Sentenza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5, commi 1,  6,
9, lettera b), numero 14), e 12 del decreto-legge 27 maggio 2008,  n.
93 (Disposizioni urgenti per  salvaguardare  il  potere  di  acquisto
delle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio
2008,  n.  216,  nonche'  dell'elenco  n.  1  allegato  al   predetto
decreto-legge,  promosso  dalla   Regione   Siciliana   con   ricorso
notificato il 25 giugno 2008, depositato in cancelleria il 30  giugno
2008 ed iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2008. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  giugno  2009  il  Giudice
relatore Franco Gallo; 
    Uditi  l'avvocato  Sergio  Abbate  per  la  Regione  Siciliana  e
l'avvocato dello  Stato  Sergio  Fiorentino  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Con ricorso notificato il 25 giugno  2008  e  depositato  in
cancelleria il successivo 30 giugno, la Regione Siciliana ha  chiesto
a questa Corte  di  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  dei
commi 1, 6,  9,  lettera  b),  numero  14),  e  12  dell'art.  5  del
decreto-legge  27  maggio  2008,  n.  93  (Disposizioni  urgenti  per
salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie), convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  24  luglio  2008,   n.   126,   nonche'
dell'elenco n. 1 allegato al predetto decreto-legge,  per  violazione
dell'art. 21, terzo  comma,  dello  statuto  speciale  della  Regione
siciliana (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455,  recante
«Approvazione dello Statuto della Regione siciliana»,  convertito  in
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e degli artt.  2,  comma
1, e 4 del decreto legislativo 21  gennaio  2004,  n.  35  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale della  Regione  siciliana  relative
alla partecipazione del Presidente della Regione  alle  riunioni  del
Consiglio dei Ministri). 
    1.1. - La Regione ricorrente premette che il citato decreto-legge
- finalizzato all'adozione «di misure volte alla ristrutturazione dei
mutui bancari, nonche' di  rilancio  e  sviluppo  economico»  per  le
famiglie, misure tra le quali e' compresa  l'esclusione  dall'imposta
comunale sugli immobili (ICI) per le unita'  immobiliari  adibite  ad
abitazione principale - prevede che gli interventi da  esso  disposti
siano  finanziati  mediante  la  riduzione  di  alcune  risorse  gia'
assegnate alla  medesima  Regione  e,  in  particolare,  mediante  la
riduzione: a) dell'intero importo di €  1.363,5  milioni,  destinato,
per l'anno 2008, ad interventi infrastrutturali e stradali in Sicilia
e Calabria (art. 5,  comma  6);  b)  dell'intero  importo  di  €  350
milioni, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, finalizzato alle  spese
per la viabilita' secondaria della Regione Siciliana (art.  5,  comma
9, lettera b, n. 14); c) dell'importo di €  50  milioni  destinato  a
fronteggiare i danni provocati  in  Sicilia,  nell'anno  2007,  dalla
malattia viticola denominata  "peronospora"  (art.  5,  comma  1,  in
combinato con l'allegato  elenco  n.  1);  d)  di  tutte  le  risorse
previste per gli  interventi  di  miglioramento  della  qualita'  del
servizio di trasporto e sicurezza nello stretto di Messina  (art.  5,
comma 1, in combinato con l'allegato elenco n. 1). 
    1.2.  -  La  ricorrente  -  nel  procedere  a   una   dettagliata
ricostruzione delle fonti normative con le quali sono state assegnate
le suddette risorse oggetto di successiva riduzione  ad  opera  delle
denunciate disposizioni - precisa  che  l'art.  5  del  decreto-legge
impugnato prevede, tra l'altro,  che:  a)  alcune  autorizzazioni  di
spesa, indicate nell'elenco n. 1 allegato al  decreto,  sono  ridotte
per  gli  importi  ivi  precisati  (comma  1);  b)  le  risorse  rese
disponibili da tali riduzioni di spesa sono  iscritte  in  un  fondo,
gia' istituito dal comma 5 dell'art. 10 del decreto-legge 29 novembre
2004, n. 282 (Disposizioni urgenti in materia fiscale  e  di  finanza
pubblica), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  27  dicembre
2004, n. 307, e  denominato  «Fondo  per  interventi  strutturali  di
politica economica» (comma 2); c) al menzionato fondo affluisce anche
la  «somma  iscritta  nel  bilancio  dello  Stato  per  l'anno  2008,
nell'ambito della missione "Infrastrutture  pubbliche  e  logistica",
programma "Sistemi stradali ed autostradali", in attuazione dell'art.
1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge
finanziaria 2007), per l'intero importo di 1.363,5  milioni  di  euro
[...]» (comma 6). 
    1.2.1. - Nell'ambito della suddetta ricostruzione  normativa,  la
Regione ricorrente evidenzia che il citato art. 1, comma 1155,  della
legge n. 296 del 2006 ha modificato i commi 92 e 93 dell'art.  2  del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1
della legge 24 novembre 2006, n. 286. In esito a  tale  modifica,  il
comma 92 prevede: a)  l'attribuzione  al  Ministero  dell'economia  e
delle finanze - una volta trasferite ad  altra  societa'  controllata
dallo Stato le azioni della s.p.a. Stretto di Messina possedute dalla
s.p.a. Fintecna - delle risorse  finanziarie  inerenti  agli  impegni
assunti dalla s.p.a. Fintecna nei confronti della s.p.a.  Stretto  di
Messina al fine della realizzazione del collegamento stabile viario e
ferroviario fra la Sicilia ed il continente; b) l'iscrizione di  tali
risorse, previo versamento in entrata, «in due distinti  capitoli  di
spesa  del   Ministero   delle   infrastrutture   e   del   Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  denominati,
rispettivamente,  «Interventi   per   la   realizzazione   di   opere
infrastrutturali in Sicilia e in Calabria» ed «Interventi  di  tutela
dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e  in  Calabria».  A  sua
volta, il comma 93 dell'art. 2 del  decreto-legge  n.  262  del  2006
prevede che le risorse di cui al comma 92, nel rispetto del principio
di  addizionalita',  siano  assegnate  «per  il  90  per  cento  alla
realizzazione di opere infrastrutturali e per  il  10  per  cento  ad
interventi a tutela  dell'ambiente  e  della  difesa  del  suolo  [e]
destinate, per il 70 per cento, ad interventi nella regione Sicilia».
Afferma poi la ricorrente che, in attuazione  delle  disposizioni  da
ultimo citate, il Ministero delle infrastrutture aveva gia'  concluso
con la Regione Siciliana e la Regione Calabria,  in  data  4  ottobre
2007, accordi preliminari finalizzati all'individuazione e  selezione
degli interventi infrastrutturali prioritari ricadenti nel territorio
delle due Regioni, da finanziare con le risorse di  cui  all'art.  1,
comma  1155,  della  legge  n.  296  del  2006   (cosiddetti   "fondi
Fintecna"). In particolare, per  la  Regione  Siciliana  erano  stati
individuati quattro interventi infrastrutturali, e cioe': a) la linea
metropolitana leggera di Palermo (1° stralcio funzionale),  nell'area
metropolitana di Palermo; b) la ferrovia  Circumetnea-tratta  urbana,
con    funzione    di    metropolitana    (2°    lotto     funzionale
Stesicoro-Aeroporto),  nell'area  metropolitana  di  Catania;  c)  il
completamento della piattaforma  logistica  intermodale  con  annesso
scalo portuale e relativi  assi  viari,  nell'area  metropolitana  di
Messina;    d)    il    secondo     lotto     dell'autostrada     A19
Agrigento-Caltanissetta. 
    1.2.2. - La Regione  ricorrente  segnala  ancora  -  quanto  alle
ulteriori  riduzioni  di  spesa  previste  dall'impugnato   comma   1
dell'art. 5 del decreto-legge n. 93 del 2008, in  combinato  disposto
con l'elenco n. 1 allegato al decreto - la riduzione di € 50 milioni,
per il 2008,  rispetto  all'autorizzazione  di  spesa  gia'  prevista
dall'art. 2,  comma  135,  della  legge  24  dicembre  2007,  n.  244
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2008).  Tale  ultima  disposizione  -
inserendo l'art. 1-bis dopo l'art. 1 della legge 1  luglio  1997,  n.
206 - ha autorizzato, per l'anno 2008, la spesa di € 50 milioni,  «al
fine di fare fronte  ai  danni  e  al  mancato  reddito  dovuti  agli
attacchi della malattia fungina plasmopara  viticola,  nota  altresi'
con il nome di "peronospora", avvenuti nel 2007 in Sicilia [...]».  A
parere  della  ricorrente,  la  riduzione  dell'autorizzazione  della
suddetta spesa azzera integralmente l'originario intervento di  spesa
disposto dal comma 135 dell'art. 2 della legge n. 244 del 2007. 
    1.2.3. - La Regione siciliana,  proseguendo  nella  sua  disamina
delle denunciate  riduzioni  delle  risorse  assegnatele,  evidenzia,
altresi', che il  medesimo  elenco  n.  1,  richiamato  dal  comma  1
dell'art.  5  del  decreto-legge  impugnato,  contiene   un'ulteriore
riduzione di quanto assegnatole dal comma 234 dell'art. 2 della legge
n.  244  del  2007  e  destinato,  oltre  che  agli   interventi   di
ammodernamento del tratto autostradale Gioia  Tauro-Reggio  Calabria,
anche a «migliorare la qualita' del servizio di trasporto e sicurezza
nello Stretto di Messina». Il combinato disposto impugnato,  infatti,
ha ridotto le autorizzazioni per tali spese di € 20  milioni  per  il
2008, di € 22 milioni per il 2009 e di  €  7  milioni  per  il  2010.
Inoltre, secondo  la  Regione  ricorrente,  alla  luce  del  disposto
dell'impugnato comma 12 dell'art. 5 del decreto-legge n. 93 del  2008
-  il  quale  prevede  che  «sono  abrogate  tutte  le   disposizioni
incompatibili con la rideterminazione delle autorizzazioni  di  spesa
di cui all'elenco 1 allegato al presente decreto» -,  deve  ritenersi
abrogata la disposizione «che prevede l'intervento medesimo». 
    1.2.4. - La  Regione  siciliana,  infine,  impugna  il  comma  9,
lettera b), n. 14, dell'art. 5 del  decreto-legge  n.  93  del  2008,
individuando in  tale  disposizione  la  previsione  di  un'ulteriore
riduzione di spese gia' autorizzate e destinate ad  essa  ricorrente.
La norma censurata modifica, infatti, il comma 538 dell'art. 2  della
legge n. 244 del 2007, il quale, a sua volta, aveva introdotto,  dopo
il comma 1152 dell'art. 1 della legge  n.  296  del  2006,  il  comma
1152-bis. La ricorrente premette che, in forza del citato comma 1152,
per  gli  interventi  di  ammodernamento  e  di  potenziamento  della
viabilita' secondaria  esistente  nella  Regione  siciliana  e  nella
Regione Calabria, e' assegnata una quota pari, rispettivamente,  a  €
350 milioni ed a € 150 milioni per l'anno 2007. Alla ripartizione  di
tali somme tra le province della Regione  siciliana  e  quelle  della
Regione Calabria avrebbe dovuto provvedere, con decreto, il  Ministro
delle infrastrutture. Il comma 1152-bis  prevede  poi  che,  «per  le
stesse finalita' e nelle medesime proporzioni e  modalita'  stabilite
ai sensi del comma 1152», alle province  della  Regione  siciliana  e
alle province della Regione Calabria sono assegnate, rispettivamente,
le somme di € 350 milioni e di € 150 milioni per ciascuno degli  anni
2008 e 2009.  L'ultimo  inciso  del  comma  1152-bis,  relativo  alla
copertura finanziaria della spesa in esame,  prevedeva,  in  origine,
che  ai  relativi  oneri  si  provvedesse  «mediante   corrispondente
riduzione, per i medesimi anni 2008 e  2009,  dell'autorizzazione  di
spesa di cui all'art. 61, comma 1, della legge 27 dicembre  2002,  n.
289». Il testo di tale ultimo inciso, tuttavia, e'  stato  sostituito
ad opera del censurato comma 9, lettera b), n. 14,  dell'art.  5  del
decreto-legge n. 93 del 2008, secondo il quale  «L'autorizzazione  di
spesa di cui all'art. 61, comma 1, della legge 27 dicembre  2002,  n.
289, e' ridotta di 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e
2009». La ricorrente Regione Siciliana interpreta tale  modifica  nel
senso che essa comporterebbe l'integrale sottrazione  delle  suddette
risorse alla particolare destinazione prevista per la Sicilia  (oltre
che per  la  Calabria),  vincolando  invece  i  medesimi  importi  al
finanziamento degli interventi disposti dal decreto-legge  impugnato.
In  proposito,  la  ricorrente  sottolinea   che,   gia'   in   forza
dell'originaria    previsione    del    comma    1152,     precedente
all'introduzione del comma 1152-bis, il Ministro delle infrastrutture
aveva emanato, di concerto con il Ministro dello sviluppo  economico,
il decreto del 13 luglio 2007, con il quale si  era  provveduto  alla
determinazione delle quote delle risorse da attribuire alle  province
della Regione siciliana e della Regione Calabria. Inoltre -  prosegue
la ricorrente -, con decreto del 9 novembre 2007, il Ministero  delle
infrastrutture, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico,
aveva approvato i criteri e le modalita' di gestione di tali risorse,
sulla scorta di un accordo di programma tra lo stesso Ministero delle
infrastrutture  e  la  Regione  siciliana,  intervenuto  in  data  28
dicembre 2006. 
    1.3. - All'esito di tale ricostruzione del quadro  normativo,  la
Regione ricorrente afferma che le disposizioni denunciate, in  quanto
sottraggono  «risorse  ed  interventi  specifici  per  la   Sicilia»,
attengono  «direttamente  e  specificamente»  agli  interessi   della
Regione siciliana. Da cio' deriverebbe la conseguenza che il  mancato
coinvolgimento, prima della  emanazione  di  tali  disposizioni,  del
Presidente  della  Regione  siciliana,  comporta  la  violazione  sia
dell'art. 21, ultimo comma, dello statuto speciale regionale e  delle
correlate norme di attuazione approvate con il decreto legislativo n.
35 del 2004, sia del principio di leale collaborazione. 
    1.3.1. -  Quanto  all'evocato  art.  21  dello  statuto  speciale
regionale, il terzo (ed ultimo) comma di tale disposizione stabilisce
che il Presidente della Regione partecipa, «con il rango di  Ministro
[...] al Consiglio dei ministri con voto deliberativo  nelle  materie
che  interessano  la   Regione».   In   attuazione   della   suddetta
disposizione statutaria, il decreto legislativo  n.  35  del  2004  -
oltre a prevedere, in via generale, che «gli  organi  dello  Stato  e
della Regione, nello svolgimento delle attivita' preparatorie e delle
deliberazioni connesse all'attuazione del presente decreto, informano
i rispettivi comportamenti  al  principio  di  leale  collaborazione»
(art. 1,  comma  2)  -  disciplina  specificamente,  all'art.  2,  la
partecipazione del Presidente della Regione  siciliana  al  Consiglio
dei ministri. Secondo tale articolo, infatti: a)  il  Presidente  del
Consiglio invita il Presidente della Regione siciliana, il  quale  ha
facolta' di partecipare,  al  Consiglio  dei  ministri,  quando  tale
organo  «deve  deliberare  provvedimenti  di  qualsiasi  natura   che
riguardano la sfera di attribuzione proprie e peculiari della Regione
siciliana» (comma 1); b) il Presidente della Regione  puo'  «chiedere
di partecipare alle riunioni del Consiglio dei Ministri in ogni altra
ipotesi in cui ritiene che i provvedimenti  trattati  coinvolgono  un
interesse differenziato, proprio e peculiare della Regione  siciliana
o determinano una rilevante e diretta  interferenza  sullo  specifico
indirizzo politico della stessa, salva la  definitiva  determinazione
del Presidente del Consiglio,  che  viene  comunicata  al  Presidente
della Regione» (comma 2). L'art. 4 del medesimo  decreto  legislativo
prevede, inoltre, che, in conformita' a quanto previsto dall'art. 21,
terzo comma, dello statuto  della  Regione  siciliana,  «in  tema  di
preventiva  informazione  sugli  argomenti  iscritti  all'ordine  del
giorno delle sedute del Consiglio dei  ministri  cui  e'  chiamato  a
partecipare, di espressione di opinioni e manifestazioni di voto,  al
Presidente della Regione siciliana  spettano  i  medesimi  diritti  e
doveri attribuiti ai Ministri». 
    1.3.2. - Sulla base di tali premesse, la ricorrente  ritiene  che
sia l'art. 21, terzo comma, dello statuto speciale regionale, sia  le
citate norme di attuazione del decreto legislativo  n.  35  del  2004
sono  state  «plurimamente  violate»,  perche'  il  Presidente  della
Regione non e' stato invitato  a  partecipare,  ne'  formalmente  ne'
informalmente, alla seduta del Consiglio dei ministri nella quale  e'
stato approvato il decreto-legge n. 93  del  2008,  ne'  ha  ricevuto
«alcuna preventiva informazione sul  decreto-legge  posto  all'ordine
del giorno», benche' tale decreto incidesse direttamente su specifici
interessi della Regione siciliana. 
    1.3.3.  -  Quanto  alla  violazione  del   principio   di   leale
collaborazione, la ricorrente  osserva  che  tale  principio  avrebbe
richiesto, nel  rapporto  tra  lo  Stato  e  l'ente  regionale,  «una
preventiva  attivita'   di   informazione   ed   una   consequenziale
interlocuzione e raccordo fra i diversi livelli istituzionali», anche
in ragione degli specifici accordi, con destinazione di risorse, gia'
stipulati tra la Regione ed il Ministero delle Infrastrutture. 
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate  inammissibili  o,
comunque, infondate. 
    2.1. - La  difesa  erariale,  dopo  avere  premesso  che  non  e'
«agevole mettere  in  relazione  [...]  i  motivi  di  illegittimita'
costituzionale con le singole norme denunciate», rimette  alla  Corte
ogni valutazione sull'eventuale inammissibilita' del ricorso. 
    2.2. - Nel merito, l'Avvocatura  generale  dello  Stato  pone  in
rilievo che la ricorrente non dubita dell'esistenza di una competenza
legislativa dello Stato  in  ordine  alla  materia  disciplinata  dal
decreto-legge n. 93 del 2008, ma  assume,  piuttosto,  che  le  norme
censurate del citato provvedimento normativo riguardano «la sfera  di
attribuzioni proprie e peculiari della Regione siciliana»,  deducendo
da cio' la violazione dell'art. 21,  terzo  comma,  dello  statuto  e
delle   correlative   norme   di   attuazione.   Nondimeno,   secondo
l'Avvocatura,  le  norme  censurate  non  hanno  ad  oggetto  materie
rientranti nella sfera di attribuzioni «proprie  e  peculiari»  della
Regione ricorrente e, pertanto, per  la  loro  approvazione  non  era
richiesta la partecipazione necessaria, al  Consiglio  dei  ministri,
del Presidente della Regione siciliana. 
    2.3. - Quanto al comma 1 dell'art. 5 del decreto-legge n. 93  del
2008, denunciato in combinato disposto con l'elenco n. 1 allegato  al
decreto, la difesa erariale afferma che tale disposizione si limita a
stabilire, per l'anno 2008, una riduzione dei  fondi  gia'  stanziati
con l'art. 2, comma 135, della legge n. 244 del  2007,  destinati  ad
indennizzare gli  agricoltori  danneggiati  dalla  peronospora.  Tale
riduzione  non  incide,  tuttavia,  sulle  somme  stanziate   per   i
successivi anni 2009 e 2010 e non reca,  percio',  alcun  pregiudizio
alla Regione: quest'ultima, peraltro, non ha addotto alcun  elemento,
«nemmeno presuntivo», da cui desumere che  lo  stanziamento,  sebbene
ridotto, «sarebbe stato insufficiente  a  coprire  i  danni  prodotti
dalla peronospora». Oltretutto - aggiunge l'Avvocatura generale dello
Stato il citato comma 135 dell'art. 2, nel disporre il finanziamento,
prevedeva che le relative somme fossero trasferite alla Regione entro
un mese dall'entrata in vigore della  legge:  trasferimento  poi  non
realizzatosi, con la conseguente permanenza delle somme in  questione
«nel fondo  sul  quale  lo  Stato  ha  mantenuto  i  suoi  poteri  di
intervento». 
    2.4. - La censura avente  ad  oggetto  l'art.  5,  comma  6,  del
decreto-legge n. 93 del 2008 e' ritenuta inammissibile  e,  comunque,
non fondata. In particolare, secondo la  difesa  del  Presidente  del
Consiglio, la Regione ricorrente si  sarebbe  limitata  a  richiamare
detta disposizione ed a trascriverne  il  testo  nel  ricorso,  senza
pero' esporre gli  argomenti  a  sostegno  della  sua  illegittimita'
costituzionale, «in effetti [...] nemmeno affermata». Ne  deriverebbe
che la disposizione in questione, in realta' «non e' stata oggetto di
impugnativa». 
    2.5. - In ordine alla censura avente ad oggetto l'art.  5,  comma
9, lettera b), numero 14), del medesimo decreto-legge n. 93 del 2008,
l'Avvocatura generale dello Stato osserva che  tale  disposizione  ha
modificato il comma 1152 dell'art. 1 della legge finanziaria del 2007
(legge n. 296 del 2006), il quale  era  stato  approvato  in  assenza
dell'intervento del Presidente della Regione siciliana, senza  alcuna
richiesta da parte della Regione di un tale intervento e senza alcuna
successiva contestazione delle  modalita'  di  approvazione.  Secondo
l'Avvocatura,  «il  procedimento  per  la  formulazione  della  norma
modificativa non poteva essere diverso  da  quello  adottato  per  la
norma da modificare», dovendosi ritenere, in caso contrario,  che  la
presenza del Presidente della Regione sarebbe richiesta non  gia'  in
ragione della materia trattata, quanto per gli effetti  eventualmente
pregiudizievoli, per la Regione, delle norme  adottate.  Inoltre,  la
norma censurata ha modificato  una  delle  disposizioni  della  legge
finanziaria del 2007, non separabile pertanto, quanto alla  procedura
di approvazione, da tutte le altre che concorrono alla formazione del
bilancio annuale dello Stato. Da cio' consegue che e' da  escludersi,
«gia' in via di principio», ogni possibile incidenza sulla «sfera  di
attribuzioni proprie e peculiari della Regione siciliana». 
    2.6. - Quanto al merito della censura, l'Avvocatura evidenzia che
la disposizione denunciata ha  semplicemente  modificato  il  secondo
periodo del comma 1152-bis dell'art. 1 della legge n. 296  del  2006,
disponendo che «l'autorizzazione di spesa di cui all'art.  56,  comma
1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e' ridotta di 500 milioni di
euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009», senza con cio' modificare,
contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente,  l'ammontare  del
finanziamento di spesa di €  350  milioni  in  favore  della  Regione
Siciliana e di €  150  milioni  in  favore  della  Regione  Calabria,
stabilito nel primo periodo  del  medesimo  comma  1152-bis,  rimasto
inalterato. Pertanto, essendo  rimasta  invariata  la  previsione  di
spesa in favore dell'ente locale, e' da escludersi, ad  avviso  della
difesa erariale, ogni  possibile  interferenza  con  la  sfera  delle
attribuzioni «proprie e peculiari» della Regione Siciliana.  In  ogni
caso  -  argomenta  ancora  l'Avvocatura  generale  dello  Stato-  il
problema relativo alla copertura finanziaria  di  una  legge  statale
«vedrebbe  del  tutto  estranea  la  Regione»,  attenendo   piuttosto
all'eventuale violazione dell'art. 81  della  Costituzione.  Positiva
conferma della fondatezza di tali argomenti  si  potrebbe  trarre,  a
parere  della  stessa  Avvocatura,  dagli  intervenuti   accordi   di
programma  tra  il  Ministero  delle  infrastrutture  e  la   Regione
Siciliana, con i quali si e' provveduto al riparto delle  risorse  ed
alla  determinazione  dei  criteri  e  delle  modalita'  della   loro
gestione.  Tali  provvedimenti,  infatti,   «hanno   potuto   trovare
copertura finanziaria nelle norme  richiamate,  sulla  cui  efficacia
attuale, pertanto, non possono evidentemente essere prospettati dubbi
fondati». 
    2.7. - Secondo la  difesa  erariale,  infine,  non  sussisterebbe
alcuna  violazione   del   principio   costituzionale   della   leale
collaborazione. In  particolare,  viene  contestato  l'assunto  della
ricorrente in ordine alla necessita', quantomeno, di «una  preventiva
attivita' di informazione  ed  una  consequenziale  interlocuzione  e
raccordo tra i diversi livelli istituzionali» prima dell'approvazione
del  decreto-legge  n.  93  del  2008.  L'invio  della  preventiva  o
contestuale informazione -  secondo  la  difesa  pubblica  -  risulta
necessario, quale atto prodromico e funzionale all'invito alla seduta
dell'organo di governo, solo  nel  caso  in  cui  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri si determini ad invitare il  Presidente  della
Regione siciliana. 
    2.8. - All'esito di tale disamina, la  difesa  erariale  conclude
per l'infondatezza del ricorso, perche' tutte le norme  censurate  si
collocano al di fuori dall'ambito  applicativo  dell'art.  21,  terzo
comma, dello statuto della  Regione  Siciliana  ed,  in  particolare,
della norma attuativa dell'art. 2, comma 1, del  decreto  legislativo
n. 35 del 2004. Quest'ultima prevede, infatti, la partecipazione  del
Presidente della  Regione  al  Consiglio  dei  ministri  solo  quando
l'organo di governo pone in deliberazione «provvedimenti di qualsiasi
natura che riguardano la sfera di attribuzioni  proprie  e  peculiari
della  Regione  siciliana».  La  doppia  aggettivazione,  lungi   dal
costituire una mera  endiadi,  varrebbe  a  distinguere,  accanto  ad
attribuzioni comuni a tutte le regioni  (e,  pertanto,  "proprie"  di
esse),  attribuzioni  "peculiari"  perche'  tipiche   della   Regione
siciliana, in quanto assegnate alla medesima dallo statuto  speciale.
Nondimeno - conclude l'Avvocatura - nessuna delle  norme  oggetto  di
censura va ad incidere direttamente  su  di  una  tale  tipologia  di
attribuzioni, come e' confermato dalla circostanza che  talune  delle
norme  censurate  modificano,  in  realta',  assegnazioni  di   somme
destinate tanto alla Regione siciliana, quanto alla Regione Calabria.
Da cio' consegue che  la  Regione  ricorrente,  rispetto  alle  norme
oggetto di censura,  risulta,  al  piu',  titolare  di  un  interesse
differenziato, anch'esso proprio e peculiare, ma tale da  prospettare
semplicemente l'applicabilita' del  secondo  comma  dell'art.  2  del
decreto legislativo n. 35 del 2007 - vale a dire la partecipazione al
Consiglio dei ministri del Presidente della Regione su  richiesta  di
quest'ultimo   -   sul   cui   fondamento   non   puo'   accogliersi,
evidentemente, la promossa questione di legittimita' costituzionale. 
    3. - In prossimita' della pubblica udienza, l'Avvocatura generale
dello Stato ha depositato una memoria, nella quale - insistendo nella
richiesta di una pronuncia di inammissibilita' o  di  non  fondatezza
del proposto  ricorso  -  ribadisce  che:  a)  le  norme  oggetto  di
impugnativa da parte della  Regione  Siciliana  sono  intervenute  su
precedenti disposizioni contenute nelle leggi finanziarie del 2007  e
del 2008;  b)  le  leggi  finanziarie,  «per  loro  funzione  tipica,
perseguono  interessi  estesi  all'intera  nazione,  con   proiezioni
territoriali tra loro coordinate», con  la  conseguenza  che  non  e'
applicabile la procedura "integrata" prevista dall'art. 2,  comma  1,
del decreto legislativo n. 35 del 2004; c) a fronte  di  una  manovra
finanziaria con obiettivi generali, infatti,  «nessuna  regione  puo'
far valere interessi differenziati», cosi' da rendere  necessaria  la
partecipazione dei rispettivi presidenti alle  sedute  del  Consiglio
dei ministri. 
                       Considerato in diritto 
    1. - La Regione siciliana censura i commi 1, 6,  9,  lettera  b),
numero 14), dell'art. 5 del  decreto-legge  27  maggio  2008,  n.  93
(Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di  acquisto  delle
famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008,
n. 126, nonche' l'elenco n. 1  allegato  al  predetto  decreto-legge,
nella   parte   in   cui   -   nell'adottare   «misure   volte   alla
ristrutturazione dei mutui bancari, nonche' di  rilancio  e  sviluppo
economico» per le famiglie, quali l'esclusione dall'imposta  comunale
sugli immobili (ICI) per l'unita' immobiliare adibita  ad  abitazione
principale - dispongono che  gli  interventi  previsti  dal  medesimo
decreto-legge siano finanziati mediante  la  riduzione  dei  seguenti
importi, gia' assegnati alla Regione con specifiche destinazioni:  1)
€ 1.363,5 milioni, relativi a spese per interventi infrastrutturali e
stradali in Sicilia e Calabria per l'anno 2008;  2)  €  350  milioni,
relativi alle  spese  per  la  viabilita'  secondaria  della  Regione
Siciliana per ciascuno degli anni 2008  e  2009;  3)  €  50  milioni,
relativi alle spese per fronteggiare i danni  provocati  in  Sicilia,
nell'anno 2007, dalla malattia viticola denominata "peronospora";  4)
quanto previsto per gli interventi di  miglioramento  della  qualita'
del servizio di trasporto e sicurezza nello stretto di Messina. Viene
impugnato, di conseguenza, anche il comma 12 del medesimo articolo 5,
il quale - con riferimento  alle  suddette  riduzioni  di  risorse  -
dispone che «sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la
rideterminazione delle autorizzazioni di spesa di  cui  all'elenco  1
allegato» e che  «gli  eventuali  provvedimenti  attuativi  adottati,
incompatibili con il presente articolo, restano privi di effetti». 
    1.1. - La Regione lamenta che  le  denunciate  disposizioni  sono
state adottate in violazione: a) dell'art.  21,  terzo  comma,  dello
statuto speciale della Regione siciliana (regio  decreto  legislativo
15 maggio 1946, n. 455, recante  «Approvazione  dello  Statuto  della
Regione siciliana», convertito in legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n.  2,  in  combinato  con  l'art.  2,  comma  1,  del  decreto
legislativo 21 gennaio 2004, n. 35 (Norme di attuazione dello statuto
speciale della Regione siciliana  relative  alla  partecipazione  del
Presidente della Regione alle riunioni del Consiglio  dei  Ministri);
b) del principio di leale collaborazione, in relazione all'art. 4 del
medesimo decreto legislativo n. 35 del 2004. 
    1.2 - In particolare, l'evocato terzo comma  dell'art.  21  dello
statuto speciale regionale prevede che il  Presidente  della  Regione
partecipa, «con il rango di Ministro [...] al Consiglio dei  ministri
con voto deliberativo nelle materie che interessano la  Regione».  In
attuazione di tale disposizione statutaria, l'art. 2,  comma  1,  del
decreto legislativo n. 35 del 2004 - pure evocato dalla ricorrente  -
stabilisce che il Presidente del Consiglio invita il Presidente della
Regione siciliana, il quale ha facolta' di partecipare, al  Consiglio
dei ministri, quando tale organo «deve  deliberare  provvedimenti  di
qualsiasi natura che riguardano la sfera di  attribuzioni  proprie  e
peculiari della Regione siciliana». 
    L'art. 4 del medesimo decreto legislativo - evocato in  relazione
al principio di leale collaborazione - prevede che, in conformita' «a
quanto prescritto dall'articolo 21, terzo  comma  dello  Statuto,  in
tema di preventiva informazione sugli argomenti  iscritti  all'ordine
del giorno delle sedute del Consiglio dei ministri cui e' chiamato  a
partecipare, di espressione di opinioni e manifestazioni di voto,  al
Presidente della Regione siciliana  spettano  i  medesimi  diritti  e
doveri attribuiti ai Ministri». 
    1.3.-  La  ricorrente  -  sulla  premessa  che  le   disposizioni
censurate,  sottraendo  «risorse  ed  interventi  specifici  per   la
Sicilia», attengono «direttamente e specificamente» agli  «interessi»
della  Regione  siciliana  -  si  duole  della  circostanza  che   il
Presidente della Regione non sia stato invitato, ne' formalmente  ne'
informalmente,  a  partecipare  alla  deliberazione  dell'organo  del
Governo centrale nella quale  le  medesime  disposizioni  sono  state
adottate, cosi' violando gli artt. 21,  terzo  comma,  dello  statuto
d'autonomia e 2, comma 1, del decreto legislativo n. 35 del 2004. 
    La   violazione   del   principio   di    leale    collaborazione
discenderebbe, poi, dalla circostanza che, ad avviso  della  Regione,
l'approvazione delle norme censurate non e' stata preceduta  da  «una
preventiva  attivita'   di   informazione   ed   una   consequenziale
interlocuzione e raccordo fra i diversi livelli istituzionali», anche
in ragione degli specifici accordi di programma gia' stipulati tra la
Regione  siciliana  ed  il  Ministero  delle  infrastrutture,   cosi'
violando l'art.  4  del  decreto  legislativo  n.  35  del  2004.  La
ricorrente specifica che, per alcune delle risorse gia' destinate, la
riduzione e' intervenuta  dopo  che  i  Ministri  competenti  avevano
emanato i decreti circa i criteri e le modalita' di gestione di dette
risorse. 
    2. - La difesa erariale, in via preliminare, rimette  alla  Corte
ogni valutazione  sull'eventuale  inammissibilita'  del  ricorso,  in
ragione dell'asserito «non [...] agevole» collegamento dei «motivi di
illegittimita' costituzionale con le singole norme denunciate».  Tale
rilievo, ove anche configurasse - nonostante la sua genericita' e  la
perplessita'   della   sua    formulazione    -    un'eccezione    di
inammissibilita' in senso proprio, deve essere disatteso, perche' dal
tenore del ricorso emerge con sufficiente chiarezza il raccordo tra i
motivi di censura e le disposizioni denunciate. 
    3. - Le questioni promosse non sono fondate. 
    3.1. - Quanto alla prospettata violazione degli artt.  21,  terzo
comma, dello statuto speciale della Regione siciliana e 2,  comma  1,
del decreto legislativo n. 35 del 2004, va rilevato che,  in  base  a
detto statuto ed al relativo  decreto  di  attuazione,  il  grado  di
coinvolgimento  del  Presidente  della  Regione  nelle  riunioni  del
Consiglio dei ministri, nel caso in cui tale  organo  debba  adottare
provvedimenti «nelle materie che interessano la Regione» (terzo comma
dell'art. 21 dello statuto),  e'  diverso  in  ragione  del  tipo  di
interessi  su  cui  incidono  tali  provvedimenti.  La  normativa  di
attuazione dello statuto, infatti, distingue nettamente due  ipotesi:
a)  quella  in  cui  il  Consiglio  dei  ministri  «deve   deliberare
provvedimenti  di  qualsiasi  natura  che  riguardano  la  sfera   di
attribuzioni proprie e peculiari della Regione  siciliana»  (comma  1
dell'art. 2 del decreto legislativo n. 35 del 2004); b)  «ogni  altra
ipotesi in cui [...] i provvedimenti trattati» dal suddetto Consiglio
«coinvolgono un interesse differenziato, proprio  e  peculiare  della
Regione siciliana o determinano una rilevante e diretta  interferenza
sullo specifico indirizzo  politico  della  stessa»  (comma  2  dello
stesso articolo). Nella prima ipotesi, l'invito rivolto al Presidente
della Regione a partecipare alle riunioni del Consiglio dei  ministri
e' obbligatorio (come dispone  l'evocato  comma  1  dell'art.  2  del
decreto legislativo n. 35 del 2004); nell'altra ipotesi,  invece,  il
Presidente della Regione ha l'onere di «chiedere di partecipare  alle
riunioni del  Consiglio  dei  Ministri  [...],  salva  la  definitiva
determinazione del Presidente del Consiglio, che viene comunicata  al
Presidente della Regione» (come dispone il comma 2 -  non  evocato  a
parametro - dello stesso articolo). 
    Da tale ricostruzione del quadro normativo in cui si  inseriscono
i parametri richiamati dalla ricorrente emerge la  netta  distinzione
tra «la sfera di attribuzioni proprie e peculiari»,  da  un  lato,  e
«ogni  altra  ipotesi»  di  «interesse   differenziato,   proprio   e
peculiare» della Regione siciliana, dall'altro. Ed  emerge  altresi',
per quanto qui rileva, che il  mero  coinvolgimento  di  interessi  -
anche ove questi siano qualificabili come  "differenziati,  propri  e
peculiari" - della Regione siciliana  comporta,  secondo  gli  stessi
parametri, l'obbligo per il Presidente del Consiglio di  invitare  il
Presidente della Regione a partecipare alla  riunione  del  Consiglio
dei ministri,  solo  nel  particolare  caso  in  cui  tali  interessi
attengano anche  ad  «attribuzioni  proprie  e  peculiari»  dell'ente
regionale, cioe'  a  specifici  titoli  competenziali,  espressamente
contemplati nello statuto speciale di  autonomia.  Nella  specie,  la
Regione ricorrente non fa alcun cenno alle  «attribuzioni  proprie  e
peculiari»  che  sarebbero  state  "coinvolte"   dalle   disposizioni
censurate, ma si limita ad affermare genericamente che queste  ultime
«coinvolgono direttamente e specificamente la Regione siciliana ed  i
suoi interessi»; ipotesi, questa, che consente  al  Presidente  della
Regione  solo  di  avanzare  la  richiesta  di  essere   invitato   a
partecipare  al  Consiglio  dei  ministri.  Ne  consegue,  con  tutta
evidenza, la non fondatezza della promossa questione di  legittimita'
costituzionale delle disposizioni riduttive della  spesa  di  cui  ai
censurati commi 1, 6, 9,  lettera  b),  numero14),  dell'art.  5  del
decreto-legge n. 93 del 2008, e, pertanto, anche  del  comma  12  del
medesimo articolo, che, proprio in relazione a dette  norme,  prevede
l'abrogazione delle disposizioni e l'inefficacia dei provvedimenti di
attuazione con esse incompatibili. 
    3.2. - Quanto alla prospettata violazione del principio di  leale
collaborazione, in riferimento all'art. 4 del decreto legislativo  n.
35 del 2004, va rilevato che, per espresso disposto di tale articolo,
la «preventiva informazione sugli argomenti iscritti  all'ordine  del
giorno delle sedute del Consiglio dei  Ministri  cui  e'  chiamato  a
partecipare» il Presidente della  Regione  e'  funzionale  «a  quanto
prescritto  dall'articolo  21,  terzo  comma  dello  Statuto».   Tale
informazione presuppone, cioe', che il Presidente della  Regione  sia
«chiamato a partecipare» al Consiglio dei ministri e, quindi, che  il
Presidente  del  Consiglio,  alternativamente:  a)  debba   adempiere
l'obbligo di invitare il Presidente della Regione, nel caso di ordine
del giorno che  "coinvolga"  la  «sfera  di  attribuzioni  proprie  e
peculiari della Regione siciliana» (comma 1 dell'art. 2  del  decreto
legislativo n. 35 del 2004); b) si sia discrezionalmente  determinato
a diramare tale  invito,  a  seguito  della  richiesta  dello  stesso
Presidente della Regione, nel caso  in  cui,  come  si  e'  visto,  i
provvedimenti trattati  dal  Consiglio  "coinvolgano"  «un  interesse
differenziato,  proprio  e  peculiare  della  Regione  siciliana»   o
determinino «una rilevante e  diretta  interferenza  sullo  specifico
indirizzo politico della stessa» (comma 2 dello stesso articolo 2). 
    Nella specie, come osservato in precedenza, si verte - ad  avviso
della stessa Regione ricorrente - nella seconda delle due ipotesi,  e
cioe' in quella di «un interesse differenziato, proprio e  peculiare»
della Regione, che legittimerebbe il Presidente della Regione solo  a
richiedere di partecipare alla seduta  del  Consiglio  dei  ministri,
«salva la definitiva determinazione  del  Presidente  del  Consiglio»
(art. 2, comma 2,  del  decreto  legislativo  n.  35  del  2004).  Al
riguardo, la ricorrente lamenta che  il  proprio  Presidente  non  e'
stato messo in grado di avanzare tale richiesta,  non  essendo  stato
preventivamente informato dal Presidente del Consiglio  dei  ministri
sugli argomenti iscritti  all'ordine  del  giorno  della  seduta  del
Consiglio dei ministri. Va tuttavia rilevato  che  il  sistema  dello
statuto e delle relative norme attuative non prevede alcun obbligo di
preventiva informazione.  L'inesistenza  di  un  tale  obbligo  rende
indubbiamente piu' difficile per il Presidente della Regione avanzare
tempestivamente ed in modo pertinente  la  richiesta  di  partecipare
alle riunioni del Consiglio dei ministri. Questa difficolta' non  e',
pero', rilevante per il sistema statutario, che  ha  inteso,  invece,
garantire la discrezionalita' politica del Presidente  del  Consiglio
dei ministri, consentendogli,  attraverso  la  mancata  comunicazione
dell'ordine del giorno delle sedute consiliari,  di  "anticipare"  la
propria determinazione di non invitare il Presidente  della  Regione.
Ne consegue che la rilevata mancanza di una previsione statutaria  (o
di  norme   equiparate)   del   suddetto   obbligo   di   «preventiva
informazione» esclude la dedotta violazione del  principio  di  leale
collaborazione. 
    3.3. - Le considerazioni che  precedono  lasciano  impregiudicata
ogni valutazione circa la  "qualita'"  dell'interesse  dedotto  dalla
ricorrente  e,  in  particolare,  se  esso  possa  qualificarsi,   in
concreto,  «differenziato,  proprio   e   peculiare   della   Regione
siciliana». A prescindere dalla valida dimostrazione, da parte  della
ricorrente,  dell'esistenza  di  un  tale  interesse,   va   tuttavia
ricordato che, in  base  alla  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la
previsione negli statuti regionali di autonomia speciale dell'obbligo
di invitare i Presidenti regionali  a  partecipare  alle  sedute  del
Consiglio dei ministri, quando queste abbiano all'ordine  del  giorno
questioni di particolare interesse per la Regione, costituisce  norma
di carattere eccezionale e, pertanto, di stretta interpretazione  (ex
plurimis, sentenza n. 1 del 1968). Secondo questa  Corte,  una  forma
cosi' intensa di collaborazione fra organi  del  piu'  elevato  rango
statale e regionale non  trova  giustificazione  quando  l'intervento
normativo, oggetto della deliberazione del  Consiglio  dei  ministri,
presenti - come osservato dalla difesa erariale  con  riferimento  al
caso  di  specie  -  un  carattere  unitario  e  globale  e   produca
indistintamente effetti sull'intero territorio  nazionale,  cosi'  da
interessare «tutta la comunita' nazionale, e solo in quanto  in  essa
incluse, anche le singole regioni» (sentenza n.  166  del  1976).  In
tale ipotesi, infatti, la deliberazione statale e' espressione di  un
interesse tipico ed esclusivo dello Stato, cui corrisponde  una  mera
localizzazione  territoriale  degli   effetti   della   deliberazione
medesima,  senza  che  sussista  un  interesse  differenziato  e   di
peculiare connotazione della singola Regione autonoma (sentenza n.  1
del 1968, sopra citata, nonche' sentenze n. 92 del 1999, n.  545  del
1989  e  n.  34   del   1976,   con   riferimento,   rispettivamente,
all'introduzione di una nuova  disciplina  dei  tributi  erariali,  a
manovre generali di finanza pubblica e all'attuazione di una  riforma
tributaria).