurisprudenza costituzionale
in  ordine  alla  prerogativa  prevista  dall'art. 122, quarto comma,
Cost.  in  favore  dei consiglieri regionali (sentenze n. 276 e n. 76
del  2001),  osserva  che  occorre  valutare  se,  dal punto di vista
oggettivo,  «l'immunita'  de  qua possa estendersi alle attivita' dei
consiglieri  regionali  che al contempo rivestano la carica di membro
della  Giunta  regionale». Nel caso di specie, ad avviso della difesa
regionale,  il  consigliere regionale stava conducendo una «battaglia
politica»  di  rinnovamento all'interno del Consiglio regionale e nel
corso  di  questa  aveva  ritenuto,  anche  nello  svolgimento  delle
funzioni  di Assessore agli affari legali della Giunta regionale, che
un   dirigente   della   Regione   Piemonte   non  avesse  tenuto  un
comportamento all'altezza dei suoi doveri di efficienza e trasparenza
nel  corso della vicenda connessa al risarcimento dovuto alle imprese
alluvionate.
   A  parere della Regione, «nel complesso procedimento istituzionale
di  "sindacato  ispettivo"  che, attraverso il suo legittimo "atto di
denuncia  politica",  ebbe  origine  con  l'interrogazione  mossa dai
consiglieri   Palma   e   Mellano,  prosegui'  con  l'intervento  del
Presidente  della  Giunta regionale onorevole Ghigo, per poi snodarsi
nella  presentazione  di  altre  interpellanze  sulla materia e nella
istituzione   di   una   Commissione   di   indagine   sulle  imprese
bi-alluvionate  che  esauri'  i  lavori con relazione finale discussa
nella  seduta n. 490 del 12 ottobre 2004 cui lo stesso Brigandi' rese
legittimo  intervento.  La  partecipazione  del consigliere Brigandi'
nella  instauranda  complessa  procedura consiliare ispettiva avvenne
attraverso  la  presentazione  e  consegna al Consiglio di un dossier
sulla vicenda "bi-alluvionati"».
   Sostiene,  quindi, la Regione che le dichiarazioni del consigliere
regionale  «possono  considerarsi espressione di attivita' tipica» e,
sebbene  non  ignori la giurisprudenza costituzionale secondo cui non
e'  estensibile  agli assessori la guarentigia prevista dall'art. 122
Cost.,  la  Regione  tuttavia  ritiene  che tale garanzia comunque si
estenda all'esercizio di funzioni consiliari da parte del consigliere
che rivesta anche la carica di assessore.
   2.  - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  il  conflitto  sia dichiarato inammissibile o
infondato,  in ogni caso affermando che spetta allo Stato, e per esso
alla  magistratura,  accertare  e  dichiarare se il fatto imputato al
consigliere regionale sia assistito o meno dalla prerogativa prevista
dall'art. 122, quarto comma, Cost.
   La  difesa erariale sottolinea come il caso in esame sia del tutto
equivalente a quello gia' esaminato dalla Corte costituzionale con la
sentenza   n. 301   del  2007,  nella  quale  la  Corte  ha  ribadito
l'impossibilita'  di  assimilare  i Consigli regionali alle Assemblee
parlamentari  e ha escluso l'estensibilita' della disciplina prevista
dalla legge n. 140 del 2003 in favore dei consiglieri regionali.
   3.   -  In  prossimita'  della  data  fissata  per  l'udienza,  e'
intervenuto  nel  giudizio Marco Cavaletto, querelante-persona offesa
nel procedimento penale principale, chiedendo dichiararsi «che spetta
allo  Stato,  e  per  esso al Tribunale di Torino, decidere in merito
alla vicenda in oggetto».
   3.1.  -  In  ordine alla propria legittimazione ad intervenire nel
giudizio, l'interveniente richiama sia il quadro normativo (artt. 4 e
27, quarto comma, delle «Norme integrative per i giudizi dinanzi alla
Corte  costituzionale») sia l'orientamento costituzionale secondo cui
nei   giudizi   per   conflitto   di  attribuzione  viene  consentito
l'intervento  del  terzo  nel giudizio costituzionale atteso che, ove
precluso,  «finirebbe per risultare in concreto compromessa la stessa
possibilita'  per  la  parte  di  agire in giudizio a tutela dei suoi
diritti» (sentenza n. 195 del 2007).
   3.2.  -  In  primo  luogo,  l'interveniente  contesta  la sequenza
fattuale  e  temporale  posta  sia a base della proposta della Giunta
consiliare  delle  insindacabilita'  sia  a  fondamento  del ricorso,
precisando   che   la  «Relazione  causa  bi-alluvionati»  non  venne
distribuita  a  seguito  dell'interrogazione  n. 2321  (a  firma  dei
consiglieri  Palma  e  Mellano  presentata il 22 luglio 2003), atteso
che,  al contrario, l'interrogazione venne presentata a seguito della
diffusione  della  Relazione.  Sottolinea, inoltre, che il Presidente
Ghigo  -  nel  periodo  che  va dal 18 giugno al 16 luglio 2003 - non
intervenne  in  assemblea  sulla  questione  bi-alluvionati, ne', nel
periodo  successivo,  rese  interventi  il cui contenuto possa essere
sovrapposto  alle  argomentazioni  contenute nella predetta Relazione
(seduta  n. 380  del  29  luglio  2003  e seduta n. 383 del 30 luglio
2003).
   Precisa  che  il consigliere Brigandi' (nella seduta n. 490 del 12
ottobre  2004,  dedicata  alla  Relazione  finale  della  Commissione
d'indagine)  si  limito'  ad  un intervento su profili formali, senza
rendere  in  alcun  modo  le  affermazioni contenute nella «Relazione
causa bi-alluvionati».
   In   secondo  luogo,  l'interveniente  richiama  quanto  stabilito
dall'art.  3  della legge della Regione Piemonte 8 agosto 1997, n. 51
(Norme   sull'organizzazione  degli  uffici  e  sull'ordinamento  del
personale  regionale),  secondo  cui spetta ai dirigenti regionali la
gestione  finanziaria,  tecnica e amministrativa dell'ente, mentre e'
riservata  agli  organi  istituzionalmente preposti quella politica e
che,  per  tale  ragione,  i  dirigenti  rispondono  direttamente  al
Presidente della Giunta regionale.
   Infine,  quanto  al  contenuto  delle  interviste,  la  difesa del
direttore  Cavaletto  sottolinea come gli stessi giornalisti si siano
rivolti  al  consigliere  Brigandi' nella sua qualita' di assessore e
non di componente il consiglio regionale.
   3.3.   -   Nel  merito,  l'interveniente  sostiene,  da  un  lato,
l'infondatezza  della tesi sostenuta dalla Regione Piemonte in ordine
al preteso parallelismo tra la tutela assicurata dall'art. 68 Cost. e
quella  prevista dall'art. 122 Cost. e chiede pertanto il rigetto del
ricorso.  Dall'altro,  egli  insiste  nel  ritenere che la «Relazione
causa   bi-alluvionati»   non  sia  un  atto  di  controllo  politico
esercitato  da  un  consigliere regionale ma, piu' semplicemente, una
comunicazione  ai  consiglieri  di  un documento formato da un membro
della  Giunta.  Secondo  l'interveniente  tale circostanza troverebbe
conferma nel fatto che il soggetto autore del predetto dossier non lo
abbia  utilizzato  per  porre  in  essere  alcuna attivita' tipica di
indirizzo  e  controllo  politico  (interrogazioni,  interpellanze  o
mozioni), sebbene, invece, tali attivita' siano state poste in essere
da  altri  consiglieri  e  dopo  la  diffusione del medesimo dossier.
L'interveniente  aggiunge,  infine,  che  le dichiarazioni rese nelle
interviste  non  potrebbero  in  alcun  modo essere interpretate come
frutto   dell'esercizio  delle  funzioni  consiliari,  in  quanto  il
soggetto  intervistato  risulta  aver  risposto  alle  domande non in
qualita'  di  membro  del  consiglio  regionale,  ma  di membro della
Giunta.
   4.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  depositato  una  memoria insistendo per
l'infondatezza del ricorso.
                       Considerato in diritto
   1. - La Regione Piemonte ha proposto conflitto di attribuzione nei
confronti  dello  Stato,  per violazione dell'art. 122, quarto comma,
della Costituzione, in relazione al decreto del Giudice per l'udienza
preliminare del Tribunale di Torino del 18 settembre 2007, con cui e'
stato  disposto  il  giudizio  a  norma  dell'art.  429 del codice di
procedura penale nei confronti del consigliere della Regione Piemonte
Matteo Brigandi'.
   In primo luogo, la Regione Piemonte insiste perche' l'orientamento
giurisprudenziale  costituzionale,  secondo  cui «l'identita' formale
degli enunciati di cui all'art. 68, primo comma, e 122, quarto comma,
Cost.,  non  riflette  una  compiuta  assimilazione  tra le assemblee
parlamentari  ed  i  consigli regionali in quanto, diversamente dalle
funzioni  assegnate  alle  Camere,  le  attribuzioni  dei Consigli si
inquadrano, invece, nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente
garantite,  ma  non  si  esprimono  a livello di sovranita» (sentenza
n. 301  del  2007), «possa essere oggetto di una nuova riflessione» e
chiede  che,  in  caso  di delibera di insindacabilita' del Consiglio
regionale  a norma dell'art. 122, quarto comma, Cost., si affermi che
l'autorita' giudiziaria non puo' «piu' proseguire il processo».
   In  secondo luogo, la Regione osserva che occorre valutare se, dal
punto  di  vista oggettivo, «l'immunita' de qua possa estendersi alle
attivita'  dei  consiglieri  Regionali  che  al contempo rivestano la
carica  di  membro  della Giunta regionale». Ad avviso della Regione,
nel  caso  di  specie, il consigliere regionale «stava conducendo una
"battaglia   politica"  di  rinnovamento  all'interno  del  Consiglio
regionale e nel corso di questa aveva ritenuto che un dirigente della
Regione  Piemonte  non avesse tenuto un comportamento all'altezza dei
suoi  doveri  di  efficienza  e  trasparenza,  circostanze apprese in
occasione  dello "svolgimento delle funzioni di Assessore agli affari
legali"».  Sostiene  la  Regione che le dichiarazioni del consigliere
regionale  «possono  considerarsi  espressione  di  attivita'  tipica
poiche'  originarono,  quale  legittimo  segmento  istituzionale,  un
complesso  sindacato  ispettivo  che  recepi'  in  toto tale forma di
esternazione».  Sul punto, la Regione, sebbene mostri di non ignorare
la  giurisprudenza costituzionale secondo cui non e' estensibile agli
assessori  la  guarentigia  prevista dall'art. 122 Cost., ritiene che
essa  assista,  comunque,  lo  svolgimento  delle funzioni consiliari
anche per chi sia assessore. Del resto, la ricorrente sottolinea come
la qualita' di Assessore agli affari legali del consigliere regionale
fu  solo  l'occasione  che  permise  allo  stesso  di  conoscere piu'
approfonditamente  la  vicenda  in  esame.  Pertanto, ad avviso della
Regione,  la  diffusione  del dossier deve essere interpretata, cosi'
come ha fatto la Giunta regionale per le elezioni, le ineleggibilita'
e  le  incompatibilita', come atto di controllo ed indirizzo politico
esercitato da un consigliere regionale. Sussiste, inoltre, secondo la
Regione,  il  nesso  funzionale  tra  tale  attivita' funzionale e le
dichiarazioni  successive rese agli organi di stampa e televisione ed
il  legame  temporale  tra  attivita'  consiliare e attivita' esterna
(sentenza n. 276 del 2001).
   2.  -  Preliminarmente,  va  dichiarato  ammissibile  l'intervento
spiegato   in   giudizio  da  Marco  Cavaletto,  parte  del  giudizio
principale che ha originato il conflitto in esame.
   Questa  Corte ha piu' volte ritenuto che nei giudizi per conflitto
di  attribuzione,  sebbene  di regola non sia ammesso l'intervento di
soggetti  diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a
resistervi,  sia  tuttavia  ammissibile  l'intervento  di coloro che,
quali  parti  del  giudizio principale la cui decisione e' oggetto di
conflitto,  sarebbero  incisi,  senza  possibilita'  di far valere le
proprie  ragioni, dall'esito del giudizio relativo al conflitto. Tale
e'  la  situazione dell'interveniente nel giudizio in esame (sentenza
n. 195 del 2007).
   3. - Il ricorso non e' fondato.
   4. - Va, anzitutto, disattesa la richiesta formulata dalla Regione
ricorrente   «di   una  nuova  riflessione»  in  ordine  al  costante
orientamento  espresso,  anche  di recente, da questa Corte sul fatto
che  «l'identita'  formale  degli enunciati di cui all'art. 68, primo
comma,  e  122,  quarto  comma,  Cost.,  non  riflette  una  compiuta
assimilazione  tra  le assemblee parlamentari ed i consigli regionali
in  quanto,  diversamente  dalle  funzioni  assegnate alle Camere, le
attribuzioni dei Consigli si inquadrano, invece, nell'esplicazione di
autonomie costituzionalmente garantite, ma non si esprimono a livello
di sovranita» (sentenza n. 301 del 2007).
   Va  parimenti  disattesa  la  richiesta «di estendere alle Regioni
l'efficacia     inibitoria    delle    delibere    parlamentari    di
insindacabilita'  dei  membri delle Camere per le opinioni espresse e
per  i  voti  dati  nell'esercizio  delle loro funzioni, disciplinata
dalla legge n. 140 del 2003».
   Questa  Corte,  considerata  la  diversa  posizione  dei  Consigli
regionali  e delle Assemblee parlamentari nel sistema costituzionale,
ha  escluso  che  le  delibere  di insindacabilita' regionali abbiano
un'efficacia  inibitoria  nei  confronti  degli  atti  dell'autorita'
giudiziaria  e  ha  negato l'estensibilita' della disciplina prevista
dalla  legge  20  giugno  2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione
dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali
nei  confronti  delle  alte  cariche  dello  Stato),  in  favore  dei
consiglieri regionali (sentenza n. 195 del 2007).
   Nel   merito,  si  tratta  di  valutare  se  la  «Relazione  causa
bi-alluvionati»  avente  ad  oggetto la critica del comportamento del
dirigente  amministrativo  della  «Direzione Commercio e Artigianato»
della Regione Piemonte, che ha dato origine al procedimento per reato
di  diffamazione  ascritto  al  consigliere  regionale,  possa essere
considerata  come  manifestazione di opinioni espresse nell'esercizio
di  funzioni consiliari assistite dalla prerogativa costituzionale di
insindacabilita'   prevista   dall'art.   122,  quarto  comma,  della
Costituzione.
   Va osservato, in via preliminare, da un lato, che e' pacificamente
riconosciuto  nel  ricorso  che  tale «Relazione», sebbene stilata in
modo anonimo, sia atto riconducibile all'imputato, e, dall'altro, che
la  diffusione  del documento in sede consiliare suscito' la reazione
di  due  consiglieri  regionali,  i  quali,  in  data 22 luglio 2003,
presentarono   l'interrogazione  n. 2321  con  cui  interrogarono  la
Giunta,  tra  l'altro,  su  «quali  iniziative  abbiano intrapreso su
questa  materia»  e «se quanto riportato dal documento corrisponda al
vero».
   Tanto  preliminarmente  osservato,  dalla lettura della menzionata
Relazione risulta che il locutore si rivolge alla Giunta regionale in
prima  persona,  talvolta con l'appellativo «questo assessore». E che
la  Relazione  ha  ad oggetto non soltanto le problematiche attinenti
alla  permanenza  in  carica  del  menzionato  dirigente,  ma anche e
soprattutto i problemi amministrativi relativi alla concessione delle
provvidenze  connesse  agli  eventi  alluvionali  dell'autunno  2000,
spettanti a norma della legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365
(Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato
e  in  materia di protezione civile, nonche' a favore di zone colpite
da calamita' naturali).
   In  ragione  delle modalita' di diffusione e dei contenuti di tale
Relazione,  deve  ritenersi  che  tale  documento  sia  atto  formato
dall'autore  in qualita' di Assessore agli affari legali della Giunta
regionale  del Piemonte, qualita' rivestita dal consigliere regionale
nel luglio 2003, all'epoca dei fatti.
   La  Relazione  non  puo'  essere intesa come attivita' ispettiva o
«atto  di  denuncia  politica»  compiuta  dallo stesso in qualita' di
consigliere  regionale,  ne' come atto riconducibile ad una procedura
consiliare di revoca del dirigente in base ai criteri di revoca delle
funzioni  dirigenziali  fissati  dalla legge regionale 8 agosto 1997,
n. 51  (Norme sull'organizzazione degli uffici e sull'ordinamento del
personale regionale).
   La diffusione della stessa Relazione, infatti, avvenuta nel luglio
2003,  non  inerisce  alla  procedura  di controllo politico avviata,
invece,  con  l'istituzione  di  una  Commissione  di  indagine sulle
imprese   «bi-alluvionate»  da  parte  del  Consiglio  regionale  del
Piemonte, avvenuta il 9 dicembre 2003.
   Non  vi sono state neanche ulteriori attivita' funzionali compiute
dal   consigliere   regionale  su  tale  tema;  difatti,  lo  stesso,
intervenendo  nella  seduta  consiliare  n. 490  del 12 ottobre 2004,
dedicata  alla approvazione della «Relazione finale della Commissione
d'indagine   imprese   bi-alluvionate»,   non   rese   alcuna   delle
affermazioni contenute nella «Relazione causa bi-alluvionati» diffusa
nel  luglio  precedente. Ne' risulta che il Consiglio regionale abbia
posto in essere atti riconducibili a un procedimento ispettivo.
   Questa  Corte ha chiarito che la prerogativa costituzionale di cui
all'art.  122,  quarto  comma,  Cost.,  riguarda  soltanto  gli  atti
compiuti  dal  membro  del  Consiglio  regionale (sentenza n. 195 del
2007).  Pertanto,  la Relazione in esame non puo' ritenersi assistita
dalla  predetta  prerogativa  costituzionale  (dell'art.  122, quarto
comma,   Cost.).  Ne  discende  l'irrilevanza  della  verifica  circa
l'esistenza  del  nesso  funzionale  tra la Relazione e le interviste
giornalistiche  e  televisive  rilasciate  dallo  stesso  consigliere
regionale.
   Infine, gli ulteriori atti funzionali citati nella relazione della
Giunta   regionale   per   le   elezioni,  le  ineleggibilita'  e  le
incompatibilita'   a  firma  di  altri  consiglieri  (interventi  del
Presidente  della  Giunta  regionale,  onorevole  Ghigo, nella seduta
n. 373  del  15  luglio 2003, nella seduta n. 380 del 29 luglio 2003,
nella  seduta  n. 383  del  30  luglio 2003, l'interrogazione n. 2321
presentata  il  22  luglio  2003  dai  consiglieri  regionali Palma e
Mellano,  le  interpellanze presentate dal consigliere Contu n. 3031,
il  22  settembre  2004,  e  n. 3128, il 12 novembre 2004), sono, per
consolidato orientamento di questa Corte, «irrilevanti» ai fini della
sussistenza  sia  della prerogativa costituzionale prevista dall'art.
68  Cost.  (sentenza  n. 97 del 2008), sia conseguentemente di quella
prevista dall'art. 122 Cost.
   Si deve, quindi, concludere che le dichiarazioni in esame non sono
state  rese  nell'esercizio della funzione consiliare regionale e non
sono,  pertanto,  coperte dalla immunita' di cui all'art. 122, quarto
comma, Cost.