Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  26,  comma  1,
del  decreto-legge  25  giugno  2008,   n.   112,   convertito,   con
modificazioni, dalla  legge  6  agosto  2008,  n.  133  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), promosso dalla Regione Liguria con  ricorso
notificato il 20  ottobre  2008,  depositato  in  cancelleria  il  22
ottobre 2008 ed iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2008. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  21  ottobre  2009  il  giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Uditi gli avvocati Giandomenico  Falcon  e  Luigi  Manzi  per  la
Regione Liguria, e l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che,  con  ricorso  notificato  il  20  ottobre  2008  e
depositato il successivo 22 ottobre, la Regione Liguria ha  promosso,
in riferimento all'art. 117, quarto e sesto comma, della Costituzione
nonche'  al  principio  di   leale   collaborazione,   questione   di
legittimita' costituzionale di alcune disposizioni del  decreto-legge
25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita', la  stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto  2008,  n.  133  e,  tra  queste,
dell'art. 26, comma 1; 
    che detto art. 26, comma 1, sia per il linguaggio utilizzato, con
«il riferimento  ai  ''Ministri  vigilanti''»,  sia  per  «la  totale
assenza di  riferimenti  alle  regioni,  o  di  coinvolgimento  delle
regioni stesse o della Conferenza nelle determinazioni da  assumere»,
si applicherebbe, a giudizio della Regione ricorrente, «soltanto agli
''enti  pubblici  nazionali'',  sui  quali  lo  Stato   ha   potesta'
legislativa esclusiva ai sensi dell'art. 117,  comma  secondo,  lett.
g), della Costituzione»; 
    che, tuttavia, per l'ipotesi  che  la  disposizione  in  discorso
possa essere intesa «nel senso di comportare  la  soppressione  anche
degli enti pubblici regionali e  locali»,  essa  viene  impugnata  «a
titolo cautelativo», risultando, in tale caso, violati a) l'art. 117,
quarto comma, della Costituzione,  «che  implicitamente  affida  alla
potesta'  regionale  piena  l'organizzazione   amministrativa   della
regione e (per quanto non rientri nella loro  autonomia)  degli  enti
locali e la disciplina degli  enti  pararegionali»;  b)  l'art.  117,
sesto comma, della Costituzione, che tutela l'autonomia  normativa  e
amministrativa  degli  enti  locali;  c)  il   principio   di   leale
collaborazione, «data l'assenza di partecipazione  delle  regioni  ai
procedimenti decisionali»; 
    che, d'altra parte, la disposizione impugnata, incidendo «su  una
voce specifica della spesa  regionale»  e  senza  «alcun  margine  di
scelta alle regioni per raggiungere l'obiettivo  di  risparmio»,  non
«potrebbe giustificarsi  a  titolo  di  coordinamento  della  finanza
pubblica», «ma rappresenterebbe una norma  direttamente  operativa  e
puntuale, in contrasto con la giurisprudenza  costituzionale  che  e'
intervenuta sul punto»; 
    che si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, per chiedere che la questione venga dichiarata infondata; 
    che, secondo l'Avvocatura, l'art. 26, comma 1, contenendo,  nella
stessa  formulazione  letterale,  riferimenti  «a   provvedimenti   e
determinazioni esclusivamente di  Ministri»  e  inoltre  -  ai  sensi
dell'art. 2, comma 634, della legge n. 244 del 2007 -  a  regolamenti
di riordino concernenti «enti ed organismi statali, nonche' strutture
pubbliche statali o partecipate dallo  Stato»,  evidentemente  «trova
applicazione soltanto nei confronti degli enti pubblici  statali  non
economici» (come, del resto, chiarito anche nella circolare n. 9  del
20 ottobre 2008  del  Ministro  per  la  pubblica  amministrazione  e
l'innovazione e del Ministro per la semplificazione normativa); 
    che la disposizione impugnata, dunque, «ben  si  inquadra»  nelle
competenze legislative esclusive riconosciute  allo  Stato  dall'art.
117, secondo comma, lettera g),  della  Costituzione  in  materia  di
ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli  enti
pubblici nazionali; 
    che,  in  prossimita'  dell'udienza,  la   Regione   Liguria   ha
depositato  una  succinta  memoria  nella  quale,  persistendo  nella
richiesta di accoglimento del  ricorso,  ha  tuttavia  dichiarato  di
prendere  «atto   della   posizione   dell'Avvocatura»,   la   quale,
nell'escludere «che la norma taglia-enti possa applicarsi  agli  enti
regionali e locali» e nell'affermare che essa «costituisce  esercizio
della competenza statale di cui all'art.  117,  comma  2,  lett.  g)»
della  Costituzione,  «aderisce  all'interpretazione  ''adeguatrice''
dell'art. 26, comma 1,  prospettata  dalla  stessa  Regione,  che  ha
impugnato la norma in questione solo a titolo cautelativo». 
    Considerato che questa Corte e'  chiamata  a  pronunciarsi  sulla
questione di legittimita' costituzionale di alcune  disposizioni  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133  e,
tra queste, dell'art. 26, comma 1, promossa, in riferimento  all'art.
117, quarto e sesto comma, della Costituzione nonche' al principio di
leale collaborazione, dalla Regione Liguria con il  ricorso  indicato
in epigrafe; 
    che deve preliminarmente essere riservata a separate pronunce  la
decisione delle ulteriori questioni di legittimita' costituzionale di
cui  al  medesimo  ricorso,  aventi  ad  oggetto  altre  e   distinte
disposizioni del decreto-legge  n.  112  del  2008,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008; 
    che la Regione ricorrente, pur reputando che detto art. 26, comma
1, si applichi «soltanto agli ''enti pubblici nazionali'', sui  quali
lo Stato ha potesta' legislativa esclusiva ai  sensi  dell'art.  117,
secondo  comma,  lett.  g),  della  Costituzione»,  propone  tuttavia
impugnazione «a titolo cautelativo», per  l'ipotesi  che  esso  possa
essere inteso «nel senso di comportare la  soppressione  anche  degli
enti pubblici regionali e locali», in violazione, con cio', dell'art.
117, quarto comma, della  Costituzione,  «che  implicitamente  affida
alla potesta' regionale piena l'organizzazione  amministrativa  della
regione e (per quanto non rientri nella loro  autonomia)  degli  enti
locali e la disciplina  degli  enti  pararegionali»;  dell'art.  117,
sesto comma, della Costituzione, che tutela l'autonomia  normativa  e
amministrativa  degli   enti   locali;   del   principio   di   leale
collaborazione, «data l'assenza di partecipazione  delle  regioni  ai
procedimenti decisionali»; 
    che, del resto, secondo la ricorrente, la disposizione  impugnata
non «potrebbe giustificarsi a titolo di coordinamento  della  finanza
pubblica», «ma rappresenterebbe una norma  direttamente  operativa  e
puntuale, in contrasto con la giurisprudenza  costituzionale  che  e'
intervenuta sul punto»; 
    che il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  costituitosi  in
giudizio, ha chiesto che la  questione  venga  dichiarata  infondata,
sull'assunto  che  la  disposizione  impugnata  trovi   «applicazione
soltanto nei confronti degli enti  pubblici  statali  non  economici»
(come, del resto, chiarito anche nella circolare n. 9 del 20  ottobre
2008 del Ministro per la pubblica amministrazione e  l'innovazione  e
del Ministro per la semplificazione normativa), ben inquadrandosi nel
sistema delle  competenze  legislative  esclusive  riconosciute  allo
Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione in
materia di ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato  e
degli enti pubblici nazionali; 
    che la Regione Liguria, nel dichiarare, da  ultimo,  di  prendere
atto «della posizione dell'Avvocatura», adesiva  «all'interpretazione
''adeguatrice'' dell'art.  26,  comma  1,  prospettata  dalla  stessa
Regione», ha tuttavia insistito per l'accoglimento del ricorso; 
    che, secondo  un  principio  ripetutamente  affermato  da  questa
Corte, i giudizi in via principale, a differenza  di  quelli  in  via
incidentale, possono ben concernere, in ragione dei propri  peculiari
caratteri («processo di  parti»,  «svolto  a  garanzia  di  posizioni
soggettive  dell'ente  ricorrente»   e   «soggetto   a   termini   di
decadenza»), questioni promosse ''in via cautelativa  ed  ipotetica''
sulla  base  di  interpretazioni  prospettate  anche  soltanto   come
possibili, purche', tuttavia, queste ultime «non siano implausibili e
irragionevolmente scollegate dalle disposizioni  impugnate  cosi'  da
far ritenere le questioni  del  tutto  astratte  o  pretestuose»  (ex
multis, sentenza n. 228 del 2003); 
    che,  pur  nei  limiti  di  cio'  che  possa  essere  considerato
disponibile  dalle  parti,  l'esplicita  loro  convergenza  -   nella
situazione di specie −, documentata in  atti,  su  un'interpretazione
della disposizione impugnata (nel senso che l'ambito di  applicazione
della medesima si intende limitato agli  «enti  pubblici  nazionali»)
rivela l'inidoneita' dell'altra  interpretazione,  prospettata  dalla
ricorrente come soltanto  ipotetica  (che  l'ambito  di  applicazione
della disposizione possa intendersi esteso anche agli  enti  pubblici
regionali  e  locali),  ad  assumere   carattere   effettivamente   e
plausibilmente controverso; 
    che l'assenza di contrasto sull'opzione interpretativa indicata a
fondamento del ricorso proposto a titolo cautelativo, nel configurare
come meramente astratta la questione di  legittimita'  costituzionale
di una disposizione solo eventualmente lesiva  di  competenze,  rende
l'impugnazione priva  di  consistenza  ed  evidenzia  il  difetto  di
interesse a coltivarla; 
    che,  d'altra  parte,  l'ammissibilita',  nel  giudizio  in   via
principale, di  questioni  promosse  sulla  base  di  interpretazioni
prospettate dalla ricorrente come possibili non puo'  comportare  che
l'oggetto del giudizio medesimo - tanto piu' in mancanza di  dissenso
tra  le  parti  -  si  esaurisca   in   una   questione   di   esatta
interpretazione  della   disposizione   impugnata,   dovendo   questa
necessariamente risultare connessa,  in  via  strumentale,  a  quella
relativa alla salvaguardia  del  sistema  costituzionale  di  riparto
delle competenze, una volta che se ne lamentino violazioni dirette  e
immediate (ex multis, sentenza n. 19 del 1956; sentenza  n.  242  del
1989; sentenza n. 216 del 2008); 
    che, peraltro, sulla base delle vicende  processuali  intercorse,
la richiesta di una pronuncia  caducatoria  appare  improponibilmente
diretta  a  ottenere,   piuttosto,   una   formale   statuizione   di
inapplicabilita'  della  disposizione   impugnata   alla   sfera   di
competenza della ricorrente, quasi  a  ratifica  dell'interpretazione
risultata condivisa tra le parti; 
    che  la   questione   va,   dunque,   dichiarata   manifestamente
inammissibile.