Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e  4,
della legge della Regione Calabria 3 giugno 2005,  n.  12  (Norme  in
materia di nomine e di personale della  Regione  Calabria),  promossi
dal Tribunale ordinario di Catanzaro con ordinanza del  30  settembre
2008 e dal Consiglio di  Stato  con  ordinanza  del  19  marzo  2009,
rispettivamente iscritte ai nn. 49 e 269 del registro ordinanze  2009
e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 8 e 45, 1ª
serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di costituzione di A.C. e della Regione Calabria; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  12  gennaio  2010  il  giudice
relatore Sabino Cassese; 
    Uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini e  Ulisse  Corea  per
A.C. e Mariano Calogero per la Regione Calabria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di Catanzaro, in funzione di  giudice
del lavoro, con ordinanza del 30 settembre del  2008,  ha  sollevato,
con  riferimento  all'art.  97  Cost.,  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della  legge  della  Regione
Calabria 3 giugno 2005, n. 12  (Norme  in  materia  di  nomine  e  di
personale della Regione Calabria), «nella parte in  cui  prevede,  al
verificarsi del mutamento degli  organi  politici  di  vertice  della
regione,  la  decadenza  dei   direttori   generali   delle   aziende
sanitarie», nonche' dell'art. 1, comma 4, della medesima legge  della
Regione  Calabria  n.  12  del  2005,  nella  parte  in  cui  prevede
«l'applicabilita'  retroattiva»  di  tale   decadenza   alle   nomine
conferite nei nove mesi antecedenti il 3 aprile del 2005. 
    Le disposizioni censurate  prevedono  quanto  segue:  «le  nomine
degli organi di vertice e dei componenti o dei  rappresentanti  della
Regione nei consigli di amministrazione  o  negli  organi  equiparati
degli enti pubblici, degli enti  pubblici  economici,  delle  aziende
sanitarie, ospedaliere ed assimilabili dei consorzi,  delle  societa'
controllate o partecipate, delle agenzie, degli  ambiti  territoriali
ottimali, delle fondazioni e di ogni  altro  soggetto  od  organismo,
comunque denominato, individuale o collegiale, di diritto pubblico  o
privato, appartenente o  meno  alla  struttura  amministrativa  della
Regione ed a qualsiasi livello, nonche' dei componenti  di  comitati,
commissioni,   gruppi   di   lavoro   ed   organismi   regionali   od
interregionali, conferite, rinnovate o comunque rese operative, anche
di intesa o di concerto con altre autorita'  o  previa  selezione,  o
comunque resi operativi degli organi di indirizzo politico regionale,
nonche' dal capo di gabinetto del Presidente della Giunta regionale e
dai dirigenti dei dipartimenti, nei nove  mesi  antecedenti  la  data
delle elezioni per il rinnovo  degli  organi  di  indirizzo  politico
della  Regione  e  successivamente  rispetto  a   tale   data,   fino
all'insediamento  di   questi   ultimi,   decadono   alla   data   di
proclamazione del Presidente della Giunta regionale ed i  conseguenti
rapporti di natura patrimoniale sono risolti  di  diritto»  (art.  1,
comma 1);  «le  disposizioni  che  precedono  si  applicano,  in  via
transitoria,  alle  nomine  conferite,  rinnovate  o  comunque   rese
operative  nei  nove  mesi   antecedenti   il   3   aprile   2005   o
successivamente, fino all'insediamento dei nuovi organi di  indirizzo
politico della Regione, da parte delle autorita'  indicate  al  primo
comma, con conseguente risoluzione di diritto dei  relativi  rapporti
di natura patrimoniale» (art. 1, comma 4). 
    1.2. - Il Tribunale rimettente riferisce che, con delibera  della
Giunta regionale del 26 gennaio  2005,  il  ricorrente  nel  giudizio
principale  e'  stato  nominato  Direttore  generale  della   Azienda
sanitaria locale  n.  7  di  Catanzaro,  sottoscrivendo  il  relativo
contratto, di durata triennale, in data 7 febbraio 2005  e  ottenendo
il  collocamento   in   pensione   quale   dirigente   amministrativo
dell'Azienda ospedaliera «Pugliese  -  Ciaccio».  Il  giudice  a  quo
espone   che,   in   applicazione   delle   disposizioni   censurate,
successivamente intervenute, la Regione Calabria, con lettera del  20
giugno 2005, ha comunicato al ricorrente nel giudizio  principale  la
decadenza dalla nomina e dai conseguenti rapporti patrimoniali e, con
delibera della Giunta regionale del 27 giugno 2005, ha  «preso  atto»
dell'intervenuta decadenza ex lege. Inoltre il  tribunale  rimettente
riferisce che, nonostante l'intervenuta decadenza,  l'amministrazione
regionale, con successiva nota del 27  ottobre  2005,  ha  contestato
anche i risultati negativi della gestione al ricorrente nel  giudizio
principale e, ritenendo inidonee le giustificazioni  fornite,  ne  ha
dichiarato nuovamente la decadenza, ai sensi dell'art. 1,  comma  14,
della legge della Regione Calabria n. 12 del 2005,  con  delibera  n.
124 del 2006. Infine il giudice a quo espone che  il  ricorrente  nel
giudizio principale,  richiamando  la  recente  giurisprudenza  della
Corte costituzionale, e in particolare la sentenza n. 104  del  2007,
ha  eccepito  l'illegittimita'  costituzionale   delle   disposizioni
censurate, poste a base della decadenza ex lege, e ha  dedotto  anche
l'illegittimita' della seconda  decadenza  dichiarata  dalla  Regione
Calabria,  la  quale  si  e'  costituita   in   giudizio,   eccependo
preliminarmente il difetto di giurisdizione del tribunale  rimettente
e chiedendo, nel merito, il rigetto del ricorso. 
    1.3. - Cio' premesso, il giudice a  quo  afferma  la  sussistenza
della propria giurisdizione e dichiara rilevante e non manifestamente
infondata la questione di  legittimita'  costituzionale  delle  norme
censurate. 
    In ordine alla giurisdizione, il giudice rimettente,  richiamando
la giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione  in  materia,  e  pur
rilevando un contrasto giurisprudenziale,  aderisce  all'orientamento
secondo il quale la decadenza costituisce  «un  fatto  estintivo  dei
diritti nascenti da un contratto di natura privatistica stipulato tra
l'amministrazione e il dirigente», con la conseguenza che «non vi  e'
ragione [...] di derogare  alla  regola  generale  che  vuole,  nella
materia in  esame,  ordinariamente  affermata  la  giurisdizione  del
giudice ordinario». 
    Sotto il profilo della rilevanza, il tribunale rimettente osserva
innanzitutto, con  riferimento  alla  prima  delle  due  disposizioni
censurate,   che,   qualora   venisse   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art.  1,  comma  1,  della  legge  della  Regione
Calabria n. 12 del 2005, in applicazione del quale e' stata  disposta
la decadenza dall'incarico del ricorrente  nel  giudizio  principale,
tale incarico «dovrebbe ritenersi mai cessato, quantomeno  fino  alla
successiva ulteriore decadenza (delibera della  Giunta  regionale  n.
124  del  2006)»  e,  conseguentemente,  sorgerebbe  il  diritto  del
direttore generale dichiarato decaduto «al  pagamento,  a  titolo  di
risarcimento del danno, degli emolumenti non percepiti  tra  la  data
della prima decadenza e (almeno) quella della seconda». Il giudice  a
quo  rileva,  inoltre,  con  riguardo   alla   seconda   disposizione
censurata, che la decadenza dall'incarico del ricorrente nel giudizio
principale  e'  stata  pronunciata  in  virtu'   della   applicazione
retroattiva dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione  Calabria
n. 12 del 2005, che e' prevista appunto  dal  comma  4  del  medesimo
articolo. 
    In punto di non manifesta infondatezza, il  tribunale  rimettente
ritiene che l'art. 1, comma 1, della legge della Regione Calabria  n.
12 del 2005, nella parte in cui prevede, al verificarsi del mutamento
degli organi politici di vertice  della  Regione,  la  decadenza  dei
direttori generali  delle  aziende  sanitarie  locali,  si  ponga  in
contrasto con l'art. 97  Cost.,  per  le  stesse  ragioni  che  hanno
indotto la Corte costituzionale, con la sentenza n. 104 del  2007,  a
dichiarare illegittimo un analogo meccanismo di c.d.  spoils  system,
applicato ai direttori generali  delle  Asl.  Con  tale  pronuncia  -
rileva il giudice a quo - la Corte ha infatti  «sottolineato  che  la
decadenza  automatica  "non  soddisfa  l'esigenza  di  preservare  un
rapporto diretto fra organo politico e direttore generale"  e  quindi
l'esigenza di una "coesione fra l'organo politico regionale  [...]  e
gli  organi  di  vertice   dell'apparato   burocratico",   per   come
evidenziata   dalla   precedente   sentenza   della   stessa    Corte
costituzionale n. 233 del 2006».  Nel  richiamare  la  giurisprudenza
costituzionale in materia, e segnatamente la suddetta sentenza n. 104
del 2007, il rimettente osserva,  in  particolare,  che,  secondo  la
Corte   costituzionale,   l'imparzialita'   e   il   buon   andamento
dell'amministrazione esigono «che la posizione del direttore generale
sia circondata da garanzie» e «che la decisione dell'organo  politico
relativa  alla  cessazione  anticipata  dell'incarico  del  direttore
generale di Asl rispetti il principio del  giusto  procedimento».  Il
tribunale rimettente ritiene, pertanto, che  «se  tale  e'  stata  la
posizione della Corte costituzionale in merito alla  legge  regionale
del  Lazio  che  prevedeva  la  decadenza  automatica  dei  direttori
generali Asl, la norma della Regione Calabria  che  ha  previsto,  in
concreto,  l'identico  effetto   in   conseguenza   del   cambiamento
dell'organo politico che ha  proceduto  alla  loro  nomina,  potrebbe
plausibilmente essere ritenuta  affetta  dallo  stesso  vizio,  ossia
dalla violazione dei principi di imparzialita' e  buon  andamento  di
cui all'art. 97 Cost.». Ne' a diverse conclusioni puo'  condurre,  ad
avviso del rimettente, la  sentenza  n.  233  del  2006  della  Corte
costituzionale, la quale, pur  avendo  dichiarato  costituzionalmente
legittimo il meccanismo di spoils system previsto dalla  disposizione
censurata nel presente  giudizio  costituzionale,  tuttavia  «non  ha
preso in considerazione l'aspetto specifico dell'applicabilita' della
disposizione alla figura particolare  dei  direttori  generali  Asl».
Alla luce di quanto esposto, il giudice a quo  ritiene  altresi'  che
sia  evidente  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 4, della  legge  della
Regione  Calabria  n.  12  del  2005,  nella  parte  in  cui  prevede
«l'applicabilita' retroattiva» della decadenza automatica alle nomine
conferite nei nove mesi  antecedenti  il  3  aprile  del  2005.  Tale
disposizione, infatti, ad avviso del tribunale  rimettente,  «non  si
sottrae alle medesime censure di  violazione  del  principio  di  cui
all'art. 97 Cost. che affliggono la normativa contenuta nel  comma  1
[dell'art. 1]  della  legge  Reg.  Calabria  n.  12  del  2005»,  ne'
l'operativita'   retroattiva    della    decadenza    puo'    trovare
«giustificazione  in  alcuna  necessita'  di  razionalizzazione   del
sistema complessivo relativo all'attribuzione ed alla conferma  degli
incarichi dirigenziali in ambito sanitario». 
    2. - Con  atto  depositato  in  data  13  febbraio  2009,  si  e'
costituito  in  giudizio  il  ricorrente  nel  giudizio   principale,
chiedendo   l'accoglimento   della    questione    di    legittimita'
costituzionale sollevata e riservandosi ogni piu'  ampia  difesa  nel
corso del giudizio. 
    3. - Con atto depositato in data 10 marzo 2009, si e'  costituita
in giudizio  anche  la  Regione  Calabria,  insistendo  affinche'  la
questione   di   legittimita'   costituzionale    venga    dichiarata
inammissibile, in quanto gia' decisa dalla Corte  costituzionale  con
la sentenza n. 233 del 2006, o, comunque, non fondata. 
    Ad avviso della difesa regionale, l'ordinanza  di  rimessione  e'
fondata sull'erroneo assunto secondo cui la sentenza n. 233 del  2006
non avrebbe affrontato lo specifico profilo dell'applicabilita' della
norma censurata alla figura dei  direttori  generali  delle  Asl.  La
Regione Calabria ritiene, invece, che la predetta sentenza n. 233 del
2006 abbia  dichiarato  non  fondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata con riferimento alla disposizione  censurata
nella sua  interezza  e,  quindi,  anche  nella  parte  in  cui  tale
disposizione si riferisce agli organi di vertice  delle  Asl,  fra  i
quali devono certamente ritenersi compresi i direttori  generali.  Ne
deriva, secondo la difesa regionale, che,  anche  per  tale  aspetto,
deve  ritenersi  formato  un  giudicato  costituzionale,  che   rende
inammissibile  la  riproposizione  della   medesima   questione   con
riferimento  agli  stessi  profili  di  illegittimita',   consistenti
nell'asserita violazione  dell'art.  97  Cost.  La  Regione  Calabria
osserva, inoltre, che gli argomenti in base ai quali la  sentenza  n.
233 del  2006  ha  dichiarato  la  infondatezza  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   della   disciplina   censurata   sono
riferibili anche alla specifica figura dei direttori generali di Asl,
i quali sono «organi di  vertice  di  enti  regionali»,  nominati  da
«organi rappresentativi della Regione»  (Giunta  regionale)  «intuitu
personae» e in  base  a  un  apprezzamento  fiduciario,  che  risulta
comprovato  dall'ampio  margine  di   discrezionalita'   riconosciuto
all'organo  politico  nella  scelta   del   soggetto   cui   affidare
l'incarico. Ne' hanno pregio, per la difesa  regionale,  i  richiami,
contenuti nell'ordinanza di rimessione, alle sentenze n. 103 e n. 104
del 2007  della  Corte  costituzionale,  in  quanto,  in  particolare
quest'ultima  si  riferisce  a  disposizioni  di   legge   di   altri
ordinamenti regionali, diverse e «per nulla comparabili»  con  quelle
censurate. La Regione Calabria precisa, al riguardo, che la censurata
disciplina calabrese si  differenzierebbe  da  quella  della  Regione
Lazio, oggetto della sentenza n. 104 del 2007,  sia  perche'  prevede
una  decadenza  «immediata»  e  «oggettiva»  (anziche'  differita   e
subordinata  alla  mancata  conferma),  sia   perche',   nell'assetto
organizzativo  della  Regione  Calabria,  non  sussisterebbero   quei
«molteplici livelli intermedi lungo  la  linea  di  collegamento  che
unisce l'organo politico ai direttori generali delle Asl», che  hanno
condotto  la  Corte  costituzionale  a  dichiarare   l'illegittimita'
costituzionale della disciplina regionale laziale, in quanto riferita
ad incarichi non connotati da un «rapporto  istituzionale  diretto  e
immediato» con  l'organo  politico.  Nell'ordinamento  della  Regione
Calabria, il direttore generale di Asl sarebbe  invece  «direttamente
responsabile del proprio operato nei confronti della Giunta,  che  lo
nomina fiduciariamente ed alla quale e' legato da un rapporto diretto
ed immediato». 
    4. - Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 19 marzo  2009,  ha
sollevato, con riferimento agli artt. 2, 3, 24, 97, 98,  101,  103  e
113 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  del
combinato disposto dell'art. 1,  commi  1  e  4,  della  legge  della
Regione Calabria n. 12 del 2005. 
    4.1. - Il collegio  rimettente  riferisce  che  l'appellante  nel
giudizio principale ha impugnato la sentenza  con  la  quale  il  Tar
della Calabria ha respinto il ricorso  da  lui  proposto  avverso  la
deliberazione della Giunta regionale della Calabria (delibera n.  595
del 20 giugno 2005) con la quale, in  applicazione  della  disciplina
censurata, e' stato dichiarato decaduto  dall'incarico  di  direttore
generale dell'Agenzia Regionale per la  Protezione  Ambientale  della
Calabria (Arpacal). Il Consiglio di Stato espone che l'appellante nel
giudizio principale ha proposto, avverso la pronuncia di primo grado,
«come motivo  di  impugnativa  articolato  su  piu'  argomentazioni»,
l'illegittimita' costituzionale delle norme impugnate. 
    Tale questione di  legittimita'  costituzionale,  ad  avviso  del
collegio rimettente, e' rilevante e non manifestamente infondata. 
    4.2. - Sotto il primo profilo, il Consiglio  di  Stato  chiarisce
che la questione deve ritenersi rilevante sebbene la Giunta regionale
della Calabria, dopo circa un  anno  dal  provvedimento  dichiarativo
della   decadenza   dall'incarico,   abbia   disposto    la    revoca
dell'originario atto  di  nomina,  con  provvedimento  annullato  dal
Tribunale amministrativo regionale  della  Calabria  con  altro  capo
della sentenza di primo  grado,  appellata  per  questa  parte  dalla
Regione Calabria. Il collegio rimettente ritiene infatti che, essendo
la revoca intervenuta quando era gia' stata pronunciata la  decadenza
dall'incarico, debba essere per primo esaminato l'appello relativo al
capo della pronuncia con cui e' stato  respinto  il  ricorso  diretto
all'annullamento del provvedimento dichiarativo della decadenza. Tale
appello puo' essere accolto, secondo il Consiglio di Stato,  solo  in
caso  di  dichiarazione  di   illegittimita'   costituzionale   della
disciplina impugnata, unicamente in applicazione della quale e' stato
adottato il contestato  provvedimento  dichiarativo  della  decadenza
dall'incarico. 
    4.3. - In punto di non manifesta infondatezza,  il  Consiglio  di
Stato premette che la Corte costituzionale, con la  sentenza  n.  233
del 2006, si e' gia' pronunciata in ordine alla disciplina censurata,
di essa dichiarando  costituzionalmente  legittima  «la  normativa  a
regime» (commi 1, 2 e  3,  dell'art.  1  della  legge  della  Regione
Calabria n. 12 del 2005). Il collegio rimettente  ritiene,  tuttavia,
che la legittimita' costituzionale della disciplina  censurata  debba
essere  valutata  alla  luce  della   piu'   recente   giurisprudenza
costituzionale in tema di spoils  system,  successiva  rispetto  alla
sentenza n. 233 del 2006.  In  particolare,  il  Consiglio  di  Stato
richiama la sentenza n. 103 del 2007, con cui la Corte costituzionale
ha dichiarato in contrasto con i principi  di  imparzialita'  e  buon
andamento una  disposizione  legislativa  statale  che  prevedeva  la
decadenza automatica degli incarichi dirigenziali, rilevando che  una
cessazione anticipata degli stessi «e'  ammissibile  solo  a  seguito
dell'accertamento dei risultati conseguiti, e  solo  dopo  un  giusto
procedimento che consenta  all'interessato  di  svolgere  le  proprie
difese e che  si  concluda  con  un  formale  provvedimento  motivato
sindacabile in sede giurisdizionale». Alla  luce  di  tali  principi,
ribaditi dalla Corte costituzionale anche con le sentenze n. 161  del
2008 e n. 104 del 2007, il Consiglio di Stato ritiene, pertanto,  che
la disciplina impugnata sia in contrasto con gli artt. 97 e 98  Cost.
Ad  avviso  del  collegio  rimettente,  inoltre,  nel  disporre   «la
decadenza, all'atto  della  sua  entrata  in  vigore,  di  tutti  gli
incarichi dirigenziali, in relazione ad un evento  gia'  verificatosi
(elezioni del nuovo Consiglio regionale)», essa violerebbe  anche  il
principio  dell'affidamento  e,  con  esso,  il  principio  di   buon
andamento  dell'amministrazione,  di  cui  e'  espressione,  per   un
soggetto che ricopra un incarico ottenuto a seguito  di  un  pubblico
concorso, «la certezza [...]  della  stabilita'  e  del  mantenimento
dell'incarico  [...]  fino  alla  scadenza  del  termine   per   esso
prestabilito». 
    4.4. - Con atto depositato  in  data  1°  dicembre  2009,  si  e'
costituita in giudizio la Regione Calabria, insistendo  affinche'  la
questione   di   legittimita'   costituzionale    venga    dichiarata
inammissibile o, comunque, non fondata. 
    La Regione Calabria ritiene, innanzitutto, che  la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata non sia rilevante ai fini della
decisione  del  giudizio  principale.  In  primo  luogo,  il  giudice
amministrativo rimettente difetterebbe infatti  di  giurisdizione  in
ordine ad un giudizio avente ad oggetto un provvedimento dichiarativo
di una decadenza verificatasi di diritto. In secondo  luogo,  secondo
la difesa regionale,  il  Consiglio  di  Stato  avrebbe  erroneamente
ritenuto di dover esaminare  l'appello  principale  prima  di  quello
incidentale,  cosi'  pervenendo  ad  una  erronea  valutazione  della
rilevanza.   L'eventuale   accoglimento   dell'appello   incidentale,
infatti,  restituendo  efficacia  al  provvedimento  di   ritiro   in
autotutela dell'originario atto di  nomina  dell'appellante,  avrebbe
determinato la cessazione della materia del contendere.  Quest'ultimo
effetto, infine, si sarebbe determinato, ad avviso della difesa della
Regione Calabria, anche in  ragione  di  un  provvedimento,  adottato
dalla Giunta regionale successivamente all'ordinanza  di  rimessione,
di ritiro in autotutela della delibera dichiarativa  della  decadenza
ex lege adottata ai sensi delle disposizioni censurate. 
    Nel merito, la difesa regionale richiama la  citata  sentenza  n.
233 del 2006, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato  non
fondata la questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  con
riferimento  alla  disposizione  censurata  nella  sua  interezza  e,
quindi, anche nella parte in cui si riferisce agli «organi di vertice
[...] delle agenzie [...]», fra i quali deve  ritenersi  compreso  il
direttore  generale  dell'Arpacal.  Ne'  puo'  pervenirsi  a  diverse
conclusioni,  secondo  la  Regione  Calabria,  sulla   scorta   della
successiva giurisprudenza costituzionale, citata dal  rimettente,  la
quale si riferisce a fattispecie diverse rispetto a quella  censurata
e, comunque, contrariamente a quanto  affermato  dal  rimettente,  si
pone in una linea di continuita' con la  precedente  pronuncia  della
Corte (n. 233 del 2006), dal  momento  che  la  Corte  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dei meccanismi di  spoils  system  in
quanto applicabili ad incarichi non apicali, confermando  invece,  in
linea con la sentenza n. 233 del 2006, che per gli incarichi  apicali
fiduciari la decadenza automatica e' costituzionalmente legittima. La
Regione  Calabria,   in   particolare,   osserva   che   nell'assetto
organizzativo calabrese, a differenza di cio' che avviene per le  Asl
della Regione Lazio oggetto della  sentenza  n.  104  del  2007,  non
sussistono  «molteplici  livelli  intermedi   lungo   la   linea   di
collegamento che unisce  l'organo  politico»  al  direttore  generale
dell'Arpacal, il  quale  invece  e'  «direttamente  responsabile  del
proprio  operato  nei  confronti  della   Giunta,   che   lo   nomina
fiduciariamente ed alla quale e' legato da  un  rapporto  diretto  ed
immediato». 
    La difesa regionale ritiene, poi,  che  l'applicazione  immediata
del meccanismo di decadenza automatica anche ai rapporti in corso  al
momento di entrata in vigore della norma  risponda  al  principio  di
buon  andamento  dell'amministrazione,  risultando   evidente,   come
affermato dalla stessa sentenza n. 233 del 2006 in relazione  ad  una
norma legislativa regionale analoga a  quella  censurata,  «l'intento
del legislatore regionale  di  rendere  immediatamente  operativa  la
nuova disciplina, per evitare - in sintonia, e non in contrasto,  con
l'evocato art. 97 Cost. - che le nomine effettuate  nella  precedente
legislatura, specie nella sua  fase  finale,  pregiudichino  il  buon
andamento dell'amministrazione». Ne' puo' ritenersi, ad avviso  della
difesa regionale, che risulti  violato  l'affidamento  del  direttore
generale dell'Arpacal  al  mantenimento  fino  alla  scadenza  di  un
incarico ottenuto a seguito di concorso pubblico, dal momento che, ai
fini della nomina  in  questione,  le  norme  non  prevedono  affatto
l'esperimento di un concorso pubblico. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di Catanzaro e il Consiglio di  Stato
hanno  sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale   della
disciplina contenuta nell'art. 1, commi 1  e  4,  della  legge  della
Regione Calabria 3 giugno 2005, n. 12 (Norme in materia di  nomine  e
di personale della Regione Calabria), per contrasto con gli artt.  2,
3, 24, 97, 98, 101, 103 e 113 della Costituzione. 
    La disciplina censurata prevede  la  decadenza  automatica,  alla
data di proclamazione del Presidente della Giunta regionale,  di  una
ampia serie di titolari di organi o enti regionali, nominati nei nove
mesi antecedenti la data delle elezioni per il rinnovo  degli  organi
di  indirizzo  politico  della  Regione  (art.  1,  comma  1).   Tale
meccanismo e' inoltre applicato,  in  via  transitoria,  anche  «alle
nomine conferite, rinnovate o comunque rese operative nei  nove  mesi
antecedenti il  3  aprile  2005»,  data  di  elezione  del  Consiglio
regionale che ha approvato la disciplina impugnata (art. 1, comma 4). 
    Secondo il Tribunale di Catanzaro, tali disposizioni, nella parte
in cui si applicano ai direttori  generali  delle  aziende  sanitarie
locali, si porrebbero in conflitto con l'art. 97 Cost.,  per  ragioni
che il giudice a quo rinviene nella giurisprudenza costituzionale  e,
in particolare, nelle motivazioni della sentenza n. 104 del 2007, con
la quale questa Corte, nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale
di una disciplina  regionale  analoga  a  quella  censurata,  ha  fra
l'altro  affermato  che   l'imparzialita'   e   il   buon   andamento
dell'amministrazione esigono «che la posizione del direttore generale
[di Asl] sia circondata da garanzie» e «che la decisione  dell'organo
politico  relativa  alla  cessazione  anticipata  dell'incarico   del
direttore  generale  di  Asl  rispetti  il   principio   del   giusto
procedimento». 
    Ad  avviso  del  Consiglio  di  Stato,  le  norme  impugnate   si
porrebbero innanzitutto in contrasto con gli artt. 97 e 98 Cost., per
motivi che, anche in questo caso, il collegio  rimettente  individua,
richiamando ampiamente la piu' recente giurisprudenza costituzionale.
In particolare, il giudice a quo fa riferimento alla sentenza n.  103
del 2007, nella quale questa Corte ha  affermato  che  la  cessazione
anticipata  degli  incarichi  dirigenziali  «e'  ammissibile  solo  a
seguito dell'accertamento dei risultati conseguiti, e  solo  dopo  un
giusto procedimento  che  consenta  all'interessato  di  svolgere  le
proprie difese  e  che  si  concluda  con  un  formale  provvedimento
motivato sindacabile in sede giurisdizionale». Il Consiglio di  Stato
ritiene,  inoltre,  che  il  meccanismo  transitorio  previsto  dalla
disciplina censurata (art. 1, comma 4), nel collegare la decadenza ad
un evento gia' verificatosi al momento della sua entrata  in  vigore,
violi anche il principio dell'affidamento e, con esso,  il  principio
di buon andamento dell'amministrazione.  Il  giudice  a  quo  deduce,
infine, la violazione degli artt. 2, 3, 24, 101, 103 e 113 Cost. 
    2. - I giudizi, avendo a oggetto  le  medesime  disposizioni,  in
relazione alle quali sono prospettate censure analoghe, devono essere
riuniti e decisi con un'unica pronuncia. 
    3. - Devono essere preliminarmente dichiarate inammissibili,  per
mancanza  di  motivazione  sulla  non  manifesta   infondatezza,   le
questioni sollevate dal Consiglio di Stato in relazione agli artt. 2,
24, 101, 103 e 113 Cost. Il rimettente si limita, infatti, a  evocare
tali  parametri  costituzionali,  senza  spiegare   in   alcun   modo
l'asserita violazione degli stessi. 
    4. - Vanno disattese, relativamente alle censure prospettate  con
riferimento agli altri parametri, le  eccezioni  di  inammissibilita'
sollevate dalla Regione Calabria. Innanzitutto,  la  circostanza  che
questa Corte, con la sentenza n. 233 del 2006, abbia gia'  dichiarato
non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1,
comma 1, della legge della Regione Calabria n. 12 del 2005,  proposta
in via principale dal governo, non rende inammissibile, come  preteso
dalla difesa regionale, la proposizione della questione odierna,  che
avviene in via incidentale e nell'ambito di un diverso giudizio.  Ne'
puo'  ritenersi  macroscopico,  e  quindi  rilevabile  dalla   Corte,
l'asserito difetto di  giurisdizione  del  Consiglio  di  Stato,  non
risultando  certa  e  palese  l'assenza  di  qualsiasi   profilo   di
discrezionalita'  amministrativa  in  una  fattispecie  nella   quale
l'amministrazione dichiara la decadenza ex lege del  titolare  di  un
ufficio e conseguentemente nomina un  diverso  titolare.  Infine,  il
Consiglio di Stato  argomenta  in  modo  non  implausibile  circa  la
rilevanza   della   questione,   anche   a   fronte   della    revoca
dell'originario  atto  di   nomina   dell'appellante   nel   giudizio
principale: quest'ultimo provvedimento, intervenuto quando  era  gia'
stata pronunciata la decadenza dall'incarico, non sarebbe comunque in
grado di determinare la cessazione della materia del contendere, come
asserito dalla difesa regionale, se  non  altro  con  riferimento  al
periodo intercorrente  fra  il  primo  provvedimento  risolutivo  del
rapporto (dichiarazione di decadenza ex  lege)  e  quello  successivo
(revoca dell'originario atto di nomina). 
    4. - Nel merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
delle disposizioni censurate, sollevata in relazione agli artt. 97  e
98 Cost., e' fondata nei termini di seguito precisati. 
    5. - Considerato che la giurisprudenza costituzionale e' posta  a
fondamento sia delle censure prospettate dai  rimettenti,  sia  degli
argomenti difensivi della Regione Calabria, da essa occorre  prendere
le mosse. 
    Questa  Corte  e'  gia'  stata  chiamata  a  pronunciarsi   sulla
legittimita' costituzionale delle disposizioni legislative  regionali
attualmente censurate, nell'ambito di un giudizio instaurato  in  via
principale dal governo con un ricorso che, da un  lato,  deduceva  la
violazione dell'art. 97  Cost.  in  stretta  connessione  con  quella
dell'art. 117 Cost.  e,  dall'altro,  come  da  questa  stessa  Corte
osservato,  censurava  la  disciplina  regionale  in  ragione   delle
differenze fra le soluzioni ivi accolte e quelle della corrispondente
normativa statale. In tale occasione, con  la  sentenza  n.  233  del
2006,  e'  stata   dichiarata   manifestamente   inammissibile,   per
genericita' delle relative  censure,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art.  1,  comma  4,  della  legge  della  Regione
Calabria n. 12 del 2005, mentre sono state dichiarate non fondate  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,  della
medesima legge calabrese. 
    Sotto quest'ultimo profilo, le motivazioni della pronuncia di non
fondatezza possono riassumersi nel modo  seguente.  In  primo  luogo,
questa  Corte  ha  affermato  il  principio  in  base  al  quale   le
disposizioni  legislative  che  ricollegano  al  rinnovo  dell'organo
politico l'automatica decadenza di titolari di uffici  amministrativi
(c.d. spoils system) sono compatibili con l'art. 97 Cost. qualora  si
riferiscano a soggetti che: a) siano titolari di «organi di  vertice»
dell'amministrazione e b) debbano essere nominati  intuitu  personae,
cioe' sulla base di  «valutazioni  personali  coerenti  all'indirizzo
politico regionale».  In  secondo  luogo,  tale  principio  e'  stato
applicato, con riferimento a molte e diverse categorie  di  soggetti,
comprese  nell'ampia   elencazione   contenuta   nella   disposizione
regionale  censurata,  considerate  nel  loro  insieme  e  senza  una
valutazione specificamente riferita a ciascuna figura. 
    La successiva giurisprudenza costituzionale,  nel  confermare  il
principio sviluppato nella sentenza n. 233 del 2006, ne ha  precisato
la portata. 
    In termini generali, questa Corte ha innanzitutto chiarito che  i
predetti meccanismi di c.d. spoils  system,  ove  riferiti  a  figure
dirigenziali non apicali, ovvero a titolari di uffici  amministrativi
per la cui scelta l'ordinamento non  attribuisce,  in  ragione  delle
loro funzioni, rilievo  esclusivo  o  prevalente  al  criterio  della
personale  adesione  del  nominato  agli  orientamenti  politici  del
titolare dell'organo che nomina, si pongono in contrasto  con  l'art.
97  Cost.,  in  quanto  pregiudicano   la   continuita'   dell'azione
amministrativa,  introducono   in   quest'ultima   un   elemento   di
parzialita',   sottraggono   al    soggetto    dichiarato    decaduto
dall'incarico le garanzie del giusto  procedimento  e  svincolano  la
rimozione del dirigente  dall'accertamento  oggettivo  dei  risultati
conseguiti (sentenze n. 390, n. 351 e n. 161 del  2008;  sentenze  n.
104 e n. 103 del 2007). Piu' in particolare, la sentenza n.  104  del
2007 ha dichiarato l'illegittimita'  di  una  disciplina  legislativa
della Regione Lazio analoga a quella attualmente censurata e riferita
ai direttori generali delle aziende sanitarie locali. Per giungere  a
tale conclusione, questa  Corte,  puntualizzando  per  una  specifica
categoria quanto stabilito nella citata pronuncia n. 233 del 2006, ha
escluso sia che  i  direttori  generali  delle  Asl  siano  dirigenti
apicali, sia che essi vengano nominati in base  a  criteri  puramente
fiduciari, cioe' in ragione di  valutazioni  soggettive  legate  alla
consonanza politica e personale con il titolare dell'organo politico.
Circa il requisito della apicalita', la sentenza n. 104 del  2007  ha
infatti  rilevato  come,  nell'assetto  organizzativo  della  Regione
Lazio, vi sia in realta'  «una  molteplicita'  di  livelli  intermedi
lungo la linea  di  collegamento  che  unisce  l'organo  politico  ai
direttori generali delle Asl», per effetto della quale «non vi e'  un
rapporto istituzionale diretto e  immediato  fra  organo  politico  e
direttori  generali».  In  riferimento  al  requisito  della   scelta
«fiduciaria», cioe' effettuata sulla base di  valutazioni  soggettive
di consonanza politica con il titolare dell'organo che nomina, questa
Corte ha osservato che il direttore generale di Asl, al contrario, e'
«nominat[o] fra persone in possesso di specifici requisiti  culturali
e professionali» e viene «qualificato dalle  norme  come  una  figura
tecnico-professionale che ha il  compito  di  perseguire,  [...]  gli
obiettivi gestionali e operativi definiti [...] dagli indirizzi della
Giunta». 
    6.  -  Quanto  affermato  nella  sentenza  n.   104   del   2007,
relativamente ai direttori generali delle Asl del Lazio, non puo' che
essere ribadito anche con riferimento alle categorie di  titolari  di
uffici cui appartengono i soggetti che, sulla base delle disposizioni
censurate, sono stati dichiarati decaduti dall'incarico con gli  atti
contestati nei due giudizi a quibus, vale a dire i direttori generali
delle Asl della Regione Calabria e il direttore generale dell'Agenzia
Regionale per la  Protezione  Ambientale  della  Calabria  (Arpacal),
quest'ultimo  essendo  ai  primi  equiparato  quanto  al  trattamento
economico e giuridico, nonche'  al  «regime  della  decadenza,  della
revoca, della cessazione dal servizio e sull'incompatibilita'»  (art.
11, comma 9, della legge della Regione Calabria 3 agosto 1999, n.  20
«Istituzione dell'Agenzia regionale per la  protezione  dell'Ambiente
della Calabria - Arpacal»). 
    In primo luogo, anche  nell'ordinamento  regionale  calabrese,  i
rapporti fra il direttore generale  dell'Asl,  quello  di  Arpacal  e
l'organo politico risultano «mediat[i] da strutture dipendenti  dalla
Giunta» (sentenza n. 104 del 2007).  Oltre  agli  uffici  di  diretta
collaborazione, assume a  tale  riguardo  uno  specifico  rilievo  il
dirigente generale del dipartimento regionale della sanita', il quale
esercita  funzioni  di  indirizzo,  coordinamento  e  controllo   nei
confronti dei direttori generali delle Asl (art. 13,  commi  3  e  4,
della legge della Regione  Calabria  19  marzo  2004,  n.  11  «Piano
regionale per la salute 2004/2006»).  Quanto  al  direttore  generale
dell'Arpacal, sia l'«indirizzo» e la «verifica»,  sia  il  «controllo
strategico», sono affidati ad organi collegiali  in  cui  i  titolari
degli uffici di indirizzo  politico  o  sono  in  minoranza,  o  sono
assenti (art. 10 della legge della Regione Calabria n. 20  del  1999;
art. 19 della legge della Regione Calabria 11  gennaio  2006,  n.  1,
«Provvedimento  generale  recante  norme  di  tipo  ordinamentale   e
finanziario collegato alla manovra di finanza  regionale  per  l'anno
2006, art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002»). 
    In secondo luogo, la nomina  dei  direttori  generali  delle  Asl
della Regione  Calabria  e'  subordinata  al  possesso  di  specifici
requisiti di competenza e professionalita' (art. 14, comma  3,  della
legge della Regione Calabria n.  11  del  2004),  mentre  quella  del
direttore generale dell'Arpacal e', oltre a cio', anche preceduta  da
«avviso pubblico» (art.  11,  comma  1,  della  legge  della  Regione
Calabria n. 20 del 1999). Tali nomine,  pertanto,  presuppongono  una
forma di selezione che, per quanto non abbia  natura  concorsuale  in
senso  stretto,  e'  tuttavia  comunque   basata   sull'apprezzamento
oggettivo,  ed  eventualmente  anche  comparativo,   delle   qualita'
professionali e del merito. Essa, quindi, esclude che la scelta possa
avvenire in base ad una mera valutazione soggettiva di consentaneita'
politica e personale fra nominante e nominato. Cio',  del  resto,  e'
strettamente collegato al tipo  di  funzioni  che  i  titolari  degli
uffici pubblici in questione sono chiamati ad  esercitare.  Essi  non
collaborano direttamente al  processo  di  formazione  dell'indirizzo
politico, ma ne devono garantire l'attuazione. A  tal  fine,  non  e'
pero' necessaria, da parte del  funzionario,  la  condivisione  degli
orientamenti politici della persona  fisica  che  riveste  la  carica
politica o la fedelta' personale nei  suoi  confronti.  Si  richiede,
invece,  il  rispetto  del  dovere  di  neutralita',  che  impone  al
funzionario, a prescindere dalle proprie  personali  convinzioni,  la
corretta  e  leale  esecuzione   delle   direttive   che   provengono
dall'organo politico, quale  che  sia  il  titolare  pro  tempore  di
quest'ultimo. 
    7.  -  Le  disposizioni  impugnate,  come  detto,  dispongono  la
decadenza automatica di un ampio elenco di funzionari nominati, anche
«previa selezione», nei nove mesi antecedenti la data delle  elezioni
per il rinnovo degli organi  di  indirizzo  politico.  A  prescindere
dalle circostanze  che  non  e'  dato  riscontrare  alcuna  oggettiva
ragione dell'intervallo temporale preso in considerazione (9 mesi)  e
che la nomina del Presidente  della  Giunta  regionale  potrebbe  non
comportare un cambiamento di  indirizzo  politico,  tali  norme  sono
illegittime in quanto sottopongono all'identico regime  di  decadenza
automatica non solo titolari di organi di  vertice  nominati  intuitu
personae dall'organo politico, ma anche soggetti che  non  possiedono
l'uno o l'altro di tali requisiti e che sono scelti previa  selezione
avente ad oggetto le loro qualita' professionali. In particolare,  la
disciplina censurata, nella parte in  cui  si  applica  al  direttore
generale di Asl e al direttore generale dell'Arpacal, e' in contrasto
con gli artt. 97 e 98 Cost., sotto molteplici profili. 
    Innanzitutto,  il  principio  di  buon  andamento  e'   leso   in
riferimento alla continuita'  dell'azione  amministrativa,  la  quale
risulta  pregiudicata  quando  intervengano,  come   avvenuto   nelle
specifiche fattispecie oggetto dei giudizi a  quibus,  due  mutamenti
del titolare di un ufficio pubblico a pochi mesi  di  distanza  l'uno
dall'altro.  In  secondo  luogo,  il   principio   di   imparzialita'
amministrativa  e'  violato  quando  le  funzioni  amministrative  di
esecuzione dell'indirizzo politico non  sono  affidate  a  funzionari
neutrali, tenuti ad agire al servizio esclusivo della Nazione,  ma  a
soggetti cui si richiede una specifica appartenenza politica,  ovvero
un rapporto personale di consentaneita' con il  titolare  dell'organo
politico. In terzo luogo, il  carattere  automatico  della  decadenza
dall'incarico del funzionario, in occasione del  rinnovo  dell'organo
politico, viola l'art. 97 Cost. sotto due aspetti: da un  lato,  lede
il principio del giusto procedimento, perche' esclude il diritto  del
funzionario di intervenire nel corso  del  procedimento  che  conduce
alla sua rimozione e di conoscere la motivazione di  tale  decisione;
dall'altro lato, pregiudica i principi  di  efficienza  ed  efficacia
dell'azione amministrativa, in base ai quali  le  decisioni  relative
alla   rimozione   dei   funzionari   incaricati    della    gestione
amministrativa, cosi' come quelle relative alla loro nomina,  debbono
essere fondate sulla valutazione oggettiva delle qualita' e capacita'
professionali da  essi  dimostrate.  L'illegittimita'  costituzionale
della disciplina censurata risulta, infine,  ulteriormente  aggravata
dalla  circostanza  che  il  regime  di  decadenza  automatica  viene
applicato, in via transitoria, ad incarichi gia' in corso al  momento
nel quale essa e' entrata in vigore (art. 1,  comma  4,  della  legge
della Regione Calabria n. 12  del  2005),  come  quelli  che  formano
oggetto dei giudizi a quibus. In tal modo, la normativa impugnata non
si limita a subordinare la permanenza nella carica del titolare ad un
termine incerto, cioe' il rinnovo dell'organo  politico,  ma  produce
automaticamente la cessazione di un incarico che e'  stato  conferito
senza la previsione di quel termine. Sotto questo specifico  profilo,
dunque, l'art. 1, comma 4, della legge della Regione Calabria  n.  12
del 2005 viola anche il legittimo affidamento (art. 3 Cost.) che,  in
virtu' dell'atto di nomina, i dirigenti dichiarati decaduti ai  sensi
della disposizione censurata hanno  «riposto  nella  possibilita'  di
portare a termine, nel tempo stabilito dalla legge, le funzioni  loro
conferite e,  quindi,  nella  stabilita'  della  posizione  giuridica
acquisita» (sentenza n. 236 del 2009).