Sentenza 
 
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale   dell'art.   4   del
decreto-legge  23  maggio  2008,  n.  90  (Misure  straordinarie  per
fronteggiare l'emergenza nel settore dello  smaltimento  dei  rifiuti
nella  Regione  Campania  e  ulteriori  disposizioni  di   protezione
civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14  luglio  2008,
n. 123, promosso dal Tribunale ordinario  di  Napoli,  terza  sezione
civile, in composizione monocratica, sul ricorso proposto dalla  Beta
Skye S.r.l., con ordinanza del 13 marzo 2009, iscritta al n. 184  del
registro ordinanze 2009, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 27, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 13 gennaio  2010  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione  civile,  in
composizione  monocratica,  con  ordinanza  del  13  marzo  2009,  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  4  del
decreto-legge  23  maggio  2008,  n.  90  (Misure  straordinarie  per
fronteggiare l'emergenza nel settore dello  smaltimento  dei  rifiuti
nella  Regione  Campania  e  ulteriori  disposizioni  di   protezione
civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14  luglio  2008,
n.  123,  per  violazione   dell'art.   103,   primo   comma,   della
Costituzione. 
    Il giudice remittente premette che la ricorrente Beta Skye S.r.l.
ha chiesto la condanna dell'Azienda sanitaria locale (A.s.l.)  Napoli
1 al pagamento della somma di euro 102.546,00. 
    Piu' in particolare, la ricorrente del giudizio  a  quo  deduceva
che, con decreto n. 4204 del 26 novembre  2004,  la  predetta  A.s.l.
aveva  indetto  una  gara  a  mezzo  di   licitazione   privata   per
l'affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti sanitari
prodotti dalle relative strutture ai sensi del d.P.R. 15 luglio 2003,
n. 254 (Regolamento recante disciplina  della  gestione  dei  rifiuti
sanitari a norma dell'articolo 24 della  legge  31  luglio  2002,  n.
179). 
    Con successivo decreto 21 dicembre 2005,  n.  4715,  il  predetto
servizio  di  gestione  era  stato  aggiudicato   al   raggruppamento
temporaneo di imprese facente capo alla societa'  Ecological  service
s.r.l. 
    La  ricorrente  assumeva,  altresi',  che,  in   esecuzione   del
contratto  intercorso  con  l'azienda  sanitaria  e   per   l'effetto
dell'espletamento del  servizio  oggetto  dell'appalto,  la  societa'
Ecological service s.r.l. aveva maturato  un  credito  pari  ad  euro
102.546,00. Con contratto del 23  ottobre  2008,  la  societa'  aveva
ceduto il  predetto  credito  e  la  cessione  era  stata  notificata
all'azienda sanitaria, la quale veniva, in tal modo, resa edotta  del
fatto  che  la  ricorrente  era  divenuta  creditrice  nei  confronti
dell'A.s.l. medesima della somma sopra indicata. 
    Il Tribunale rileva che la norma impugnata - attribuendo tutte le
controversie,  comunque  attinenti  alla  complessiva  gestione   dei
rifiuti,  ivi  comprese  quelle  nascenti  da   comportamenti,   alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -  impedirebbe  al
Tribunale stesso di decidere la controversia. 
    Per quanto attiene alla rilevanza della questione  sollevata,  il
giudice a  quo  sottolinea  come  l'applicazione  della  disposizione
censurata ai fini della risoluzione della questione «debba  ritenersi
pacifica, essendo la  data  del  deposito  del  ricorso  per  decreto
ingiuntivo  successiva  alla  data   di   entrata   in   vigore   del
decreto-legge n. 90 del 2008»; ne' rileverebbe che  il  contratto  e'
stato concluso molti anni prima, in ragione del principio, consacrato
nell'art. 5 del codice  di  procedura  civile,  per  cui  il  momento
determinativo della giurisdizione e' fissato con riguardo alla  stato
di fatto esistente  al  momento  della  proposizione  della  domanda.
Nell'ordinanza  di  remissione  si  sottolinea,  inoltre,   come   la
controversia   oggetto   del   giudizio   rientrerebbe    nell'ambito
applicativo della norma censurata, e dunque nella  giurisdizione  del
giudice amministrativo, atteso che la pretesa di pagamento  trarrebbe
origine da crediti insoluti conseguenti all'espletamento del servizio
di gestione integrata dei rifiuti sanitari. 
    Dopo avere ritenuto  applicabile  la  disposizione  suddetta,  il
remittente osserva che, nel caso  in  esame,  non  sarebbe  possibile
optare per una interpretazione della norma conforme  a  Costituzione,
in quanto «la  disposizione  censurata  non  consente  che  una  sola
interpretazione (costituzionalmente incompatibile)»;  altrimenti  «il
giudice  non  opererebbe   piu'   nei   limiti   di   una   legittima
interpretazione conforme, bensi' si arrogherebbe un potere (quello di
disapplicare  una  disposizione   di   legge   per   l'illegittimita'
costituzionale della stessa) che non gli compete,  vanificando  cosi'
la   predisposizione   stessa   di   un   sistema    accentrato    di
costituzionalita'». 
    Alla luce di tali rilevi, il remittente ritiene che l'art.  4  in
questione avrebbe un carattere omnicomprensivo e  generale,  operando
la devoluzione della  giurisdizione  al  giudice  amministrativo  per
«tutte le controversie» concernenti l'azione di gestione dei rifiuti,
sulla  base  dell'esistenza  di  un  «generico  collegamento  tra  la
controversia e  l'azione  amministrativa  di  gestione  dei  rifiuti,
vincolo  la  cui  sufficienza   e'   ben   evidenziato   dall'impiego
dell'avverbio "comunque"». Piu' in particolare, si  afferma  come  la
norma in esame si riferisca  «a  tutte  le  controversie  concernenti
l'azione di gestione dei  rifiuti  posta  in  essere  dalla  pubblica
amministrazione, senza operare alcuna distinzione o precisazione». 
    Ad avviso  del  giudice  a  quo,  il  richiamo  alla  «globalita'
dell'attivita' della  p.a.  in  materia  di  gestione  dei  rifiuti»,
nonche' la precisazione che tale attivita' «rileva anche se posta  in
essere con comportamenti  materiali»,  renderebbe  evidente  come  la
giurisdizione  del  giudice  amministrativo  sussista  anche  qualora
l'azione di gestione dei rifiuti sia posta in essere  dalla  pubblica
amministrazione  con  meri   comportamenti   materiali,   cioe'   con
comportamenti che non siano riconducibili -  nemmeno  mediatamente  -
all'esercizio di poteri autoritativi. 
    In  definitiva,  conclude   il   remittente,   l'intenzione   del
legislatore sarebbe stata quella di attribuire  alla  cognizione  del
giudice amministrativo  la  totalita'  delle  controversie  attinenti
all'attivita' posta in essere nel campo della gestione di rifiuti. 
    Esposto  cio',  il  giudice  a  quo  afferma  di   non   ignorare
l'esistenza di  un  indirizzo  giurisprudenziale  (e'  richiamata  la
sentenza del T.a.r. del Lazio, Roma, prima sezione, 18 febbraio 2009,
n. 1655), che ha fatto propria una interpretazione costituzionalmente
orientata della norma, secondo cui «sono devolute alla  giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo tutte le  controversie  comunque
attinenti alla complessiva azione di  gestione  dei  rifiuti  seppure
posta in essere  con  comportamenti  dell'amministrazione  pubblica»,
purche' sussista l'esercizio di un potere pubblico. 
    In  questa  prospettiva  sarebbero  escluse  dalla  giurisdizione
amministrativa le questioni aventi ad oggetto il mero accertamento di
diritti  di  carattere  patrimoniale,  senza   incidere   sull'azione
amministrativa di gestione dei rifiuti. 
    Il remittente afferma di non condividere tale interpretazione, in
quanto «una volta appurata l'esistenza di una univoca  corrispondenza
tra il testo di legge ed il significato che ne e' ricavabile, risulta
evidente come non sia praticabile una  diversa  opzione  ermeneutica,
che  distingua  in   particolare   tra   controversie   attinenti   a
comportamenti riconducibili  all'esercizio  dei  poteri  autoritativi
dell'amministrazione  (devolute  alla  giurisdizione  esclusiva   del
giudice amministrativo) e  controversie  invece  totalmente  estranee
all'esercizio di poteri pubblici (da ritenere quindi attribuite  alla
giurisdizione del giudice ordinario, tra  le  quali  quelle  relative
all'esecuzione di  rapporti  contrattuali),  atteso  che  l'attivita'
dell'interprete, in presenza di un inequivoco dato testuale, non puo'
spingersi al punto da stravolgere il significato emergente dal  testo
normativo». 
    In relazione alla non manifesta infondatezza della  questione  di
legittimita' costituzionale, nell'ordinanza si sostiene il  contrasto
della  norma  censurata  con   l'art.   103,   primo   comma,   della
Costituzione. 
    Il giudice a quo sottolinea come questa Corte abbia affermato che
tale norma costituzionale non ha conferito al  legislatore  ordinario
un'assoluta e incondizionata  discrezionalita'  nell'attribuzione  al
giudice amministrativo di materie  devolute  alla  sua  giurisdizione
esclusiva, ma gli  ha  solamente  conferito  il  potere  di  indicare
"particolari materie" rispetto alle  quali  la  cognizione  di  detto
giudice  investe  anche  posizioni  di   diritto   soggettivo;   cio'
implicherebbe che «la  mera  partecipazione  dell'amministrazione  al
giudizio o il generico coinvolgimento di un interesse pubblico  nella
controversia non  possono  considerarsi  di  per  se'  sufficienti  a
radicare la giurisdizione esclusiva del giudice  amministrativo»  (si
richiamano le sentenze n. 191 del 2006 e n. 140 del 2007). 
    Alla luce di queste premesse, il remittente ritiene che la  norma
censurata,  fondando  un'amplissima  devoluzione  di   materie   alla
giurisdizione  esclusiva  del  giudice  amministrativo,   devoluzione
peraltro sganciata da qualsivoglia collegamento  con  l'esercizio  di
poteri  autoritativi  della  pubblica  amministrazione   e   radicata
piuttosto sulla mera inerenza  della  controversia  alla  complessiva
attivita' di gestione amministrativa di  rifiuti,  contrasti  con  il
sistema  di  riparto  della  giurisdizione  contemplato   a   livello
costituzionale. 
    2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata. 
    La difesa statale osserva,  infatti,  che  il  riferimento  «alla
complessiva  azione  di  gestione  dei  rifiuti  non  necessariamente
comprende tutto cio' che e' relativo o soltanto  conseguente  a  tale
azione; anzi, le parole utilizzate fanno propendere per una  volonta'
del  legislatore  di   limitare   la   devoluzione   della   potesta'
giurisdizionale all'azione di gestione dei rifiuti,  ove  il  termine
gestione sta a significare la scelta amministrativa  di  definizione,
regolamentazione, trattamento e destinazione dei rifiuti». 
    La difesa  dello  Stato  aggiunge  che  «non  sembra  esatto  (e,
comunque, non insuperabile) che il termine gestione ricomprenda anche
il pagamento del corrispettivo del contratto di servizio afferente la
gestione stessa, quale definita dalla  pubblica  amministrazione;  il
rapporto obbligatorio derivante  dal  contratto  di  affidamento  del
servizio de quo, quale convenzione  di  natura  privatistica,  rimane
escluso dall'applicazione della disposizione e rimane  devoluto  alla
giurisdizione del giudice ordinario». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione  civile,  in
composizione monocratica,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 23 maggio  2008,  n.  90
(Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore  dello
smaltimento  dei  rifiuti  nella   Regione   Campania   e   ulteriori
disposizioni di protezione civile),  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 14 luglio 2008, n. 123. 
    Tale norma prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo tutte le  controversie,  anche  in  ordine
alla fase cautelare, comunque attinenti alla  complessiva  azione  di
gestione dei rifiuti,  seppure  posta  in  essere  con  comportamenti
dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa  equiparati;
la  predetta  norma  aggiunge  che  la  giurisdizione   del   giudice
amministrativo e' estesa anche alle controversie relative  a  diritti
costituzionalmente tutelati. 
    Il giudice a quo ritiene che la disposizione censurata violerebbe
l'art.  103,  primo  comma,  della  Costituzione,  in   quanto   essa
attuerebbe «un'amplissima devoluzione di materie  alla  giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo (...) sganciata da  qualsivoglia
collegamento con l'esercizio di  poteri  autoritativi  della  p.a.  e
radicata  piuttosto  sulla  mera  inerenza  della  controversia  alla
complessiva attivita' di gestione amministrativa di rifiuti». 
    2. - La questione non e' fondata, nei sensi di seguito indicati. 
    2.1. - In via preliminare, va osservato che nel giudizio a quo si
controverte  in  merito  ad  una  domanda  di  condanna  dell'Azienda
sanitaria locale Napoli 1 al pagamento di una somma di  denaro.  Piu'
in  particolare,  il  Tribunale  remittente  rileva  che,  a  seguito
dell'esecuzione di un contratto  di  gestione  integrata  di  rifiuti
sanitari stipulato all'esito di una procedura di gara  indetta  dalla
predetta azienda, l'aggiudicataria maturava una credito pari ad  euro
102.546,00,  che  veniva   regolarmente   ceduto   alla   ricorrente.
Quest'ultima,  pertanto,  nella  sua  qualita'  di  cessionaria   del
credito, proponeva domanda volta ad ottenere l'adempimento, da  parte
dell'amministrazione  sanitaria,  dell'obbligazione   di   pagamento,
nascente da contratto. 
    2.2. - Ora, questa Corte ha piu' volte  affermato  che  il  primo
comma dell'art. 103 della Costituzione, pur non avendo  conferito  al
legislatore ordinario una assoluta e incondizionata  discrezionalita'
nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute  alla
sua  giurisdizione  esclusiva,  gli  ha  riconosciuto  il  potere  di
indicare «particolari materie» nelle quali la  tutela  nei  confronti
della  pubblica  amministrazione  investe  anche  diritti  soggettivi
(sentenze n. 204 del 2004; n. 191 del 2006; n. 140 del 2007). 
    Nella definizione dei confini della giurisdizione  esclusiva  e',
pertanto, necessario, in primo luogo,  che  la  controversia  involga
situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse  legittimo
strettamente connesse. E' bene, pero',  aggiungere  che,  se  e'  pur
vero,  in  linea  con   le   ragioni   storiche   all'origine   della
configurazione di tale giurisdizione, che e'  normalmente  necessaria
la sussistenza di un intreccio di  posizioni  giuridiche  nell'ambito
del quale risulti difficile individuare  i  connotati  identificativi
delle singole situazioni  soggettive,  non  puo'  escludersi  che  la
cognizione  del  giudice  amministrativo  possa  avere  ad   oggetto,
ricorrendo gli altri requisiti indicati di  seguito,  anche  soltanto
diritti soggettivi (sentenza n. 259 del 2009). 
    In secondo luogo, e' necessario che  il  legislatore  assegni  al
giudice amministrativo la cognizione non di «blocchi di materie»,  ma
di materie determinate. 
    Infine, e' richiesto che l'amministrazione agisca, in tali ambiti
predefiniti, come autorita' e cioe' attraverso la spendita di  poteri
amministrativi  che  possono  essere  esercitati  sia  mediante  atti
unilaterali e autoritativi sia mediante moduli consensuali  ai  sensi
dell'art. 11 della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in
materia di procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai
documenti amministrativi), sia infine mediante comportamenti, purche'
questi ultimi siano posti  in  essere  nell'esercizio  di  un  potere
pubblico e non consistano, invece, in  meri  comportamenti  materiali
avulsi da tale esercizio. In tale ultimo caso, infatti, la cognizione
delle controversie nascenti da  siffatti  comportamenti  spetta  alla
giurisdizione del giudice ordinario. 
    2.3. - La norma impugnata deve dunque  essere  interpretata  alla
luce  delle   indicate   condizioni   che   delimitano,   sul   piano
costituzionale, l'ambito della giurisdizione esclusiva. 
    Il legislatore,  nell'attribuire  al  giudice  amministrativo  la
giurisdizione esclusiva sulle controversie attinenti  alla  complessa
azione di gestione dei rifiuti,  ha,  innanzitutto,  individuato  una
«particolare» materia,  rappresentata  appunto  dalla  «gestione  dei
rifiuti». 
    Inoltre, il riferimento ai comportamenti, su cui si  incentra  la
doglianza del remittente, deve essere inteso nel senso che quelli che
rilevano, ai fini del riparto della giurisdizione,  sono  soltanto  i
comportamenti costituenti espressione di un potere  amministrativo  e
non   anche   quelli   meramente   materiali    posti    in    essere
dall'amministrazione al di  fuori  dell'esercizio  di  una  attivita'
autoritativa. L'espressione  «azione  di  gestione  dei  rifiuti»  va
logicamente  intesa  nel  senso  che   l'attivita'   della   pubblica
amministrazione deve essere preordinata alla  organizzazione  o  alla
erogazione del servizio pubblico di raccolta  e  di  smaltimento  dei
rifiuti. Ne consegue che nella controversia all'esame del remittente,
venendo in  rilievo  questioni  meramente  patrimoniali  connesse  al
mancato adempimento da parte dell'amministrazione di una  prestazione
pecuniaria nascente da  un  rapporto  obbligatorio,  i  comportamenti
posti in  essere  dall'amministrazione  stessa  non  sono  ricompresi
nell'ambito  di  applicazione  della  norma  impugnata,  come   sopra
interpretata, e rientrano, invece, nella giurisdizione dell'autorita'
giudiziaria ordinaria, nella specie correttamente adita. 
    Del resto, la giurisprudenza  amministrativa  ha  seguito  questo
orientamento, escludendo  che  possano  rientrare  nell'ambito  della
propria giurisdizione esclusiva le controversie afferenti a questioni
che non involgono anche l'esercizio di poteri  amministrativi  (cosi'
sentenza del T.a.r. del Lazio, Roma, I sezione, 18 febbraio 2009,  n.
1655, richiamata nella stessa ordinanza di remissione). Ne'  sussiste
un indirizzo interpretativo difforme della  giurisdizione  ordinaria,
tanto di legittimita' quanto di  merito,  per  cui  non  puo'  essere
invocato, al riguardo,  un  ipotetico  «diritto  vivente»  nel  senso
prospettato dal remittente. 
    3.  -  In  definitiva,  dunque,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale sollevata  dal  Tribunale  ordinario  di  Napoli  deve
ritenersi, per le ragioni sin qui esposte, non fondata.