Sentenza 
Nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 2, commi 1,
2, lettere c) e d), e 3, lettere h),  i)  e  j),  della  legge  della
Regione Puglia 7 maggio  2008,  n.  6  (Disposizioni  in  materia  di
incidenti rilevanti connessi con  determinate  sostanze  pericolose),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 17 luglio 2008, depositato in cancelleria il 23  luglio
2008 ed iscritto al n. 36 del registro ricorsi 2008. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    Udito nell'udienza pubblica del 7 luglio 2009 il giudice relatore
Giuseppe Tesauro; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e  gli  avvocati  Leonilde  Francesconi  e
Maria Liberti per la Regione Puglia. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Con ricorso notificato il  17  luglio  2008,  depositato  il
successivo 23 luglio, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha
proposto questione di legittimita' costituzionale, in via principale,
dell'articolo 2, commi 1, 2, lettere c) e d), e 3, lettere h),  i)  e
j), della legge della Regione Puglia 7 maggio  2008,  n.  6,  recante
«Disposizioni  in  materia  di  incidenti  rilevanti   connessi   con
determinate  sostanze  pericolose»,  in  riferimento  all'art.   117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri  censura
il citato art. 2, comma  1,  nella  parte  in  cui  attribuisce  alla
Regione l'esercizio di  funzioni  di  indirizzo  e  coordinamento  in
materia di pericoli di incidenti rilevanti connessi  con  determinate
sostanze pericolose, sostenendo che esso  invaderebbe  la  competenza
legislativa statale  in  materia  di  tutela  dell'ambiente,  di  cui
all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  ponendosi   in
contrasto, peraltro, con quanto stabilito dall'art.  16  del  decreto
legislativo 17  agosto  1999,  n.  334  (Attuazione  della  direttiva
96/82/CE relativa al controllo dei pericoli  di  incidenti  rilevanti
connessi con determinate sostanze pericolose), con il quale e'  stata
trasposta nell'ordinamento nazionale la direttiva 9 dicembre 1996, n.
96/82/CE (Direttiva del  Consiglio  sul  controllo  dei  pericoli  di
incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose). 
    La violazione di tale  competenza  esclusiva  risulterebbe  ancor
piu' evidente con riferimento all'articolo 2, comma 2, lettere  c)  e
d)  e  3,  lettera  i),  della  legge   regionale   impugnata.   Tali
disposizioni,  infatti,  attribuendo  alla  Regione  il  compito   di
individuare e di emanare  linee  guida  in  materia  di  ispezioni  e
controlli nelle aziende a rischio di incidente rilevante, nonche'  di
provvedere all'individuazione e alla  perimetrazione  delle  aree  ad
elevata concentrazione di stabilimenti pericolosi, si  porrebbero  in
evidente contrasto con le lettere b) e c)  del  citato  art.  16  del
d.lgs. n. 334 del 1999, contenenti norme volte ad assicurare  livelli
minimi ed uniformi di salvaguardia della popolazione e  dell'ambiente
e che espressamente avrebbero affidato dette funzioni ad organi dello
Stato. 
    Analoghe considerazioni, ad  avviso  del  ricorrente,  andrebbero
svolte con riguardo all'art.  2,  comma  3,  lettere  h)  e  j),  che
attribuiscono  alla  Regione   la   funzione   di   provvedere   alla
individuazione degli  stabilimenti  in  cui  sono  presenti  sostanze
pericolose e  all'adozione  degli  indirizzi  atti  a  consentire  la
localizzazione piu' adeguata dei nuovi stabilimenti. 
    Tale  assetto  normativo  sarebbe,  infatti,  in  contrasto   con
l'articolo 14, comma 1, del d.lgs.  n.  334  del  1999,  il  quale  -
intervenendo nella materia della tutela dell'ambiente  di  competenza
legislativa esclusiva statale - riconosce i medesimi poteri  in  capo
allo Stato. 
    2. - Nel giudizio si e' costituita la Regione  Puglia,  chiedendo
che la Corte dichiari infondate le questioni sollevate, riservando ad
un successivo atto la precisazione di ulteriori argomentazioni. 
    Nella memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica, la
Regione ha dedotto che la legge regionale n. 6 del 2008, proponendosi
di disciplinare le competenze di tutti  i  soggetti  interessati  sul
territorio  regionale  alla  prevenzione   dei   rischi   industriali
derivanti dagli incidenti rilevanti, si inquadra appieno nel contesto
normativo delineato dalle direttive comunitarie  e  dagli  interventi
del legislatore statale. Essa sarebbe in linea con quanto  stabilito,
in specie, dall'art. 3-quinquies del decreto  legislativo,  3  aprile
2006, n. 152 (Norme  in  materia  ambientale),  come  modificato  dal
d.lgs.  16  gennaio  2008,  n.  4,  il  quale  delimita  l'ambito  di
competenza dello Stato, delle  Regioni  e  degli  enti  locali  nella
prospettiva di garantire interventi non confliggenti. 
    Con riferimento, in particolare, all'art. 2, comma 1, la  Regione
precisa che le funzioni di indirizzo e  coordinamento  che  la  norma
impugnata le attribuisce sarebbero proprio quelle di cui all'art.  18
del d.lgs. n. 334 del 1999, conferite alle Regioni  ex  art.  72  del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti  locali,
in attuazione del capo I della  legge  15  marzo  1997,  n.  59).  In
attuazione di detta  norma,  ai  fini  della  realizzazione  di  tale
conferimento, la Regione Puglia, con la legge in esame, ha provveduto
sia ad istituire l'Agenzia regionale protezione ambiente (ARPA),  che
a porre le disposizioni in materia di incidenti rilevanti, ma non  ha
ancora provveduto a stipulare l'accordo di programma  con  lo  Stato,
prescritto dal citato art. 72 per il completamento della procedura di
conferimento, cosicche', nell'attuale fase transitoria, la  normativa
impugnata non sarebbe, peraltro, neppure operante.  Con  la  predetta
norma, comunque,  la  Regione  si  sarebbe  limitata  a  disciplinare
l'esercizio  della  funzione  amministrativa,  in  linea  con  quanto
statuito dall'art. 16 del d.lgs. n. 334 del 1999. 
    In relazione all'art. 2, comma 2,  lettera  d),  impugnato  nella
parte  in   cui   dispone   che   «la   Giunta   regionale   provvede
all'individuazione nonche' alla perimetrazione delle aree  a  elevata
concentrazione di stabilimenti pericolosi,  sulla  base  dei  criteri
definiti dall'art. 13, comma 2, lettera a), del  d.lgs.  n.  334  del
1999», la Regione rileva che l'art. 13 del d.lgs. n.  334  del  1999,
rubricato «aree ad elevata concentrazione di stabilimenti»,  mantiene
in capo allo Stato la competenza in materia di  individuazione  delle
aree ad elevata concentrazione, sino a che non sia data attuazione  a
quanto previsto dall'art. 72  del  d.lgs.  n.  112  del  1998  e,  in
particolare, alla stipula  dell'accordo  di  programma  tra  Stato  e
Regione ivi prescritto (come  espressamente  affermato  dall'art.  20
della legge regionale n. 6 del 2008). Pertanto - prosegue la  Regione
- le competenze esercitate dal Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare,  sentita  la  Regione  interessata  ed  il
Comitato, sono state conferite alle Regioni, che dovranno esercitarle
alla stregua dei criteri e regole fissate nella disciplina regionale,
allorche'  verra'  stipulato  l'accordo  di  programma  tra  Stato  e
Regione. 
    In riferimento all'art. 2,  comma  2,  lettera  c),  inoltre,  la
Regione precisa che anch'esso rinvia al d.lgs. n. 334 del 1999  nella
parte in cui quest'ultimo stabilisce una serie di misure  dirette  al
controllo, di cui agli artt. 21 e 25, comma 1,  del  citato  decreto,
finalizzate ad accertare «l'adeguatezza della politica di prevenzione
degli incidenti rilevanti posta in essere dal gestore e dei  relativi
sistemi di gestione della sicurezza», il  cui  rispetto  costituisce,
pertanto, un vincolo espresso per la medesima Regione. 
    Nello stesso senso dovrebbe concludersi con riguardo all'art.  2,
comma 3, lettera i). 
    Quanto, poi, all'art.  2,  comma  3,  lettera  h),  la  norma  si
limiterebbe  a  disporre  che  la  Regione,  unitamente  a  tutte  le
autorita'  competenti  ed  in  un'ottica  di   coordinamento   e   di
sussidiarieta' e, comunque, nelle  more  dell'attuazione  del  citato
art. 72,  comma  3,  del  d.lgs.  n.  112  del  1998,  individui  gli
stabilimenti per i quali la  probabilita'  o  la  possibilita'  o  le
conseguenze di un incidente rilevante possano essere maggiori a causa
del   luogo,   della   vicinanza   degli   stabilimenti   stessi    e
dell'inventario delle sostanze pericolose  presenti  in  essi,  cosi'
come previsto dall'art. 12 dello stesso d.lgs. n. 334 del 1999. 
    Da ultimo, il citato art. 2, comma 3, lettera j), si  limiterebbe
a stabilire che la Regione  provveda  «all'adozione  degli  indirizzi
atti  a  consentire  la  localizzazione  piu'  adeguata   dei   nuovi
stabilimenti», nel  rispetto  dei  criteri  di  cui  al  decreto  del
Ministro dei lavori pubblici del 9 maggio 2001 (Requisiti  minimi  di
sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per
le  zone  interessate  da  stabilimenti  a   rischio   di   incidente
rilevante),  nonche'  dei  requisiti  minimi  di  sicurezza   fissati
nell'ambito della pianificazione dell'uso del territorio  nei  comuni
ove sono presenti stabilimenti pericolosi, soggetti agli obblighi  di
cui agli artt. 6, 7 e 8 del d.lgs. n. 334 del 1999. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'articolo 2, commi 1, 2, lettere c) e
d), e 3, lettere h), i) e j), della  legge  della  Regione  Puglia  7
maggio 2008, n. 6, recante  «Disposizioni  in  materia  di  incidenti
rilevanti connessi con determinate sostanze  pericolose»,  in  quanto
tali disposizioni lederebbero  la  competenza  legislativa  esclusiva
statale in materia di tutela dell'ambiente (art. 117, secondo  comma,
lettera s, della Costituzione). 
    In specie, il ricorrente impugna dette norme, nella parte in  cui
attribuiscono alla Regione l'esercizio di  funzioni  di  indirizzo  e
coordinamento, in materia di pericoli di incidenti rilevanti connessi
con determinate sostanze  pericolose,  in  particolare,  mediante  il
riconoscimento in capo alla stessa  del  compito  di  individuare  ed
emanare linee guida in materia di ispezioni e controlli nelle aziende
a rischio di incidente rilevante, di provvedere all'individuazione ed
alla  perimetrazione  delle  aree  ad   elevata   concentrazione   di
stabilimenti pericolosi ed alla individuazione degli stabilimenti  in
cui  sono  presenti  sostanze  pericolose,  nonche'   di   provvedere
all'adozione degli indirizzi atti a consentire la localizzazione piu'
adeguata dei nuovi stabilimenti. Tali  disposizioni  violerebbero  la
competenza legislativa esclusiva statale a  determinare,  sull'intero
territorio nazionale, gli standard omogenei di tutela  dell'ambiente,
ponendosi in contrasto, in particolare, con  l'art.  16  del  decreto
legislativo 17  agosto  1999,  n.  334  (Attuazione  della  direttiva
96/82/CE relativa al controllo dei pericoli  di  incidenti  rilevanti
connessi con determinate  sostanze  pericolose),  che,  recependo  la
direttiva 9 dicembre 1996, n. 96/82/CE (Direttiva del  Consiglio  sul
controllo  dei  pericoli  di   incidenti   rilevanti   connessi   con
determinate sostanze pericolose), ha  attribuito  ad  organi  statali
proprio le funzioni  di  indirizzo  e  coordinamento  in  materia  di
pericoli di incidenti rilevanti  connessi  con  determinate  sostanze
pericolose. 
    2. - La questione non e' fondata. 
    2.1. - La disciplina relativa alla prevenzione  dei  pericoli  di
incidenti rilevanti  connessi  con  determinate  sostanze  pericolose
trova la sua base giuridica, dapprima, nella direttiva comunitaria 24
giugno 1982, n. 82/501/CEE (Direttiva del  Consiglio  sui  rischi  di
incidenti rilevanti connessi con determinate attivita'  industriali),
attuata con il decreto del  Presidente  della  Repubblica  17  maggio
1988, n. 175 (Attuazione della direttiva CEE n. 82/501,  relativa  ai
rischi di incidenti  rilevanti  connessi  con  determinate  attivita'
industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, n. 183),  e  quindi
nella direttiva 96/82/CE, cui ha dato attuazione il d.lgs. n. 334 del
1999. La disciplina comunitaria impone che, in  questa  materia,  sia
assicurato «un elevato livello di tutela» secondo i  principi  «della
precauzione e dell'azione preventiva», nonche' «della correzione,  in
via prioritaria alla  fonte,  dei  danni  causati  all'ambiente».  Si
tratta di un articolato sistema di controlli,  nel  cui  ambito  sono
imposti agli Stati membri incisivi obblighi di vigilanza. 
    Il d.lgs n. 334 del 1999, che ha  recepito  detta  direttiva,  si
inserisce nel quadro normativo comunitario e nazionale, che, ai  fini
della tutela dell'ambiente, persegue una politica preventiva contro i
rischi di incidenti rilevanti, disponendo misure di sicurezza durante
i vari stadi dell'attivita'  (progettazione,  produzione,  gestione),
nella  fase  anteriore  e  posteriore  ad   ogni   singolo   processo
produttivo, attribuendo alle Regioni la disciplina  delle  competenze
amministrative relative agli incidenti rilevanti, con il  compito  di
individuare le autorita' titolari delle funzioni  stesse,  competenti
ad emanare i provvedimenti discendenti dall'istruttoria tecnica e  di
stabilire le modalita' per l'adozione di questi ultimi (art. 18),  in
linea con l'art. 72 del decreto legislativo 31  marzo  1998,  n.  112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello  Stato  alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge  15
marzo 1997, n. 59).  Questo  gia'  disponeva  il  conferimento  delle
richiamate competenze amministrative in  favore  delle  Regioni,  pur
subordinandolo all'adozione delle specifiche  normative,  di  cui  al
comma 2, volte a «garantire  la  sicurezza  del  territorio  e  della
popolazione»,  all'attivazione  dell'Agenzia   regionale   protezione
ambiente (ARPA), ed infine alla stipula di un  accordo  di  programma
tra  Stato  e  Regione  per  la  verifica  dei  presupposti  per   lo
svolgimento delle funzioni. 
    Come questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare  (sentenze
n. 407 del 2002, n. 135 del 2005 e  n.  32  del  2006),  dalle  norme
comunitarie e statali, che disciplinano il settore, emerge  che  esse
ineriscono del pari alla tutela della salute umana,  al  governo  del
territorio,   nonche'   alla   materia   della   protezione   civile,
riconducibili a sfere di competenza  regionale  concorrente  comprese
fra quelle elencate nell'art. 117, terzo comma, Cost., come novellato
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della  parte  seconda  della  Costituzione).  Nell'ambito  di  tali
competenze concorrenti risultano, pertanto, legittimi gli  interventi
posti in essere dalla Regione stessa, nel rispetto dei principi della
legislazione statale in materia (sentenza n. 214 del 2005). 
    In tema di pericoli di incidenti rilevanti, il d.lgs. n. 334  del
1999 - ed in specie l'art. 18, che rinvia all'art. 72 del  d.lgs.  n.
112 del 1998 - puo' essere considerato come  disciplina  generale  in
materia, risultando in linea  anche  con  il  riparto  costituzionale
delle competenze conseguente alla riforma del titolo V  (sentenze  n.
214 del 2005, n. 32 del 2006).  Le  norme  in  esame  vanno,  quindi,
scrutinate con riguardo ai principi posti dal citato decreto. 
    2.2. - La Regione Puglia, con la legge n. 6 del 2008,  ha  inteso
(art.1) disciplinare, in applicazione dell'articolo 18, comma 1,  del
d.l.gs. n. 334 del 1999, le competenze amministrative in  materia  di
attivita' a rischio di incidenti  rilevanti  connessi  a  determinate
sostanze pericolose, secondo quanto  previsto  dall'articolo  72  del
d.lgs. n. 112 del 1998. 
    Le   disposizioni   impugnate   riguardano   specificamente    le
attribuzioni regionali; la loro finalita'  e'  quella  di  «garantire
un'omogenea applicazione delle norme della presente legge»,  mediante
l'esercizio delle «funzioni di indirizzo e coordinamento  in  materia
di pericoli di incidente rilevante connessi con determinate  sostanze
pericolose» (art. 2, comma 1). Tale  affermazione  di  principio  va,
tuttavia, interpretata alla luce del comma 2 del medesimo articolo 2,
il quale dispone, fra l'altro, che, «per le finalita' di cui al comma
1  [...]  la  Giunta  regionale  emana   le   linee   strategiche   e
programmatiche e le linee guida in materia di ispezioni  e  controlli
nelle  aziende  a  rischio  di  incidente  rilevante  che   insistono
sull'intero territorio regionale» (comma 2, lettera c),  e  «provvede
all'individuazione nonche' alla perimetrazione delle aree  a  elevata
concentrazione di stabilimenti pericolosi,  sulla  base  dei  criteri
definiti dall'articolo 13, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 334 del
1999» (comma 2, lettera d). 
    Il complesso di dette disposizioni rende  palese  che  l'art.  2,
comma 1, della legge regionale n. 6 del 2008 non invade la competenza
statale esclusiva prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera  s),
Cost., e non contrasta con i  principi  stabiliti  dall'art.  16  del
d.lgs. n. 334 del 1999, ma si limita a  dare  applicazione  a  quanto
alla Regione demanda la stessa normativa statale, sia pure in  attesa
della stipulazione dell'accordo di programma con lo Stato, prescritta
per il completamento della procedura di conferimento delle competenze
amministrative alle Regioni di cui all'art. 72 del d.lgs. n. 112  del
1998, compatibile con il riparto di competenze delineato dalle  norme
costituzionali a seguito della  riforma  del  titolo  V  della  parte
seconda. 
    L'attribuzione alla Giunta regionale della competenza ad  emanare
le linee strategiche programmatiche e  le  linee  guida  in  tema  di
ispezioni e controlli nelle aziende a rischio di incidente  rilevante
che insistono sull'intero territorio regionale (comma 2, lettera  c),
del  citato  art.  2)   e',   infatti,   finalizzata   a   consentire
un'attuazione omogenea  sul  predetto  territorio,  in  linea  con  i
criteri uniformi di massima delineati a livello  nazionale  ai  sensi
dell'art. 16 del d.lgs. n. 334 del 1999, delle misure di controllo  -
sopralluoghi e verifiche ispettive - previste dall'art. 25 del citato
decreto, (peraltro  gia'  affidate  da  quest'ultimo  alle  Regioni),
dirette ad accertare «l'adeguatezza  della  politica  di  prevenzione
degli incidenti rilevanti posta in essere dal gestore e dei  relativi
sistemi di gestione della sicurezza». 
    Non puo' quindi ritenersi che la fissazione di linee  strategiche
e programmatiche, nonche' di linee  guida  in  materia  di  controlli
regionali, sia lesiva della competenza statale invocata, in quanto si
tratta  esclusivamente  di  garantire  l'omogenea  applicazione   nel
territorio regionale della disciplina, nel  rispetto  degli  standard
fissati dal legislatore statale, che  costituiscono  ad  un  tempo  i
principi fondamentali della materia. 
    Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riguardo  al  compito
assegnato alla Giunta  regionale  di  provvedere  «all'individuazione
nonche' alla perimetrazione delle aree a  elevata  concentrazione  di
stabilimenti pericolosi» (art. 2, comma 2, lettera  d),  della  legge
regionale n. 6 del 2008). Detta previsione deve ritenersi  attuativa,
in ambito regionale, dei criteri stabiliti, in base all'art.  16  del
d.lgs. n. 334 del 1999, ai fini del rispetto di quanto prescritto sul
punto  dall'art.  13,  comma  2,  lettera  a),  del  citato  decreto,
anch'esso espressamente richiamato  sia  dall'art.  16  del  medesimo
decreto che dalla  norma  regionale  impugnata.  La  norma  regionale
assoggetta,  infatti,  gli  interventi  della  Giunta  regionale   al
rispetto dei criteri fissati dall'art. 13, comma 2, lettera  a),  del
citato decreto e, dunque, al rispetto delle competenze attribuite  al
Ministero  dell'ambiente,  peraltro  d'intesa   con   la   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano. 
    Parimenti, l'art. 2, comma 3, lettera h), della  legge  regionale
n. 6 del 2008 assoggetta l'individuazione degli stabilimenti  in  cui
il pericolo o le conseguenze di  incidente  possono  essere  maggiori
rispetto ai criteri indicati dall'art. 12 del d.lgs. n. 334 del 1999,
specificati nel d.m. 9 maggio 2001 (Requisiti minimi di sicurezza  in
materia di pianificazione urbanistica  e  territoriale  per  le  zone
interessate da stabilimenti a  rischio  di  incidente  rilevante);  e
dunque, in armonia con i  livelli  della  legislazione  statale,  con
conseguente insussistenza della violazione denunciata dal ricorrente. 
    Sono, pertanto, infondate le censure concernenti l'art. 2,  comma
3, lettera i), della legge regionale  n.  6  del  2008,  in  tema  di
definizione    del    programma    regionale    dei    controlli    e
dell'organizzazione   delle   verifiche   ispettive,   poiche'   esso
stabilisce espressamente che detto programma deve essere redatto  «ai
sensi dell'articolo 25 del d.lgs. n. 334 del 1999», il quale contiene
principi fondamentali della materia. 
    La questione concernente la  previsione,  nella  legge  regionale
impugnata, dell'adozione degli indirizzi per  la  localizzazione  dei
nuovi stabilimenti (art. 2, comma 3, lettera j), e' infondata, per la
considerazione che la disposizione si colloca nell'ambito  delimitato
dalla normativa statale e, quindi, dagli specifici requisiti adottati
con il d.m. 9 maggio 2001, nonche' dei requisiti minimi di  sicurezza
fissati nell'ambito della pianificazione dell'uso del territorio  nei
comuni ove  sono  presenti  stabilimenti  pericolosi,  soggetti  agli
obblighi di cui agli artt. 6, 7 e 8 del d.lgs. n. 334  del  1999.  Si
tratta,  pertanto,  di  attivita'  finalizzata   ad   assicurare   il
coordinamento delle norme in materia di  pianificazione  urbanistica,
territoriale e di tutela dell'ambiente a  partire  dalle  valutazioni
tecniche discendenti dall'istruttoria  effettuata  sugli  impianti  a
rischio di incidente rilevante. 
    In  conclusione,  l'attribuzione  alla  Regione  di  funzioni  di
indirizzo e  coordinamento,  in  materia  di  pericoli  di  incidenti
rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, operata dalle
norme regionali impugnate, non solo non viola la potesta' legislativa
dello Stato, ma  costituisce  applicazione  di  quanto  alla  Regione
demanda la stessa legge statale, sia pure in attesa  dell'accordo  di
programma previsto dalla medesima (sentenze n. 32 del 2006 e  n.  214
del 2005).