Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 83-undecies del
decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo
unico delle leggi per la composizione  e  la  elezione  degli  organi
delle Amministrazioni comunali), introdotto dall'art. 2  della  legge
23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni alle norme  sul  contenzioso
elettorale amministrativo),  promosso  dal  Tribunale  amministrativo
regionale della Liguria, nel procedimento vertente tra L.B. ed  altri
e l'Ufficio elettorale centrale ed altri, con ordinanza del 28 maggio
2009 iscritta al n. 222 del  registro  ordinanze  2009  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  37,  prima   serie
speciale, dell'anno 2009. 
    Visti l'atto di costituzione di L.B. ed altri, nonche' l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  giugno  2010  il   Giudice
relatore Sabino Cassese; 
    uditi  l'avvocato  Piergiorgio  Alberti  per  L.B.  ed  altri   e
l'avvocato dello Stato Claudio Linda per il Presidente del  Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sezione
seconda, con ordinanza del 28 maggio 2009, notificata  il  12  giugno
2009, ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
riferimento  agli  artt.  3,  24,  48,  49,  51,  97  e   113   della
Costituzione, dell'art. 83-undecies del decreto del Presidente  della
Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico  delle  leggi  per  la
composizione  e  la  elezione  degli  organi  delle   Amministrazioni
comunali), introdotto dall'art. 2 della legge 23  dicembre  1966,  n.
1147   (Modificazioni   alle   norme   sul   contenzioso   elettorale
amministrativo), nella  parte  in  cui  esclude  la  possibilita'  di
un'autonoma   impugnativa   degli   atti    endoprocedimentali    del
procedimento    elettorale,    ancorche'    immediatamente    lesivi,
anteriormente alla proclamazione degli eletti. 
    1.1. - Il Tribunale rimettente riferisce  che  i  ricorrenti  nel
giudizio principale  hanno  impugnato  -  in  qualita'  di  elettori,
delegati alla presentazione di lista e candidati  per  la  carica  di
Consigliere provinciale di Savona per la lista n. 12  denominata  «Il
Popolo della Liberta' - Berlusconi per Vaccarezza» - i  provvedimenti
con  cui  e'  stata  ricusata  la  lista  stessa  dalla  competizione
elettorale. In particolare, i ricorrenti hanno chiesto l'annullamento
degli atti impugnati con concessione  di  adeguate  misure  cautelari
provvisorie, atte a salvaguardare i  loro  diritti  elettorali  nelle
more della decisione nel merito. 
    Nel  giudizio  a  quo,  riporta  il  giudice  rimettente,  si  e'
costituita l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, la  quale
ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso. 
    1.2. - Il Tribunale rimettente rileva che,  successivamente  alla
decisione dell'Adunanza  plenaria  del  Consiglio  di  Stato  del  24
novembre 2005, n. 10, la giurisprudenza ha costantemente  escluso  la
possibilita' di un'autonoma impugnativa degli atti endoprocedimentali
del procedimento elettorale, anteriormente alla  proclamazione  degli
eletti, talche'  questa  interpretazione  dell'art.  83-undecies  del
d.P.R. n. 570 del 1960 costituirebbe ormai  una  «regola  di  diritto
vivente». 
    2. - La rilevanza della questione, sostiene  il  giudice  a  quo,
sarebbe evidente, dato che il ricorso ha  per  oggetto  gli  atti  di
ricusazione di una lista da una competizione elettorale che non si e'
ancora svolta. Il Tribunale  rimettente  osserva  che  l'applicazione
della  norma  della  cui  legittimita'   costituzionale   si   dubita
costringerebbe  il  giudice  «a  dichiarare  l'inammissibilita'   del
gravame   e   della   accessiva   istanza   cautelare,    precludendo
definitivamente  ai  ricorrenti  la   partecipazione   alla   attuale
competizione elettorale  con  conseguente  compressione  dei  diritti
elettorali costituzionalmente garantiti». 
    Il Tribunale rimettente, inoltre, rileva che il ricorso, al primo
esame consentito nella sede cautelare, evidenzia la  sussistenza  del
requisito del fumus  boni  iuris,  il  che  induce  ad  una  prognosi
favorevole sull'esito  del  gravame,  corroborando  ulteriormente  la
rilevanza della  questione.  L'applicazione  della  norma  censurata,
infatti, osserva il giudice a quo, condurrebbe  a  negare  la  tutela
cautelare, dichiarando l'inammissibilita' del ricorso in relazione ad
una pretesa, prima facie, fondata. Per queste ragioni,  il  Tribunale
rimettente, con l'ordinanza in epigrafe, da un lato,  ha  sospeso  il
giudizio e disposto l'immediata  trasmissione  degli  atti  a  questa
Corte,  e,  dall'altro,  ha  accolto  la   domanda   incidentale   di
sospensione del provvedimento di esclusione della lista  «ad  tempus,
fino alla restituzione degli atti del giudizio da parte  della  Corte
costituzionale». 
    3.  -  In  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  il   giudice
rimettente ritiene che l'art. 83-undecies del d.P.R. n. 570 del 1960,
limitando la proponibilita' del giudizio contro l'atto di  esclusione
o di ammissione di una lista o di un candidato alle  elezioni,  violi
gli artt. 3, 24, 48, 49, 51, 97 e 113 Cost. 
    3.1. - Ad avviso del Tribunale rimettente, gli  artt.  24  e  113
Cost. sarebbero violati, in primo luogo, in quanto  la  norma,  unico
caso  nell'ordinamento  di  preclusione   processuale   all'esercizio
dell'azione in presenza di fatto o evento lesivo,  costituirebbe  una
«limitazione  del  diritto  di  difesa   a   particolari   mezzi   di
impugnazione (e cioe' soltanto alla tutela di merito, con  esclusione
della tutela cautelare) ed a particolari categorie di atti  (e  cioe'
soltanto quelli  conclusivi  del  procedimento),  con  esclusione  di
quelli endoprocedimentali  immediatamente  lesivi,  posti  in  essere
prima della proclamazione degli eletti nell'ambito  del  procedimento
elettorale». In secondo luogo, la norma non consentirebbe  la  tutela
cautelare nel giudizio elettorale, impedendo l'esperibilita'  di  uno
strumento di tutela, componente essenziale  del  diritto  di  difesa,
senza che sussistano motivate  ed  effettive  ragioni  di  tutela  di
interessi    pubblici    prevalenti    su    quest'ultimo    diritto,
costituzionalmente garantito. 
    3.2. - Gli artt. 48, 49 e 51 Cost. sarebbero violati,  ad  avviso
del giudice a quo, con riguardo al diritto di  elettorato  passivo  e
attivo e al «diritto, connesso, di partecipare alla formazione  della
volonta' politica dei corpi amministrativi locali». In  questo  caso,
la  norma,  innanzitutto,  limiterebbe  il  risarcimento   in   forma
specifica   (costituito   dalla   partecipazione   al    procedimento
elettorale)  di  colui  o  coloro  i  quali  sono  stati   lesi   dal
provvedimento  illegittimo  dell'autorita'  al  solo  rinnovo   delle
operazioni elettorali,  non  consentendo  la  immediata  riammissione
dell'escluso o la immediata esclusione dell'ammesso dal  procedimento
elettorale. Inoltre, la reiterazione  delle  elezioni,  da  un  lato,
sarebbe «sicuramente un impegno ed un onere rilevante che gia' di per
se' incide, limitandolo senza  ragione,  sul  diritto  di  elettorato
passivo» e, dall'altro, determinerebbe una violazione del diritto  di
elettorato  attivo  a  causa  dell'impatto  negativo  in  termini  di
sfiducia  da  parte  degli  elettori  nei   confronti   del   sistema
elettorale, concorrendo a scoraggiare  l'affluenza  alle  urne  e  la
partecipazione al voto. Infine,  sotto  il  profilo  dell'eguaglianza
sostanziale  di  cui  all'art.  3  Cost.,  del  principio   di   pari
opportunita' nell'accesso alle cariche elettive e nell'esercizio  del
diritto di elettorato passivo, la norma  viene  censurata  in  quanto
«nelle more del giudizio, chi ha ottenuto la vittoria nelle  elezioni
invalide  continua  a  conservare  l'amministrazione  locale  per  un
determinato periodo di tempo (il tempo  necessario  a  concludere  il
processo), il che non e' ovviamente senza effetto sul  consolidamento
di posizioni di vantaggio politico ottenute a danno di chi da  quelle
elezioni e' stato illegittimamente escluso o, di chi, in esse, si  e'
dovuto confrontare - subendoli - con candidati o formazioni  che  non
avrebbero dovuto esservi ammessi». 
    3.3. - Il giudice rimettente lamenta, inoltre, la  lesione  degli
artt. 3 e 97 Cost. L'art. 3 Cost. viene invocato  per  irrazionalita'
della norma, disparita' di trattamento processuale  e  disparita'  di
trattamento sostanziale tra i candidati alle elezioni locali. Cio' in
quanto, in casi che, rispetto alla materia elettorale,  sarebbero  di
altrettanta gravita' ed importanza per l'interesse pubblico  ad  esse
connesso, verso «gli atti endoprocedimentali immediatamente lesivi e'
oggi possibile una intensa e  celere  tutela  sia  cautelare  che  di
merito, ed addirittura la tutela ante causam con la possibilita'  del
ricorso al decreto monocratico» di cui  all'art.  21  della  legge  6
dicembre 1971, n.  1034  (Istituzione  dei  Tribunali  amministrativi
regionali). La  norma,  quindi,  verrebbe  a  sacrificare  i  diritti
effettivi di difesa non  per  assicurare  la  corretta  consultazione
elettorale e la correlativa volonta' del corpo  elettorale,  ma  solo
per  garantire  la  cadenza  dei  tempi  procedurali  e  quindi,   in
definitiva,  per  tutelare  il  lavoro  e  l'attivita'  degli  organi
preposti al governo del procedimento elettorale medesimo. 
    Con  riguardo  all'art.  97  Cost,  in  primo  luogo,  la   norma
determinerebbe un «deficit di tutela cautelare» che  «impedisce  alle
parti di ottenere l'azione correttiva del giudice  quando  ancora  e'
possibile intervenire per ripristinare  la  legittimita'  dell'azione
amministrativa, a maggiore garanzia della  stabilita'  del  risultato
elettorale e degli organi eletti in carica». In  secondo  luogo,  «il
differire  l'impugnazione  degli  atti  endoprocedimentali  all'esito
della  competizione  elettorale  finisce  con  il  fare  gravare  con
assoluta  sicurezza  il   rischio   della   invalidita'   dell'intero
procedimento e della invalidita' dell'insediamento dei  nuovi  organi
rappresentativi, con necessita' di ricorrere a gestioni commissariali
che interrompono il naturale andamento del governo dell'ente locale». 
    4. - Con atto depositato il 6 ottobre 2009, si sono costituti  in
giudizio i ricorrenti nel  giudizio  principale,  chiedendo  che  sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale della norma censurata.  La
memoria di costituzione riporta, innanzitutto, che, a  seguito  della
ordinanza  del  giudice  rimettente,  la  lista  elettorale   n.   12
denominata «Il Popolo della Liberta' - Berlusconi per Vaccarezza»  e'
stata riammessa alle elezioni provinciali di Savona del 6 e 7  giugno
2009. All'esito di esse, e del successivo ballottaggio, il Presidente
dell'Ufficio elettorale centrale ha proclamato eletto alla carica  di
Presidente della Provincia di Savona il  sig.  Angelo  Vaccarezza  ed
eletti alla carica di consiglieri provinciali dieci  candidati  della
lista  n.  12,  tra  i  quali  uno  dei  tre  ricorrenti.  L'avvenuto
svolgimento della competizione elettorale, ad avviso dei  ricorrenti,
«non riverbera  sulla  fondatezza  della  questione»,  in  quanto  il
giudice a quo deve ancora pronunciarsi sul merito del ricorso. 
    I ricorrenti,  inoltre,  rilevano  che  la  norma  censurata  non
affermerebbe   in    maniera    inequivoca    l'inammissibilita'    o
l'improcedibilita' - ne' vieterebbe espressamente la  proposizione  -
del ricorso nei confronti  degli  atti  del  procedimento  elettorale
immediatamente  lesivi.  I  ricorrenti  aggiungono  che  la   formula
«operazioni per elezioni dei consiglieri  comunali»  dovrebbe  essere
riferita alle operazioni  elettorali  in  senso  stretto,  quali,  ad
esempio, lo scrutinio delle schede, il conteggio dei voti, il riparto
dei  seggi,  e  non  dunque  ai  provvedimenti  di  ammissione  o  di
esclusione delle liste elettorali.  Infine,  viene  ribadito  che  la
norma  censurata,  cosi'  come  interpretata   dalla   giurisprudenza
amministrativa e in particolare dall'Adunanza plenaria del  Consiglio
di Stato nella decisione n. 10 del  2005,  produrrebbe  l'effetto  di
comprimere il diritto - anch'esso costituzionalmente garantito  -  ad
ottenere un'adeguata e tempestiva tutela cautelare. 
    5. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale  sia
dichiarata inammissibile o, in subordine, manifestamente infondata. 
    La difesa dello Stato rileva, in primo luogo, che  il  giudice  a
quo,  in  sede  cautelare,  ha  ammesso  la   lista   in   questione,
disapplicando la norma censurata. La partecipazione alla competizione
elettorale avrebbe cosi' determinato il conseguimento dello scopo che
i ricorrenti  avevano  perseguito,  impugnando  il  provvedimento  di
esclusione,  e  avrebbe  ormai  esaurito  i  suoi  effetti  in   modo
irreversibile. Inoltre, essendosi svolte le elezioni  e  non  essendo
stata impugnata la pronuncia cautelare, ne' risultando proposte altre
impugnative avverso la proclamazione degli eletti volte a  contestare
l'irregolarita' della competizione a causa della partecipazione della
lista ammessa  in  sede  cautelare,  la  eventuale  dichiarazione  di
inammissibilita' dei ricorsi nel merito non potrebbe determinare  ne'
l'operativita' del provvedimento di esclusione,  ne'  la  ripetizione
della consultazione elettorale senza la partecipazione  della  lista.
Di conseguenza, ad avviso della Avvocatura generale dello  Stato,  la
questione sarebbe priva del requisito della rilevanza, come del resto
si sarebbe verificato in ipotesi analoga decisa da questa  Corte  con
l'ordinanza n. 90 del 2009. 
    Nel merito, la difesa dello  Stato  sostiene  la  non  fondatezza
della  questione.  Il  principio  secondo   cui   l'impugnazione   di
operazioni elettorali e' ammissibile solo dopo la proclamazione degli
eletti,  operante  anche  in  materia  di  elezioni  del   Parlamento
nazionale,  dei  membri  del  Parlamento  europeo  e   dei   Consigli
regionali, troverebbe fondamento nelle  esigenze  di  speditezza  del
procedimento elettorale sancite  dall'art.  61  Cost.  L'impugnazione
dell'atto finale, inoltre, tutelerebbe pienamente  le  posizione  dei
soggetti  che  dovessero  ritenersi  lesi  da  atti   intermedi   del
procedimento. Ne discende, pertanto, la  legittimita'  costituzionale
della disposizione, come interpretata  dalla  Adunanza  plenaria  del
Consiglio di Stato con la sentenza n. 10  del  2005,  posto  che  «la
scelta effettuata dal legislatore di concentrare tutte le impugnative
in una fase successiva allo svolgimento delle elezioni risponde anche
all'esigenza di evitare  la  proposizione  di  eventuali  impugnative
meramente strumentali e propagandistiche, senza per  questo  incidere
negativamente sui menzionati diritti costituzionali». 
    6. - In data 18 maggio 2010, i  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo
hanno depositato una memoria illustrativa, con la quale sono ribadite
sia la rilevanza che la fondatezza della questione. 
    6.1. - Quanto alla rilevanza, si assume che debba essere respinta
l'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla  Avvocatura  generale
dello  Stato,  dal  momento  che  il  giudice  a  quo   deve   ancora
pronunciarsi sul merito del ricorso. I ricorrenti, inoltre, riportano
che il verbale di  proclamazione  degli  eletti  e'  stato  impugnato
dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Liguria da alcuni
cittadini i quali hanno, tra l'altro,  contestato  la  partecipazione
alla tornata elettorale della lista n. 12 «Il Popolo della Liberta' -
Berlusconi per Vaccarezza». Con sentenza 21 gennaio 2010, n. 165,  il
Tar   Liguria,   sezione   seconda,   ha   dichiarato   inammissibile
l'impugnativa, non avendo i ricorrenti  instaurato  correttamente  il
contraddittorio. Tale pronuncia, si legge nella memoria, non  risulta
essere ancora passata in giudicato.  Ne  deriva,  pertanto,  che  «la
decisione  dell'incidente  di  costituzionalita'  e'  -  e  rimane  -
rilevante ai fini della definizione del giudizio a quo». 
    6.2. - Con riguardo alla fondatezza, i ricorrenti  contestano  la
posizione espressa dalla Avvocatura generale  dello  Stato,  in  base
alla quale la regola dell'impugnazione delle «operazioni  elettorali»
dopo la proclamazione degli eletti opererebbe anche per  le  elezioni
del Parlamento nazionale,  del  Parlamento  europeo  e  dei  Consigli
regionali. Queste disposizioni, infatti, si riferirebbero, ad  avviso
dei ricorrenti, all'impugnabilita' delle «operazioni elettorali», che
«costituiscono,   concettualmente,   qualcosa    di    diverso    dai
provvedimenti  di   esclusione   delle   liste   dalla   competizione
elettorale, con la conseguenza che le relative discipline processuali
non possono essere confuse o sovrapposte». Ad avviso dei  ricorrenti,
inoltre, il differimento dell'impugnativa ad  un  momento  successivo
alla proclamazione degli  eletti  non  sarebbe  un  mero  spostamento
temporale di quella stessa azione giurisdizionale che avrebbe  potuto
essere   esercitata   nell'immediatezza    dell'atto    lesivo,    ma
implicherebbe l'instaurazione  di  una  controversia  finalizzata  ad
ottenere  un  «bene  della  vita»  (il  rifacimento  delle  elezioni)
distinto  rispetto  a   quello   (riammissione   della   lista   alla
competizione elettorale) che si sarebbe chiesto se  si  fosse  potuto
contestare l'esclusione. 
    7. - In data 18 maggio 2010,  il  Presidente  dal  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha depositato  una  memoria  illustrativa,  con  la  quale  si
conferma la richiesta di una dichiarazione di inammissibilita' o,  in
subordine, di manifesta infondatezza della questione. La difesa dello
Stato  ribadisce  che  la  norma  censurata  non   escluderebbe   ne'
limiterebbe l'area di esercizio del potere cautelare,  ma  fisserebbe
«un criterio di accorpamento di tutte le impugnative riferibili  allo
stesso   procedimento   elettorale,   ragionevolmente    giustificato
dall'intendimento del legislatore di consentire lo svolgimento  della
consultazione  elettorale  nel  termine  stabilito».   In   generale,
l'Avvocatura generale dello Stato contesta  il  complessivo  impianto
argomentativo dell'ordinanza di rimessione. Infatti, il  legislatore,
dopo aver tracciato una procedura improntata ai criteri di accentuate
garanzie di imparzialita' e  di  obiettivita',  «avrebbe  volutamente
escluso la possibilita' di intervento e di coinvolgimento del  potere
giudiziario amministrativo, prima dell'atto finale delle elezioni, in
questioni connotate da caratteri eminentemente politici», perche' «un
intervento anticipato  degli  organi  giurisdizionali  amministrativi
potrebbe   provocare   artificiose   iniziative   finalizzate    alla
strumentalizzazione di eventuali provvedimenti  cautelari  favorevoli
o, comunque, necessitati rinvii delle  elezioni,  per  consentire  un
minimo  di  par  condicio  nella  campagna  elettorale  delle   liste
eventualmente riammesse negli ultimi giorni prima  delle  votazioni».
La possibilita' dell'intervento del giudice amministrativo nella fase
prodromica del procedimento elettorale -  conclude  la  difesa  dello
Stato  -  rischierebbe  di  creare  dubbi  ed  incertezze  nel  corpo
elettorale, che  costituisce  «il  primo  organo  costituzionale,  in
quanto titolare della sovranita' popolare», sicche' «anche per questa
ragione, la scelta del legislatore,  criticata  dal  giudice  a  quo,
risulta invece pienamente  giustificata,  razionale  e  corretta  sul
piano costituzionale». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sezione
seconda, con ordinanza del 28 maggio 2009, notificata  il  12  giugno
2009, ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
riferimento  agli  artt.  3,  24,  48,  49,  51,  97  e   113   della
Costituzione, dell'art. 83-undecies del decreto del Presidente  della
Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico  delle  leggi  per  la
composizione  e  la  elezione  degli  organi  delle   Amministrazioni
comunali), introdotto dall'art. 2 della legge 23  dicembre  1966,  n.
1147   (Modificazioni   alle   norme   sul   contenzioso   elettorale
amministrativo), nella  parte  in  cui  esclude  la  possibilita'  di
un'autonoma   impugnativa   degli   atti    endoprocedimentali    del
procedimento    elettorale,    ancorche'    immediatamente    lesivi,
anteriormente alla proclamazione degli eletti. 
    L'art. 83-undecies  prevede,  al  comma  primo,  che  «contro  le
operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali,  successive  alla
emanazione  del  decreto  di  convocazione  dei   comizi,   qualsiasi
cittadino elettore del Comune, o  chiunque  altro  vi  abbia  diretto
interesse, puo' proporre impugnativa  davanti  alla  sezione  per  il
contenzioso elettorale, con ricorso che deve essere depositato  nella
segreteria entro il termine  di  giorni  trenta  dalla  proclamazione
degli eletti». 
    Tale disposizione, secondo l'interpretazione assunta quale regola
di «diritto vivente» dal giudice rimettente, escluderebbe  l'autonoma
impugnabilita' di atti  del  procedimento  elettorale  immediatamente
lesivi,  come  l'esclusione  di  liste  o  di   candidati,   la   cui
legittimita'  potrebbe  cosi'  essere  contestata  solo  in  sede  di
impugnazione dell'atto conclusivo dell'intero  procedimento,  vale  a
dire  la  proclamazione  degli  eletti,  cosi'  impedendo  la  tutela
cautelare. 
    2.  -   Preliminarmente   vanno   disattese   le   eccezioni   di
inammissibilita' sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    2.1. - In primo luogo, non puo'  essere  accolta  l'eccezione  in
base alla quale, «essendosi svolte le elezioni e  non  essendo  stata
impugnata la  pronuncia  cautelare,  ne'  risultando  proposte  altre
impugnative avverso la proclamazione degli eletti volte a  contestare
l'irregolarita' della competizione a causa della partecipazione della
lista ammessa  in  sede  cautelare,  la  eventuale  dichiarazione  di
inammissibilita' del ricorso nel merito non potrebbe determinare  ne'
l'operativita' del provvedimento di esclusione,  ne'  la  ripetizione
della consultazione elettorale senza la partecipazione della  lista».
Il giudizio a quo, infatti, ha per oggetto gli atti di ricusazione di
una lista da una competizione  elettorale  che,  al  momento  in  cui
l'ordinanza di rimessione e' stata emessa, non si era ancora  svolta.
Pertanto, l'avvenuto svolgimento della competizione  elettorale,  con
la partecipazione della  lista  presentata  dai  ricorrenti,  non  ha
effetti sulla rilevanza della questione, in quanto il giudice a quo -
che  ha  sospeso  il  giudizio  in  sede  cautelare  -  deve   ancora
pronunciarsi sul merito del ricorso. 
    2.2. - In secondo luogo, non puo' ritenersi che il giudice a quo,
ammettendo la lista dei ricorrenti, abbia esaurito il proprio  potere
cautelare, rendendo cosi' inammissibile, per difetto di rilevanza, la
questione sollevata.  Secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,
infatti, «la potestas iudicandi non puo' ritenersi esaurita quando la
concessione della misura cautelare e' fondata, quanto al  fumus  boni
iuris,  sulla  non  manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, dovendosi in  tal  caso  la  sospensione
dell'efficacia del  provvedimento  impugnato  ritenere  di  carattere
provvisorio e temporaneo fino alla  ripresa  del  giudizio  cautelare
dopo l'incidente di legittimita' costituzionale» (ordinanza n. 25 del
2006). Nel caso in questione, il Tribunale rimettente ha concesso  la
misura cautelare nel presupposto  della  non  manifesta  infondatezza
della  questione  sollevata  e  «ad   tempus»,   ossia   «fino   alla
restituzione  degli  atti  del  giudizio   da   parte   della   Corte
costituzionale». Il giudice a  quo,  pertanto,  non  ha  esaurito  la
propria potestas iudicandi. 
    2.3. - La difesa dello Stato, inoltre, richiama l'ordinanza n. 90
del  2009,  con  cui  questa  Corte  ha   dichiarato   manifestamente
inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
83-undecies del d.P.R. n. 570 del 1960, ritenendo che  il  giudice  a
quo  non  avesse  dimostrato  la  rilevanza   della   questione,   in
considerazione  della  circostanza  che  i  ricorrenti  nel  giudizio
principale  avevano  ottenuto   «la   tutela   cautelare   contro   i
provvedimenti di esclusione,  con  conseguente  partecipazione  della
lista esclusa alla consultazione elettorale».  In  quella  occasione,
tuttavia, diversamente da quanto verificatosi nel presente  giudizio,
il Tribunale rimettente aveva sollevato la questione  nella  fase  di
merito e non in sede cautelare. 
    Con l'ordinanza n. 90 del 2009, questa Corte  ha  rilevato  anche
che lo stesso giudice a quo aveva posto in dubbio l'esistenza  di  un
diritto vivente che precludesse l'impugnabilita' immediata degli atti
endoprocedimentali  in  materia  elettorale,  ancorche'   lesivi   di
situazioni   soggettive   di   privati.   Cio'   non   si   riscontra
nell'ordinanza di rimessione relativa  al  presente  giudizio,  nella
quale il Tribunale  rimettente  sostiene,  in  modo  plausibile,  che
l'interpretazione fornita dall'Adunanza  plenaria  del  Consiglio  di
Stato e' regola di diritto vivente, e per questo solleva la questione
di legittimita' costituzionale dinanzi a questa Corte. 
    Anche   in   sede   legislativa,   del   resto,   successivamente
all'ordinanza n. 90 del 2009, l'interpretazione della norma censurata
fornita dalla decisione n. 10 del 2005 della  Adunanza  plenaria  del
Consiglio di Stato e' stata intesa quale regola di «diritto vivente»,
tanto che ne e' stata proposta una modifica parziale:  lo  schema  di
Codice del processo amministrativo trasmesso alla Camera dei deputati
il 30 aprile  2010,  sulla  base  della  delega  legislativa  di  cui
all'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69  (Disposizioni  per  lo
sviluppo economico, la semplificazione,  la  competitiva  nonche'  in
materia di processo  civile),  prevede,  da  un  lato,  l'abrogazione
dell'art. 83-undecies del d.P.R. n. 570 del 1960  (All.  4,  art.  2,
comma 1, lett.  b),  e,  dall'altro,  la  possibilita'  di  impugnare
immediatamente l'ammissione o la esclusione delle  liste  elettorali,
senza attendere la proclamazione degli eletti (art. 129).  Il  citato
art. 44 della legge n. 69 del 2009, infatti, ha delegato il Governo a
«razionalizzare  e  unificare  le  norme  vigenti  per  il   processo
amministrativo   sul   contenzioso    elettorale,    prevedendo    il
dimezzamento,  rispetto  a  quelli  ordinari,  di  tutti  i   termini
processuali, il deposito  preventivo  del  ricorso  e  la  successiva
notificazione in entrambi i gradi [...], mediante la previsione di un
rito abbreviato in camera di consiglio che  consenta  la  risoluzione
del  contenzioso   in   tempi   compatibili   con   gli   adempimenti
organizzativi  del  procedimento  elettorale  e  con   la   data   di
svolgimento delle elezioni». 
    3. - Nel merito, la questione e' fondata. 
    Secondo  quanto  affermato  da  questa  Corte,   il   potere   di
sospensione dell'esecuzione  dell'atto  amministrativo  e'  «elemento
connaturale» di  un  sistema  di  tutela  giurisdizionale  incentrato
sull'annullamento  degli   atti   delle   pubbliche   amministrazioni
(sentenza n. 284 del 1974). Nel caso in questione, la  posticipazione
dell'impugnabilita' degli atti di esclusione di liste o candidati  ad
un momento successivo allo svolgimento  delle  elezioni  preclude  la
possibilita' di una  tutela  giurisdizionale  efficace  e  tempestiva
delle situazioni soggettive immediatamente lese  dai  predetti  atti,
con conseguente violazione degli artt. 24 e 113 Cost. Infatti,  posto
che l'interesse  del  candidato  e'  quello  di  partecipare  ad  una
determinata  consultazione  elettorale,  in  un   definito   contesto
politico e  ambientale,  ogni  forma  di  tutela  che  intervenga  ad
elezioni concluse appare inidonea ad  evitare  che  l'esecuzione  del
provvedimento  illegittimo  di  esclusione  abbia,   nel   frattempo,
prodotto un pregiudizio. 
    3.1. - Una simile compressione della tutela  giurisdizionale  non
puo' trovare giustificazione nelle peculiari  esigenze  di  interesse
pubblico che caratterizzano il procedimento in materia elettorale.  A
tal riguardo, e' necessario distinguere tra procedimento preparatorio
alle elezioni, nel quale e' inclusa la fase dell'ammissione di  liste
o di candidati, e procedimento elettorale, comprendente le operazioni
elettorali e la  successiva  proclamazione  degli  eletti.  Gli  atti
relativi   al   procedimento   preparatorio   alle   elezioni,   come
l'esclusione di liste o di candidati, debbono poter essere  impugnati
immediatamente,   al   fine   di   assicurare   la    piena    tutela
giurisdizionale, ivi inclusa quella cautelare, garantita dagli  artt.
24 e 113 Cost. Lo stesso legislatore, del resto, con la  disposizione
dell'art. 44 della legge n. 69 del 2009, ha delegato  il  Governo  ad
adottare norme che consentano l'autonoma  impugnabilita'  degli  atti
cosiddetti endoprocedimentali  immediatamente  lesivi  di  situazioni
giuridiche soggettive. 
    3.2. - Ne' puo' accogliersi la tesi, sostenuta dalla difesa dello
Stato, in base alla quale la  regola  della  non  impugnabilita'  dei
provvedimenti  di   esclusione   delle   liste   elettorali   sarebbe
necessariamente imposta dalle esigenze di speditezza del procedimento
elettorale   sancite   dall'art.   61   Cost.    Tale    disposizione
costituzionale si riferisce alle elezioni delle Camere e non  afferma
espressamente  un  principio  di  speditezza,  ne'  tanto  meno   una
prevalenza di detto principio sul diritto, garantito dagli artt. 24 e
113 Cost., a una tutela giurisdizionale piena e tempestiva contro gli
atti della pubblica amministrazione. 
    3.3. - Deve rilevarsi, inoltre,  che  gli  artt.  6  e  13  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto
1955, n. 848, riconoscono, tra l'altro,  un  diritto  ad  un  ricorso
effettivo, che verrebbe vanificato  laddove  l'art.  83-undecies  del
d.P.R.  n.  570  del  1960  fosse  inteso  nel  senso  di   escludere
l'impugnabilita'  immediata  degli  atti  relativi  al   procedimento
preparatorio  alle  elezioni,  come  l'esclusione  di  liste   o   di
candidati, che siano immediatamente lesivi di  situazioni  giuridiche
soggettive. 
    3.4. - Ne' puo' sostenersi, infine, la tesi  della  difesa  dello
Stato in base alla quale la possibilita' dell'intervento del  giudice
amministrativo  nella  fase  iniziale  del  procedimento   elettorale
rischierebbe  di  creare  incertezze  nel   corpo   elettorale,   che
costituisce «il primo organo costituzionale, in quanto titolare della
sovranita'  popolare».  A  prescindere  dalla  circostanza   che   la
sovranita' popolare e' esercitata «nelle forme  e  nei  limiti  della
Costituzione»  (art.  1,  secondo   comma,   Cost.),   il   sindacato
giurisdizionale  sugli  atti  immediatamente   lesivi   relativi   al
procedimento preparatorio  alle  elezioni  rappresenta  una  garanzia
fondamentale per tutti i cittadini. In  un  ordinamento  democratico,
infatti, la regola di diritto deve  essere  applicata  anche  a  tali
procedimenti e, a questo fine, e' essenziale  assicurare  una  tutela
giurisdizionale piena e tempestiva, nel rispetto degli artt. 24 e 113
Cost. 
    4.  -  Va  quindi  dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 83-undecies del decreto del Presidente della Repubblica  16
maggio 1960, n. 570, introdotto dall'art. 2 della legge  23  dicembre
1966, n.  1147,  nella  parte  in  cui  esclude  la  possibilita'  di
un'autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle
elezioni,  ancorche'  immediatamente   lesivi,   anteriormente   alla
proclamazione degli eletti. 
    Restano assorbiti gli ulteriori profili di  censura  dedotti  dal
giudice rimettente.