Ordinanza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  5-bis  del
decreto-legge   11   luglio  1992,  n. 333  (Misure  urgenti  per  il
risanamento  della  finanza pubblica), convertito, con modificazioni,
dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, promossi con ordinanze della Corte
d'appello  di  Venezia  del  20 aprile 2007, della Corte d'appello di
Firenze  del  24 luglio 2007 e della Corte d'appello di Torino del 22
ottobre  2007,  iscritte,  rispettivamente,  ai  nn.  616  e  780 del
registro  ordinanze  2007  ed al n. 134 del registro ordinanze 2008 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 36 e 47, 1ª
serie  speciale, dell'anno 2007 e n. 20, 1ª serie speciale, dell'anno
2008.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio dell'8 ottobre 2008 il Giudice
relatore Gaetano Silvestri;
   Ritenuto  che  la Corte d'appello di Venezia, con ordinanza del 20
aprile  2007  (r.o.  n. 616  del  2007),  ha  sollevato  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  5-bis  del  decreto-legge 11
luglio  1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza
pubblica),  convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992,
n. 359,   per   violazione   dell'art.   117,   primo   comma,  della
Costituzione,   in   relazione   all'art.   1  del  primo  Protocollo
addizionale   alla   Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU);
     che  la  rimettente  e' investita, in sede di giudizio di rinvio
dalla Corte di cassazione, della decisione in ordine all'applicazione
della   decurtazione   del  40%  dell'indennita'  di  espropriazione,
prevista  dall'art.  5-bis citato, essendo stata sul punto annullata,
per  difetto di motivazione, la sentenza pronunciata da altra sezione
della medesima Corte d'appello;
     che,   riferisce   inoltre   il  giudice  a  quo,  nell'atto  di
riassunzione i soggetti espropriati hanno avanzato domanda diretta ad
ottenere «la determinazione della giusta indennita' di espropriazione
e  la  conseguente  giusta indennita' di occupazione nella somma gia'
liquidata  da  questa  Corte  con  la  sentenza  cassata  ma senza la
decurtazione  del 40% e con l'aggiunta di un'ulteriore somma a titolo
di  indennita'  agricola  ai sensi dell'art. 37 comma nono del D.P.R.
327/2001»,  mentre la controparte ha chiesto il rigetto delle domande
e la conferma dell'indennita' nella misura gia' determinata;
     che,  prosegue  la  rimettente, disposta la riunione al predetto
giudizio  di  altra causa pendente tra le stesse parti e precisate le
conclusioni, in comparsa conclusionale gli appellanti in riassunzione
hanno  eccepito  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 5-bis del
decreto-legge  n. 333  del  1992, richiamando la decisione assunta in
data  29 marzo 2006 dalla Grande Chambre della Corte EDU, nella causa
Scordino contro Governo italiano;
     che  il  giudice  a quo condivide il dubbio di costituzionalita'
della  norma citata e richiama, a sua volta, sia la motivazione della
citata   sentenza   della   Corte   EDU,   sia  l'orientamento  della
giurisprudenza di legittimita' (Cassazione civile, ordinanze n. 11887
del  2005  e  n. 22357  del  2006,  con  le  quali e' stata sollevata
identica  questione), secondo cui, diversamente da quanto avviene per
i  regolamenti  comunitari,  deve  ritenersi  escluso  che il giudice
nazionale  possa  disapplicare  le  norme interne contrastanti con la
Convenzione, cosi' imponendosi il ricorso al giudice delle leggi;
     che  la  Corte  rimettente  conclude osservando che «l'eventuale
esercizio,  da  parte  dello  Stato,  del proprio potere normativo in
materia  espropriativa in contrasto con l'art. 1 del primo Protocollo
addizionale  della  Convenzione Europea risulterebbe in contrasto con
la disposizione dell'art. 117 della Costituzione»;
     che,  con  atto  depositato il 9 ottobre 2007, e' intervenuto in
giudizio  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il quale, dopo aver
rilevato  l'analogia  tra  la  questione  in  esame  ed altre quattro
questioni  gia' trattate all'udienza del 3 luglio 2007 (r.o. nn. 401,
402,  681 del 2006, e n. 2 del 2007), ha concluso per la declaratoria
di non fondatezza;
     che  anche  le Corti d'appello di Firenze (r.o. n. 780 del 2007,
del 24 luglio 2007) e di Torino (r.o. n. 134 del 2008, del 22 ottobre
2007)   hanno  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 5-bis del decreto-legge n. 333 del 1992, rispettivamente in
riferimento  all'art.  117 Cost. (r.o. n. 780 del 2007) ed agli artt.
111 e 117 Cost., anche in rapporto all'art. 6 della CEDU e all'art. 1
del  primo  Protocollo  addizionale alla Convenzione EDU (r.o. n. 134
del 2008);
     che  la  Corte  d'appello di Firenze, nell'ambito di due giudizi
riuniti  aventi ad oggetto la domanda di pagamento dell'indennita' di
occupazione  d'urgenza  di  un'area  edificabile e l'opposizione alla
stima,  e'  chiamata  a determinare, ai sensi dell'art. 5-bis citato,
l'indennita' di espropriazione ed occupazione;
     che,  secondo  quanto  riferito  dalla  rimettente,  i  soggetti
espropriati   hanno   chiesto   la  disapplicazione  dei  criteri  di
quantificazione  dell'indennita'  previsti  dalla predetta norma e la
rideterminazione  dell'indennita'  medesima  sulla  base  del  valore
venale dei beni ablati, prospettando, in subordine, «la necessita' di
sollevare  la  questione  interpretativa ex art. 234 del Trattato UE,
ovvero,  in  via ulteriormente gradata, la necessita' di sollevare la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis»;
     che  la  Corte  d'appello  di  Firenze argomenta sia in punto di
inaccoglibilita'  della  richiesta di disapplicazione dell'art. 5-bis
per  contrasto  con  le  norme  convenzionali,  sia  in  punto di non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
della  citata  norma  per contrasto con l'art. 117 Cost., richiamando
diffusamente  le  motivazioni  con le quali la Corte di cassazione ha
sollevato  identica  questione  (ordinanze  n. 22357  e  n. 12810 del
2006);
     che,  in  particolare, la rimettente si sofferma sulla pronuncia
resa  dalla  Grande Chambre della Corte EDU, in causa Scordino contro
Governo  italiano,  del  29  marzo  2006,  nella  quale si troverebbe
affermato   che  il  citato  art.  5-bis  viola  il  "sistema"  della
Convenzione   sulla   privazione  della  proprieta'  individuale  per
pubblica utilita', come interpretato sulla base della relazione tra i
due commi dell'art. 1 del I Protocollo addizionale;
     che,   infatti,  la  previsione  di  una  indennita'  largamente
inferiore  al  valore  venale  dei beni ablati, riducibile fino ad un
terzo  del  prezzo  di  mercato,  oltre al carico tributario, e senza
considerazione  dell'entita' della causa di pubblica utilita', «rompe
il  giusto  equilibrio tra interesse generale e diritto di proprieta'
individuale  tutelato  dall'art. 1 del I Protocollo addizionale», la'
dove  tale ultima norma impone di regola un ristoro corrispondente al
valore di mercato;
     che  la  rimettente  richiama  la  motivazione della gia' citata
ordinanza n. 22357 del 2006 della Corte di cassazione, nella quale si
assume  che  le  modifiche  apportate  all'art. 117 Cost. dalla legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte  seconda  della Costituzione), pur avendo effetto dalla data di
entrata  in vigore, incidono non solo sulla normativa futura ma anche
su  quella  previgente, che deve essere dichiarata illegittima se con
esse contrastanti;
     che,  pertanto, l'art. 5-bis violerebbe l'art. 117, primo comma,
Cost.,  in  rapporto all'art. 1 del primo Protocollo addizionale alla
Convenzione EDU;
     che  la  Corte  d'appello  di  Torino solleva analoga questione,
nell'ambito   di   giudizio   di   rinvio   avente   ad   oggetto  la
rideterminazione dell'indennita' di occupazione di aree edificabili;
     che,  in  punto  di  rilevanza,  la  rimettente precisa di dover
applicare  l'art.  5-bis del decreto-legge n. 333 del 1992, in quanto
il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione impone di
liquidare l'indennita' di occupazione in misura corrispondente ad una
percentuale  di  quella  che  sarebbe  spettata  per l'espropriazione
dell'area occupata;
     che  nel  ricorso  in  riassunzione i soggetti espropriati hanno
eccepito   l'illegittimita'   costituzionale  della  predetta  norma,
richiamando   le  ordinanze  della  Corte  di  cassazione  che  hanno
sollevato  identica  questione  (ordinanze  n. 22357  e  n. 12810 del
2006);
     che,  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza, la rimettente
dichiara di voler esporre argomentazioni «del tutto aderenti a quelle
gia'  svolte  dalle  citate  ordinanze  della Corte di cassazione», e
richiama    i    relativi    passaggi   motivazionali,   in   termini
sostanzialmente  analoghi  a quanto sintetizzato con riferimento alla
questione sollevata dalla Corte d'appello di Firenze;
     che,  in  aggiunta  alla  prospettata  violazione dell'art. 117,
primo  comma,  Cost.,  comune  anche  alle  ordinanze  di  rimessione
provenienti  dalle  Corti d'appello di Venezia e di Firenze, la Corte
d'appello    di    Torino   censura   l'art.   5-bis   con   riguardo
all'applicazione retroattiva dei criteri in esso previsti, e cio' sul
rilievo  che  nel  giudizio  a  quo  i  soggetti  espropriati avevano
proposto  opposizione  alla  stima prima dell'entrata in vigore della
predetta norma;
     che,  pertanto,  sarebbe  violato  l'art. 111 Cost., in rapporto
all'art. 6 della Convenzione EDU;
     che,  in linea con le piu' volte citate ordinanze della Corte di
cassazione,  la  rimettente  osserva  come  il  principio del «giusto
processo»,  posto  a  garanzia  della  parita' delle parti davanti al
giudice,  implichi  tra  l'altro  il  divieto di ingerenza del potere
legislativo   nella   risoluzione   della  singola  causa  o  di  una
determinata categoria di controversie;
     che, in prossimita' della decisione, il Presidente del Consiglio
dei   ministri,   gia'   intervenuto   nel  giudizio  introdotto  con
l'ordinanza r.o. n. 616 del 2007 della Corte d'appello di Venezia, ha
depositato breve memoria nella quale rileva che la norma censurata e'
stata  dichiarata  costituzionalmente  illegittima  con  la  sentenza
n. 348  del 2007 della Corte costituzionale, successiva all'ordinanza
di  rimessione, e conclude chiedendo che sia disposta la restituzione
degli  atti  al  giudice  a  quo  per  una  nuova  valutazione  della
rilevanza.
   Considerato  che  con tre distinte ordinanze le Corti d'appello di
Venezia,    Firenze    e   Torino   sottopongono   a   scrutinio   di
costituzionalita'  l'art.  5-bis  del  decreto-legge  11 luglio 1992,
n. 333  (Misure  urgenti  per il risanamento della finanza pubblica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, per
contrasto  con  l'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  in
relazione   all'art.   1   del  primo  Protocollo  addizionale  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU);
     che  la  sola  Corte  d'appello  di  Torino solleva questione di
legittimita'  costituzionale  del citato art. 5-bis per contrasto con
l'art.  111  Cost.,  anche  in  rapporto  all'art.  6  della medesima
Convenzione europea;
     che,  stante  l'identita'  delle  questioni,  i  giudizi possono
essere riuniti per essere decisi con unico provvedimento;
     che  questa  Corte,  con la sentenza n. 348 del 2007, successiva
alle   ordinanze   di   rimessione,  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 5-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 333
del 1992, per contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost.;
     che nella citata pronuncia e' precisato che «la dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale  della  norma censurata in riferimento
all'art.  117,  primo  comma, Cost., rende superflua ogni valutazione
sul   dedotto   contrasto   con   l'art.   111   Cost.,  in  rapporto
all'applicabilita'  della stessa norma ai giudizi in corso al momento
della  sua  entrata  in vigore, poiche', ai sensi dell'art. 30, terzo
comma,  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, essa non potra' avere piu'
applicazione  dal giorno successivo alla pubblicazione della presente
sentenza»;
     che,  inoltre,  con  la  medesima  sentenza  e' stata dichiarata
l'illegittimita' costituzionale, in via consequenziale, dei commi 1 e
2  dell'art.  37  del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per  pubblica  utilita), stante l'identita' delle norme ivi contenute
con quelle gia' dichiarate in contrasto con la Costituzione;
     che,  pertanto,  deve essere disposta la restituzione degli atti
ai  giudici  rimettenti, per un rinnovato esame della rilevanza delle
questioni (ex plurimis, ordinanze nn. 340 e 317 del 2008).
   Visti  gli  articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.