Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, lettere a) e
d), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172  (Misure  straordinarie
per  fronteggiare  l'emergenza  nel  settore  dello  smaltimento  dei
rifiuti nella regione Campania,  nonche'  misure  urgenti  di  tutela
ambientale), promosso dal Tribunale ordinario di Torre Annunziata con
ordinanza dell'11 novembre 2008,  iscritta  al  n.  42  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 8, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2010  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ordinanza deliberata l'11 novembre  2008,  il  Tribunale
ordinario  di  Torre  Annunziata,  in  composizione  monocratica,  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25 e 77, secondo comma, della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  6,
lettere a) e d), del decreto-legge 6 novembre 2008,  n.  172  (Misure
straordinarie  per  fronteggiare  l'emergenza   nel   settore   dello
smaltimento  dei  rifiuti  nella  regione  Campania,  nonche'  misure
urgenti di tutela ambientale) - successivamente convertito in  legge,
con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della  legge  30  dicembre
2008,  n.  210  -  nella  parte  in  cui,  limitatamente  alle   aree
geografiche in cui vige lo  stato  di  emergenza  nel  settore  dello
smaltimento dei rifiuti, configura come  delitto  condotte  che,  nel
restante territorio nazionale, non sono penalmente rilevanti (lettera
a) o sono punite a titolo di contravvenzione (lettera d). 
    Il rimettente procede, con rito direttissimo,  nei  confronti  di
tre persone arrestate in flagranza, il 10 novembre 2008,  alle  quali
il pubblico ministero ha contestato i reati previsti dagli artt.  110
e 81 cpv. del codice penale, e dall'art. 6, lettere a) e d), del d.l.
n. 172 del 2008, essendo state sorprese «nel corso  di  attivita'  di
trasporto, raccolta e scarico di rifiuti ingombranti». 
    Lo stesso rimettente da' atto di avere convalidato gli arresti  e
riferisce che il pubblico ministero, in via preliminare, ha  proposto
questione di legittimita' costituzionale delle  previsioni  contenute
nell'art. 6, lettere  a)  e  d),  del  d.l.  citato,  per  l'asserita
violazione degli artt. 3 e 102 Cost. 
    Secondo il rappresentate dell'accusa, per un verso, sarebbe privo
di giustificazione il deteriore trattamento  riservato  alla  persona
fisica che commetta le condotte in contestazione nel ristretto ambito
geografico in cui vige lo stato di emergenza per lo  smaltimento  dei
rifiuti, dichiarato ai sensi dell'art.  5  della  legge  24  febbraio
1992, n. 225 (Istituzione del  Servizio  nazionale  della  protezione
civile), e, per altro verso, sussisterebbe «la  violazione  dell'art.
102 Cost. in relazione all'intervenuta, conseguente  costituzione  di
un giudice speciale, chiamato a decidere su questioni  aventi  ambito
territoriale ristretto». 
    Il  giudice  a  quo  ha  ritenuto  manifestamente  infondata   la
questione posta in riferimento all'art. 102 Cost., sul rilievo che il
d.l. n. 172 del 2008 non  ha  istituito  «alcun  giudice  speciale  o
straordinario»  e  non  ha  inciso  sulle  regole  di  riparto  della
competenza, essendo valso ad introdurre un  trattamento  penale  piu'
severo per condotte  tenute  nell'area  interessata  dallo  stato  di
emergenza per lo smaltimento dei rifiuti. 
    Proprio con  riguardo  alle  indicate  variazioni  in  peius  del
trattamento  sanzionatorio,  peraltro,  il  rimettente  dubita  della
compatibilita' tra la norma censurata e l'art. 3 Cost. 
    Se e' vero, osserva in  proposito  il  Tribunale,  che  qualsiasi
soggetto, che ponga in essere una delle condotte previste dalle norme
censurate, nelle aree  in  cui  sia  stato  dichiarato  lo  stato  di
emergenza ambientale, e' assoggettabile alle  relative  sanzioni,  e'
altresi'  innegabile  che,  «in  via  sostanziale  e  di  fatto,   le
popolazioni  residenti  domicilianti  o  dimoranti  nelle   aree   di
applicazione della norma [...] divengano i reali e  pressoche'  unici
destinatari della norma penale maggiormente sfavorevole  destinata  a
regolamentare, peraltro temporaneamente, alcune zone  del  territorio
nazionale e non altre». 
    Oltre alla ingiustificata disparita' di trattamento tra coloro  i
quali vivono ed operano nelle aree di  «interesse  ambientale»  e  la
rimanente popolazione, il giudice  a  quo  assume  l'irragionevolezza
delle  previsioni  in  esame  avuto  riguardo   al   loro   carattere
temporaneo. Seppure, infatti, l'ordinamento contempla la possibilita'
di emanare anche in ambito penale leggi eccezionali e temporanee, nel
caso di specie, stante la limitazione territoriale, «la  norma  [...]
potrebbe, in maniera abnorme, regolamentare la medesima situazione di
fatto in modo, ingiustificatamente, difforme ed  opposto,  a  seconda
della duplice variabile temporale e territoriale». 
    Le previsioni censurate contrasterebbero inoltre con  la  riserva
di legge  posta  dall'art.  25  Cost.,  in  quanto,  pur  essendo  le
fattispecie penali indicate dallo stesso d.l.  n.  172  del  2008,  e
cioe' da una fonte primaria, l'esplicito richiamo alle aree designate
ai sensi dell'art. 5  della  legge  n.  225  del  1992  quale  ambito
territoriale di efficacia delle relative  sanzioni,  «presuppone  una
delega per l'individuazione di tale requisito a fonte  normativa  non
primaria» (deliberazione del Consiglio dei ministri). 
    Il  rimettente  osserva  che  il  provvedimento   dell'Esecutivo,
dichiarativo dello stato di emergenza per la  raccolta  dei  rifiuti,
non e' «semplice elemento di specificazione o caratterizzazione della
fattispecie»,  ma   si   pone   come   norma   di   riferimento   per
l'individuazione  di  un  «presupposto  costitutivo  del  reato».  Di
conseguenza, con riferimento quantomeno  all'ambito  territoriale  di
efficacia, l'art. 6  censurato  introdurrebbe  una  norma  penale  in
bianco, come tale  potenzialmente  lesiva  del  menzionato  principio
sancito dall'art. 25 Cost. 
    Il giudice a quo denuncia infine il contrasto tra il citato  art.
6, lettere a) e d),  e  l'art.  77,  secondo  comma,  Cost.,  per  la
mancanza dei requisiti di necessita' e di urgenza,  indispensabili  a
legittimare l'adozione del decreto-legge. In proposito il  rimettente
richiama la giurisprudenza costituzionale, con riferimento  sia  alla
individuazione  dei  suddetti   requisiti,   sia   alle   conseguenze
dell'accertata  carenza  di  essi.  E'  citata,  in  particolare,  la
sentenza  n.  29  del  1995,  nella  quale  si  trova  affermato  che
«l'eventuale evidente mancanza» del presupposto di  una  preesistente
situazione fattuale di necessita'  ed  urgenza  «configura  tanto  un
vizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge  [...]  quanto
un vizio in procedendo della stessa legge di conversione». 
    A parere del giudice a quo, la  mancanza  dei  presupposti  della
decretazione d'urgenza emergerebbe dalla stessa premessa del d.l.  n.
172 del 2008, nella quale si  afferma  sussistere  «la  straordinaria
necessita' ed urgenza di definire un quadro  di  adeguate  iniziative
per  consolidare  i  risultati  positivi  ottenuti  [...]  e  per  il
definitivo superamento dell'emergenza». Cio' renderebbe evidente  che
la normativa in esame e' stata predisposta in un momento nel quale la
fase acuta dell'emergenza era ormai superata. 
    Sotto il profilo della rilevanza, il rimettente  sottolinea  come
dall'accoglimento della questione «deriverebbe  l'irrilevanza  penale
del fatto ascritto ai prevenuti e/o la derubricazione in  fattispecie
avente trattamento sanzionatorio  meno  grave  con  riferimento  alla
contestazione di cui alla lettera d) dell'art.  6  d.l.  n.  172  del
2008». 
    2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha concluso per la inammissibilita' o,  comunque,  per  la
non fondatezza della questione. 
    La  difesa  dello  Stato,  dopo  aver  riepilogato  il  contenuto
dell'ordinanza di rimessione,  ripercorre  le  tappe  salienti  della
situazione verificatasi nella Regione Campania. 
    Nella  predetta  Regione  persiste  fin  dal  1994  lo  stato  di
emergenza  per  lo  smaltimento  dei  rifiuti,  dichiarato  ai  sensi
dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992. Nel 1996 il Presidente della
Regione Campania e' stato nominato Commissario per il Governo al fine
dell'approvazione, tra l'altro, del Piano regionale dei rifiuti,  con
il compito di individuare un adeguato sistema di gestione dei rifiuti
urbani, che garantisse la regolare erogazione di un servizio pubblico
essenziale. Il Piano regionale - approvato nel 1997, ed  adeguato  al
decreto  legislativo  5  febbraio  1997,  n.  22  (Attuazione   della
direttiva 91/156/CEE sui  rifiuti,  della  direttiva  91/689/CEE  sui
rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e  sui
rifiuti  di  imballaggio)  -  aveva  individuato,  sulla  base  della
ricognizione  dei  volumi   di   rifiuti   urbani   prodotti,   delle
caratteristiche merceologiche e della  distribuzione  sul  territorio
regionale,  un  sistema  basato  sulla  termovalorizzazione,   previo
trattamento in combustibile da rifiuti (CdR). 
    In seguito, «una serie di complicazioni, quali  le  infiltrazioni
malavitose e le problematiche  insorte  con  la  popolazione»,  hanno
aggravato il contesto emergenziale e  reso  ineluttabile  il  ricorso
alla legislazione d'urgenza, attuato con il decreto-legge  23  maggio
2008, n. 90 (Misure straordinarie per  fronteggiare  l'emergenza  nel
settore dello  smaltimento  dei  rifiuti  nella  regione  Campania  e
ulteriori disposizioni di protezione civile) e con il d.l. n. 172 del
2008. 
    In particolare, prosegue la difesa erariale, il d.l. n.  172  del
2008 configura un intervento di carattere straordinario,  strumentale
a rendere maggiormente efficace la gestione dei rifiuti nella Regione
Campania, in un quadro di «perdurante  grave  crisi  emergenziale  in
atto al momento  della  emanazione  dei  provvedimenti  normativi  in
questione». 
    Dopo un'analisi generale dei punti qualificanti il  provvedimento
legislativo  urgente  -  calibrato  sulla  situazione  esistente   in
Campania ma applicabile in qualsiasi area  del  territorio  nazionale
per la quale, ricorrendone i presupposti, sia dichiarato lo stato  di
emergenza nel settore dello smaltimento dei  rifiuti  -  l'Avvocatura
generale procede all'esame delle norme censurate, ed  evidenzia  come
le  stesse  introducano,  per  condotte  gia'  vietate  dal   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  un
trattamento sanzionatorio piu' severo, qualora le stesse siano  poste
in essere nel territorio in cui vige lo stato di emergenza. 
    Invero, la fattispecie prevista alla lettera a) dell'art.  6  del
d.l. n. 172 del 2008 eleva al rango di illecito  penale  la  condotta
prevista dall'art.  255  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  mentre  la
fattispecie  contenuta  nella  successiva  lettera  d)  trasforma  in
delitto la contravvenzione  prevista  dall'art.  256  del  richiamato
d.lgs. n. 152 del 2006, con conseguente inasprimento delle sanzioni. 
    Il legislatore dell'emergenza e' dunque intervenuto  a  reprimere
piu' severamente condotte gia' vietate,  al  fine  di  tutelare,  nel
contesto  emergenziale,  beni  di  rilevanza  costituzionale,   quali
l'ambiente e la  salute  dei  cittadini,  esposti  a  grave  pericolo
proprio per effetto di quei comportamenti. 
    Cio' posto, in via preliminare la difesa dello Stato ritiene  che
le censure prospettate dal giudice  a  quo  siano  motivate  in  modo
insufficiente  e  contraddittorio.  In  particolare,  il   rimettente
avrebbe contraddetto le sue stesse premesse nell'argomentare  sia  la
pretesa   violazione    del    principio    di    uguaglianza,    sia
l'irragionevolezza delle norme censurate. 
    Il difetto di motivazione sarebbe poi evidente,  a  parere  della
difesa  erariale,  con  riferimento  all'asserita  violazione   della
riserva di legge,  posto  che  il  giudice  a  quo  attribuisce  alla
disposizione contenuta nell'art. 6 citato la natura di  norma  penale
in bianco, limitandosi a rilevare  che  essa  presuppone  la  vigenza
dello stato di emergenza dichiarato dall'Esecutivo. 
    La motivazione sarebbe carente, infine, anche riguardo  alla  non
manifesta infondatezza della questione concernente l'art. 77, secondo
comma, Cost., argomentata sulla pretesa «attestazione» della  cessata
emergenza  che  risulterebbe   dalla   premessa   del   provvedimento
legislativo urgente. 
    Nel merito, l'Avvocatura  generale  evidenzia  come,  secondo  la
consolidata   giurisprudenza   costituzionale,   il   principio    di
uguaglianza  trovi  piena  attuazione  quando  a  situazioni   simili
corrisponde  un  trattamento  analogo  e  a  situazioni  diverse   fa
riscontro un trattamento differenziato. Sicche', proprio in  ossequio
al principio di uguaglianza, l'assetto normativo deve essere adeguato
alle  specifiche  contingenze;  infatti,  la  discrezionalita'  delle
scelte   legislative   «deve   trovare   idonea   spiegazione   nella
ragionevolezza delle statuizioni dirette a giustificare la disparita'
di trattamento». 
    In questa prospettiva, a parere della difesa erariale, sarebbe di
tutta evidenza che l'art. 6 censurato non  viola  in  alcun  modo  il
principio  di  uguaglianza,  essendo  applicabile  nei  confronti  di
chiunque  ponga  in  essere  le  condotte   incriminate   nell'ambito
territoriale interessato dallo stato di  emergenza  nel  settore  dei
rifiuti. 
    Non sussisterebbe nemmeno la  denunciata  irragionevolezza  della
normativa sottoposta a scrutinio: quest'ultima, con riferimento  alle
aree in cui e' dichiarato lo stato di  emergenza  nel  settore  dello
smaltimento  dei  rifiuti,  qualifica  come  delitti  condotte   gia'
sanzionate, a titolo di illecito amministrativo o di contravvenzione,
dal d.lgs. n. 152 del 2006. Il legislatore ha dunque introdotto norme
penali eccezionali, previste e disciplinate  dagli  artt.  2,  quinto
comma, cod. pen. e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, che
trovano giustificazione nella gravita' della crisi  del  settore  dei
rifiuti in quei territori nei quali e' stato dichiarato lo  stato  di
emergenza. 
    E' richiamata in proposito  l'affermazione  della  giurisprudenza
costituzionale secondo cui, a fronte  di  contesti  emergenziali,  il
legislatore e' tenuto  ad  approntare  soluzioni  normative  adeguate
(sentenza n. 15 del 1982). 
    Sarebbe poi infondato l'asserito contrasto tra l'art. 6 citato  e
la riserva di legge in materia penale, a partire dalla qualificazione
della predetta disposizione come norma in bianco, «almeno per  quanto
attiene al richiamo territoriale». 
    La difesa erariale, dopo aver precisato che le  norme  penali  in
bianco sono caratterizzate dalla genericita' del precetto,  che  deve
essere specificato da atti normativi  di  grado  inferiore,  quali  i
regolamenti e i provvedimenti amministrativi (sono richiamate, in via
esemplificativa, le fattispecie previste dagli artt. 650 e  329  cod.
pen.), segnala che la giurisprudenza  costituzionale  «e  gran  parte
della  giurisprudenza  di   legittimita'»   ritengono   dette   norme
compatibili con l'art. 25, secondo comma, Cost., quando la  fonte  di
rango primario indichi con sufficiente specificazione i  presupposti,
i caratteri, il contenuto ed i  limiti  dei  provvedimenti  di  rango
inferiore alla cui trasgressione segue la sanzione  (sono  richiamate
le sentenze n. 132 del 1986, n. 108 del 1982 e n. 168 del 1971  della
Corte costituzionale). In caso diverso, verrebbero ad essere  violati
i  principi  di  tipicita',  tassativita'  e   determinatezza   della
fattispecie penale, oltre a quello della riserva di legge. 
    Inoltre, a parere dell'Avvocatura generale, il censurato  art.  6
non presenta i caratteri della norma  penale  in  bianco,  in  quanto
contiene una descrizione dettagliata  della  fattispecie  penale,  in
tutti i suoi elementi costitutivi, sicche' il decreto del  Presidente
del Consiglio dei ministri, dichiarativo dello stato di emergenza  ai
sensi dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992, andrebbe ad  integrare
la previsione penale nei soli profili regolati dalla legge citata. In
particolare,  la  normativa  regolamentare   sancirebbe   la   durata
dell'operativita' e l'ambito territoriale dello stato  di  emergenza,
sulla base  di  valutazioni  tecniche  di  competenza  dell'autorita'
amministrativa. 
    Quanto, infine, alla censura prospettata in riferimento  all'art.
77,   secondo   comma,   Cost.,   l'Avvocatura   generale    richiama
l'affermazione  ricorrente   nella   giurisprudenza   costituzionale,
secondo la quale «il sindacato sull'esistenza dei  presupposti  della
necessita' e dell'urgenza, che  legittimano  il  Governo  ad  emanare
decreti-legge, puo'  essere  esercitato  solo  in  caso  di  evidente
mancanza dei presupposti stessi» (sono indicate le  sentenze  n.  285
del 2004, n. 6 del 2004, n. 16 del 2002 e, in particolare, n. 398 del
1998). 
    Nella  specie,  il  provvedimento  legislativo  urgente   sarebbe
intervenuto quando il contesto emergenziale si trovava ancora in fase
acuta, come dimostrato anche dall'apertura in sede comunitaria di una
procedura di infrazione nei confronti  dello  Stato  italiano  (causa
C-297/08,  Commissione  c.  Repubblica  italiana),  oltre  che  dalle
difficolta' relative al superamento della grave situazione ambientale
e sanitaria presente nella Regione Campania. 
    Risulterebbero dunque confermati i presupposti di  necessita'  ed
urgenza  posti  a  fondamento  dell'intervento  del   Governo,   «con
l'adozione del provvedimento in oggetto in relazione ad "eventi  che,
per intensita' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e
poteri straordinari"». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di Torre Annunziata ha sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 25 e 77, secondo comma, della Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 6,  lettere  a)  e
d), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172  (Misure  straordinarie
per  fronteggiare  l'emergenza  nel  settore  dello  smaltimento  dei
rifiuti nella regione Campania,  nonche'  misure  urgenti  di  tutela
ambientale), nella parte in cui, limitatamente alle aree  geografiche
in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello  smaltimento  dei
rifiuti, configura come delitto condotte che, nel restante territorio
nazionale, non sono penalmente rilevanti (lettera a) o sono punite  a
titolo di contravvenzione (lettera d). 
    2.  -  Successivamente  alla   proposizione   dell'incidente   di
costituzionalita',  il  decreto-legge  n.  172  del  2008  e'   stato
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 30 dicembre 2008,  n.  210.  La  predetta  legge  ha  apportato
modifiche anche ad una delle disposizioni censurate, quella contenuta
all'art.  6,  lettera  a),  senza  peraltro  incidere  sul  contenuto
precettivo della norma, contro il quale si appuntano le doglianze del
rimettente,  sicche'  entrambe   le   questioni   devono   intendersi
trasferite sul testo risultante dalla legge di conversione. 
    2.1 - Le questioni non sono fondate. 
    2.2. - Il rimettente ritiene che, nel momento  dell'adozione  del
d.l.  n.  172  del  2008,  non   sussistessero   le   condizioni   di
straordinaria necessita' e urgenza, richieste dall'art.  77,  secondo
comma, Cost. per l'emanazione, da parte del Governo, di un  atto  con
forza di legge. Cio' sarebbe comprovato dallo  stesso  preambolo  del
decreto-legge in questione, che fa  riferimento  alla  «straordinaria
necessita' e urgenza di definire un quadro di adeguate iniziative per
consolidare  i  risultati  positivi   ottenuti   nell'aumento   della
capacita' di smaltimento dei rifiuti nel territorio campano e per  il
definitivo superamento dell'emergenza con una graduale  e  tempestiva
restituzione dei poteri  agli  enti  ordinariamente  competenti».  Il
decreto-legge sarebbe intervenuto quindi, secondo il giudice  a  quo,
quando la fase acuta dell'emergenza era stata gia' superata e non  si
giustificava piu' il ricorso a tale tipo di atto legislativo. 
    L'argomentazione  sopra  esposta  non  puo'   essere   condivisa,
giacche' l'esigenza di «consolidare» i risultati positivi ottenuti in
una grave  situazione  di  emergenza,  quale  quella  concernente  lo
smaltimento dei rifiuti in Campania, puo' essere valutata dal Governo
e dalle Camere, come urgente essa stessa, allo scopo di evitare che i
predetti   risultati   siano   vanificati   da   condotte   illegali,
potenzialmente idonee a ricreare  le  condizioni  che  avevano  fatto
sorgere l'emergenza medesima. I comportamenti  previsti  dalle  norme
censurate, se posti in essere nella delicata fase  della  transizione
da una  situazione  eccezionale  ad  una  di  normalita',  potrebbero
arrestare, o rendere piu' difficile, il percorso che  conduce  ad  un
superamento definitivo dell'emergenza,  non  ancora  verificatosi  al
momento dell'emanazione del decreto-legge. 
    Questa Corte ha costantemente affermato che  il  sindacato  sulla
legittimita' dell'adozione, da parte del Governo, di un decreto-legge
debba  limitarsi  alla  «evidente  mancanza»   dei   presupposti   di
straordinaria  necessita'  e  urgenza  richiesti  dal  secondo  comma
dell'art. 77 Cost., rimanendo invece la valutazione del merito  delle
situazioni di urgenza nell'ambito della responsabilita' politica  del
Governo  nei  confronti  delle  Camere,  chiamate  a  decidere  sulla
conversione in legge del decreto (ex plurimis, tra le  piu'  recenti,
sentenze n. 128 del 2008, n. 171 del 2007, n. 285 del 2004). Nel caso
di specie, per i motivi gia' esposti, non puo' essere  rilevata  tale
«evidente mancanza», con la conseguenza che ogni considerazione sulla
necessita' e urgenza del provvedere appartiene all'ordine dei giudizi
politici, che non spettano al giudice delle leggi. 
    2.3. - Parimenti non fondata e' la censura basata  sulla  pretesa
violazione dell'art. 3 Cost., dedotta in quanto le  norme  de  quibus
introdurrebbero  una  irragionevole  discriminazione  tra  cittadini,
essendo  «di  fatto»  indirizzate  agli  abitanti  di   una   Regione
determinata del Paese. 
    Lo stesso rimettente riconosce che le norme  censurate  prevedono
come soggetti attivi dei reati in questione tutti coloro che  pongano
in essere i comportamenti specificamente indicati,  indipendentemente
dalla loro residenza. Rileva, altresi',  lo  stesso  giudice  che  le
norme in questione si applicano a tutte le porzioni di territorio  in
cui vige lo stato di emergenza  nel  settore  dello  smaltimento  dei
rifiuti, dichiarato ai sensi della legge 24  febbraio  1992,  n.  225
(Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile). 
    I due rilievi che precedono sono sufficienti ad escludere che sia
stato violato il principio di uguaglianza  dei  cittadini  di  fronte
alla legge, poiche' la  previsione  di  un  trattamento  penale  piu'
severo per coloro i quali si rendano  responsabili  di  illeciti  che
contribuiscono a creare  o  mantenere  una  situazione  di  emergenza
ambientale, con grave pericolo per la salute  delle  popolazioni  dei
territori  interessati,  non  e'   manifestamente   irragionevole   e
costituisce una risposta che il legislatore ha ritenuto di dover dare
alla  diffusione  di  comportamenti  da  reprimere  con  rigore.   La
circostanza di fatto, sottolineata dal rimettente, che i  destinatari
di tali norme penali sarebbero  prevalentemente  gli  abitanti  delle
zone in cui e' stata dichiarata  l'emergenza,  non  solo  non  incide
sulla struttura delle norme censurate, che possiedono  la  necessaria
generalita' ed  astrattezza,  ma  pone  in  rilievo  che  i  soggetti
tutelati dalle disposizioni sanzionatorie sono proprio le popolazioni
coinvolte, di volta in volta, dall'emergenza rifiuti. Il  legislatore
ritiene tali popolazioni  meritevoli  di  una  tutela  rafforzata  in
ragione della situazione  specifica  in  cui  esse  si  trovano,  che
conferisce alle condotte illecite previste una maggiore offensivita'.
Risulta pertanto rispettato il criterio generale di applicazione  del
principio  di  uguaglianza,  che  impone  la  disciplina  diversa  di
situazioni  diverse,  identificate  in  modo  non  irragionevole  dal
legislatore. 
    Quanto alla temporaneita' dello stato di emergenza dichiarato dal
Governo - addotta dal rimettente quale  giustificazione  del  proprio
dubbio di legittimita' costituzionale - si deve osservare che essa e'
insita nello stesso concetto di emergenza, incompatibile con una  sua
previsione a tempo indefinito, che renderebbe  illegittime  tutte  le
norme fondate su tale premessa. 
    2.4. - Si deve  pure  escludere  la  lamentata  violazione  della
riserva di legge imposta dall'art. 25, secondo comma, Cost. Le  norme
censurate non appartengono alla  categoria  delle  cosiddette  «norme
penali in bianco» (che pure, a  certe  condizioni,  questa  Corte  ha
dichiarato costituzionalmente ammissibili: ex plurimis,  sentenze  n.
21 del 2009, n. 292 del 2002, n. 333 del 1991, n. 282 del  1990),  in
quanto in esse la fattispecie criminosa e' compiutamente descritta  e
le pene sono specificamente previste. La dichiarazione dello stato di
emergenza,  da  parte  dell'autorita'  governativa,   e'   solo   una
condizione di fatto per l'applicabilita' delle  norme  medesime,  che
non integra in alcun modo il contenuto del precetto  penale,  fissato
nella legge, in se' e per se' completo ed autosufficiente.  Peraltro,
la stessa dichiarazione dello stato di emergenza puo'  avvenire  solo
in presenza dei  presupposti  legislativamente  previsti,  costituiti
dagli eventi di cui all'art. 2, lettera c), della legge  n.  225  del
1992, nei limiti e con le modalita' specificati dall'art. 5, comma 1,
della stessa legge. L'atto amministrativo a carattere  generale,  che
funge da  presupposto  per  l'applicabilita'  delle  sanzioni  penali
previste dalle norme censurate, e' pertanto esso stesso  suscettibile
di valutazione, sotto il profilo della  legittimita',  da  parte  dei
giudici  ordinari  e  di  quelli  amministrativi,  nell'ambito  delle
rispettive competenze. Non si riscontra  quindi  la  possibilita'  di
decisioni   governative    illegittime,    da    cui    deriverebbero
indirettamente le conseguenze penali  previste  dalle  norme  oggetto
della presente questione, senza che sia esperibile alcun controllo di
legalita'.