Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 166 del  codice
di  procedura  penale,  promosso  dal  Tribunale   di   Trieste   nel
procedimento penale a carico di S.S., con  ordinanza  del  21  maggio
2008, iscritta al n. 365 del registro  ordinanze  2008  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, 1a  serie  speciale,
dell'anno 2008. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio dell'11  marzo  2009  il  giudice
relatore Luigi Mazzella. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 21 maggio 2008, il  Tribunale  di
Trieste ha sollevato, con riferimento agli artt. 3  e  111,  primo  e
terzo  comma,   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 166 cod. proc. pen., nella parte in  cui
non  prevede   che   le   notifiche   ai   soggetti   sottoposti   ad
amministrazione di  sostegno  vengano  effettuate  all'amministratore
nominato; 
        che, riferisce  il  rimettente,  nel  procedimento  penale  a
carico di S.S. per il reato di cui  all'art.  424  cod.  pen.,  dalla
certificazione del casellario giudiziale era risultato che, in data 9
febbraio 2006, il Giudice tutelare di Trieste aveva dichiarato aperta
l'amministrazione di sostegno a carico dell'imputato; 
        che  il  decreto  di  citazione  era  stato  notificato   nel
domicilio eletto, a mani del difensore  dell'imputato,  che  tuttavia
aveva lamentato la mancata previsione, nell'art. 166 cod. proc. pen.,
che le notifiche vengano effettuate all'amministratore  di  sostegno,
cosi' come avviene per  l'interdetto  o  per  l'inabilitato,  ove  e'
statuita la notifica al tutore o al curatore; 
        che,  secondo  il  rimettente,  la  disciplina   che   regola
l'istituto dell'amministrazione di sostegno, introdotto dalla legge 9
gennaio 2004,  n.  6,  non  sarebbe  qualitativamente  diversa  dagli
strumenti gia' approntati dal codice civile in materia di sostegno  a
soggetti deboli, quali l'interdizione e l'inabilitazione, dato che la
differenza  tra  gli  istituti  non  si  baserebbe   sulla   gravita'
dell'infermita' del soggetto assistito; 
        che, di conseguenza, la  limitazione  operata  dall'art.  166
cod. proc. pen. ai soli casi di interdizione ed  inabilitazione,  con
riferimento alla assistenza del  soggetto  debole  nella  fase  della
notificazione e, quindi, della conoscenza  di  atti  giudiziari,  non
sarebbe  rispettosa  del  principio  consacrato  nell'art.  3   della
Costituzione; 
        che, invero, tra l'amministrazione di sostegno e gli istituti
della  tutela  e  della  curatela  non  esisterebbe  una   differenza
qualitativa  o  quantitativa  tale   da   giustificare   un   diverso
trattamento dell'assistito nel compimento di attivita', nel  caso  in
specie, fondamentali come la ricezione di atti giudiziari; 
        che la norma censurata si porrebbe  anche  in  contrasto  con
l'art 111, primo e terzo comma, Cost., con specifico riferimento alla
disciplina del  giusto  processo  regolato  dalla  legge,  in  quanto
violerebbe il diritto all'informazione relativo  alla  natura  ed  ai
motivi  dell'accusa  elevata  a  carico  di  un   soggetto   ritenuto
giudizialmente non in grado di provvedere ai propri interessi; 
        che e' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile per
insufficiente descrizione della fattispecie  o,  comunque,  infondata
nel merito; 
        che, riferisce il Presidente  del  Consiglio,  questa  Corte,
nella sentenza n. 440 del 2005, ha chiarito i  peculiari  presupposti
dell'amministrazione di sostegno, giustificandone la ragion  d'essere
nella  necessita'  di  affidare  al  giudice,  caso  per   caso,   la
valutazione della tutela  piu'  adeguata  da  accordare  al  soggetto
bisognoso di assistenza,  in  modo  proporzionato  al  suo  grado  di
inabilita', e allo scopo  di  limitarne  il  meno  possibile  la  sua
capacita' giuridica; 
        che, sottolinea il Presidente  del  Consiglio,  resta  sempre
fermo il potere del giudice penale che abbia dei dubbi sull'effettiva
conoscenza dell'atto di  disporre  gli  accertamenti  previsti  dagli
artt. 70  e  71  cod.  proc.  pen.;  il  che  escluderebbe  anche  la
violazione dell'art. 111 Cost.; 
        che,  con  memoria  depositata  successivamente,  lo   stesso
Presidente  del  Consiglio  illustrava   ulteriormente   le   proprie
conclusioni. 
    Considerato che il Tribunale di Trieste dubita,  con  riferimento
agli artt. 3 e 111, primo e terzo comma,  della  Costituzione,  della
legittimita' costituzionale dell'art.  166  cod.  proc.  pen.,  nella
parte in cui non prevede che le notifiche ai soggetti  sottoposti  ad
amministrazione  di  sostegno  siano  effettuate   all'amministratore
nominato, contrariamente a quanto  sarebbe  disposto  per  il  tutore
dell'interdetto e per il curatore dell'inabilitato; 
        che, se e' vero che l'art. 166 cod. proc. pen.  dispone,  per
l'imputato interdetto, la notificazione degli atti processuali  anche
al  tutore  dello  stesso,  esso  pero',  non   prende   affatto   in
considerazione l'ipotesi dell'inabilitazione,  prevedendo  unicamente
che, nel caso in cui il processo sia sospeso dal giudice  perche'  lo
stato  mentale  dell'imputato  e'  tale  da  impedirne  la  cosciente
partecipazione al procedimento ai sensi dell'art. 71, comma  1,  cod.
proc. pen., le  notificazioni  debbano  essere  effettuate  anche  al
curatore nominato sulla base del predetto articolo; 
        che   tale   notificazione   integrativa,   trascurata    dal
rimettente, e' riferibile tanto agli imputati inabilitati,  quanto  a
quelli sottoposti ad amministrazione di  sostegno,  purche'  il  loro
stato mentale sia tale da comprometterne effettivamente la loro piena
e consapevole partecipazione al processo; 
        che, pertanto, il rimettente fonda la sollevata questione  di
costituzionalita' su una lettura errata della norma censurata e dello
stesso tertium comparationis; 
        che la  questione,  dunque,  per  l'evidente  erroneita'  del
presupposto  interpretativo,  e'  manifestamente  infondata  (in  tal
senso, ordinanze n. 114 del 2007, n. 130 del 2006 e n. 100 del 2003). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.