Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2054,  primo
comma,  del  codice  civile  promosso  dal  Tribunale  ordinario   di
Siracusa, sezione distaccata di Lentini,  nel  procedimento  vertente
tra G. O. ed altri e C. A. ed altri, con ordinanza  del  26  febbraio
2009, iscritta al n. 150 del registro  ordinanze  2009  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009  il  Giudice
relatore Alfio Finocchiaro. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 26 febbraio  2009,  il  Tribunale
ordinario di Siracusa - sezione distaccata di Lentini - ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2054, primo comma,
del codice civile, nella parte in cui non prevede l'ipotesi in cui la
circolazione del veicolo abbia prodotto un danno alla stessa  persona
del conducente e non fa  dipendere  il  diritto  di  quest'ultimo  al
risarcimento del danno da parte di terzi dalla prova di  avere  fatto
tutto il possibile per evitare il danno, per violazione del principio
di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione; 
        che il rimettente riferisce che, a seguito  di  un  incidente
stradale tra una moto e un pedone in cui erano deceduti il conducente
della moto ed il  pedone,  gli  eredi  del  pedone  avevano  proposto
domanda di risarcimento nei confronti degli eredi del conducente; 
        che  quest'ultimi  avevano  spiegato   domanda   risarcitoria
riconvenzionale nei confronti degli attori; 
        che,  intervenuta  transazione  sulla  domanda   risarcitoria
spiegata dai congiunti del  pedone  nei  confronti  degli  eredi  del
motociclista, la materia del contendere residua aveva ad  oggetto  la
domanda riconvenzionale proposta dai congiunti del  motociclista  nei
confronti degli eredi del pedone; 
        che il giudice a quo osserva che dal materiale probatorio  in
suo possesso non constava la prova che il motociclista  avesse  fatto
tutto il possibile per evitare il  danno,  mentre  risultava  che  il
pedone aveva violato l'art. 190, comma 5, del decreto legislativo  30
aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della  strada),   per   avere
attraversato la carreggiata non in senso perpendicolare; 
        che  secondo  l'art.  2054,  primo  comma,  cod.   civ.   «il
conducente di un  veicolo  senza  guida  di  rotaie  e'  obbligato  a
risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del
veicolo se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare  il
danno», e che tale prova puo' dirsi raggiunta solo in quanto  risulti
che l'evento si e' verificato esclusivamente per causa imputabile  al
danneggiato o a un terzo ovvero a caso fortuito o forza maggiore; 
        che il testo della disposizione appare chiaramente rivolto  a
disciplinare i casi in cui la condotta del conducente abbia  prodotto
ad altri un danno ingiusto, obbligando colui il quale ha cagionato il
danno a risarcirlo, a meno che egli fornisca la prova di avere  fatto
tutto il possibile per evitarlo; 
        che lo stesso art. 2050 cod. civ. fa testuale  riferimento  a
«chiunque cagioni danno ad altri»; 
        che la circostanza che l'art. 2054 cod.  civ.  nulla  preveda
per i casi in cui la circolazione del veicolo abbia prodotto un danno
alla stessa persona del conducente farebbe ritenere che - in caso  di
collisione tra un veicolo senza guida di rotaie ed un pedone, da  cui
conseguano danni non solo  al  pedone  ma  anche  al  conducente  del
veicolo - la stessa fattispecie  produttiva  di  danno  debba  essere
normativamente regolata in maniera diversa; 
        che, infatti, una volta  accertato  il  fatto  storico  della
collisione,  mentre  l'imputazione  di  responsabilita'  in  capo  al
conducente per i danni subiti dal pedone dipende, ai sensi  dell'art.
2054 cod. civ., dalla circostanza che il conducente - cioe' colui  il
quale ha posto in essere l'attivita' pericolosa  -  abbia  fornito  o
meno la prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno,
l'imputazione di responsabilita' in capo al pedone, dipende, in  base
all'art. 2043 cod. civ., dalla prova, ancora una volta posta a carico
del conducente, che il  pedone  abbia  compiuto  un  fatto  doloso  o
colposo causativo del danno; 
        che  la  sopraindicata  diversita'  di   trattamento   appare
irragionevole   in   quanto   all'unicita'   del    fatto    storico,
essenzialmente    connotato    dall'esercizio     di     un'attivita'
oggettivamente pericolosa non solo per i terzi ma anche per lo stesso
agente,  corrispondono  due  diversi  meccanismi  di  imputazione  di
responsabilita', uno dei  quali  (quello  a  carico  del  pedone)  e'
indifferente  alla  natura   pericolosa   (rectius:   presuntivamente
pericolosa ex lege) dell'attivita' nell'ambito del cui  esercizio  si
e' originata la fattispecie produttiva del danno; 
        che,  secondo  il  giudice  a  quo,  appare  ragionevole  far
soggiacere le due imputazioni di responsabilita'  ad  una  regola  di
disciplina unitaria, la quale tenga  conto  dell'unicita'  del  fatto
storico  e  della  connaturale   pericolosita'   dell'attivita'   del
conducente da cui il fatto essenzialmente si origina; 
        che sarebbe necessaria una regola uniforme non  soltanto  per
quanto riguarda la responsabilita' del conducente nei  confronti  del
pedone (cioe' come contenuto della prova liberatoria), ma  anche  con
riferimento  alla  responsabilita'  del  pedone  nei  confronti   del
conducente (cioe' come contenuto della prova  del  fatto  costitutivo
della pretesa di danno); 
        che nel giudizio innanzi a questa  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo il quale  la  questione
e' manifestamente inammissibile, in quanto il remittente  cercherebbe
l'avallo da parte della Corte costituzionale di una  sua  particolare
interpretazione. 
    Considerato che il Tribunale  ordinario  di  Siracusa  -  sezione
distaccata di Lentini  -  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2054, primo comma, cod.  civ.,  «nella  parte  in  cui  non
considera i casi in cui la circolazione del veicolo abbia prodotto un
danno alla stessa persona  del  conducente  e  non  fa  dipendere  il
diritto del conducente al risarcimento del danno da  parte  di  terzi
alla prova di avere fatto tutto il possibile per evitare  il  danno»,
per violazione del «principio di eguaglianza secondo il canone  della
ragionevolezza, consacrato dall'art. 3 della Costituzione»; 
        che il giudice rimettente chiede una pronuncia  additiva  che
affermi, in caso di collisione fra conducente  di  un  veicolo  senza
guida di rotaie e un pedone, il diritto del primo, o dei suoi  eredi,
al risarcimento del danno subito, a carico del  secondo,  qualora  il
conducente, o i suoi eredi, abbiano fornito la prova  di  aver  fatto
tutto il possibile per evitare il danno; 
        che la questione e' manifestamente inammissibile per  difetto
di rilevanza (sentenze nn. 91 e 77 del 2009), dal momento che se, per
ipotesi, la questione, cosi' come prospettata,  venisse  accolta,  la
decisione non potrebbe trovare  applicazione  nella  fattispecie,  in
quanto lo stesso  giudice  remittente  afferma,  come  risulta  dalle
premesse in fatto, la  colpa  del  conducente  nella  causazione  del
sinistro, per non aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.