Ordinanza
nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 86 del d.P.R.
29  settembre  1973,  n. 602  (Disposizioni  sulla  riscossione delle
imposte  sul  reddito),  nel  testo risultante dalla sostituzione del
primo  comma  ad  opera dell'art. 1, comma 1, lettera q), del decreto
legislativo  27  aprile  2001,  n. 193  (Disposizioni  integrative  e
correttive del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e decreto
legislativo  13  aprile  1999,  n. 112,  in materia di riordino della
disciplina   relativa   alla   riscossione),   e  quale  interpretato
autenticamente  dall'art. 3, comma 41, del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti   in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,  con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1, della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,  promosso  con ordinanza depositata il 23 novembre 2007 dalla
Commissione  tributaria provinciale di Cosenza, nel giudizio vertente
tra  Marcello Deietti e Concessionario E.TR. Esazione Tributi S.p.A.,
iscritta  al  n. 125  del  registro ordinanze 2008 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale   della  Repubblica  n. 19, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2008.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 8 ottobre 2008 il giudice
relatore Franco Gallo.
   Ritenuto   che,  nel  corso  di  un  giudizio  avente  ad  oggetto
l'impugnazione     del    preavviso    del    fermo    amministrativo
dell'autovettura  di  un  contribuente  -  preavviso notificato il 28
dicembre  2005 ed emesso dalla competente societa' concessionaria per
la  riscossione dei tributi, in relazione al mancato pagamento di tre
cartelle  di  pagamento  del canone RAI e della TARSU, per un credito
complessivo di € 846,34 -, la Commissione tributaria provinciale
di  Cosenza,  con  ordinanza  depositata  il  23  novembre  2007,  ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3, 4, 24, 41, 97 e 111 della
Costituzione,  questioni  di legittimita' costituzionale dell'art. 86
del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione
delle  imposte  sul reddito), nel testo risultante dalla sostituzione
del  primo  comma  ad  opera  dell'art.  1,  comma 1, lettera q), del
decreto  legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative
e  correttive  del  decreto  legislativo  26  febbraio 1999, n. 46, e
decreto  legislativo  13  aprile 1999, n. 112, in materia di riordino
della  disciplina  relativa  alla  riscossione), e quale interpretato
autenticamente  dall'art. 3, comma 41, del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni
urgenti   in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,  con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1, della legge 2 dicembre 2005,
n. 248,  nella  parte in cui: a) non fissa criteri e limiti ai poteri
del  concessionario  della  riscossione  in  ordine  all'adozione del
provvedimento  di fermo di beni mobili registrati; b) non prevede che
detto provvedimento sia motivato con riferimento alla sussistenza del
fondato  timore  di  perdere  la  garanzia  del  credito  ovvero alla
necessita',   in   relazione   alla   consistenza   patrimoniale  del
contribuente, di emetterlo;
     che  la  Commissione  rimettente  preliminarmente osserva che la
resistente  societa'  concessionaria per la riscossione ha provato in
giudizio l'avvenuta notificazione di almeno due delle tre cartelle di
pagamento poste a base del preavviso di fermo, mentre il contribuente
non  ha  dimostrato  di aver effettuato il pagamento relativo a dette
cartelle;
     che,  secondo  il  medesimo  rimettente, sono infondate tutte le
censure  proposte dal ricorrente avverso il provvedimento impugnato e
cioe':  a)  l'eccepita  decadenza  della  resistente  dal  potere  di
riscossione,   per   la   tardiva  iscrizione  a  ruolo  del  credito
tributario;  b)  la  dedotta  illegittimita' del fermo per la mancata
preventiva  notificazione  dell'avviso previsto dall'art. 50, secondo
comma,  del  d.P.R.  n. 602  del 1973; c) l'eccepita prescrizione dei
crediti fatti valere dalla suddetta concessionaria;
     che,  in  particolare,  detta  Commissione  afferma  che:  a) la
denunciata  decadenza  non  sussiste, perche' attiene ad una «fase di
competenza  dell'ente  impositore»,  non  evocato  in giudizio; b) la
notifica  del  citato  avviso  di cui all'art. 50, secondo comma, del
d.P.R. n. 602 del 1973 e' «necessaria solo prima che si inizi la fase
della  espropriazione  forzata  in senso proprio»; c) i crediti fatti
valere dalla concessionaria non sono prescritti, «non essendo decorso
il termine di prescrizione decennale dalla notifica delle cartelle di
pagamento»;
     che,  quanto  al  giudizio  principale,  la medesima Commissione
afferma, altresi', che: a) l'art. 35, comma 26-quinquies, del decreto
legge  4  luglio  2006,  n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio
economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della
spesa  pubblica,  nonche'  interventi  in  materia  di  entrate  e di
contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla
legge  4  agosto  2006, n. 248 - nel modificare l'art. 19 del decreto
legislativo   31   dicembre   1992,   n. 546  -  ha  attribuito  alla
giurisdizione del giudice tributario la cognizione delle controversie
concernenti  il  fermo  sui  mobili registrati, quale delineato dalle
ultime  modifiche  legislative  di  tale  istituto; b) pur risultando
infondati  i  motivi del ricorso e «sussistenti i presupposti formali
per  l'adozione  del  provvedimento» di fermo, «va [...] esaminata la
questione relativa alla legittimita' del fermo in se'»;
     che,  su  queste premesse, il giudice rimettente afferma, quanto
alla  non  manifesta  infondatezza  delle sollevate questioni, che la
norma  censurata  viola:  a)  gli  artt.  3  e  97  Cost., perche' il
provvedimento  di fermo: a.1) puo' essere disposto dal concessionario
anche per crediti «assolutamente irrisori», come nella specie (€
846,34),  posto  che  l'art.  12-bis  del «d.lgs. n. 46/1999» (recte:
d.P.R.  n. 602  del 1973, articolo introdotto dall'art. 4 del decreto
legislativo   26   febbraio  1999,  n. 46,  recante  «Riordino  della
disciplina  della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1
della  legge  28  settembre 1998, n. 337») vieta l'iscrizione a ruolo
solo  dei  crediti  inferiori  a lire 20.000 (corrispondenti a €
10,33);  a.2)  non deve essere motivato in ordine al fumus boni iuris
ed  al  periculum in mora; a.3) non e' sottoposto ad alcun preventivo
vaglio  giurisdizionale di ammissibilita', a differenza delle ipotesi
di  ipoteca  e sequestro conservativo previste dall'art. «11» (recte:
22)  del  d.lgs.  18  dicembre  1997,  n. 472, in materia di sanzioni
amministrative   tributarie;   a.4)   e'   rimesso   all'assoluta  ed
insindacabile  discrezionalita'  del concessionario, cosi' da rendere
possibile,  in concreto, una ingiustificata disparita' di trattamento
di  casi  analoghi;  a.5)  non  e'  soggetto  ad un termine finale di
efficacia,  potendo  essere emesso dopo l'inutile decorso del termine
di  sessanta  giorni  dalla notificazione della cartella di pagamento
(tramite  il  richiamo, contenuto nel primo comma del denunciato art.
86  del  d.P.R.  n. 602  del  1973, al primo comma dell'art. 50 dello
stesso  decreto)  e  potendo conservare la sua efficacia, nelle more,
anche  se  «l'esecuzione  sia  iniziata  negli  ordinari  termini  di
prescrizione   del   titolo»;  b)  l'art.  111  Cost.,  perche',  non
consentendo  alcun  sindacato in ordine alla legittimita' sostanziale
del  provvedimento di fermo (provvedimento che, pure, «comporta gravi
limitazioni   di   diritti   costituzionalmente   protetti   per   il
contribuente»),  si  pone in contrasto con il principio della parita'
delle  armi  nel processo; c) l'art. 24 Cost., perche' - a differenza
dell'art.  496  del  codice  di procedura civile, il quale prevede la
riducibilita'  del  pignoramento  quando il valore del bene pignorato
superi  l'importo  del credito per cui si procede e delle spese - non
consente  la  riduzione  del  fermo  quando l'importo del credito sia
manifestamente sproporzionato, per difetto, al valore del bene mobile
registrato assoggettato al fermo; d) gli artt. 4 e 41 Cost., perche',
l'iscrizione   del   fermo  su  un  veicolo,  comportando  l'assoluta
indisponibilita',  anche  «di fatto», del bene (data la confisca e la
sanzione  amministrativa  previste,  per  il caso di circolazione del
veicolo  sottoposto  a  fermo,  dall'art. 214, comma 8, del d.lgs. 30
aprile  1992, n. 285, recante il «Nuovo codice della strada»), incide
irragionevolmente,   «non   essendo   previsto   alcun   rapporto  di
proporzionalita'»,   sulla   sfera   di   diritti  costituzionalmente
garantiti  del  contribuente,  «quali  il  diritto  al lavoro ed alla
libera iniziativa economica»;
     che,  quanto  alla  rilevanza,  il giudice a quo osserva che, in
difetto  dell'accoglimento  delle  sollevate  questioni,  «del  tutto
legittimo  sotto il profilo formale si appaleserebbe il provvedimento
del  concessionario», «avendo il concessionario dimostrato pienamente
l'avvenuta notifica di almeno due delle cartelle di pagamento poste a
base del provvedimento impugnato»;
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
giudizio, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o
infondate;
     che, secondo la difesa erariale, le questioni sono inammissibili
per  manifesta  irrilevanza,  attenendo  a  profili estranei al thema
decidendum,  «essendo  precluso,  in materia, un sindacato ex officio
sul provvedimento»;
     che,  nel  merito,  sempre  per la difesa erariale, le questioni
sono  manifestamente infondate, perche' il provvedimento di fermo dei
beni  mobili  registrati:  a)  e'  atto funzionale all'espropriazione
forzata  (viene citata la sentenza delle sezioni unite della Corte di
cassazione  n. 2053 del 2006) e, pertanto, i suoi limiti quantitativi
e temporali di efficacia trovano rispondenza nell'entita' del credito
e  nella durata dell'inadempimento; b) e' soggetto al pieno sindacato
giurisdizionale,  nelle  forme dell'opposizione all'esecuzione o agli
atti esecutivi, come previsto dall'art. 57 del d.P.R. n. 602 del 1973
(vengono  citate,  oltre  alla gia' menzionata sentenza delle sezioni
unite   della   Corte   di   cassazione,  le  ordinanze  della  Corte
costituzionale n. 297 e n. 161 del 2007);
     che,  sempre  sul  merito delle questioni, l'Avvocatura generale
osserva che: a) la riduzione del fermo, auspicata dal rimettente, non
e'  tecnicamente  possibile, posto che «l'autovettura o circola o non
circola»;  b)  per  tornare nella piena disponibilita' del veicolo e'
sufficiente il pagamento del debito.
   Considerato  che  la Commissione tributaria provinciale di Cosenza
dubita,  in  riferimento  agli  artt.  3,  4,  24, 41, 97 e 111 della
Costituzione, della legittimita' dell'art. 86 del d.P.R. 29 settembre
1973,  n. 602  (Disposizioni  sulla  riscossione  delle  imposte  sul
reddito) - nel testo risultante dalla sostituzione del primo comma ad
opera  dell'art.  1,  comma 1, lettera q), del decreto legislativo 27
aprile  2001,  n. 193  (Disposizioni  integrative  e  correttive  del
decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e decreto legislativo 13
aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa
alla  riscossione),  e quale interpretato autenticamente dall'art. 3,
comma  41,  del  decreto-legge  30  settembre 2005, n. 203 (Misure di
contrasto  all'evasione  fiscale  e  disposizioni  urgenti in materia
tributaria  e  finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.
1,  comma  1,  della  legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in
cui: a) non fissa criteri e limiti ai poteri del concessionario della
riscossione in ordine all'adozione del provvedimento di fermo di beni
mobili  registrati;  b)  non  prevede  che  detto  provvedimento  sia
motivato  con  riferimento  alla  sussistenza  del  fondato timore di
perdere  la garanzia del credito ovvero alla necessita', in relazione
alla consistenza patrimoniale del contribuente, di emetterlo;
     che,   in  particolare,  ad  avviso  del  rimettente,  la  norma
censurata  viola  gli artt. 3 e 97 Cost., perche' il provvedimento di
fermo:  puo'  essere  disposto  dal  concessionario anche per crediti
«assolutamente irrisori»; non deve essere motivato in ordine al fumus
boni  iuris  ed  al  periculum  in  mora;  non e' sottoposto ad alcun
preventivo  vaglio  giurisdizionale  di  ammissibilita';  e'  rimesso
all'assoluta  ed  insindacabile  discrezionalita' del concessionario,
cosi'   da   rendere   possibile,  in  concreto,  una  ingiustificata
disparita'  di  trattamento  di  casi analoghi; non e' soggetto ad un
termine finale di efficacia;
     che,  sempre  ad avviso del rimettente, la norma censurata viola
altresi':  a)  l'art.  111  Cost.,  perche',  non  consentendo  alcun
sindacato  in ordine alla legittimita' sostanziale del provvedimento,
si  pone  in  contrasto con il principio della parita' delle armi nel
processo;  b)  l'art.  24 Cost., perche' - a differenza dell'art. 496
del  codice di procedura civile - non consente la riduzione del fermo
quando  l'importo  del credito sia manifestamente sproporzionato, per
difetto,  al valore del bene mobile registrato assoggettato al fermo;
c)  gli  artt.  4  e  41 Cost., perche', l'iscrizione del fermo su un
veicolo,  comportando  l'assoluta  indisponibilita' del bene (date la
confisca  e  la  sanzione  amministrativa  previste,  per  il caso di
circolazione  del veicolo sottoposto a fermo, dall'art. 214, comma 8,
del  d.lgs.  30  aprile  1992, n. 285, recante il «Nuovo codice della
strada»),   incide   irragionevolmente   sulla   sfera   di   diritti
costituzionalmente  garantiti  del contribuente, «quali il diritto al
lavoro ed alla libera iniziativa economica»;
     che   tali  questioni  sono  manifestamente  inammissibili,  per
difetto  di  rilevanza nel giudizio a quo e, comunque, per difetto di
motivazione   in   ordine  alle  ragioni  per  le  quali  profili  di
illegittimita'  dell'impugnato provvedimento di fermo non prospettati
dalle   parti   rientrebbero   nel   thema  decidendum  del  giudizio
principale;
     che,  infatti, secondo quanto si evince dal testo dell'ordinanza
di   rimessione,  l'oggetto  del  giudizio  principale  attiene  alla
legittimita'  del  provvedimento  del  fermo sotto i soli profili: a)
della  decadenza  del Concessionario dal potere di riscossione per la
tardiva  iscrizione  a ruolo del credito tributario; b) della mancata
preventiva  notificazione  dell'avviso previsto dall'art. 50, secondo
comma,  del d.P.R. n. 602 del 1973; c) della prescrizione dei crediti
fatti valere dal suddetto Concessionario;
     che,  tuttavia,  la  medesima  Commissione tributaria rimettente
ritiene non fondate tali censure;
     che,  pertanto,  esulano dalla prospettazione del ricorrente nel
giudizio  principale tutti i profili in relazione ai quali il giudice
a    quo   ha   sollevato   d'ufficio   questioni   di   legittimita'
costituzionale,  e  cioe',  come  gia' sopra visto: a) l'arbitrio del
concessionario   nel  disporre  la  misura;  b)  l'omessa  previsione
legislativa di un obbligo di motivazione della misura medesima; c) la
mancata  previsione  di  un  preventivo  vaglio giurisdizionale della
stessa;  d) l'omessa previsione di un termine finale di efficacia del
fermo;  e)  la  lesione del diritto di difesa del contribuente; f) la
lesione,  ad  opera  dell'iscrizione  del  fermo  su  un  veicolo, di
ulteriori   diritti  costituzionalmente  garantiti  del  contribuente
medesimo;
     che  l'invocata  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale
della  norma  oggetto  di censura non puo' avere alcuna incidenza nel
giudizio  a  quo,  dovendo  essa essere pronunciata con riferimento a
circostanze, quali quelle sopra menzionate, che risultano estranee al
thema  decidendum  del  giudizio  principale  (ex plurimis, ordinanza
n. 149 del 2006).
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.