Ordinanza
nel  giudizio  di  ammissibilita'  del  conflitto di attribuzione tra
poteri  dello  Stato  sollevato  nei  confronti  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri in relazione al decreto del Ministro di grazia
e  giustizia  del  10  luglio  1971,  con  il  quale  la competenza a
legalizzare  le firme sugli atti e documenti formati nello Stato e da
valere   all'estero   davanti  ad  Autorita'  estere,  attribuita  al
Ministero  di  grazia  e  giustizia  dall'art. 17, primo comma, della
legge  4  gennaio  1968,  n. 15, modificato dall'art. 4, primo comma,
della  legge 11 maggio 1971, n. 390, e' delegata ai Procuratori della
Repubblica  presso  i  Tribunali nella cui giurisdizione territoriale
gli  atti  medesimi  sono  formati,  e  alla  circolare  dello stesso
Ministro n. 1/1-36(65) 705 del 6 febbraio 1978 - avente ad oggetto la
Convenzione  riguardante l'abolizione della legalizzazione degli atti
pubblici  stranieri,  adottata  a l'Aja il 5 ottobre 1961, ratificata
con  legge  20  dicembre  1966, n. 1253 - con cui e' stata attribuita
alle   Procure   della  Repubblica  la  competenza  a  deliberare  le
apostille, promosso con ricorso della Procura della Repubblica presso
il  Tribunale di Pistoia, depositato in cancelleria il 21 maggio 2008
ed  iscritto  al  n. 13 del registro conflitti tra poteri dello Stato
2008, fase di ammissibilita'.
   Udito  nella  Camera  di  consiglio dell'8 ottobre 2008 il giudice
relatore Paolo Maria Napolitano.
   Ritenuto che, con ricorso datato 15 maggio 2008 e depositato nella
cancelleria  della  Corte  il  successivo 21 maggio, la Procura della
Repubblica  presso  il Tribunale di Pistoia ha sollevato conflitto di
attribuzione  tra poteri dello Stato nei confronti del Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  sia  in  relazione  al decreto dell'allora
Ministro  di  grazia e giustizia del 10 luglio 1971, con cui e' stata
delegata  ai Procuratori della Repubblica la competenza a legalizzare
le  firme  sugli  atti  e i documenti formati nello Stato e da valere
all'estero  davanti  ad  Autorita'  estere,  sia  in  relazione  alla
circolare  dello stesso Ministro del 6 febbraio 1978, prot. n. 1/1-36
(65) 705, con la quale si e' attribuita alle Procure della Repubblica
la competenza a deliberare le apostille;
     che il presente giudizio e' volto ad ottenere l'annullamento dei
predetti  atti, «previa declaratoria di non spettanza al Ministero di
grazia  e  giustizia  del  potere  di  delegare  alle  Procure  della
Repubblica l'attivita' di legalizzazione e di apporre le apostille»;
     che il ricorrente, in fatto, riassume brevemente come si sarebbe
giunti   all'emanazione  del  censurato  decreto  con  cui  e'  stata
delegata, dall'allora Ministro di grazia e giustizia, tale competenza
alle Procure della Repubblica;
     che,   in   particolare,   riferisce   che  l'impugnato  decreto
ministeriale  e'  stato  emanato  dall'allora  Ministro  di  grazia e
giustizia,  in  base a quanto disposto dall'art. 4 - recte: dall'art.
17,  primo  comma  -  della  legge 4 gennaio 1968, n. 15 (Norme sulla
documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e autenticazione
di  firme),  come  modificato dall'art. 4 della legge 11 maggio 1971,
n. 390  (Modifiche  ed integrazioni alla legge 4 gennaio 1968, n. 15,
contenente   norme   sulla   documentazione  amministrativa  e  sulla
legalizzazione ed autenticazione di firme), ed ora recepito dall'art.
33,  comma 1, del d.P.R. 28 dicembre del 2000, n. 445, recante «Testo
unico  delle  disposizioni  legislative e regolamentari in materia di
documentazione  amministrativa»,  testo  unico abrogativo della legge
n. 15 del 1968;
     che,  in base a tale disposizione, l'allora Ministro di grazia e
giustizia,  con  decreto  del 10 luglio 1971, delegava ai Procuratori
della  Repubblica  la  competenza a legalizzare le firme sugli atti e
documenti  formati  nello  Stato  e da valere all'estero, competenza,
sino a tutt'oggi, propria delle Procure della Repubblica;
     che,  in  relazione, poi, alla Convenzione adottata a l'Aja il 5
ottobre 1961 (ratificata con legge 20 dicembre 1966, n. 1253, recante
«Ratifica  ed  esecuzione  della Convenzione riguardante l'abolizione
della  legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata a l'Aja il
5 ottobre 1961»), l'allora Ministro di grazia e giustizia ugualmente,
con  la  circolare  del  6  febbraio 1978, prot. n. 1/1 - 36(65) 705,
delegava  ai  Procuratori della Repubblica la competenza a rilasciare
le   «apostille»   per   attestare   la  veridicita'  della  firma  o
l'identificazione  del  contrassegno o del timbro che contrassegna il
documento,  in  quanto  «funzionari  incaricati  della legalizzazione
delle firme ai sensi della legge 1968 n. 15»;
     che,   ritenendo   tali   atti  lesivi  di  proprie  prerogative
costituzionali,  e  lamentando  la  violazione  degli artt. 104 e 112
della  Costituzione,  la  Procura  di Pistoia ha promosso il presente
conflitto;
     che,  per  quanto  concerne  l'ammissibilita'  del conflitto, la
Procura  della  Repubblica  rileva, preliminarmente, sotto il profilo
soggettivo,  come  la  giurisprudenza  della Corte abbia riconosciuto
tanto  la  propria  legittimazione  attiva  (sentenze n. 26 del 2008;
n. 150 e n. 132 del 1981; n. 231 del 1975), quanto quella passiva del
Presidente  del Consiglio dei ministri (ordinanza n. 221 del 2004) e,
come,  poi, in ordine al termine per proporre ricorso, la Corte abbia
ritenuto  non  esistere  un termine finale per sollevare conflitti di
attribuzione  tra  poteri data l'esigenza, avvertita dal legislatore,
«di favorirne al massimo la composizione» (sentenza n. 116 del 2003);
     che,  entrando,  quindi,  nel  merito,  la  Procura ricorrente -
ricostruito sinteticamente l'istituto della legalizzazione, il quale,
a suo giudizio, deve essere classificato come «un atto amministrativo
dichiarativo  di  certazione» - conclude nel senso che il Ministro e'
venuto  a  delegare  alle Procure della Repubblica, alle quali l'art.
112  Cost.  riserva  l'esercizio  dell'azione  penale, una competenza
amministrativa;
     che,  sempre  a detta del ricorrente, tale delega sarebbe stata,
per di piu', conferita con un provvedimento amministrativo puntuale e
concreto,  quale  l'impugnato  decreto del 10 luglio 1971, non avente
natura  normativa, in quanto privo dei requisiti della generalita' ed
astrattezza;
     che, dunque, viene promosso conflitto di attribuzione perche' si
contesta che l'allora Ministro di grazia e giustizia potesse delegare
un'attivita'   amministrativa   ad   un  soggetto  appartenente  alla
Magistratura,  «ordine  autonomo e indipendente da ogni altro potere»
ai  sensi  dell'art.  104  Cost.  e  tanto  piu'  alle  Procure della
Repubblica,  le  quali,  ai  sensi  dell'art.  112  Cost., esercitano
l'azione  penale,  potendo il Ministro stesso delegare tale attivita'
solo  ad  organi  amministrativi  centrali  o periferici del medesimo
Ministero o ad altri organi della pubblica amministrazione;
     che,  del  resto,  secondo  il  ricorrente, la ratio dell'art. 4
della  legge  n. 390  del  1971  e'  quella  di riconoscere a tutti i
Ministeri che hanno tra le proprie attribuzioni quella di «formazione
di  atti  e  documenti  che possono avere una destinazione estera» la
facolta'  di  operare  una  «delega interorganica e intersoggettiva»,
conseguentemente   possibile  solo  nei  confronti  di  organi  della
pubblica amministrazione;
     che,  quindi,  sempre  secondo  il  ricorrente,  non  risultando
l'ufficio  del  pubblico  ministero  un organo e neppure un'autorita'
amministrativa,  ma  un  soggetto  appartenente alla Magistratura, il
quale  non  perde  questa  sua connotazione soggettiva neanche quando
viene  a  svolgere  funzioni  non  giurisdizionali  nei casi previsti
dall'art.  73 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, ne deriva che
«il Ministero di giustizia», nel delegare alle Procure l'attivita' di
legalizzazione in oggetto avrebbe compiuto «un atto abnorme»;
     che, prosegue il ricorrente, tale abnormita' sarebbe stata, poi,
reiterata dallo stesso Ministero con l'emanazione della circolare del
6 febbraio 1978, prot. n. 1/1 - 36(65) 705;
     che,  specificamente,  poi,  per  quanto  riguarda la violazione
dell'art.  104  Cost.,  il  ricorrente  -  dopo  aver  qualificato il
conflitto   sollevato  come  rientrante  tra  quelli  cosiddetti  per
menomazione  o  interferenza  -  lamenta che, con gli atti impugnati,
l'allora  Ministro  di grazia e giustizia verrebbe ad assoggettare le
Procure  della  Repubblica, per effetto della delega, ad un potere di
direttiva  (circa  gli atti da compiere) e di controllo con poteri di
sostituzione  nei casi di inerzia, nonche' di annullamento degli atti
compiuti in sede di autotutela;
     che,   conseguentemente,   con  i  provvedimenti  impugnati,  il
«Ministero  di giustizia», avendo costituito un rapporto di controllo
e  di  interferenza  sui «magistrati del pubblico ministero», avrebbe
oltrepassato  i  limiti segnati dagli artt. 107, secondo comma, e 110
Cost.,  venendo  ad  interferire  e  a  menomare  la  funzione che la
Costituzione assegna al pubblico ministero, minando anche l'autonomia
e l'indipendenza garantita dall'art. 104 della Costituzione;
     che  sarebbe  stato,  altresi', violato, con gli atti impugnati,
l'art.   112  Cost.,  in  quanto  l'attribuzione  della  potesta'  di
legalizzazione   «distoglie  le  Procure  dall'esercizio  dell'azione
penale,   competenza  che  la  Costituzione  conferisce  al  pubblico
ministero configurandola, peraltro, come obbligatoria»;
     che,   segnala   ancora   il   ricorrente,  il  procedimento  di
legalizzazione  comporta  possibili  responsabilita'  penali  per  il
pubblico  ministero  (ex  art. 479 del codice penale) e civili per il
Ministro  della  giustizia, il quale potrebbe, a sua volta, «mediante
l'esercizio  dell'azione  contabile»,  rivalersi  nei  confronti  del
pubblico ministero;
     che,  infine,  la  Procura  di  Pistoia  ritiene  ammissibile il
presente  conflitto, in quanto la fattispecie di cui trattasi sarebbe
parzialmente  difforme  da quelle che hanno dato origine a precedenti
decisioni  della  Corte  (ordinanze  n. 84  e n. 86 - recte: 87 - del
1978),  con  le  quali  e'  stata  dichiarata  l'inammissibilita'  di
conflitti  di  attribuzione in casi apparentemente simili a quello in
esame;
     che,  in ogni caso, prosegue la Procura ricorrente, il conflitto
viene   promosso   nella  convinzione  che  la  Corte  costituzionale
addivenga,  nel  caso  di specie, ad un «auspicato revirement», sulla
base    della   considerazione   che   la   garanzia   costituzionale
dell'indipendenza  dei  giudici non debba riguardare solo l'esercizio
della funzione giurisdizionale;
     che,   pertanto,  la  ricorrente  Procura  chiede  che,  «previa
declaratoria  della  non spettanza al Ministero di grazia e giustizia
del  potere  di delegare alla Procure della Repubblica l'attivita' di
legalizzazione  e  di  apporre le apostille», la Corte costituzionale
«[v]oglia annullare il decreto 10 luglio 1971 e la circolare n. 1/1 -
36(65) del 6-2-1978».
   Considerato  che,  in  questa fase del giudizio, a norma dell'art.
37,  terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte
costituzionale e' chiamata a deliberare, senza contraddittorio, circa
l'esistenza  o meno della «materia di un conflitto la cui risoluzione
spetti alla sua competenza»;
     che,    sotto   il   profilo   soggettivo,   la   giurisprudenza
costituzionale  e'  costante nel ritenere legittimati ad essere parti
di  conflitti  di  attribuzione  i singoli organi giurisdizionali, in
relazione  al  carattere  diffuso  che  contrassegna il potere di cui
fanno  parte  e  alla loro competenza a dichiarare definitivamente la
volonta'  del potere cui appartengono, ma limitatamente all'esercizio
dell'attivita'  giurisdizionale  assistita da garanzia costituzionale
(ordinanze  n. 338  del  2007;  n. 340  e  n. 244 del 1999; n. 87 del
1978);
     che,  nel  caso di specie, la Procura della Repubblica presso il
Tribunale  di  Pistoia  e'  manifestamente  priva  di  legittimazione
attiva,  in  quanto  ne' l'attivita' di legalizzazione, ne' quella di
apposizione  delle apostille, delegate alle Procure della Repubblica,
possono    essere    riconnesse    all'esercizio    della    funzione
giurisdizionale, trattandosi di funzioni meramente amministrative;
     che  il ricorso e' inammissibile anche per carenza del requisito
oggettivo,  in  quanto  la  controversia relativa all'annullamento di
atti che non riguardano il potere di giudicare - quali qulli relativi
alle  attivita'  che  l'allora  Ministero  di  grazia  e giustizia ha
delegato  alle  Procure  della Repubblica con il decreto ministeriale
del  10 luglio 1971 e la circolare ministeriale n. 1/1 - 36(65) del 6
febbraio  1978  -  trova  la  sua  disciplina  in  norme di carattere
organizzativo e ordinamentale, e, non toccando la delimitazione della
sfera  di  attribuzioni  determinate  da  norme  costituzionali, «non
attinge  al  livello  del  conflitto  tra  poteri dello Stato, la cui
risoluzione  spetta  alla  Corte costituzionale» (ordinanza n. 90 del
1996);
     che,  dunque,  non sussiste neppure il requisito oggettivo della
esistenza  della  materia  del  conflitto  di attribuzione tra poteri
dello Stato;
     che, pertanto, va dichiarata l'inammissibilita' del ricorso.