Sentenza
nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 3,
della   legge   della   Regione   Calabria   11  agosto  2004,  n. 18
(Provvedimento   generale  recante  norme  di  tipo  ordinamentale  e
finanziario -  Collegato alla manovra di assestamento di bilancio per
l'anno  2004  ai  sensi dell'art. 3, comma 4, della legge regionale 4
febbraio 2002, n. 8), promosso dal Tribunale amministrativo regionale
della  Calabria,  sede  di  Catanzaro,  sezione  prima, con ordinanza
dell'8  giugno 2007, iscritta al n. 827 del registro ordinanze 2007 e
pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, 1ª serie
speciale, dell'anno 2008.
   Visto l'atto di costituzione della Regione Calabria;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  ottobre  2008  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri;
   Udito  l'avvocato  Beniamino  Caravita  di  Toritto per la Regione
Calabria.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ordinanza  depositata  l'8  giugno  2007  il Tribunale
amministrativo  regionale  della Calabria, sede di Catanzaro, sezione
prima,   ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  15,  comma 3, della legge della Regione Calabria 11 agosto
2004,   n. 18   (Provvedimento   generale   recante   norme  di  tipo
ordinamentale  e finanziario - Collegato alla manovra di assestamento
di  bilancio  per  l'anno  2004  ai sensi dell'art. 3, comma 4, della
legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), per violazione degli artt. 3,
97 e 117 della Costituzione.
   La  norma  censurata  stabilisce che «Fino alla determinazione del
fabbisogno   di   prestazioni   di  specialistica  ambulatoriale,  di
diagnostica  strumentale  e  di  laboratorio, da definirsi sulla base
degli standards indicati dall'Agenzia per Servizi Sanitari Regionali,
non   possono   essere  rilasciati  accreditamenti,  fatte  salve  le
fattispecie  regolate  dalle disposizioni di sanatoria previste dalla
legge  regionale  n. 8/2003  cosi'  come modificata e integrata dalla
legge regionale n. 30/2003, le cui strutture interessate si intendono
avere titolo, in base alle predette disposizioni, all'autorizzazione,
ove sprovviste, ed all'accreditamento».
   1.1.  -  Il  rimettente  e' investito di un ricorso proposto dalla
Biogenet  s.r.l.  avverso  il provvedimento n. 8550 del 7 aprile 2006
della Direzione generale, Dipartimento tutela della salute, politiche
sanitarie  e  sociali,  della  Regione Calabria, avente ad oggetto il
«diniego  di "Accreditamento per attivita' di diagnostica strumentale
e di laboratorio. Prestazioni specialistiche di genetica medica"».
   Il  giudice a quo riferisce che la societa' ricorrente, costituita
nel  dicembre 1998, gestisce un laboratorio specialistico in genetica
medica e forense, autorizzato dalla Regione in data 11 dicembre 2001,
con  atto  n. 131845.  In  data 25 gennaio 2006 la Biogenet s.r.l. ha
presentato  domanda  di accreditamento; con nota dell'8 febbraio 2006
il  Dipartimento  tutela della salute, politiche sanitarie e sociali,
della    Regione   Calabria   ha   comunicato   i   motivi   ostativi
all'accoglimento    dell'istanza.   Successivamente,   acquisite   le
deduzioni  della  societa'  istante,  la  Regione,  con provvedimento
n. 8550 del 7 aprile 2006, assunto dal citato Dipartimento, ha negato
l'accreditamento  «rilevando  che,  secondo il disposto dell'art. 15,
comma  3,  della  legge  regionale n. 18 del 2004, non possono essere
rilasciati   nuovi   accreditamenti   fino  alla  determinazione  del
fabbisogno   di   prestazioni   di  specialistica  ambulatoriale,  di
diagnostica  strumentale  e  di  laboratorio, da definirsi sulla base
degli   standards   indicati  dall'Agenzia  per  i  Servizi  Sanitari
Regionali».
   Nel giudizio principale la Biogenet s.r.l. assume l'illegittimita'
del provvedimento impugnato, deducendo: a) la violazione dell'art. 15
della  legge  reg.  Calabria n. 18 del 2004 e dell'art. 8 del decreto
legislativo  30  dicembre  1992, n. 502 (Riordino della disciplina in
materia  sanitaria,  a  norma  dell'articolo 1 della legge 23 ottobre
1992,  n. 421),  nonche'  l'eccesso  di  potere  per travisamento dei
fatti,  difetto dei presupposti, illogicita' e contraddittorieta'; b)
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  15, comma 3, della legge
reg.  Calabria  n. 18 del 2004, per violazione degli artt. 3, 32, 41,
97, 117 Cost.
   1.2.   -  Precisato  il  contenuto  del  ricorso  e  dell'atto  di
costituzione   in  giudizio  della  Regione  Calabria,  il  Tribunale
rimettente  osserva  come  «i  contenuti  del  dato  normativo  siano
sufficientemente  chiari  e  tali  da  escludere  la possibilita', in
vigenza   della  norma,  dell'accreditamento  di  strutture  eroganti
prestazioni    di   specialistica   ambulatoriale,   di   diagnostica
strumentale  e  di  laboratorio, perlomeno al di fuori dei casi fatti
salvi dalla stessa norma in questione».
   Di  conseguenza,  sempre secondo il giudice a quo, la disposizione
oggetto  dell'eccezione  di illegittimita' costituzionale prospettata
dalla  ricorrente  non  sarebbe  suscettibile  di una interpretazione
diversa da quella assunta nel giudizio amministrativo.
   1.3.   -   Il  TAR  solleva,  quindi,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 3, della legge reg. Calabria n. 18
del  2004,  in riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 97 e 117
Cost.
   Il  rimettente precisa che la realizzazione di strutture sanitarie
e  l'esercizio  di  attivita'  sanitarie,  l'esercizio  di  attivita'
sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l'esercizio di
attivita'  sanitarie a carico dello stesso Servizio sono subordinate,
rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo
8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992, all'accreditamento istituzionale di
cui  all'art.  8-quater  del  medesimo  d.lgs.  n. 502,  nonche' alla
stipulazione  degli  accordi  contrattuali  di cui al successivo art.
8-quinquies.
   In  particolare,  osserva  ancora  il giudice a quo, il menzionato
art.  8-quater  stabilisce  che  «L'accreditamento  istituzionale  e'
rilasciato  dalla  regione  alle  strutture  autorizzate, pubbliche o
private    e   ai   professionisti   che   ne   facciano   richiesta,
subordinatamente  alla  loro  rispondenza  ai  requisiti ulteriori di
qualificazione  [rispetto  a  quelli necessari per l'autorizzazione],
alla  loro  funzionalita'  rispetto  agli indirizzi di programmazione
regionale  e  alla  verifica  positiva  dell'attivita'  svolta  e dei
risultati  raggiunti». Spetta alla Regione definire «il fabbisogno di
assistenza  secondo  le  funzioni  sanitarie  individuate  dal  Piano
sanitario  regionale per garantire i livelli essenziali e uniformi di
assistenza,  nonche'  gli  eventuali  livelli integrativi locali e le
esigenze connesse all'assistenza integrativa di cui all'articolo 9».
   Lo stesso rimettente aggiunge che, secondo la giurisprudenza della
Corte costituzionale (sentenza n. 416 del 1995), «l'accreditamento e'
una  operazione da parte di una autorita' o istituzione (nella specie
regione),  con  la  quale  si  riconosce  il  possesso da parte di un
soggetto  o  di  un organismo di prescritti specifici requisiti (c.d.
standard  di qualificazione) e si risolve, come nella fattispecie, in
iscrizione  in  elenco, da cui possono attingere per l'utilizzazione,
altri soggetti (assistiti-utenti delle prestazioni sanitarie)». Nella
pronunzia  richiamata,  la  Corte  costituzionale, con riferimento al
disposto  dell'art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica), ha precisato che «viene
riconosciuto   un  "diritto  all'accreditamento  delle  strutture  in
possesso  dei  requisiti  di  cui  all'art. 8, comma 4, del d.lgs. 30
dicembre  1992,  n. 502  e  successive  modificazioni", escludendo in
radice    una    scelta   ampiamente   discrezionale   ed   ancorando
l'accreditamento  al possesso di requisiti prestabiliti (strutturali,
tecnologici  e  organizzativi minimi, a tutela della qualita' e della
affidabilita'  del  servizio-prestazioni,  in modo uniforme a livello
nazionale  per strutture erogatrici), stabiliti con atto di indirizzo
e  coordinamento emanato di intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome».
   1.4.   -   In  ragione  di  quanto  sopra  esposto,  il  Tribunale
amministrativo  regionale  della Calabria ritiene che la norma di cui
all'art.  15,  comma  3,  della legge reg. Calabria n. 18 del 2004 si
ponga  in contrasto con i canoni di ragionevolezza ed eguaglianza, di
cui  all'art.  3, primo comma, Cost. In particolare, il giudice a quo
reputa  «intrinsecamente  irrazionale  una  norma  che pone un blocco
assoluto  ed  a tempo indeterminato degli accreditamenti in rilevanti
settori,  quali  quello  della  specialistica  ambulatoriale  e della
diagnostica  strumentale  e  di laboratorio, e cio' in funzione della
determinazione  del  relativo  fabbisogno  e,  quindi,  dello  stesso
elemento  che,  secondo  la  legislazione statale, deve costituire il
punto  di  riferimento  per  l'esercizio della funzione discrezionale
correlata al rilascio degli accreditamenti».
   Il  rimettente  osserva,  ancora,  come  la norma censurata non si
limiti a «sottolineare l'esigenza, del tutto scontata alla luce della
legislazione  vigente,  di collegare il rilascio degli accreditamenti
alla   determinazione   del   fabbisogno»,   ma   ponga  «un  divieto
legislativo,    non    definito    sotto    il   profilo   temporale,
tautologicamente correlato a tale operazione di determinazione».
   Inoltre, prosegue il giudice amministrativo, «la condizione cui la
norma  subordina  lo  sblocco  del  sistema  non appare realizzabile,
giacche',  come  precisato nella nota del 18 maggio 2006 dell'Agenzia
per i Servizi Sanitari Regionali, prodotta dalla Societa' ricorrente,
non rientra tra i compiti istituzionali dell'Agenzia la fissazione di
standard  di  riferimento ai fini della determinazione del fabbisogno
delle  prestazioni  in  questione,  ai  sensi e per gli effetti della
norma di cui all'art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992». Pertanto,
la  norma  censurata  «contempla  esplicitamente  e  cristallizza una
situazione  di  discriminazione  in  danno  di alcuni soggetti pur in
possesso dei requisiti per l'accreditamento ed a favore di altri che,
anche in forza di previsioni di sanatoria, si sono trovati ad operare
per conto del SSN nell'ambito di un sistema sostanzialmente chiuso».
   1.5.  -  L'art.  15,  comma 3, della legge reg. Calabria n. 18 del
2004  lederebbe  anche  l'art.  117  Cost.,  «implicando  una  chiara
violazione  dei principi della normativa statale in materia, che, con
l'introduzione  del  sistema  dell'accreditamento  istituzionale,  ha
inteso   delineare  un  sistema  aperto,  basato  essenzialmente  sul
possesso  di  requisiti di qualificazione». Secondo il giudice a quo,
una  norma come quella censurata, che condiziona il rilascio di nuovi
accreditamenti  «a  condizioni  vaghe  ed incerte, se non addirittura
irrealizzabili,   reintroduce   di   fatto   un   sistema  nel  quale
l'erogazione  delle prestazioni e' assicurata da una cerchia definita
di soggetti, senza possibilita' di accesso per altri».
   1.6.  -  Il Tribunale amministrativo ritiene che la norma posta ad
oggetto della questione sollevata contrasti anche con il principio di
buon  andamento  della  pubblica  amministrazione, di cui all'art. 97
Cost.   Infatti,   l'introduzione   del  sistema  dell'accreditamento
istituzionale,  basato  sul  possesso  da  parte  degli  operatori di
determinati   standard   qualitativi   e  quantitativi  di  carattere
strutturale  e  funzionale,  e' finalizzata a realizzare obiettivi di
efficienza   ed  efficacia,  il  cui  perseguimento  e'  direttamente
correlato  alla  soddisfazione  del  principio  di buon andamento. La
norma  censurata,  invece, impedirebbe «sostanzialmente e per un arco
di   tempo   non   preventivabile  l'operare  dei  meccanismi  propri
dell'accreditamento  istituzionale, ostando ad un'effettiva selezione
degli operatori, basata sui requisiti di qualificazione».
   1.7.   -   Infine,  quanto  alla  rilevanza  della  questione,  il
rimettente  precisa  che  le  uniche  ragioni  poste a fondamento del
provvedimento  di  diniego,  oggetto  di  impugnazione da parte della
societa'  ricorrente,  sono  quelle connesse al divieto imposto dalla
norma    censurata.    Pertanto,    l'eventuale    dichiarazione   di
illegittimita'   costituzionale   avrebbe   diretta  incidenza  sulla
valutazione di legittimita' del provvedimento impugnato, determinando
il  venir meno dell'unico elemento in base al quale e' stato disposto
il diniego.
   2.  âˆ' La Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore
della    Giunta,    si   e'   costituita   in   giudizio,   eccependo
l'inammissibilita'  e  l'infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale   e   rinviando   ai   successivi   atti  la  compiuta
articolazione delle proprie difese.
   3.  - In data 8 ottobre 2008 la Regione Calabria ha depositato una
memoria  integrativa  con  la  quale  insiste  nelle conclusioni gia'
rassegnate nell'atto di costituzione.
   3.1. - Per confutare le tesi del giudice a quo la difesa regionale
ritiene     opportuno    riassumere    l'evoluzione    normativa    e
giurisprudenziale  dell'istituto dell'accreditamento. In particolare,
la  parte  costituita  ricorda  che  «le  principali finalita'» della
riforma  del  sistema  sanitario, operata a partire dal d.lgs. n. 502
del 1992, possono essere identificate «nel perseguimento di obiettivi
di  contenimento  della  spesa,  nell'equiparazione  degli  operatori
sanitari,  purche'  muniti dei necessari requisiti, indipendentemente
dalla  loro  natura  pubblica  o  privata,  nonche'  nell'esigenza di
garantire  la  libera  scelta  tra  operatori sanitari da parte degli
assistiti».
   La  Regione  sottolinea,  inoltre, come l'accesso al mercato delle
prestazioni  sanitarie  con  oneri  a  carico  del Servizio sanitario
nazionale   sia  articolato  in  tre  fasi,  consistenti,  la  prima,
nell'autorizzazione   all'esercizio  delle  attivita'  sanitarie,  la
seconda, nell'accreditamento, e la terza, nella stipula degli accordi
contrattuali.  Pertanto,  l'accreditamento e' «concesso dalla Regione
solo dopo aver verificato, attraverso un procedimento amministrativo,
la  sussistenza  di  due  presupposti: in primo luogo, il possesso di
requisiti  di  qualificazione  del  soggetto  che  aspira  ad erogare
prestazioni  per conto del SSN, ulteriori rispetto a quelli necessari
per  ottenere  l'autorizzazione,  al  fine  di  assicurare un livello
elevato  di  qualita' al servizio offerto; in secondo luogo, [...] la
funzionalita'    della    struttura   organizzativa   rispetto   alla
programmazione  regionale, che e' valutata sul fabbisogno complessivo
della  Regione  e sulla localizzazione sul territorio delle strutture
sanitarie».
   Da   quanto   appena   detto   la   difesa  regionale  deduce  che
«l'accreditamento  e'  un  provvedimento  amministrativo  a carattere
discrezionale  che  impone all'amministrazione titolare del potere di
rilascio,  la  Regione,  una  valutazione  tecnica e una strettamente
connessa  al  fabbisogno  di  assistenza e alle risorse disponibili a
livello  regionale,  cosi'  come  risultano  sintetizzate  nel  piano
sanitario regionale».
   La  parte  costituita aggiunge che l'evoluzione della normativa in
materia «ha reso progressivamente piu' cogente e penetrante l'obbligo
di  pianificazione  della spesa sanitaria da parte delle Regioni». In
particolare,  queste  ultime sono tenute a stabilire i tetti di spesa
sanitaria,   affinche'   siano  ripartite  razionalmente  le  risorse
finanziarie   a  disposizione  delle  Aziende  sanitarie  locali;  di
conseguenza,  spetta  alla  Regione  «garantire  un sistema aperto (a
tutti  coloro  che dimostrino di avere i requisiti e le capacita' per
erogare  prestazioni sanitarie adeguate) e dunque concorrenziale e in
grado  di  tutelare la liberta' di scelta del cittadino», ma al tempo
stesso  l'ente  regionale deve «assicurare l'efficienza del sistema»,
garantendone la tenuta finanziaria.
   In tal senso sembrerebbe muoversi, secondo la Regione, una recente
pronuncia  del  Consiglio  di Stato (sez. V, sentenza 25 agosto 2008,
n. 4076)  nella  quale  si  precisa  come  oggi,  a differenza che in
passato,  l'accreditamento  non  debba  piu'  essere  considerato  un
diritto,  in  quanto  «la  Regione  -  tenuta  ad individuare, per il
tramite  della  programmazione, la quantita' di prestazioni erogabili
nel  rispetto  di  un tetto di spesa massimo - puo' accreditare nuove
strutture  solo  se  sussiste un effettivo fabbisogno assistenziale».
Pertanto,  «l'accreditamento  assume  i  caratteri  tipici di un atto
attributivo  di  compiti pubblici e di natura discrezionale in quanto
manifestazione   di   un   potere   che   trova  i  suoi  presupposti
logico-giuridici,  oltre che nell'effettivo fabbisogno assistenziale,
quale risulta in concreto dal disposto del piano sanitario regionale,
anche  nell'ineludibile  esigenza  di controllo della spesa sanitaria
nazionale».
   La decisione in questione attesterebbe che «esiste un principio di
apertura del sistema sanitario a favore, e quindi senza alcun tipo di
discriminazione,  di  tutti  i  soggetti che garantiscono requisiti e
capacita'  adeguate  all'erogazione  delle prestazioni sanitarie», ma
chiarirebbe,  allo  stesso  tempo,  che  «tale  principio deve essere
naturalmente  contemperato  con  quello  della  programmazione  e del
contenimento della spesa sanitaria».
   La necessita' di un siffatto bilanciamento si evincerebbe, secondo
la  ricostruzione  operata  dalla Regione, anche dalla giurisprudenza
costituzionale,  la quale «ha posto il problema della spesa sanitaria
(o  meglio  del  suo  contenimento)  come paradigma nella gestione ed
organizzazione  del  sistema  sanitario  regionale».  In particolare,
osserva   la   parte   costituita,   l'affermazione  di  un  «diritto
all'accreditamento»   delle   strutture  in  possesso  dei  requisiti
prescritti  (sentenza  n. 416  del 1995) sarebbe stata superata dalla
successiva  evoluzione normativa e giurisprudenziale (sentenze n. 111
del  2005  e  n. 98  del 2007), che ha posto in luce l'esigenza di un
contenimento della spesa sanitaria.
   3.2.  -  Risulterebbe  chiara,  nella  prospettiva delineata dalla
difesa   regionale,   la   finalita'   della   norma  censurata,  che
consisterebbe  nella  necessita'  di  contenere  la  spesa  pubblica,
sospendendo  il rilascio di ulteriori accreditamenti in attesa che il
quadro   del   fabbisogno  regionale  risulti  pienamente  delineato.
Pertanto,  l'art.  15,  comma  3, della legge reg. Calabria n. 18 del
2004,  permetterebbe alla Regione «di predisporre una spesa sanitaria
che  sia pienamente congrua rispetto a quelle esigenze e non risulti,
al  contrario,  incontrollata  e  sproporzionata e dunque non diventi
spreco di risorse pubbliche».
   Inoltre,  la  norma  in  questione  sarebbe  «coerente con le piu'
recenti  scelte  operate  dal  legislatore  nazionale», il quale, con
l'art.  1,  comma  796, lettere s), t) ed u), della legge 27 dicembre
2006,  n. 296  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato. Legge finanziaria 2007), ha previsto che a
decorrere  dal  1°  gennaio  2008  cessino  tutti  gli accreditamenti
transitori  delle  strutture private gia' convenzionate che non siano
stati  confermati  entro  il  31  dicembre  2007  (lettera s), che le
Regioni provvedano «ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire
che  dal  1° gennaio 2010 cessino gli accreditamenti provvisori delle
strutture private, di cui all'articolo 8-quater, comma 7, del decreto
legislativo   30   dicembre   1992,   n. 502,  non  confermati  dagli
accreditamenti  definitivi di cui all'articolo 8-quater, comma 1, del
medesimo  decreto  legislativo  n. 502  del 1992» (lettera t), che le
Regioni provvedano «ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire
che,  a  decorrere  dal  1° gennaio 2008, non possano essere concessi
nuovi  accreditamenti,  ai  sensi  dell'articolo 8-quater del decreto
legislativo  30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, in
assenza  di  un provvedimento regionale di ricognizione e conseguente
determinazione,  ai  sensi del comma 8 del medesimo articolo 8-quater
del decreto legislativo n. 502 del 1992» (lettera u).
   In  definitiva,  sia  il  legislatore statale sia quello regionale
della  Calabria  avrebbero «operato scelte utili ad evitare una spesa
farmaceutica  eccessiva  ed  ingiustificata,  un consumo di attivita'
specialistica   superiore   al   bisogno   di  assistenza  e  un  uso
inappropriato   del  ricovero  ospedaliero».  Pertanto,  risulterebbe
«pienamente   coerente   [...]   parametrare   il   fabbisogno  delle
prestazioni  che le strutture accreditate dovranno erogare a standard
di  consumo  medio  del  cittadino,  ricavabili  dalle  esperienze di
monitoraggio  della  domanda  e  determinati  sulla base di una stima
condotta in riferimento alla struttura della popolazione».
   3.3.  -  La  difesa  regionale  contesta,  inoltre,  che  la norma
censurata  subordini lo sblocco degli accreditamenti ad un condizione
non  realizzabile.  Al riguardo, si osserva che con la delibera della
Giunta  della  Regione Calabria 13 febbraio 2007, n. 94 (Approvazione
delle  «Linee  di  indirizzo  per  il riordino della organizzazione e
delle attivita' sanitarie»), sarebbe stato determinato «il fabbisogno
prestazionale,  fissando  il  parametro  in  12 prestazioni annue per
abitante».  Da  cio'  deriverebbe  l'inammissibilita'  della relativa
questione di legittimita' costituzionale.
   3.4.  -  La Regione ritiene, infine, del tutto priva di fondamento
l'asserita  discriminazione tra soggetti teoricamente in possesso dei
requisiti  per  l'accreditamento  e  soggetti  che, anche in forza di
previsioni  di  sanatoria,  si  sono trovati ad operare per conto del
Servizio    sanitario    nazionale    nell'ambito   di   un   sistema
sostanzialmente  chiuso.  A tal proposito, la parte costituita assume
che  la  ratio  delle  deroghe  fatte salve dalla norma censurata sia
ravvisabile  «nella  necessita'  di  non  determinare la paralisi del
sistema  delle  prestazioni  sanitarie  e  di salvaguardare i livelli
essenziali  di  assistenza, garantendo la continuita' nell'erogazione
dei servizi sanitari».
   La  difesa  regionale  conclude  osservando  che  il giudice a quo
sarebbe incorso «in una prospettazione del tutto erronea del giudizio
di  comparazione volto ad evidenziare l'asserita violazione dell'art.
3  Cost.»,  in  quanto  tale  comparazione  «non puo' essere condotta
avendo  come  parametro  di  riferimento norme derogatorie rispetto a
quelle  sottoposte  allo  scrutinio  di legittimita' costituzionale».
Alla   luce   di   quanto  appena  detto  la  questione  risulterebbe
manifestamente inammissibile.
                       Considerato in diritto
   1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sede di
Catanzaro,  sezione  prima,  ha  sollevato  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  15,  comma  3,  della  legge della Regione
Calabria  11 agosto 2004, n. 18 (Provvedimento generale recante norme
di  tipo  ordinamentale  e  finanziario -  Collegato  alla manovra di
assestamento  di bilancio per l'anno 2004 ai sensi dell'art. 3, comma
4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), per violazione degli
artt. 3, 97 e 117 della Costituzione.
   2.  -  Preliminarmente,  va  rilevato che l'art. 15, comma 1, nono
alinea,  della  legge  della  Regione  Calabria 18 luglio 2008, n. 24
(Norme   in   materia   di  autorizzazione,  accreditamento,  accordi
contrattuali  e  controlli delle strutture sanitarie e sociosanitarie
pubbliche  e  private), ha disposto l'abrogazione degli artt. 14 e 15
della  legge reg. Calabria n. 18 del 2004 (e quindi anche della norma
oggetto  dell'odierno  giudizio  di  legittimita'  costituzionale), a
decorrere  dalla  data  di  entrata  in vigore del regolamento di cui
all'art.  11,  comma  5,  della stessa legge reg. n. 24 del 2008, «al
fine di evitare l'interruzione di attivita' amministrative».
   Siffatto regolamento non risulta emanato al momento della presente
decisione  ed  al  contempo  risulta  scaduto il termine di 30 giorni
entro  il  quale  il  medesimo  avrebbe  dovuto essere adottato dalla
Giunta  regionale,  ai sensi del citato art. 11, comma 5, della legge
reg.  Calabria  n. 24 del 2008. La norma sopravvenuta, quindi, non ha
ancora  prodotto  -  ne' e' certo se mai produrra' - l'abrogazione di
quella   posta  ad  oggetto  dell'odierno  giudizio  di  legittimita'
costituzionale.  Di  conseguenza, questa Corte e' chiamata a valutare
la  conformita'  a Costituzione del censurato art. 15, comma 3, della
legge reg. Calabria n. 18 del 2004, senza che rilevi in alcun modo la
sopravvenuta  entrata  in  vigore della legge reg. Calabria n. 24 del
2008.
   3. - La questione e' fondata.
   3.1.  -  L'art.  8-bis  del  decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria, a norma
dell'articolo  1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), stabilisce che
l'esercizio di attivita' sanitarie per conto ed a carico del Servizio
sanitario     nazionale     e'     subordinato    all'autorizzazione,
all'accreditamento  ed  alla stipulazione degli accordi contrattuali,
secondo  le  modalita'  prescritte dalle norme contenute nel medesimo
atto    legislativo.    Per    quanto   riguarda,   in   particolare,
l'accreditamento  istituzionale,  l'art.  8-quater  attribuisce  alle
Regioni   la   competenza   a   rilasciarlo,   subordinatamente  alla
rispondenza  dei richiedenti a requisiti ulteriori di qualificazione,
alla  loro  funzionalita'  rispetto  agli indirizzi di programmazione
regionale  e  alla  verifica  positiva  dell'attivita'  svolta  e dei
risultati   raggiunti.   La   norma  citata  aggiunge:  «Al  fine  di
individuare  i  criteri  per la verifica della funzionalita' rispetto
alla  programmazione  nazionale  e regionale, la regione definisce il
fabbisogno  di  assistenza  secondo le funzioni sanitarie individuate
dal  Piano  sanitario  regionale per garantire i livelli essenziali e
uniformi  di  assistenza,  nonche'  gli eventuali livelli integrativi
locali  e  le  esigenze  connesse  all'assistenza  integrativa di cui
all'art.  9.  La  regione provvede al rilascio dell'accreditamento ai
professionisti,  nonche' a tutte le strutture pubbliche ed equiparate
che  soddisfano  le  condizioni  di cui al primo periodo del presente
comma,  alle  strutture  private non lucrative di cui all'articolo 1,
comma  18,  e  alle  strutture  private  lucrative». Il comma 5 dello
stesso  articolo  stabilisce  che  sono  le  Regioni  a  definire, in
conformita'  ai  criteri  generali  uniformi  previsti dallo Stato, i
requisiti  per  l'accreditamento, nonche' il procedimento per la loro
verifica.
   Il  sistema  basato sull'accreditamento e sulla successiva stipula
di  accordi  contrattuali  delineato  dalle norme sopra citate non e'
stato   sinora   pienamente  attuato.  Di  conseguenza  permangono  a
tutt'oggi strutture sanitarie che forniscono prestazioni per conto ed
a  carico  del  Servizio  sanitario  nazionale  (SSN)  in  virtu'  di
accreditamenti  "transitori"  o "provvisori". Per porre fine a questa
situazione,  il  legislatore  statale, con l'art. 1, comma 796, della
legge  27  dicembre  2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del
bilancio  annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007),
ha  adottato misure per far cessare gli accreditamenti "provvisori" e
"transitori",  che  non  siano  stati  confermati  da  accreditamenti
definitivi,  e  nello  stesso tempo ha posto un limite al rilascio di
nuovi  accreditamenti  da  parte  delle  Regioni,  in  assenza  di un
provvedimento  di  ricognizione  e  determinazione  del fabbisogno di
prestazioni  sanitarie,  allo  scopo di evitare un ulteriore aggravio
della spesa in tale settore.
   3.2.  -  Ricostruiti  brevemente  il  quadro  e l'evoluzione della
legislazione statale in materia di accreditamento istituzionale delle
strutture  sanitarie,  si deve rilevare che la disposizione regionale
censurata  per  un  verso  pone  un  blocco  a tempo indeterminato al
rilascio  di  nuovi  accreditamenti  e  per  altro verso fa salve «le
fattispecie  regolate  dalle disposizioni di sanatoria previste dalla
legge regionale n. 8 del 2003 cosi' come modificata e integrata dalla
legge  regionale  n. 30  del  2003,  le  cui strutture interessate si
intendono   avere   titolo,   in  base  alle  predette  disposizioni,
all'autorizzazione, ove sprovviste, ed all'accreditamento».
   In  sintesi,  in  base  alla norma censurata, esistono in Calabria
strutture  sanitarie  che,  pur  se sprovviste di autorizzazione, «si
intendono»   aver   titolo   non   solo   a  quest'ultima,  ma  anche
all'accreditamento, che richiede, secondo la disciplina riportata nel
paragrafo  precedente,  «requisiti  ulteriori».  Vi  sono,  al  tempo
stesso,  strutture  sanitarie  autorizzate, le quali, pur in possesso
dei  requisiti  ulteriori per essere accreditate, si vedono escluse a
causa del blocco previsto dalla norma censurata.
   La  situazione di cui sopra e' prodotta, per un verso, mediante la
proroga  sine  die  di una precedente norma di sanatoria e, per altro
verso, collegando soltanto a quest'ultima il titolo ad ottenere anche
l'accreditamento.  Ne consegue che una struttura potrebbe non avere i
requisiti   ne'  per  l'autorizzazione  ne'  per  l'accreditamento  e
tuttavia  aver  ottenuto  ope  legis l'una e l'altro, a differenza di
altre strutture che, pur avendo i requisiti previsti dalla legge, non
possono ottenere ne' l'una ne' l'altro.
   L'ingiustificata  disparita'  di  trattamento si manifesta in modo
ancor  piu'  rilevante  se si considera che la disposizione censurata
risale  al  2004  e  la  sanatoria,  in  essa  richiamata,  al  2003.
L'esigenza  di  ancorare  i criteri per il rilascio di accreditamenti
all'individuazione  del  fabbisogno  di  assistenza,  allo  scopo  di
contenere  in  modo  ragionevole  la spesa sanitaria, e' dunque stata
disattesa  dalla  Regione  Calabria,  la  quale, a detta della stessa
difesa  regionale,  solo  con  delibera della Giunta regionale del 13
febbraio  2007,  n. 94 (Approvazione delle «Linee di indirizzo per il
riordino  della organizzazione e delle attivita' sanitarie»), avrebbe
provveduto  a  determinare  il  fabbisogno  di  prestazioni.  Occorre
sottolineare tuttavia che, anche dopo tale atto di governo, il blocco
e'   rimasto   operativo  e  continua  a  spiegare  i  suoi  effetti,
perpetuando una situazione di chiusura del sistema che, da una parte,
impedisce   a  nuovi  operatori  di  accedere  all'accreditamento  e,
dall'altra,   continua  a  consentire  ad  alcune  strutture  (quelle
beneficiate  dalla  "sanatoria")  l'esercizio di attivita' sulla base
della  presunzione  assoluta,  contenuta  nella  norma censurata, del
possesso  dei  titoli  richiesti  dalle  leggi  vigenti.  Difatti  la
delibera di Giunta, sopra citata, non realizza la condizione prevista
dalla  norma  posta ad oggetto della questione in esame, in quanto da
una  parte  non contiene alcun riferimento specifico alle prestazioni
di diagnostica strumentale e di laboratorio e dall'altra si limita ad
individuare standard di consumo, senza determinare il fabbisogno, che
deve  essere quantificato sulla base degli standard medesimi e non si
identifica quindi con questi, come esplicitamente prescrive la stessa
norma.
   Questa  Corte,  in  materia  di  strutture sanitarie autorizzate e
convenzionate  con  il  SSN, ha precisato che le ripetute proroghe di
situazioni illegali e la sanatoria di queste ultime, operate da leggi
regionali,  devono  ritenersi costituzionalmente illegittime perche',
in  tal modo, o si sana soltanto la situazione di alcuni e non quella
di  altri,  con  violazione  del  principio di uguaglianza, oppure si
proroga  indefinitamente  una  situazione  provvisoria,  eludendo gli
obblighi di adeguamento previsti dalle disposizioni statali (sentenza
n. 93 del 1996).
   3.3.  - Non coglie nel segno l'osservazione della difesa regionale
tendente a dimostrare che il rimettente chiederebbe a questa Corte di
estendere  gli effetti di una norma derogatoria, erroneamente assunta
come  tertium  comparationis.  In  realta'  il  petitum  del presente
giudizio  non  e'  l'estensione della sanatoria, gia' disposta sino a
una  certa data, a soggetti che abbiano richiesto l'accreditamento in
un  momento successivo. Il giudice a quo non mira infatti ad ampliare
la portata soggettiva della presunzione di possesso dei requisiti per
l'autorizzazione,  ma  semplicemente  a  rimuovere un blocco ritenuto
ingiustificato  e irragionevole, che, oltre a limitare la liberta' di
scelta   del  cittadino  -  prevista  dalla  legislazione  vigente  e
riconosciuta come meritevole di tutela da questa Corte -, provoca una
differenza  di  trattamento  tra  strutture  sanitarie  che  aspirano
all'accreditamento,     all'interno     delle    quali    si    opera
un'ingiustificata   distinzione  fra  quelle  che  si  giovano  della
sanatoria  e quelle che, pur avendo i requisiti, restano escluse sine
die.  Un  ulteriore  effetto  puo'  essere quello - discendente dalla
suddetta sanatoria - di parificare situazioni regolari e irregolari.
   Il  blocco  a  tempo  indeterminato  non  puo' essere giustificato
dall'esigenza   di   contenere  la  spesa  sanitaria,  giacche'  tale
legittimo  e  necessario obiettivo non puo' essere conseguito a costo
della  violazione del principio di uguaglianza, che impone la parita'
di   trattamento   tra  i  soggetti  che  si  trovano  in  situazioni
equivalenti. Nel caso di specie, si deve rilevare come siano favoriti
coloro  che  potrebbero  non  avere i requisiti previsti dalla legge,
mentre si impedisce, a chi chiede di essere sottoposto a verifica, di
dimostrare  il  possesso dei requisiti medesimi, per il solo fatto di
non essere rientrato nella sanatoria.
   3.4.  -  Il  richiamo  alla  legge finanziaria 2007, operato dalla
difesa  della  Regione  costituita, non e' conferente, in primo luogo
perche'  nel  presente  giudizio si valuta la conformita' della norma
regionale censurata ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza di
cui  all'art.  3  Cost.  e  non  la  conformita'  o  meno della legge
regionale  alla  normativa nazionale; in secondo luogo perche', nella
legge statale citata - a prescindere da ogni valutazione su di essa -
non  si  perpetuano  situazioni precedenti "sanate" indipendentemente
dal  possesso  dei requisiti di legge, ma si prescrive, al contrario,
la  cessazione, a decorrere dal 1° gennaio 2008, degli accreditamenti
transitori non confermati da accreditamenti provvisori o definitivi e
la  cessazione,  a far data dal 1° gennaio 2010, degli accreditamenti
provvisori   non   confermati   da   accreditamenti   definitivi.  La
sospensione  di  nuovi accreditamenti non si accompagna quindi, nella
legge   statale,   alla  proroga  a  tempo  indeterminato  di  quelli
esistenti,   presumendone  la  regolarita'  senza  una  verifica  del
possesso  dei  requisiti,  ma  e'  subordinata  alla ricognizione del
fabbisogno,  mentre,  nello  stesso  tempo,  viene  previsto,  per le
strutture  gia' accreditate in via transitoria o provvisoria, un iter
di  regolarizzazione con date certe. Si tratta pertanto di normative,
quella  della  Regione  Calabria  e quella nazionale, sostanzialmente
diverse,   accomunate   solo   dalla   sospensione  temporanea  degli
accreditamenti.   Mentre   pero'   nella   disciplina   nazionale  la
sospensione   si   accompagna   ad  una  progressiva  e  obbligatoria
eliminazione  delle  situazioni  precarie  pregresse, in quella della
Regione  Calabria  la sospensione si accompagna al congelamento delle
posizioni   esistenti,   senza   la  previsione  di  un  percorso  di
regolarizzazione.
   3.5.  -  Non  la  semplice subordinazione dei nuovi accreditamenti
alla   ricognizione   e  determinazione  del  fabbisogno  (condizione
necessaria   per  evitare  sprechi),  ma  l'effetto  congiunto  della
perpetuazione  della sanatoria, in favore di strutture delle quali la
norma regionale censurata presume la regolarita', e della sospensione
a tempo indeterminato di nuovi accreditamenti ha creato e mantiene un
doppio  regime giuridico irragionevolmente discriminatorio e pertanto
incompatibile  con il rispetto del principio di uguaglianza contenuto
nell'art. 3, primo comma, Cost.
   4.  -  Restano  assorbiti  gli  altri  profili  di  illegittimita'
costituzionale  prospettati  nell'ordinanza introduttiva del presente
giudizio.