IL GIUDICE DI PACE 
 
    Nella causa civile iscritta al n. 281/C/2010 nel  Ruolo  Generale
per gli Affari Contenziosi, con ricorso depositato in data 4 febbraio
2010, e pendente tra: 
    Fabio Passini, assistito dall'avv. Sheila Davi contro  il  Comune
di Calto (Rovigo). 
    Avente ad oggetto: ricorso ex art. 22 e segg. L. n. 689/1981, per
l'annullamento previa sospensione dell'esecutivita', del  verbale  di
contestazione X-1004901 elevato dalla Polizia Locale di Calto  il  15
ottobre 2009 e notificato il 7 dicembre 2009, ricorso che di  seguito
si trascrive integralmente. 
    Il sig. Passini Fabio, nato a Trecenta (Rovigo),  il  13  ottobre
1976,  residente  in  Ficarolo  (Rovigo)  via  E.  Figlioli  n.   19,
proprietario  del  veicolo  tg.  CN610SL,  rappresentato   e   difeso
dall'Avv. Sheila Davi ed elettivamente domiciliato presso  lo  studio
dell'Avv. Vanni Marangoni sito in Occhiobello, via Eridania n.  111/B
e' come mandato steso a margine del presente atto. 
 
                            Premesso che: 
 
    in  data  7  dicembre  2009  veniva  ritualmente  notificato   al
ricorrente, a mezzo di raccomandata a.r., il verbale di  accertamento
n. X-1004901/2009 -  Prot.  904901  della  Polizia  Locale  di  Calto
(Rovigo) del 15 ottobre 2009 che in copia si allega (doc. 1); 
    nel  predeto  verbale  e'  contenuta   la   contestazione   della
violazione dell'art. 142, comma 8, del Codice della  Strada  rilevata
mediante Traffiphot III SR - Photo R & V in via  Eridania  km  24+800
del comune di Calto (Rovigo), alle ore 15.29 dell'11 agosto 2009; 
    nel medesimo verbale si legge che  la  violazione  non  e'  stata
immediatamente contestata  per  la  seguente  causa:  «l'accertamento
dell'infrazione e' avvenuto nelle previsioni  di  cui  all'art.  201,
comma bis, comma 1-ter del Codice della Strada»; 
    il  verbale  impugnato  comporta  l'applicazione  della  sanzione
amministrativa di  € 155,00  e  la  decurtazione  di  punti  5  della
patente; 
    in  assenza  dell'immediata  contestazione,  il  verbale   veniva
recapitato all'intestatario del veicolo in questione; 
    ne deriva l'impossibilita'  per  il  ricorrente  di  indicare  le
generalita'  del  conducente  ai  fine   della   sua   inequivocabile
identificazione, in quanto il veicolo  in  oggetto  viene  utilizzato
anche da altre persone; 
 
                               Espone 
 
    1) Illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  212  della
legge 23 dicembre 2009, n. 191 per violazione  degli  artt.  3  e  24
della Costituzione relativo al pagamento del contributo unificato. 
    Come noto, l'art. 2 al comma 212 della legge 23 dicembre 2009, n.
191 (Legge finanziaria 2010) ha introdotto il comma 6-bis nel decreto
del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002,  n.  115,  prevedendo
l'obbligo del pagamento del contributo unificato pari a € 30,00 oltre
ad € 8,00 per bollo, in caso di proposizione di un ricorso avanti  al
Giudice di Pace avverso verbali comminanti sanzioni amministrative ex
articolo 23 della  legge  24  novembre  1981,  n.  689  e  successive
modificazioni. 
    E' evidente, che tale previsione ha  generato,  in  sordina,  una
nuova  tassa,  in  palese  violazione  degli  art.  3  e   24   della
Costituzione. Per fare un semplice  esempio,  infatti,  un  cittadino
erroneamente o illegittimamente sanzionato dalla  Polizia  Municipale
per aver omesso di reiterare il pagamento della sosta sulle  «strisce
blu» la cui sanzione amministrativa prevista dal Codice della  Strada
e' pari ad appena 22,00 euro, dovra' pagarne ben euro 38,00 per poter
proporre ricorso innanzi al Giudice di Pace, con cio'  evidenziandosi
un'evidente sproporzione tra il valore della controversia e le  spese
che devono in ogni caso essere anticipate dal ricorrente, confermando
la violazione del principio di ragionevolezza scaturente dall'art.  3
della Costituzione. La  norma  introdotta  dalla  legge  finanziaria,
peraltro, mina sostanzialmente anche il diritto alla  difesa  di  cui
all'art. 24, che si assume anch'esso violato dei soggetti  sanzionati
i quali saranno senz'alcun  dubbio  disincentivati  a  presentare  un
ricorso il cui costo anticipato potrebbe essere  in  gran  parte  dei
casi inferiore al valore della sanzione. 
    E' dunque evidente come l'onere imposto con la finanziaria  2010,
relativo al pagamento  del  contributo  unificato  a  carico  di  chi
intenda proporre un ricorso avverso sanzioni  amministrative  non  e'
volto ad assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme  alla
sua funzione, bensi' a  precludere  o  ad  ostacolare  gravemente  la
tutela giurisdizionale del cittadino: ne consegue che  quelle  norme,
volte a precludere la  tutela  giurisdizionale  dei  propri  diritti,
anche  a  mezzo  di  ostacoli  di  natura  economica,  devono  essere
dichiarate incostituzionali (C. Cost. 522  del  2002  e  n.  333  del
2001). 
    Imporre  il  pagamento  di  un  contributo   unificato,   implica
discriminazione nei confronti dei soggetti privi  di  adeguati  mezzi
economici, ostacolati nell'esercizio del loro  diritto  di  agire  in
giudizio. 
    E'  pur  vero  che   il   soggetto   destinatario   di   sanzione
amministrativa potra' comunque rivolgersi al  Prefetto,  ma  in  tale
modo si intende  vincolare  ancora  di  piu'  l'accesso  alla  tutela
giurisdizionale alla capacita' economica del singolo individuo. 
    Per  queste  ragioni,  ritenuto  che   tale   provvedimento   sia
incostituzionale  per  la  violazione  degli  artt.  3  e  24   della
Costituzione,  in   quanto   creerebbe   un   iniquo,   evidente   ed
irragionevole squilibrio fra Enti  o  pubbliche  amministrazioni  con
poteri sanzionatori da una parte e cittadini dall'altra,  violando  e
vulnerando, quindi,  il  diritto  alla  difesa  di  quest'ultimi,  la
sottoscritta difesa, che  pertanto  non  provvede  al  pagamento  del
contributo unificato, ritiene che la norma di cui all'art. 2 al comma
212 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 sia palesemente  illegittima
costituzionalmente, tanto da rendersi necessaria la sua  abrogazione,
con necessaria rimessione della questione alla Corte  Costituzionale,
essendo la stessa non manifestamente infondata e  rilevante  ai  fini
della definizione del giudizio incardinato. 
    2) Illegittimita' del verbale per violazione di legge. 
    Nel verbale impugnato gli agenti accertatori danno atto  di  aver
posizionato il cartello  indicante  il  controllo  elettronico  della
velocita'. Invero alcuna prova e' stata  fornita  in  relazione  alla
visibilita'   delle   stesso,   in   quanto   sufficiente   il   mero
posizionamento del predetto cartello, ma e' necessario che lo  stesso
possa essere percepito visivamente da chiunque si trovi a  transitare
nel tratto di strada in oggetto. In  mancanza,  l'accertamento  della
violazione e' da ritenersi illegittimo e conseguentemente il  verbale
deve essere annullato. 
    Il verbale oggetto del presente  ricorso  e  inoltre  viziato  in
quanto non reca la data della notifica, elemento  essenziale  per  la
validita' dell'atto.  Come  emerge  dalla  lettura  della  relata  di
notifica viene infatti indicato in modo generico  il  riferimento  al
timbro postale. 
    Ed invero la Suprema Corte ha  affermato,  in  tema  di  sanzioni
amministrative, che la notificazione  degli  estremi  dell'infrazione
effettuata da un funzionario dell'amministrazione che l'ha  accertata
come consentito ex art. 14, comma  4,  legge  n.  689/1981,  comporta
l'osservanza delle prescrizioni di  legge  del  codice  di  procedura
civile e dunque dell'art.  149  c.p.c.  consistente  nella  redazione
della relazione di notifica con menzione della data della notifica. 
    Solo con la relata di notifica puo' essere fornita la prova della
provenienza dell'atto da notificare, altrimenti l'amministrazione  si
trova  nell'impossibilita'  di  dimostrare  la  contestazione   della
violazione  con  conseguente  estinzione  del  credito  da   sanzione
amministrativa (Cass. 9544/1992). 
    Ma non basta, la  Suprema  Corte  afferma  inoltre  l'inesistenza
della notificazione quando difettino gli elementi caratteristici  del
modello delineato dalla legge (Cass. 14436/2006). 
    Inoltre nel caso di specie il  verbale  di  accertamento  non  e'
stato   inviato   in   piego   raccomandato   avendo   la    pubblica
amministrazione semplicemente inviato un documento redatto  in  forma
meccanizzata  posto  all'interno  di  una  busta   verde   con   cio'
determinando l'assoluta incertezza in merito alla data di  spedizione
che non appare in alcun punto  del  documento  inserito  nella  busta
recapitata. 
    In  conclusione,  l'assenza  dell'indicazione   della   data   di
notifica, rende l'atto nullo e  dunque  il  verbale  e  da  ritenersi
illegittimo. 
    3) Illegittimita' del verbale per mancanza della prova in  ordine
alla corretta taratura della strumentazione utilizzata. 
    La  mancata   contestazione   immediata   della   violazione   ha
determinato  una  palese  violazione  delle  garanzie  difensive  del
presunto trasgressore. Le  modalita'  seguite  per  la  contestazione
della violazione, a  mezzo  di  notifica,  non  hanno  assicurato  la
effettiva   possibilita'   del   contraddittorio   fra    le    parti
nell'immediatezza  del  fatto   (contraddittorio   costituito   dalle
dichiarazioni  ed  eventuali  contestazioni  dell'interessato)  quale
espressione del diritto di difesa che il secondo comma  dell'art.  24
Cost.  garantisce  in  ogni  stato  e  grado  del  procedimento.   Il
conducente non ha pertanto avuto la possibilita' di svolgere  la  sua
immediata  difesa   e   rilasciare   alcuna   dichiarazione   a   sua
giustificazione.  Nel  verbale  di  contestazione  non  sono  infatti
indicate le generalita' del conducente, a riprova del  mancato  fermo
del veicolo ad allo stato attuale non e'  possibile  individuare  chi
fosse  alla  guida  dell'autovettura.   La   compressione   di   tale
fondamentale diritto non puo' avvenire sulla base di un  accertamento
che non sia assolutamente attendibile. 
    La  Suprema  Corte  ha   sempre   ribadito   che   l'accertamento
dell'infrazione deve essere il risultato di  indagini  finalizzate  a
verificare  la  sussistenza  di  tutti  gli  elementi   oggettivi   e
soggettivi dell'infrazione, e non puo'  pertanto  consistere  in  una
generica  ed  approssimata  percezione  della  commissione   di   una
violazione (Cass. 2926/1994). Se ne desume dunque  la  necessita'  di
svolgere un completo e  rigoroso  accertamento  prima  di  contestare
l'infrazione,    consistente    tra    l'altro     nella     verifica
dell'attendibilita' dei dati registrati dallo  strumento  elettronico
utilizzato, il Traffiphot III SR; 
    Orbene   il   sottoscritto    difensore    sostiene    l'assoluta
inattendibilita'  della  misurazione  della  velocita'  rilevata  dal
Traffiphot III SR, non risultando agli atti il compimento  di  idoneo
procedimento di taratura da parte di terzi  che  non  abbiano  dunque
alcun interesse nel rilascio del richiesto certificato di taratura. 
    Non  deve  infatti  ritenersi  sufficiente  il   compimento   del
procedimento di taratura compiuto dalla  medesima  ditta  produttrice
dell'apparecchio  di  accertamento  della  velocita'  in  quanto   in
evidente conflitto di interessi; in assenza  dunque  di  tale  idonea
procedura,  la  misurazione  della  velocita'  risulta  assolutamente
inattendibile e non idonea a provare la fondatezza  dell'accertamento
amministrativo. 
    Nel caso di specie, si evince che la  presunta  taratura  non  e'
stata  compiuta  da  un   centro   autorizzato   secondo   le   norme
internazionali Uni En 30012. 
    Non vi e' prova, allo stato, che l'apparecchiatura  sottoposta  a
controllo da parte della Tesi Srl, citata dal Comune  di  Calto,  sia
esattamente quella utilizzata  per  il  presunto  accertamento  della
violazione amministrativa contestata. 
    Appare comunque opportuno  soffermarsi  brevemente  sul  predetto
procedimento di taratura allo scopo di delineare i motivi a  sostegno
dell'illegittimita' del verbale di contestazione oggetto del presente
ricorso. 
    Le norme di riferimento  sono  la  Legge  nazionale  n.  273/1991
(Istituzione  del  Sistema  Nazionale  di  Taratura),  e   le   norme
Internazionali in materia di Strumenti di Misura  (Norme  UNI  30012,
OIML-R91).  Anche   l'ex   Ministero   del   Lavori   Pubblici,   con
comunicazione prot. 6050 del 27 settembre 2000,  ha  riconosciuto  la
necessita'  della  taratura  dei  misuratori   di   velocita'   degli
autoveicoli presso centri, accreditati dal SIT (Servizio di  Taratura
in Italia). 
    L'operazione di taratura e' definita nella  norma  UNI  30012  al
punto 3.23 come «Insieme delle  operazioni  che  stabiliscono,  sotto
condizioni specificate, le relazioni tra i  valori  indicati  da  uno
strumento di misurazione, o da un sistema di misurazione, o i  valori
rappresentati da un campione materiale e i corrispondenti valori noti
di un misurando»,  noto  quest'ultimo  in  quanto  si  tratta  di  in
campione nazionale o di un  campione  di  riferimento,  a  sua  volta
tarato rispetto a campioni nazionali. Essa e'  necessaria  in  quanto
costituisce  l'unico  metodo  con   cui   si   puo'   assicurare   la
riferibilita' a campioni nazionali  legalmente  riconosciuti,  ed  in
conseguenza anche l'unico metodo per verificare l'eventuale  presenza
di errori sistematici rispetto a  detti  campioni,  sia  presenti  al
momento della consegna dello strumento da parte del fabbricante,  sia
intervenuti durante l'uso a causa di derive delle varie  regolazioni:
vale in proposito quanto riportato nella norma UNI 30012 alla nota 23
della voce «taratura», laddove si stabilisce che «il risultato di una
taratura  permette  la  stima  degli  errori  di  uno  strumento   di
misurazione, del sistema di misura e  della  misura  materiale  o  di
assegnare i valori alle graduazioni di una scala arbitraria». 
    La taratura e' quindi anche l'unico  modo  per  correggere  detti
errori sistematici e per verificare che l'incertezza  di  misura  sia
contenuta entro il valore previsto dall'analisi di tutte le possibili
fonti di rumore, in modo da portare lo  strumento  ad  operare  nelle
prescritte condizioni. Questa,  operazione  e'  denominata  «conferma
metrologica»,  intendendo  con  questo   termine   «l'insieme   delle
operazioni  richieste  per  assicurare  che  una   funzione   di   un
apparecchio per misurare sia in uno stato di conformita' ai requisiti
per l'utilizzazione prevista» (norma UNI 30012, par. 3.1 e 4.3). 
    Inoltre,   la   conferma   metrologica   deve   essere   ripetuta
periodicamente come parte essenziale  della  manutenzione  periodica,
per evitare che eventuali variazioni delle  regolazioni  strumentali,
intervenute per  esempio  a  causa  di  urti,  o  in  conseguenza  di
variazioni della  temperatura  ambiente,  o  per  deterioramento  dei
materiali o ancora per altre cause, prevedibili o fortuite portino ad
errori,  non  segnalati  ne'  segnalabili  dalle  indicazioni   dello
strumento durante le misurazioni (norma UNI 30012,  par  4.11).  Tali
operazioni, si ribadisce, sono indispensabili al fine di garantire la
legittimita' degli accertamenti e dei conseguenti risultati. 
    Il principio della necessita' della corretta  taratura  e'  stato
affermato in giurisprudenza nella causa civile n.  531/97  avanti  il
Tribunale di Lodi, definita con sentenza  n.  363/00  del  22  maggio
2000, nella sentenza n. 4629/04 del GdP di Taranto, nella sentenza n.
108/04 del GdP di Porretta Terme, nella sentenza n. 06/05 del GdP  di
Gonzaga, nella sentenza del GdP di Rovigo n. 642/04,  nella  sentenza
n. 1220/05 del GdP di Lecce, nonche' nella sentenza n. 96/05 del  GdP
di Lendinara, GdP di Bari del 7 luglio 2005. 
    Particolarmente significative sono le conclusioni  del  Tribunale
di Lodi. Nella sentenza n. 363/00 del 22 maggio  2000  che  cosi'  si
sintetizzano, sulla base di un'autorevole perizia tecnica redatta dal
CTU, dott. Paolo Soardo, direttore dell'Istituto Galileo Ferraris  di
Torino: 
        uno strumento di misura per essere  attendibile  deve  essere
tarato  con  riferimento  a  campioni   nazionali,   inizialmente   e
periodicamente; 
        nessuna  tolleranza  forfetaria  (5%)  puo'   sostituire   la
taratura,  unica  operazione  in  grado  di  rilevare  e   correggere
eventuali errori sistematici e di  confermare  la  conformita'  dello
strumento alle caratteristiche metrologiche richieste; 
        non puo' esistere nessun sistema di autocontrollo interno  in
grado di sostituire la taratura rispetto a campioni nazionali; 
        non  vi  e'  conformita'  nella  procedura  di   omologazione
adottata   dal   MLLPP   rispetto   alla   normativa   Nazionale   ed
Internazionale; 
        in assenza di idonea procedura di  taratura,  la  misurazione
della velocita' risulta assolutamente inattendibile e  non  idonea  a
provare la fondatezza dell'accertamento amministrativo. 
    Si  evidenzia,  inoltre,  che  nella  maggioranza   degli   Stati
Comunitari  e  non  (Francia,  Germania,  Austria,  Belgio,   Olanda,
Inghilterra,  Finlandia,  Svezia,  Norvegia,  Danimarca,  Portogallo,
Svizzera  etc.)  i  dispositivi  elettronici  per  il  rilievo  delle
infrazioni ai  limiti  di  velocita'  (autovelox,  telelaser,  radar,
Porvida 2000) sono periodicamente tarati presso  centri  accreditati,
equivalenti ai nostri Centri SIT e riconosciuti in ambito Europeo  da
accordi multilaterali  di  cui  anche  l'Italia  e'  firmataria  (EA:
European co-operation for Accreditation). 
    E' stato dimostrato, nel corso di  istruttorie  riguardanti  casi
similari a quello che stiamo esaminando,  che  sopralluoghi  disposti
dal giudice ed effettuati da CTU hanno accertato che  gli  apparecchi
non sottoposti alla taratura, hanno rilevato degli scostamenti tra la
velocita' del veicolo e quella accertata nella misura del 15-20%, ben
lontana dalla tolleranza che viene applicata nella misura del 5%  nei
verbali che contestano l'eccesso di velocita'. Questa  considerazione
di per se stessa giustifica la preoccupazione che, in caso di  errata
misurazione della velocita', potrebbe trovare  applicazione  la  piu'
severa sanzione prevista dall'art. 142/9 con l'automatica aggiunta di
quelle accessorie anziche' quella piu' mite  di  cui  all'art.  142/8
(Giudice di Pace di Recco del 7 giugno 2006). 
    Pertanto, nel caso di specie, la Polizia Municipale di  Calto  e'
onerata di esibire  la  documentazione  comprovante  la  legittimita'
dell'accertamento impugnato, e sin da ora si chiede che venga esibito
ex  art.  210  c.p.c.  Tale  documentazione  non  puo'   che   essere
rappresentata da un valido Certificato di Taratura, rilasciato da  un
Centro SIT accreditato per la taratura degli strumenti elettronici di
accertamento della velocita', cosi' come stabilito dalla normativa  e
dalle pronunce sopra richiamate (certificato che  comunque  non  puo'
provenire dallo stesso fabbricante dello strumento  per  un  evidente
conflitto di interesse). 
    In    assenza    di    tale    certificato,    le     rilevazioni
dell'apparecchiatura in questione  sono  da  ritenersi  assolutamente
inattendibili,  poiche'   affette   da   un   vizio   originario   di
illegittimita' tecnico-giuridica e tali da  comprimere  ingiustamente
il diritto costituzionalmente garantito della difesa, ne consegue che
il verbale di  accertamento  deve  essere  annullato:  appare  dunque
condivisibile  l'orientamento  espresso  dalla  Corte  costituzionale
nella sentenza 17 giugno 1996, n. 198, secondo il quale il diritto di
difesa non puo'  essere  compromesso  dalle  questioni  organizzative
della  pubblica  amministrazione  che  il  dovere  di  rimuovere  gli
ostacoli che impediscono l'effettivita' di tale diritto, che nel caso
di specie puo' avvenire attraverso la realizzazione  di  un  corretto
procedimento di taratura dello strumento elettronico  in  conformita'
alle previsioni di legge. 
    Tutto  cio'  premesso  il  sottoscritto  procuratore  nella   sua
qualita' ut supra 
 
                               Chiede 
 
    Che l'Ill.mo Sig. Giudice di Pace Voglia: 
        in via preliminare,  ritenuta  fondata  e  rilevante  per  il
presente  giudizio  la  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 2, comma 212 della legge n. 191  del  2009  per  violazione
degli artt.  3  e  24  della  Costituzione,  previa  sospensione  del
giudizio de quo, rimettere  alla  Corte  costituzionale  la  predetta
questione di legittimita' costituzionale; 
        in via principale, annullare il verbale  di  accertamento  di
infrazione n. X-1004901/2009 Prot. 904901 del 15 ottobre  2009  della
Polizia Locale di Calto; 
        in via  subordinata,  applicare,  il  minimo  della  sanzione
prevista dal Codice della Strada per le infrazioni contestate. 
    Chiede altresi', in via preliminare, che l'Ill.mo Giudice di Pace
Voglia disporre la sospensione dei termini di tempo  e  di  pagamento
relativi al predetto verbale. 
    Con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa. 
    Occhiobello, 1° febbraio 2010 
    Si allega: 1) Copia verbale  di  accertamento  di  infrazione  n.
X-1004901/2009 Prot. 904901 del 5 ottobre 2009 della  Polizia  Locale
di Calto. 
    Tanto premesso, questo giudicante, rileva che  dal  deposito  del
suesteso ricorso, considerato che il ricorrente non ha pagato ne'  il
contributo   unificato   ne'   le   spese   forfettizzate,   ed    ha
contemporaneamente giustificato tale suo atteggiamento sollevando  la
questione di illegittimita', per violazione degli artt. 3 e 24  della
Costituzione delle norme che hanno, con effetto dal 1° gennaio  2010,
esteso anche ai ricorsi depositati ai sensi della  legge  n.  689/81,
che fino a quel momento ne erano esenti, l'obbligo del pagamento  dei
suddetti «tributi», nasce un problema  interpretativo  delle  recenti
disposizioni di legge. 
    Difatti, si pone il problema di come atteggiarsi di fronte a tale
questione, poiche', come e' noto, dal deposito  del  ricorso  deriva,
per la cancelleria, l'obbligo di formare un fascicolo e  di  portarlo
all'attenzione del Giudice affinche' decida innanzitutto le questioni
preliminari, quali l'eventuale sospensione  dell'efficacia  esecutiva
del verbale impugnato, e, dati gli opportuni provvedimenti alla parte
resistente, fissi con decreto la data  dell'udienza  di  comparizione
delle parti per la trattazione della causa. 
    Il deposito del ricorso, nel caso in esame, e' stato accompagnato
dalla   «denuncia»   dell'eventuale   illegittimita'   delle    nonne
richiamate,  per  cui  questo  Giudice  ha  deciso  di  esaminare  la
questione di legittimita' sollevata e, ritenendola non manifestamente
infondata, ha dato corso agli ulteriori provvedimenti urgenti. 
    In ogni caso, prima  di  esaminare  il  merito  della  causa,  e'
fondamentale rimettere la questione all'Ecc.ma Corte  Costituzionale,
affinche' la decida. 
    Tanto premesso, il problema interpretativo che  si  pone,  e'  di
accertare se la norma di cui si denuncia l'illegittimita', costituita
dall'art. 2, comma 212 della legge 23 dicembre  2009,  sia  solo  una
disposizione di carattere fiscale, ovvero se la stessa  abbia  inteso
riformare, come sostiene il ricorrente, anche  la  legge  n.  689/81,
frapponendo  quindi  un  ostacolo  all'accesso  dei  ricorrenti  alla
giurisdizione del giudice ordinario,  in  favore  del  solo  rimedio,
gerarchico al Prefetto. 
 
                       Rilevato pertanto che: 
 
    l'obbligo di pagare, contestualmente al deposito del ricorso  una
somma che va da un minimo di € 38,00 fino ad un massimo di €  170,00,
configurandosi,  non  solo  come  norma  di  carattere  fiscale,   ma
incidendo sulle procedure della  legge  n.  689/1981,  si  pone  come
ostacolo all'accesso alla giurisdizione; 
    peraltro, vi sono parecchie sanzioni, opponibili con  il  rimedio
de qua (ad esempio quelle previste  dall'art.  7  e  142/7  CdS)  che
prevedono il pagamento di somme inferiori od uguali al tributo minimo
di cui sopra; 
    inoltre, la stragrande maggioranza  delle  sanzioni  opposte,  e'
accompagnata dalla decurtazione dei punti della patente di guida, con
la conseguenza  che  la  materia  del  contendere  assume  un  valore
indeterminato, per cui il contributo unificato sale ad € 170,00; 
    l'unico rimedio concesso al presunto trasgressore rimane pertanto
il ricorso gerarchico al Prefetto il quale, in tutti i casi in cui le
sanzioni vengano contestate dalla Polizia Stradale,  dai  Carabinieri
etc., viene ad essere contemporaneamente «giudice» e  parte,  essendo
il rappresentante dell'Autorita' accertatrice; 
    gia' in passato, con le sentenze  n.  98  /2004  e  n.  114/2004,
l'Ecc.ma Corte Costituzionale aveva  dichiarato  l'illegittimita'  di
norme che confliggevano con il principio di ragionevolezza e  con  il
facile accesso alla giurisdizione; 
    come ritiene questo giudice, le censure che furono rivolte contro
l'art. 22 della legge n. 689/81 e  l'art.  201  CdS,  possono  essere
parimenti condurre alla declaratoria di illegittimita' della norma di
cui si discute nella presente ordinanza, in quanto il pagamento di un
tributo di importo variabile ma che, nel minimo,  e'  superiore  alle
sanzioni edittali di molte norme del  CdS,  sembra  al  tempo  stesso
contrario al principio di ragionevolezza di cui  all'art.  3  e  pare
porsi come  ostacolo  all'accesso  alla  giurisdizione,  con  lesione
dell'art. 24 della Carta Costituzionale; 
    la legge n. 689/81, e' stata definita come una legge dalle  forme
semplici e si puo' dire che, proprio in relazione al fatto che non e'
richiesta la cosiddetta «difesa  tecnica»  e  la  causa  puo'  essere
introdotta con la spedizione  di  una  lettera  raccomandata  a.r.  e
addirittura decisa senza la presenza del ricorrente all'udienza, come
sancito dalla Sent. n. 534/1990, con  cui  l'Ecc.ma  Corte  dichiaro'
l'illegittimita' parziale dell'art. 23 della legge n. 689/81, sia  la
legge piu' conforme all'intento di consentire a tutti i cittadini  di
adire il Giudice civile per ottenere rapidamente una giusta sentenza,
senza alcuna spesa o comunque con il minimo dispendio di denaro; 
    questo Giudice ritiene che  Codesta  Ecc.ma  Corte  si  riferisse
propri ai suddetti principi quando statui'  che  «la  previsione  del
necessario  accesso  dell'opponente  (o  del  suo  procuratore)  alla
cancelleria  del   giudice   competente   al   fine   di   depositare
personalmente il ricorso appare  infatti  non  solo  irragionevole  a
fronte della peculiare  semplicita'  di  forme  che  caratterizza  il
procedimento di opposizione  all'ordinanza-ingiunzione  di  pagamento
disciplinato dagli artt. 22 e 23, legge n. 689 del 1981, ma  altresi'
tale da rappresentare un significativo fattore di  dissuasione  anche
di natura economica dall'utilizzo del mezzo di tutela giurisdizionale
nella specifica materia, in considerazione tra l'altro dei costi che,
in  rapporto  al  valore  generalmente  modesto  della  controversia,
l'intervento personale  puo'  comportare  nei  casi,  certamente  non
infrequenti, in cui il foro  dell'opposizione  non  coincida  con  il
luogo di residenza dell'opponente; 
    infine, qualora l'Ecc.ma  Corte  dovesse  ritenere  infondata  la
questione   di   legittimita',   il   ricorso   sarebbe    dichiarato
inammissibile senza  procedersi  all'esame  del  merito;  da  qui  la
rilevanza della questione posta all'attenzione della Corte. 
    Tanto premesso,