Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma  3,
lettera c), della legge della Regione Calabria 5 novembre 2009, n. 40
(Attivita'  estrattive  nel  territorio  della   Regione   Calabria),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato  il  28  dicembre  2009/4  gennaio  2010,  depositato   in
cancelleria il 5 gennaio 2010  ed  iscritto  al  n.  2  del  registro
ricorsi 2010. 
    Udito nella Camera di consiglio del 26  maggio  2010  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro. 
    Ritenuto  che  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  con
ricorso notificato il 28 dicembre 2009/4 gennaio 2010, depositato  il
5 gennaio 2010, ha proposto, in riferimento all'articolo 117, secondo
comma, lettera s),  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 3, lettera c),  della  legge  della
Regione Calabria 5 novembre 2009, n.  40  (Attivita'  estrattive  nel
territorio  della  Regione  Calabria),  pubblicata   nel   Bollettino
ufficiale  della  Regione  Calabria  del  31  ottobre  2009,  n.  20,
supplemento straordinario del 10 novembre 2009, n. 1; 
    che, ad avviso del ricorrente, il citato art. 2, comma 3, lettera
c), stabilendo che «appartengono alla  categorie  delle  cave»  anche
«gli altri materiali e le sostanze» «provenienti  da  riutilizzazioni
dei materiali lapidei di demolizione o di risulta o di  lavori  edili
stradali, in conformita' con quanto previsto dalle  norme  di  tutela
ambientale», renderebbe inapplicabile  a  detti  materiali,  in  modo
aprioristico e generico, la disciplina dei rifiuti  e,  comunque,  ne
limiterebbe l'ambito di applicabilita', ponendosi in contrasto con la
definizione di «rifiuto» stabilita dal decreto legislativo  3  aprile
2006,  n.  152  (Norme  in  materia   ambientale)   e,   «in   ambito
comunitario», dalla direttiva 2006/12/CE del 5 aprile 2006 (Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti); 
    che,  secondo  la  difesa  erariale,  l'oggetto  e  la  sfera  di
applicazione della parte IV del d.lgs. n.  152  del  2006,  «e  delle
altre   disposizioni   specifiche,   complementari,   particolari   e
speciali»,  sarebbe  «individuato  dalla  definizione   di   rifiuto,
congiuntamente alla disposizione che prevede i limiti di applicazione
della stessa», mentre l'art.  183,  comma  1,  lettera  a),  di  tale
decreto legislativo definisce rifiuto «qualsiasi sostanza od  oggetto
che rientra nelle categorie di cui all'allegato A alla  parte  quarta
del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso  o
abbia l'obbligo di  disfarsi»  e  l'art.  185  identifica  i  rifiuti
sottratti alla disciplina stabilita in detta  parte  IV,  nonche'  le
condizioni di esclusione, senza comprendere i materiali oggetto della
norma censurata, con previsione di carattere eccezionale, quindi  non
applicabile oltre i casi espressamente considerati; 
    che, pertanto, i materiali indicati nell'art. 2, comma 3, lettera
c), della legge regionale in esame rientrerebbero  nella  definizione
di rifiuto e  non  sarebbe  sufficiente  a  sottrarli  alla  relativa
disciplina la previsione della  «riutilizzazione  degli  stessi»,  in
virtu' di una nozione che sarebbe in  contrasto  con  quella  fornita
dalla Corte di giustizia delle Comunita' europee e dalla  Commissione
europea, in violazione dell'art. 117, primo comma,  Cost.  (parametro
questo indicato soltanto nella motivazione del ricorso); 
    che, infine, l'interpretazione restrittiva della  definizione  di
rifiuto offerta dalla norma impugnata contrasterebbe con il principio
di precauzione, favorendo il rischio di  una  gestione  incontrollata
dei  rifiuti,  con  pregiudizio  per  la  tutela   della   salute   e
dell'ambiente, poiche' i materiali indicati nella medesima potrebbero
essere considerati «sottoprodotti» soltanto  all'esito  di  un  esame
caso per caso ed in presenza  delle  condizioni  stabilite  dall'art.
183, comma 1, lettera p), del d.lgs. n. 152 del 2006, mentre la  loro
qualificazione come  rifiuto  non  escluderebbe  la  possibilita'  di
utilizzarli  in  attivita'  di  recupero  autorizzate  quali   quelle
previste dal decreto ministeriale 5 febbraio 1998 (Individuazione dei
rifiuti non pericolosi  sottoposti  alle  procedure  semplificate  di
recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del  decreto  legislativo  5
febbraio 1997, n. 22), nell'osservanza del medesimo; 
    che la Regione Calabria non si e' costituita in giudizio; 
    che, con atto notificato alla controparte  in  data  18/23  marzo
2010, depositato presso la cancelleria di questa Corte  il  24  marzo
2010, l'Avvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del
Consiglio dei ministri,  ha  dichiarato  di  rinunciare  al  presente
ricorso,  in  quanto,  come  indicato  nella  proposta  di   rinuncia
formulata dal Ministro per i rapporti con le Regioni,  approvata  dal
Consiglio dei ministri nella riunione del 12 marzo 2010,  la  Regione
Calabria, con legge 28 dicembre 2009, n. 53 (Modifica legge regionale
n. 40 del 2009, art. 2,  comma  3,  lettera  c,  recante:  «Attivita'
estrattive nel territorio della Regione Calabria»),  ha  abrogato  la
norma impugnata. 
    Considerato che, in mancanza di costituzione  in  giudizio  della
parte  resistente,  la  rinuncia  al  ricorso  determina,  ai   sensi
dell'art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale, l'estinzione  del  processo  (fra  le  piu'  recenti,
ordinanze n. 158 e n. 148 del 2010).