Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  170,  comma  2,
del decreto legislativo 30 maggio 2002  n.  113  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative in materia di spese di giustizia - Testo B),
promossi dalla Corte d'appello di Catania con ordinanze del 15 aprile
2008 e del 13 maggio 2005, iscritte ai nn. 138  e  199  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 20 e 33, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro. 
    Ritenuto che con due  ordinanze  di  identico  contenuto,  emesse
rispettivamente in data 13 maggio 2005 (r.o. n. 199 del  2009)  e  15
aprile 2008  (r.o.  n.  138  del  2009),  nel  corso  di  altrettanti
procedimenti aventi  ad  oggetto  l'opposizione  avverso  decreti  di
liquidazione di compensi rispettivamente in  favore  di  un  soggetto
nominato perito in  un  procedimento  avente  ad  oggetto  misure  di
prevenzione, e del procuratore di un soggetto ammesso al patrocinio a
spese dello Stato, la Corte d'appello di  Catania  ha  sollevato,  in
riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 170, comma 2, del d.lgs. 30 maggio 2002,  n.
113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia  di  spese
di giustizia - Testo B) come riprodotto nel d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115 (Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari  in
materia di spese di giustizia - Testo A), nella  parte  in  cui,  nel
regolare il procedimento  di  opposizione  in  materia  di  spese  di
giustizia, dispone che l'ufficio giudiziario procede in  composizione
monocratica; 
        che il rimettente osserva che il d.lgs. n. 113 del 2002 trova
il proprio fondamento nella delega contenuta nell'art. 7 della  legge
delega 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi  unici  di  norme
concernenti procedimenti amministrativi -  Legge  di  semplificazione
1998), modificato dall'art. 1 della legge 24 novembre  2000,  n.  340
(Disposizioni  per   la   delegificazione   di   norme   e   per   la
semplificazione   di   procedimenti   amministrativi   -   Legge   di
semplificazione 1999), che ha attribuito  al  Governo  il  potere  di
riordinare  le  norme  contenute  nel  decreto  legislativo   e   nel
regolamento adottati ai sensi degli artt. 14  e  17  della  legge  23
agosto  1988,  n.  400  (Disciplina  dell'attivita'  di   Governo   e
ordinamento  della  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri),   con
l'osservanza dei principi direttivi di cui all'art. 7 della  legge  8
marzo 1999, n. 50, tra  i  quali  vi  e'  quello  del  «coordinamento
formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei  limiti
di detto coordinamento, le  modifiche  necessarie  per  garantire  la
coerenza logica e  sistematica  della  normativa  anche  al  fine  di
adeguare e semplificare il linguaggio normativo»; 
        che  non  risulta  attribuito  al  Governo,  nell'ambito  del
riordino della  materia  delle  spese  di  giustizia,  il  potere  di
apportare sostanziali  modifiche  all'ordinamento  giudiziario  e  di
istituire la figura del giudice  in  composizione  monocratica  negli
uffici   giudiziari   che,   come   la   Corte   d'appello,   operano
esclusivamente in composizione  collegiale,  trattandosi  di  materia
coperta  da  riserva  di  legge  ai   sensi   dell'art.   108   della
Costituzione; 
        che il legislatore delegato non si sarebbe, dunque,  attenuto
al criterio sopra enunciato, tanto piu' che l'art. 29 della legge  13
giugno 1942, n.  794  (Onorari  di  avvocato  e  di  procuratore  per
prestazioni giudiziali in materia civile), attribuiva la  materia  de
qua  all'esame  degli  uffici   giudiziari   nella   loro   ordinaria
composizione; 
        che nei giudizi innanzi a questa Corte ha spiegato intervento
il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con   il   patrocinio
dell'Avvocatura generale dello Stato, concludendo  per  la  manifesta
infondatezza della questione alla luce del dettato testuale dell'art.
7, comma 2, della  legge  n.  50  del  1999  e  della  giurisprudenza
costituzionale in materia. 
    Considerato che  la  Corte  d'appello  di  Catania,  con  le  due
ordinanze  in  epigrafe,  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 170, comma 2, del decreto legislativo 30  maggio  2002,  n.
113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia  di  spese
di giustizia - Testo B), come riprodotto nel d.P.R. 30  maggio  2002,
n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia - Testo A),  nella  parte  in  cui,  in
materia di spese di giustizia, attribuisce al giudice in composizione
monocratica la competenza a  conoscere  dell'opposizione  avverso  il
decreto di pagamento di liquidazione dei compensi anche  nell'ipotesi
in cui il provvedimento opposto sia stato pronunciato dal giudice  in
composizione collegiale; 
        che ad avviso del Collegio rimettente  la  norma  de  qua  si
porrebbe in contrasto con  l'art.  76  della  Costituzione  sotto  il
profilo del mancato rispetto dei principi e criteri direttivi fissati
nella legge delega 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi unici
di  norme  concernenti  procedimenti  amministrativi   -   Legge   di
semplificazione 1998), che  non  menziona  il  criterio  relativo  al
mutamento di composizione dell'organo giudiziario; 
        che  le  ordinanze  sollevano   questione   di   legittimita'
costituzionale della stessa disposizione  di  legge  con  motivazioni
identiche, e che, pertanto, i relativi giudizi devono essere  riuniti
per essere decisi con unico provvedimento; 
        che identica questione e' stata gia' dichiarata infondata con
la sentenza n. 53 del 2005, la quale ha osservato che, poiche' tra  i
criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione vi era  quello
di «garantire la coerenza logica e sistematica della  normativa»,  il
legislatore delegato,  senza  con  cio'  eccedere  dal  coordinamento
formale, ha introdotto la composizione monocratica in luogo di quella
collegiale  al  fine  di  adeguare  la  disciplina  del  processo  in
questione alla riforma, operata dal decreto legislativo  19  febbraio
1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione  del  giudice  unico  di
primo grado), in base alla quale il giudice monocratico e' la regola,
mentre quello in composizione collegiale costituisce un'eccezione; 
        che la predetta sentenza ha anche chiarito  che  a  cio'  non
osta la disposizione dell'art. 50-bis  cod.  proc.  civ.,  il  quale,
nell'elencare in  via  di  eccezione,  rispetto  al  successivo  art.
50-ter,  le  cause  in  cui  il  tribunale  decide  in   composizione
collegiale,  richiama  i  procedimenti   in   camera   di   consiglio
disciplinati dagli artt. 737 e seguenti del codice di rito, salvo che
sia  altrimenti   disposto,   giacche'   il   procedimento   camerale
disciplinato dall'art. 29 della legge 15  giugno  1942,  n.  794,  al
quale rinvia la norma impugnata, non rientra tra quelli di  cui  agli
artt. 737 e seguenti del codice; 
        che, pertanto,  la  questione  va  dichiarata  manifestamente
infondata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.