Ordinanza 
 
nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,  secondo
comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure  di  prevenzione
nei confronti delle persone pericolose per  la  sicurezza  e  per  la
pubblica moralita'), sostituito dall'art. 14 del decreto-legge del 27
luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto  del  terrorismo
internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio
2005,  n.  144,  promosso  dal   Tribunale   di   Caltanissetta   nel
procedimento penale a  carico  di  F.E.R.C.,  con  ordinanza  del  22
ottobre 2008, iscritta al  n.  112  del  registro  ordinanze  2009  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2009. 
    Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio  2010  il  giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che  il  Tribunale  di  Caltanissetta,  in  composizione
monocratica, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha  sollevato,  in
riferimento agli articoli 3, primo comma, e 27,  terzo  comma,  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
9, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n.  1423  (Misure  di
prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e
per la pubblica moralita'), cosi' come  sostituito  dall'articolo  14
del decreto-legge 27 luglio 2005,  n.  144  (Misure  urgenti  per  il
contrasto   del   terrorismo   internazionale),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, nella parte in cui
prevede la pena della  reclusione  da  uno  a  cinque  anni  in  caso
d'inosservanza degli obblighi  e  delle  prescrizioni  inerenti  alla
sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno; 
        che il rimettente riferisce di essere  chiamato  a  giudicare
F.E.R.C., nei cui confronti il giudice per le indagini preliminari ha
emesso decreto di giudizio immediato in ordine al  reato  previsto  e
punito dall'art. 116, comma 13, del  decreto  legislativo  30  aprile
1992, n.  285  (Nuovo  codice  della  strada),  come  modificato  dal
decreto-legge  3  agosto   2007,   n.   117   (Disposizioni   urgenti
modificative del codice della strada per incrementare  i  livelli  di
sicurezza  nella  circolazione),   convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1 della legge  2  ottobre  2007,  n.  160,  ed  al  delitto
previsto e punito dall'art. 9, primo e secondo comma, della legge  n.
1423 del 1956, cosi' come modificato dalla legge n. 155 del 2005; 
        che, in particolare, l'imputato, sottoposto  alla  misura  di
prevenzione della sorveglianza speciale  di  pubblica  sicurezza  con
obbligo di soggiorno nel comune di residenza, risponde  dei  suddetti
reati per avere contravvenuto alle prescrizioni inerenti alla  misura
stessa, tra cui quelle di  vivere  onestamente  e  di  rispettare  la
legge,  avendo  guidato  un'autovettura  senza  avere  conseguito  la
patente (fatto commesso in San Cataldo il 28 settembre 2007); 
        che il rimettente, dopo aver posto in evidenza che  la  nuova
formulazione della norma di cui  all'art.  9,  secondo  comma,  della
legge n. 1423  del  1956,  equipara  le  condotte  consistenti  nella
violazione delle prescrizioni inerenti alla misura della sorveglianza
speciale, con l'obbligo o il  divieto  di  soggiorno,  alla  condotta
consistente nella violazione dell'obbligo o del divieto di soggiorno,
da'  atto  della   sussistenza   di   un   consolidato   orientamento
giurisprudenziale secondo cui la condotta di guida  senza  patente  o
con  patente  revocata  e'  riconducibile   alla   violazione   della
prescrizione di osservare le  leggi  inerente  all'imposizione  della
misura  di  prevenzione  della  sorveglianza  speciale  di   pubblica
sicurezza; 
        che, pertanto, nel caso in  cui  sia  stata  applicata  detta
misura con obbligo o divieto di soggiorno, la condotta di guida senza
patente o con patente revocata integra il delitto di cui all'art.  9,
secondo comma, in concorso con la violazione contemplata  dal  codice
della strada; 
        che, alla luce di tale premessa, il rimettente  osserva  come
«nelle ipotesi connotate  da  esigenze  di  prevenzione  di  maggiore
rilevanza e, per l'effetto, disciplinate  da  una  specifica  e  piu'
rigorosa normativa speciale, in cui  detta  misura  sia  applicata  a
soggetti indiziati di appartenere ad associazioni di tipo  mafioso  e
similari (cosi' art. 1 della legge n. 575/1965), ove venga  accertato
un caso di guida di un autoveicolo o motoveicolo senza patente o dopo
che la patente sia stata negata, sospesa o revocata si applica -  per
giurisprudenza parimenti consolidata (cfr.,  da  ultimo,  Cass.  pen.
sez. V, sent. n. 2655/2006) - la pena dell'arresto da sei mesi a  tre
anni qualora si tratti di persona gia' sottoposta, con  provvedimento
definitivo, a misura di prevenzione»; 
        che, ad avviso del giudice a quo,  «le  predette  fattispecie
incriminatrici - le quali, in  origine,  cadenzavano  un  ragionevole
crescendo  sanzionatorio,  stante  la  differente  gravita'  che   il
medesimo fatto oggettivo (la guida di un  autoveicolo  o  motoveicolo
senza patente) poteva assumere» se posto in  essere  da  un  soggetto
sottoposto alla misura della  sorveglianza  speciale  con  obbligo  o
divieto di soggiorno ai sensi dell'art. 3 della  legge  n.  1423  del
1956 (assoggettato alla sanzione  dell'arresto  da  tre  mesi  ad  un
anno),  ovvero  da  un  soggetto  sottoposto  ad  analoga  misura  di
prevenzione ai sensi della legge n. 575 del 1965 (punito con la  pena
dell'arresto da sei mesi a tre anni)  -  risultano,  oggi  a  seguito
della intervenuta sostituzione  del  disposto  dell'art.  9,  secondo
comma, della legge n. 1423 del 1956, assoggettate ancora  a  sanzioni
differenti, ma nel senso  opposto,  rispetto  a  quanto  accadeva  in
precedenza; 
        che, secondo il rimettente, la condotta posta in  essere  dai
soggetti di minore pericolosita' sociale e'  assoggettata  alla  piu'
grave sanzione  prevista  dal  secondo  comma  del  suddetto  art.  9
(reclusione da uno a  cinque  anni),  mentre  si  applica,  ai  sensi
dell'art.  15  del  codice  penale,  ai  soli  sorvegliati   speciali
indiziati di appartenere  ad  associazioni  mafiose,  e,  come  tali,
sottoposti alla misura  di  prevenzione,  la  disposizione  di  legge
speciale di cui all'art. 6 della legge n. 575 del 1975 (e con essa la
pena dell'arresto da sei mesi a tre anni); 
        che, ad avviso del giudice a quo,  nel  caso  di  specie,  si
realizza una valutazione difforme, a fini sanzionatori,  di  condotte
illecite «oggettivamente  identiche  e  soggettivamente  differenti»,
riservando un trattamento deteriore  a  quella  tra  le  due  ipotesi
caratterizzata da minore pericolosita' sociale dell'agente, ovvero il
sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale  di
pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno di cui all'art.  1  della
legge n. 1423 del 1956; 
        che, inoltre, il giudice a quo rileva come  l'art.  3,  primo
comma, Cost., imponga il bilanciamento tra le esigenze  di  sicurezza
da tutelare e il bene della liberta' personale, sicche', solo  quando
la pena  sia  stabilita  con  la  necessaria  proporzionalita',  essa
risponde alla funzione rieducativa di cui all'art. 27 Cost. 
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Caltanissetta   dubita,   in
riferimento agli articoli 3, primo comma, e 27,  terzo  comma,  della
Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  9,
secondo comma, della legge 27  dicembre  1956,  n.  1423  (Misure  di
prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e
per la pubblica moralita'), cosi' come  sostituito  dall'articolo  14
del decreto-legge 27 luglio 2005,  n.  144  (Misure  urgenti  per  il
contrasto   del   terrorismo   internazionale),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, nella parte in cui
prevede la pena della reclusione da uno a  cinque  anni  in  caso  di
inosservanza  degli  obblighi  e  delle  prescrizioni  inerenti  alla
sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno; 
        che il rimettente riferisce di essere  chiamato  a  giudicare
una persona imputata della contravvenzione di cui all'art. 116, comma
13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.  285  (  Nuovo  codice
della strada), cosi' come modificato dal decreto-legge 3 agosto 2007,
n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per
incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione),  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1 della legge 2 ottobre 2007, n. 160), e
del delitto di cui all'art. 9, primo e secondo comma, della legge  n.
1423 del 1956, cosi' come sostituito dall'art. 14  del  decreto-legge
n. 144 del 2005, convertito dalla legge n.  155  del  2005,  perche',
sottoposto alla misura della sorveglianza  speciale  con  obbligo  di
soggiorno nel comune di residenza, contravveniva alla prescrizione di
vivere onestamente e di rispettare le leggi, essendo stato colto alla
guida di un'autovettura senza avere conseguito la patente; 
        che il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale
della disposizione censurata in quanto, con riferimento alla condotta
consistente nella violazione della prescrizione di vivere onestamente
e rispettare le leggi, concretizzatasi nel  fatto  di  guidare  senza
avere conseguito la patente o con patente revocata o sospesa,  appare
irragionevole  che  detta   disposizione   preveda   un   trattamento
sanzionatorio piu' grave rispetto a quello  contemplato  dall'art.  6
della  legge  31  maggio  1965,  n.  575  (Disposizioni   contro   le
organizzazioni criminali  di  tipo  mafioso,  anche  straniere),  con
riferimento  alla  stessa  condotta  posta  in  essere  da   soggetti
sottoposti ad analoga misura di prevenzione, indiziati di appartenere
ad associazioni di tipo  mafioso  o  ad  altre  associazioni  di  cui
all'art. 1 della legge n. 575 del 1965; 
        che ad avviso del rimettente, dunque, nel caso di guida senza
avere conseguito la patente o con patente revocata o  sospesa,  posta
in essere da un soggetto sottoposto alla misura di prevenzione  della
sorveglianza  speciale  con  obbligo  di  soggiorno,   indiziato   di
appartenere ad associazioni mafiose o similari, ai sensi dell'art. 15
del codice penale deve  trovare  applicazione  la  sola  disposizione
speciale di cui all'art. 6 della legge n.  575  del  1965,  la  quale
prevede la pena dell'arresto da tre mesi a tre anni; 
        che,  inoltre,  secondo  il  giudice  a  quo  il  trattamento
sanzionatorio  previsto   dalla   disposizione   censurata   non   e'
proporzionato al disvalore del fatto e, quindi, si pone in  contrasto
con l'art. 27 Cost.; 
        che la questione e' manifestamente inammissibile; 
        che, infatti, il rimettente ha omesso di formulare un petitum
specifico,  lasciando  indeterminato  il  contenuto   dell'intervento
richiesto a questa Corte, essendosi  limitato  ad  affermare  la  non
ragionevolezza   del   trattamento   sanzionatorio   previsto   dalla
disposizione censurata a seguito della modifica apportata dal d.l. n.
144 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  155  del
2005 (ex multis: ordinanze n. 98 e n. 70 del 2009, n. 380  del  2008,
n. 35 del 2007); 
        che la manifesta inammissibilita' della questione deve essere
dichiarata   anche   in    considerazione    dell'erroneita'    della
ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale da  cui  muove
il rimettente; 
        che, infatti, il giudice  a  quo  erroneamente  ritiene  che,
quando la condotta di guida senza avere conseguito la patente, o  con
patente sospesa o revocata, sia stata commessa  dal  sottoposto  alla
sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, perche' indiziato  di
appartenere ad un'associazione di tipo  mafioso  o  similare  di  cui
all'art. 1 della legge n.  575  del  1965,  si  configuri,  ai  sensi
dell'art. 15 cod. pen., soltanto la fattispecie  di  cui  all'art.  6
della legge n. 575 del 1965 e non anche  la  piu'  grave  fattispecie
prevista dalla disposizione impugnata; 
        che, dunque, il rimettente ha escluso, senza  addurre  alcuna
motivazione, la configurabilita' del concorso formale (art. 81, primo
comma,  cod.  pen.)  tra  le  anzidette  fattispecie,  omettendo   di
considerare l'esplicito rinvio effettuato dall'art. 5 della legge  n.
575 del 1965 all'art. 9 della legge n. 1423 del 1956; 
        che, in tal senso, la Corte di cassazione ha affermato che in
tema di misure di prevenzione personali la condotta  di  guida  senza
patente, o  con  patente  revocata,  posta  in  essere  dal  soggetto
sottoposto con provvedimento definitivo alla  misura  di  prevenzione
della  sorveglianza  speciale  di  p.  s.,  da'  luogo  non  soltanto
all'autonomo reato punibile ai sensi dell'art. 6 della legge  n.  575
del 1965, ma anche al reato di cui all'art. 9, secondo  comma,  della
legge n. 1423 del  1956  (nella  piu'  severa  previsione  introdotta
dall'art. 14 del d.l. n. 144 del 2005, convertito dalla legge n.  155
del 2005), che non puo' ritenersi assorbito nel primo (Cass. sentenza
n. 8496 del 2009); 
        che, peraltro, anche volendo ritenere applicabile  la  regola
stabilita dall'art. 15 cod. pen., il giudicante ha omesso di indicare
i motivi in base ai quali ritiene che la  disposizione  speciale  sia
quella di cui all'art. 6 della legge n. 575 del 1965 e  non,  invece,
quella di cui all'art. 9, secondo comma,  della  legge  n.  1423  del
1956, nel testo sostituito dal citato art. 14, dal momento  che  tale
ultima disposizione si applica soltanto al soggetto  sottoposto  alla
sorveglianza speciale con obbligo o divieto di  soggiorno  e  non  ad
altre misure di prevenzione, come, invece, previsto dall'art. 6 della
legge n. 575 del 1965. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.