Ordinanza 
nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  405,  comma
1-bis, del codice di procedura penale,  aggiunto  dall'art.  3  della
legge 20 febbraio 2006, n.  46  (Modifiche  al  codice  di  procedura
penale,  in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze   di
proscioglimento), promossi dal Giudice dell'udienza  preliminare  del
Tribunale di Catanzaro con due ordinanze del  23  ottobre  2006,  dal
Giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di  Cosenza   con
ordinanza del 31 gennaio 2007 e dal Giudice dell'udienza  preliminare
del Tribunale di Camerino con ordinanza del 28 aprile 2008, ordinanze
rispettivamente iscritte ai nn. 415, 416, 579 del registro  ordinanze
2007 e al n. 287 del  registro  ordinanze  2008  e  pubblicate  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 23 e 34, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2007 e n. 40, 1ª serie speciale, dell'anno 2008. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 28 gennaio  2009  il  giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che con le due ordinanze, di analogo tenore, indicate in
epigrafe,  il  Giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di
Catanzaro ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 405, comma  1-bis,
del codice di procedura penale, aggiunto dall'art. 3 della  legge  20
febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice  di  procedura  penale,  in
materia di appellabilita' delle sentenze di  proscioglimento),  nella
parte in cui non prevede che il pubblico ministero, al termine  delle
indagini, debba formulare richiesta di archiviazione anche quando  la
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza di cui all'art. 273  del
medesimo codice sia stata esclusa dal tribunale del riesame, e contro
la decisione non sia stato proposto ricorso per cassazione, ne' siano
stati acquisiti successivamente ulteriori  elementi  a  carico  della
persona sottoposta alle indagini; 
        che il giudice a  quo  premette  di  essere  investito  della
richiesta di rinvio a  giudizio  di  persone  alle  quali  era  stata
applicata, nel corso delle indagini preliminari, la misura  cautelare
della custodia  in  carcere:  misura  «revocata»  dal  Tribunale  del
riesame per carenza della  gravita'  indiziaria,  con  ordinanze  non
impugnate dal pubblico  ministero,  il  quale  aveva  successivamente
esercitato l'azione penale per i medesimi fatti, senza che  si  fosse
avuto alcun arricchimento del materiale d'accusa; 
        che il rimettente osserva come la norma denunciata imponga al
pubblico ministero di chiedere l'archiviazione «quando  la  Corte  di
cassazione si e' pronunciata in ordine alla insussistenza  dei  gravi
indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273, e non sono  stati
acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona
sottoposta alle indagini»; 
        che, ad avviso del giudice  a  quo,  la  violazione  di  tale
obbligo - lungi dal restare priva  di  «ricadute  processuali»,  come
vorrebbero  alcuni  interpreti  -  determinerebbe  l'improcedibilita'
dell'azione penale o, secondo altra possibile opzione ermeneutica, la
dichiarazione di nullita' della richiesta di rinvio  a  giudizio,  ai
sensi dell'art. 178, comma 1, lettera b), cod. proc. pen.; 
        che  la  questione  di  costituzionalita'  risulterebbe,   di
conseguenza, rilevante, giacche' l'estensione del divieto  nel  senso
auspicato condurrebbe, nei casi di specie, all'uno  o  all'altro  dei
predetti esiti; 
        che quanto, poi, alla non manifesta infondatezza, il  giudice
a quo rileva  che  la  disposizione  impugnata  mira  ad  evitare  la
formulazione di richieste di rinvio a giudizio fondate su  un  quadro
indiziario   di   «conclamata   inconsistenza»,   in   quanto    gia'
negativamente  valutato  in  fase  cautelare  e  non  arricchito   da
ulteriori apporti; 
        che, in tale ottica, apparirebbe foriera di una irragionevole
disparita' di trattamento la limitazione del precetto ai soli casi in
cui l'inconsistenza degli indizi sia stata vagliata  dalla  Corte  di
cassazione,  con  esclusione  delle  ipotesi  in  cui   la   gravita'
indiziaria sia stata negata dal giudice di merito con  motivazione  a
tal segno persuasiva da indurre il pubblico ministero a non impugnare
il provvedimento; 
        che la soluzione normativa censurata  non  si  armonizzerebbe
neppure con le caratteristiche proprie della decisione del giudice di
legittimita', incentrata sulla  motivazione  e  non  sul  merito  del
provvedimento cautelare: ne', d'altra parte, l'esaurimento dei  gradi
di impugnazione costituirebbe indice di migliore e «piu' consolidata»
valutazione del materiale  probatorio,  specie  quando  la  Corte  di
cassazione, accogliendo il ricorso dell'indagato, sovverta la  doppia
valutazione contraria effettuata nei gradi di merito; 
        che una ulteriore disparita' di trattamento si  connetterebbe
alla circostanza che l'attivazione del ricorso per cassazione dipende
dall'iniziativa   dell'indagato   solo   quando   siano   intervenute
valutazioni di merito a lui sfavorevoli (ossia, in pratica, nei  casi
«piu' dubbi»); mentre negli altri casi - e, cioe', quando il  ricorso
dipenda  dall'iniziativa  del  pubblico  ministero   -   quest'ultimo
potrebbe decidere di non proporlo proprio allo scopo di non incorrere
nella preclusione di cui all'art. 405, comma 1-bis, cod. proc.  pen.:
sicche', in sostanza, l'operativita'  della  disposizione  resterebbe
rimessa all'arbitrio dell'organo della accusa proprio  nelle  ipotesi
in cui la preclusione dell'esercizio dell'azione penale  risulterebbe
maggiormente giustificata; 
        che  analoga   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art.  405,  comma  1-bis,  cod.  proc.  pen.  e'  sollevata,  in
riferimento agli artt. 3 e 111, primo e  secondo  comma,  Cost.,  dal
Giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di  Cosenza   con
l'ordinanza in epigrafe; 
        che, anche secondo tale giudice rimettente,  la  disposizione
di  nuovo  conio  determinerebbe  una  ingiustificata  disparita'  di
trattamento fra l'indagato che ha ottenuto una decisione della  Corte
di  cassazione  sull'insussistenza  della   gravita'   indiziaria   e
l'indagato che  ha  ottenuto  analoga  pronuncia  del  tribunale  del
riesame, non impugnata dal  pubblico  ministero,  il  quale  verrebbe
reso, cosi', arbitro  del  «destino»  dell'indagato  stesso:  profili
sotto i quali la disposizione stessa risulterebbe lesiva non soltanto
del  principio  di  eguaglianza,  ma  anche  di  quello  del  «giusto
processo»; 
        che una ulteriore, analoga questione di costituzionalita'  e'
sollevata,  con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe,   dal   Giudice
dell'udienza preliminare del Tribunale di  Camerino,  in  riferimento
agli artt. 3, 25 e 112 Cost.; 
        che, per quanto attiene alla rilevanza della questione e alla
lamentata  lesione  dell'art.  3  Cost.,  il  giudice  a  quo  svolge
argomentazioni  sostanzialmente  identiche  a  quelle   del   Giudice
dell'udienza  preliminare  del   Tribunale   di   Catanzaro,   dianzi
riassunte; 
        che la norma impugnata  violerebbe,  peraltro  -  secondo  il
rimettente - anche i principi del giudice naturale precostituito  per
legge e di obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale, sanciti
dagli artt. 25 e 112 Cost.; 
        che, infatti, la mancata previsione di  un  regime  unitario,
che imponga al pubblico  ministero  di  chiedere  l'archiviazione  in
presenza di qualsiasi pronuncia dichiarativa  dell'insussistenza  dei
gravi indizi di colpevolezza,  anche  se  emessa  da  un  giudice  di
merito, vulnererebbe il diritto dell'indagato ad essere sottoposto al
giudizio del giudice naturale, da identificare  nel  giudice  per  le
indagini preliminari ai sensi degli artt. 408 e seguenti  cod.  proc.
pen.:   giudice   che   assolve,   nella   struttura    dell'istituto
dell'archiviazione, ad un compito  di  verifica  dell'osservanza  del
precetto di cui al citato art. 112 Cost.; 
        che nei giudizi di costituzionalita' relativi alle  ordinanze
di rimessione dei Giudici per le indagini preliminari  del  Tribunale
di Catanzaro e del Tribunale di Camerino e' intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, il quale ha chiesto che le questioni  sollevate
da dette ordinanze siano  dichiarate,  rispettivamente,  infondata  e
manifestamente infondata. 
    Considerato che le ordinanze di  rimessione  sollevano  questioni
identiche o analoghe, relative alla medesima norma, onde  i  relativi
giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione; 
        che, con i quesiti di costituzionalita', i giudici rimettenti
mirano ad ampliare l'ambito  di  applicazione  dell'art.  405,  comma
1-bis, del codice di procedura penale,  aggiunto  dall'art.  3  della
legge 20 febbraio 2006, n.  46  (Modifiche  al  codice  di  procedura
penale,   in   materia   di   appellabilita'   delle   sentenze    di
proscioglimento),  il  quale  stabilisce  che,  «al   termine   delle
indagini»,  il  pubblico  ministero  debba  formulare  richiesta   di
archiviazione allorche' ricorrano due condizioni:  e,  cioe',  da  un
lato, che «la Corte di cassazione si [sia] pronunciata in ordine alla
insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza», ai  sensi  dell'art.
273 cod. proc. pen.; e, dall'altro, che «non [siano] stati acquisiti,
successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta
alle indagini»; 
        che  i   giudici   a   quibus   reputano,   in   particolare,
eccessivamente restrittiva la prima delle due  condizioni,  assumendo
che - onde evitare  la  compromissione  dei  principi  costituzionali
evocati   -   l'obbligo   dell'organo   dell'accusa    di    chiedere
l'archiviazione debba operare anche quando la gravita' indiziaria, di
cui all'art. 273 cod. proc. pen., sia stata esclusa dal tribunale del
riesame con decisione non impugnata mediante ricorso per cassazione e
senza che ad essa abbia fatto seguito un arricchimento del  materiale
investigativo; 
        che con sentenza n. 121 del 2009, successiva  alle  ordinanze
di  rimessione,  questa  Corte   ha   dichiarato   costituzionalmente
illegittima nella sua interezza la norma che i rimettenti  vorrebbero
vedere ampliata, sul rilievo della incompatibilita'  della  richiesta
«obbligata» di archiviazione, da essa prefigurata, con gli artt. 3  e
112 della Costituzione; 
        che, di conseguenza, le questioni di  costituzionalita'  oggi
in esame sono divenute prive di oggetto  e  vanno  quindi  dichiarate
manifestamente inammissibili; 
        che, infatti, attenendo le questioni alla medesima norma gia'
rimossa  dall'ordinamento  con  efficacia  ex  tunc  dalla  ricordata
declaratoria di incostituzionalita',  resta  preclusa  ai  giudici  a
quibus una nuova valutazione della perdurante rilevanza dei  quesiti,
valutazione che sola potrebbe giustificare la restituzione degli atti
ai rimettenti (ex plurimis, ordinanze n. 269 del 2008, n. 290 e n. 34
del 2002). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.