SENTENZA 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  l,  comma  1,
della  legge  della  Regione  Abruzzo  26  settembre  2009,   n.   19
(Integrazioni alla legge regionale 31 luglio  2007,  n.  32,  recante
«Norme  generali  in  materia   di   autorizzazione,   accreditamento
istituzionale e accordi  contrattuali  delle  strutture  sanitarie  e
socio-sanitarie pubbliche e private»), promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il  27  novembre  -  1°
dicembre 2009, depositato  in  cancelleria  il  3  dicembre  2009  ed
iscritto al n. 103 del registro ricorsi 2009. 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  giugno  2010  il   Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    Udito l'avvocato dello Stato Enrico Arena per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso  spedito  per  la  notifica  il  27  novembre  e
depositato il successivo 3 dicembre 2009, il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato,  ha
promosso,  in  riferimento   all'art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  l,
comma 1, della legge della Regione Abruzzo 26 settembre 2009,  n.  19
(Integrazioni alla legge regionale 31 luglio  2007,  n.  32,  recante
«Norme  generali  in  materia   di   autorizzazione,   accreditamento
istituzionale e accordi  contrattuali  delle  strutture  sanitarie  e
socio-sanitarie pubbliche e private»). 
    1.1. - Il ricorrente, dopo aver ricordato che l'art. 2, comma  2,
della legge della Regione  Abruzzo  31  luglio  2007,  n.  32  (Norme
generali in materia di autorizzazione, accreditamento istituzionale e
accordi contrattuali  delle  strutture  sanitarie  e  socio-sanitarie
pubbliche e private), prima dell'attuale integrazione, prevedeva alla
lettera a) il non assoggettamento ad autorizzazione solo degli «studi
dei medici di medicina generale  e  pediatri  di  libera  scelta  che
rispondono a  requisiti  stabiliti  dai  vigenti  accordi  collettivi
nazionali», fa presente che la norma regionale  censurata  stabilisce
che all'art. 2, comma 2, lettera a), della citata legge regionale  n.
32 del 2007, dopo le parole «collettivi nazionali», sono aggiunte  le
parole «gli studi privati medici e odontoiatrici  che  non  intendono
chiedere l'accreditamento istituzionale», estendendo, quindi, anche a
questa ipotesi l'esonero dal sistema autorizzatorio. 
    Secondo il Governo, l'art. 1, comma 1, della legge della  Regione
Abruzzo  n.  19  del  2009,  di  conseguenza,  sarebbe  da   ritenere
costituzionalmente illegittimo, in  quanto -  escludendo  dal  regime
dell'autorizzazione «gli studi privati medici  ed  odontoiatrici  che
non intendono chiedere l'accreditamento istituzionale» -  eccederebbe
dalla competenza concorrente regionale in  materia  di  tutela  della
salute, ex art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Per il ricorrente, la disposizione regionale impugnata verrebbe a
violare, in particolare, gli artt. 8, comma 4, e  8-ter  del  decreto
legislativo del 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino  della  disciplina
in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre
1992,  n.  421),  secondo  i  quali  tutti   gli   studi   medici   e
odontoiatrici, per la peculiarita' dell'attivita' posta in essere  e,
comunque,  ove  debbano  essere  erogate  «prestazioni  di  chirurgia
ambulatoriale o procedure diagnostiche  di  particolare  complessita'
che comportino un rischio per  la  sicurezza  del  paziente»,  devono
essere autorizzati previa verifica del possesso dei requisiti fissati
con il d.P.R. 14 gennaio  1997  recante  «Approvazione  dell'atto  di
indirizzo e coordinamento alle regioni e alle  province  autonome  di
Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici
ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attivita' sanitarie  da
parte delle  strutture  pubbliche  e  private  (previsioni  rilevanti
relative  agli  ambulatori)»,  emanato  d'intesa  con  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni,  e  le  Province
autonome. 
    Sempre a detta del ricorrente,  il  rispetto  delle  prescrizioni
richiamate dal legislatore statale e', difatti,  «indispensabile  per
assicurare livelli  essenziali  di  sicurezza  e  di  qualita'  delle
prestazioni  in  ambiti  nei  quali  il  possesso   della   dotazione
strumentale e la sua  corretta  gestione  e  manutenzione  assum[ono]
preminente interesse per assicurare l'idoneita' e la sicurezza  delle
cure». 
    1.2. - Inoltre, la norma regionale in  esame  verrebbe  anche  ad
incidere sui poteri conferiti dal Governo al Commissario ad acta  con
delibera dell'11 settembre 2008, per la realizzazione  del  Piano  di
rientro dai disavanzi del settore sanitario  della  Regione  Abruzzo,
dal momento che uno degli interventi  «prioritari»  per  il  suddetto
rientro dovra' essere proprio quello relativo  «all'attuazione  della
normativa statale in  materia  di  autorizzazioni  ed  accreditamenti
istituzionali,   mediante   adeguamento   della   vigente   normativa
regionale». 
    La disposizione in  oggetto,  dunque,  anche  per  questo  verso,
eccederebbe  la  competenza  regionale  concorrente  attribuita  alla
Regione in materia dall'art. 117, terzo comma, Cost. 
    2. - La Regione Abruzzo non si e' costituita. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  promosso,  in
riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale dell'art.  l,  comma  1,  della  legge
della Regione Abruzzo 26 settembre 2009,  n.  19  (Integrazioni  alla
legge regionale 31 luglio 2007,  n.32,  recante  «Norme  generali  in
materia di autorizzazione,  accreditamento  istituzionale  e  accordi
contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche  e
private»). 
    1.1. - L'art. 1, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n. 19
del 2009, secondo il ricorrente, nella  parte  in  cui -  modificando
l'art. 2, comma 2, della legge della Regione Abruzzo n. 32 del 2007 -
esclude  dal  regime  dell'autorizzazione  ivi  previsto  «gli  studi
privati  medici  ed  odontoiatrici   che   non   intendono   chiedere
l'accreditamento istituzionale», violerebbe l'art. 117, terzo  comma,
Cost.  Esso,  infatti,  si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi
fondamentali desumibili dagli artt. 8, comma 4, e 8-ter  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino  della  disciplina  in
materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge.  23  ottobre
1992, n. 421), secondo i quali «gli studi medici e odontoiatrici  ove
attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero
procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare  complessita'  o
che comportino un rischio  per  la  sicurezza  del  paziente»  devono
essere  autorizzati,  previa  verifica  del  possesso  dei  requisiti
fissati con il d.P.R. 14  gennaio  1997  (Approvazione  dell'atto  di
indirizzo e coordinamento alle regioni e alle  province  autonome  di
Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed
organizzativi minimi per l'esercizio  delle  attivita'  sanitarie  da
parte delle strutture  pubbliche  e  private).  Inoltre  la  suddetta
disposizione verrebbe ad incidere sui poteri conferiti dal Governo al
Commissario ad acta, con delibera  dell'11  settembre  2008,  per  la
realizzazione  del  Piano  di  rientro  dai  disavanzi  del   settore
sanitario  della  Regione  Abruzzo,  dato  che   la   materia   degli
accreditamenti e dell'autorizzazione e' proprio uno  dei  settori  di
intervento previsti dal suddetto piano. 
    2.- La questione e' fondata. 
    2.1. -  A  prescindere  dall'eventuale  incidenza   della   norma
censurata  sui  poteri  conferiti  al  Commissario  ad  acta  per  la
realizzazione del Piano di  rientro  del  disavanzo  sanitario  della
Regione  Abruzzo,  una  questione   simile   a   quella   attualmente
prospettata  ha  formato  oggetto  del   giudizio   di   legittimita'
costituzionale, definito con la sentenza n.  150  del  2010,  con  la
quale e' stata dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
3, della legge della Regione Puglia  23  dicembre  del  2008,  n.  45
(Norme in materia sanitaria), disposizione che  -  analogamente  alla
norma regionale qui denunciata - prevedeva  l'esclusione  dal  regime
dell'autorizzazione  per  gli  studi   medici   e   per   gli   studi
odontoiatrici privati che non intendevano chiedere  l'accreditamento,
in difformita' da quanto stabilito dall'art. 8, comma 4, e  dall'art.
8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    In tale occasione, questa Corte  ha  rilevato,  difatti,  che  la
disposizione   regionale   impugnata   disattendeva   il    principio
fondamentale dettato dagli artt. 8, comma 4, e 8-ter  del  d.lgs.  n.
502  del  1992,  i  quali  stabiliscono   la   necessita'   di   tale
autorizzazione per gli studi medici ed odontoiatrici privati al  fine
di «assicurare livelli essenziali di sicurezza e  di  qualita'  delle
prestazioni,  in  ambiti  nei  quali  il  possesso  della   dotazione
strumentale e la sua  corretta  gestione  e  manutenzione  assum[ono]
preminente interesse per assicurare l'idoneita' e la sicurezza  delle
cure», non rispettando, in tal modo, i limiti imposti dall'art.  117,
terzo comma, della Costituzione in materia di tutela della salute. 
    Infatti, sempre secondo quanto ritenuto nella suddetta decisione,
«se  e'  condivisibile  che  la  competenza  regionale  in  tema   di
autorizzazione e vigilanza delle istituzioni sanitarie  private  vada
inquadrata nella  potesta'  legislativa  concorrente  in  materia  di
tutela della salute (di cui all'art. 117, comma terzo, Cost.), resta,
comunque, [...] precluso alle Regioni di derogare a norme statali che
fissano principi fondamentali»; ne' assume rilievo «(l)a  circostanza
che queste strutture non abbiano l'accreditamento presso il  servizio
sanitario nazionale» perche' tale elemento «non incide  sul  tipo  di
prestazioni che esse vengono ad erogare». 
    2.2. -  Tale   orientamento,   per   l'assoluta   identita'   dei
presupposti e della ratio, deve essere nella  specie  confermato  con
conseguente  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della
norma regionale qui impugnata.