Sentenza
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 701 e 704 del
codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 12 luglio 2007
dalla  Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di V. G.,
iscritta  al  n. 772  del  registro ordinanze 2007 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica,  n. 46,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2007.
   Udito  nella  Camera  di  consiglio dell'11 giugno 2008 il Giudice
relatore Maria Rita Saulle.
                          Ritenuto in fatto
   1.  - La Corte di cassazione, con ordinanza del 12 luglio 2007, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  2, 3, 25, 27, 31 e 32 della
Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale degli artt.
701  e  704  del  codice  di  procedura  penale,  nella  parte in cui
attribuiscono «alla Corte di appello, e non alla "Sezione di Corte di
Appello per i minorenni", la competenza a decidere sulla estradizione
di  soggetti minorenni all'epoca dei fatti per i quali l'estradizione
e' richiesta».
   Il giudizio principale ha ad oggetto l'impugnazione proposta da V.
G.  avverso  la  sentenza  della  Corte  di appello di Firenze che ha
accolto  la  richiesta  di  estradizione  avanzata nei suoi confronti
dall'autorita'  romena  per l'esecuzione di sentenze del Tribunale di
Iasi per i reati di danneggiamento e furto aggravato.
   La  Corte rimettente, in punto di fatto, rileva che il ricorrente,
tra  i  motivi  del  ricorso, ha dedotto la violazione dell'art. 606,
comma  1,  lettere  b)  e c), cod. proc. pen., ritenendo competente a
decidere  sulla  richiesta  di  estradizione  la  sezione di Corte di
appello  per  i  minorenni,  e  non  la  Corte di appello, e cio' sul
rilievo  che  egli,  al  momento  della commissione dei fatti oggetto
della  suddetta  richiesta, non aveva ancora compiuto il diciottesimo
anno  di  eta'.  Il  giudice  a  quo,  infine, riporta la circostanza
secondo  la  quale,  a  parere  dello stesso ricorrente, la richiesta
estradizione  sarebbe  in  contrasto con gli artt. 27, terzo comma, e
31, secondo comma, della Costituzione in quanto non esiste in Romania
un  tribunale per i minorenni e la condizione dei minori sottoposti a
procedimento  penale  non gode delle stesse tutele previste nel resto
di Europa.
   Illustrati  i motivi del ricorso, la Corte rimettente osserva che,
in  conformita'  a  quanto  disposto dagli artt. 701 e 704 cod. proc.
pen., la decisione in tema di estradizione di V. G. e' stata adottata
dalla  Corte di appello di Firenze, e cio' sebbene la stessa Corte di
cassazione,  abbia affermato che, con la sentenza n. 470 del 1983, in
casi  come  quello in esame, la competenza a deliberare sulla domanda
di  estradizione  appartiene  alla  sezione  minorenni della Corte di
appello.
   Il  giudice  a  quo osserva che, nonostante tale isolata decisione
(avvenuta  peraltro  nel  periodo  di vigenza del codice di procedura
penale  del 1930), le norme dell'attuale codice di procedura penale e
il  d.P.R.  22  settembre  1988,  n. 448  (che  reca disposizioni sul
processo  penale  a  carico di imputati minorenni), non consentono di
desumere  in  via  interpretativa la competenza del giudice minorile,
ne'  di  ritenere  applicabili le disposizioni del citato d.P.R. alla
procedura   di  estradizione  nei  confronti  di  soggetti  minorenni
all'epoca dei fatti per i quali essa e' richiesta.
   Infatti,  sempre  secondo  il  rimettente,  le norme del codice di
procedura  penale  del  1988 - coeve alle norme sul processo penale a
carico  di  imputati  minorenni  -  assegnerebbero  la  competenza  a
decidere  sulla  estradizione alla Corte di appello, senza menzionare
la  sezione  per  i  minorenni,  e  senza  richiamare le disposizioni
dettate in tema di processo penale riguardanti imputati minorenni, di
talche',  in conformita' di quanto sancito dagli artt. 701 e 704 cod.
proc. pen., «e' la Corte di appello ad adottare tutte le decisioni in
materia  di estradizione senza alcuna distinzione tra imputati adulti
o  minorenni  all'epoca  dei  fatti  per  i  quali  l'estradizione e'
richiesta».
   Il  rimettente  osserva  poi  che,  a fronte della interpretazione
sopra   riportata,   la  giurisprudenza  di  legittimita'  ha  sempre
attribuito particolare tutela ai minori, negandone l'estradizione sia
nelle  ipotesi in cui l'ordinamento dello Stato richiedente prevedeva
che  il  minorenne fosse giudicato come un adulto e che, pertanto, la
pena  fosse  eseguita  negli  ordinari  istituti  per  adulti, sia in
presenza   di  una  legislazione  dello  Stato  richiedente  che  non
assicurava,  sul  piano  processuale  e  sostanziale,  un trattamento
differenziato e mitigato rispetto a quello riservato all'adulto.
   In  punto  di  rilevanza,  il  giudice  a quo sottolinea che dalla
soluzione  della  sollevata questione «dipende la decisione di questa
Corte  sull'eccezione  di  incompetenza  per  materia  della Corte di
appello  fiorentina  sollevata  dal ricorrente e l'adozione o meno di
una  pronuncia  di  annullamento della sentenza impugnata per ragioni
attinenti alla competenza».
   Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza, la Corte di cassazione
osserva  che  la giurisprudenza della Corte costituzionale, a partire
dalla  sentenza  n. 222  del  1983  (che  dichiaro'  l'illegittimita'
costituzionale  dell'art.  9 del r.d.l. n. 1404 del 1934, nella parte
in  cui  prevedeva  la  competenza del tribunale minorile per tutti i
procedimenti  penali  per  reati commessi da minori di anni diciotto,
salvo  che  nel  procedimento  vi fossero coimputati maggiori di anni
diciotto,  ha costantemente considerato le norme sulla competenza del
giudice  minorile  e  le  disposizioni  processuali  applicabili  nel
processo   penale   a   carico   di  imputati  minorenni  come  norme
imprescindibili,  ai  fini della attuazione dei fondamentali principi
costituzionali  di  eguaglianza  e  di  riconoscimento e garanzia dei
diritti della persona.
   Il  rimettente  ritiene, pertanto, che le norme denunciate violino
il  principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione,
e  gli altri principi di cui agli artt. 25 e 27 della stessa, poiche'
- a differenza di quanto avviene nell'area della giurisdizione penale
minorile  -  esse  equiparano  ingiustificatamente,  nell'ambito  del
procedimento  di  estradizione,  gli adulti ai minorenni, in tal modo
sottraendo  questi  ultimi alle valutazioni di organi giudiziari che,
in  ragione  della  loro composizione (magistrati dotati di specifica
attitudine   preparazione   ed   esperienza   ed   «esperti»),   sono
particolarmente  idonei  ad  effettuare  accertamenti  e  ad adottare
decisioni   che  facciano  specifica  attenzione  alle  modalita'  di
espiazione  della  pena nel Paese richiedente ed al profilo delle sue
finalita' rieducative.
   Inoltre,  le disposizioni censurate confliggerebbero anche con gli
artt. 2, 31 e 32 della Costituzione, in quanto la sezione di Corte di
appello  per  i  minorenni  appare l'organo giurisdizionale realmente
adeguato  alle  peculiari esigenze di garanzia del minorenne, dovendo
la  «protezione  della  gioventu'  e  la  salvaguardia  della  salute
psicofisica   dei   minori»   comunque   prevalere  sulla  competenza
attribuita dalle norme censurate alla Corte di appello.
   A  sostegno  di  tale impostazione, la Corte di cassazione osserva
che  le  norme del codice di procedura penale e quelle internazionali
in tema di estradizione fanno costantemente riferimento alla garanzia
dei  diritti  fondamentali  della «persona» e quindi sembrano esigere
«che a decidere sia il giudice minorile che nel nostro ordinamento e'
il giudice naturale della persona minorenne».
   Analoghe  considerazioni,  a  parere  del  rimettente,  valgono in
ordine  alle  speciali  regole  processuali  dettate  per il processo
minorile,  che  appaiono  come  il  naturale  quadro  di  riferimento
nell'opera   di   interpretazione   e  di  applicazione  tanto  delle
disposizioni codicistiche quanto delle norme convenzionali in tema di
estradizione   (si   pensi,  ad  esempio,  alla  possibile  incidenza
dell'istituto  della  irrilevanza del fatto sulla fondamentale regola
estradizionale   della   doppia   incriminazione).   Del   resto   la
specificita' della posizione del minore, anche sotto il profilo delle
procedure di consegna ad altri Stati, emergerebbe dalla recente legge
22  aprile  2005,  n. 69,  che, all'art. 18, lettera i), statuisce il
«rifiuto  della consegna» in tutta una serie di ipotesi riguardanti i
minori,  stabilendo  che la consegna deve senz'altro essere rifiutata
«se  la  persona oggetto del mandato di arresto europeo era minore di
anni  14  al  momento  della  commissione del reato» e subordinando a
condizioni restrittive la consegna della persona minore degli anni 18
al  momento  dei  fatti  per  i  quali  e' stato emesso il mandato di
arresto europeo.
                       Considerato in diritto
   1.  - La Corte di cassazione, dubita, in riferimento agli artt. 2,
3,   25,   27,   31  e  32  della  Costituzione,  della  legittimita'
costituzionale  degli artt. 701 e 704 del codice di procedura penale,
nella  parte  in cui attribuiscono «alla Corte di Appello, e non alla
"Sezione  di  Corte  di  Appello  per  i  minorenni"  la competenza a
decidere sulla estradizione di soggetti minorenni all'epoca dei fatti
per i quali l'estradizione e' richiesta».
   1.1  -  La  Corte rimettente ritiene che la mancata previsione, da
parte  delle norme censurate, della competenza della sezione di Corte
di  appello  per i minorenni a decidere sulla domanda di estradizione
concernente  un imputato che, al momento della commissione del fatto,
non  aveva ancora compiuto il diciottesimo anno di eta', violerebbe i
parametri  costituzionali  evocati,  poiche'  solo l'attribuzione del
relativo  procedimento  al  giudice  minorile garantirebbe, stante la
specifica  preparazione  di quest'ultimo, la piena tutela dei diritti
fondamentali del minore.
   2.  - La questione non e' fondata, in ragione della erroneita' del
presupposto interpretativo.
   Con  la  legge  16  febbraio  1987,  n. 81  (Delega legislativa al
Governo  della  Repubblica  per  l'emanazione  del  nuovo  codice  di
procedura penale), e' stata conferita la delega al Governo ad emanare
nuove  norme  in ambito processuale penale (art. 1) e a «disciplinare
il   processo  a  carico  di  imputati  minorenni  al  momento  della
commissione  del reato secondo i principi generali del nuovo processo
penale,   con   le   modificazioni   ed  integrazioni  imposte  dalle
particolari condizioni psicologiche del minore, dalla sua maturita' e
dalle esigenze della sua educazione» (art. 3).
   In  attuazione della suddetta delega e' stato emanato il d.P.R. 22
settembre  1988,  n. 449  (Approvazione delle norme per l'adeguamento
dell'ordinamento  giudiziario  al nuovo processo penale ed a quello a
carico degli imputati minorenni).
   L'art.  18  del  citato  d.P.R., modificando l'art. 58 del r.d. 30
gennaio  1941,  n. 12  (Ordinamento giudiziario), nel disciplinare le
funzioni  della  Corte  di  appello  prevede  che,  nell'ambito della
stessa,  la  sezione  per i minorenni «giudica sulle impugnazioni dei
provvedimenti  del  tribunale  per i minorenni. Ad essa sono altresi'
demandate  le  altre  funzioni  della  corte  di appello previste dal
codice  di  procedura  penale,  nei procedimenti a carico di imputati
minorenni».
   Con l'attribuzione alla Corte di appello, sezione per i minorenni,
di  tutte le competenze di secondo grado nei procedimenti a carico di
imputati   minorenni,  il  legislatore  ha  ribadito  la  preminenza,
nell'ambito  del  procedimento  penale, dell'interesse del minore, il
quale  trova  adeguata  tutela proprio nella particolare composizione
del giudice specializzato (magistrati ed esperti).
   E',  infatti, grazie alle competenze scientifiche dei soggetti che
compongono  il  collegio  giudicante  che  viene  svolta una corretta
valutazione   delle   particolari   situazioni  dei  minori,  la  cui
evoluzione  psicologica,  non  ancora  giunta a maturazione, richiede
l'adozione  di  particolari trattamenti penali che consentano il loro
completo recupero, ponendosi, quest'ultimo, quale obiettivo primario,
cui tende l'intero sistema penale minorile.
   Piu'  in generale, la competenza attribuita alla Corte di appello,
sezione  per  i  minorenni,  dall'art.  18,  da  un lato, soddisfa il
precetto  costituzionale  di  «protezione  della  gioventu» che trova
fondamento   nell'ultimo   comma  dell'art.  31  della  Costituzione;
dall'altro  lato,  rispetta  i principi internazionali posti a tutela
dei minori.
   Con  riferimento  a  tale ultimo aspetto assume rilievo l'art. 14,
par.  4,  del  Patto  internazionale  relativo  ai  diritti  civili e
politici,  aperto  alla  firma  a  New  York  il  19  dicembre  1966,
ratificato  dall'Italia  il  25 dicembre 1978 e reso esecutivo con la
legge  25  ottobre  1977,  n. 881, il quale sancisce che la procedura
applicabile   ai  minorenni  deve  tener  conto  della  loro  eta'  e
dell'interesse a promuovere la loro riabilitazione, nonche' gli artt.
3  e  40  della  Convenzione sui diritti del fanciullo, ratificata da
quasi  tutti  gli  Stati  del  mondo e, quindi, resa esecutiva con la
legge  27  maggio  1991,  n. 176,  i  quali  pongono  come preminente
l'interesse del minore.
   In  ragione  della  generale  previsione  contenuta  nell'art.  18
citato,  le disposizioni censurate, nel riferirsi esplicitamente alla
Corte  di appello quale organo competente in materia di estradizione,
devono essere interpretate - come del resto gia' fatto dall'autorita'
rimettente con la sentenza 21005/2008 - nel senso che, se il relativo
procedimento  riguarda  un  minore,  la  competenza  di  decidere  e'
devoluta alla relativa sezione per i minorenni.