Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  9  della
legge della Provincia autonoma di Bolzano 13  novembre  2009,  n.  10
(Norme in materia  di  commercio,  artigianato,  alpinismo,  esercizi
pubblici, turismo e miniere), nella parte in cui modifica  l'articolo
4, comma 8, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 maggio
2003, n. 7 (Disciplina delle cave e  delle  torbiere),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 22-26
gennaio 2010,  depositato  in  cancelleria  il  26  gennaio  2010  ed
iscritto al n. 9 del registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  5  ottobre  2010  il  giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e  gli  avvocati  Giuseppe  Franco  Ferrari  e
Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso, notificato il 22-26 gennaio 2010, depositato il
26 gennaio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale in via principale dell'art. 9 della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 13 novembre 2009, n. 10 (Norme in
materia di  commercio,  artigianato,  alpinismo,  esercizi  pubblici,
turismo e  miniere),  «nella  parte  in  cui  detta  il  nuovo  testo
dell'art. 4, comma 8, della legge provinciale 19 maggio 2003, n. 7». 
    1.1. - Il ricorrente premette che, con la legge n. 10  del  2009,
la Provincia  di  Bolzano  ha  dettato  disposizioni  in  materia  di
commercio,  artigianato,  alpinismo,  esercizi  pubblici,  turismo  e
miniere. In particolare, con l'art. 9, il legislatore provinciale  e'
intervenuto a modificare la precedente legge  provinciale  19  maggio
2003, n. 7 (Disciplina  delle  cave  e  delle  torbiere)  recante  la
disciplina delle cave  e  delle  torbiere,  ridefinendo  l'ambito  di
applicazione  della  normativa   (all'art.   1),   disciplinando   la
coltivazione delle  cave  e  delle  torbiere  (art.  2),  nonche'  la
procedura  di  presentazione  e  l'istruttoria   delle   domande   di
coltivazione  (art.  3)  e  la  procedura  di   autorizzazione   alla
coltivazione delle cave e delle torbiere (art. 4). 
    Con particolare riferimento alla disposizione che  ha  sostituito
l'art. 4 della  legge  provinciale  n.  7  del  2003,  il  ricorrente
sostiene che il  legislatore  provinciale,  consentendo,  all'interno
delle cave, la lavorazione di materiali inerti provenienti  da  altre
«cave, sbancamenti, scavi, gallerie,  fiumi,  torrenti,  rii  o  zone
colpite da eventi naturali eccezionali ubicati ad  una  distanza  non
superiore a 15 chilometri  dall'impianto»,  senza  assoggettare  tale
attivita'   alle   prescrizioni   in   materia   di    autorizzazioni
all'esercizio di impianti di trattamento dei rifiuti,  ed  escludendo
aprioristicamente  e  genericamente  che  tali  materiali   rientrino
nell'ambito di applicazione della  disciplina  dei  rifiuti,  sarebbe
andato al di  la'  delle  competenze  assegnate  dallo  statuto  alla
Provincia negli artt. 4, 8, primo comma, punti 5, 6 e 14, e 9,  punto
10, del decreto del Presidente della Repubblica 31  agosto  1972,  n.
670  (Approvazione  del  testo  unico  delle   leggi   costituzionali
concernenti lo statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige),  in
materia  di  miniere,  cave  e  torbiere,  tutela  del  paesaggio  ed
urbanistica, nonche'  in  materia  di  igiene  e  sanita'.  La  norma
impugnata si porrebbe, inoltre, in contrasto con gli standard  minimi
ed uniformi di tutela dell'ambiente fissati dal  legislatore  statale
nella parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,  e,  in
ambito  comunitario,  con  la  direttiva  2006/12/CE  (Direttiva  del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  relativa  ai   rifiuti),   in
violazione dell'art. 117, primo e secondo comma,  lettera  s),  della
Costituzione. 
    2. - Nel giudizio si  e'  costituita  la  Provincia  autonoma  di
Bolzano, che ha chiesto, nell'atto di costituzione  e  nella  memoria
depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica, che venga dichiarata
l'inammissibilita' e, in subordine, l'infondatezza della questione. 
    La resistente ritiene che la norma impugnata,  che  incide  sulla
materia delle miniere, cave e  torbiere,  di  competenza  legislativa
primaria della medesima Provincia ai sensi dell'art. 8, n. 14,  dello
statuto speciale, come  risulta  dalla  stessa  rubrica  della  legge
provinciale il cui art. 4  e'  sostituito  dalla  norma  oggetto  del
giudizio, non determini alcuna  interferenza  sulla  diversa  materia
della tutela dell'ambiente. Tale  assunto  sarebbe  dimostrato  dalla
previsione  in  base  alla  quale,  ai  fini   del   rilascio   delle
autorizzazioni, ai sensi  dell'art.  3  della  legge  provinciale  in
esame, l'ufficio provinciale competente deve  previamente  acquisire,
oltre al parere del Comune territorialmente interessato  e  a  quello
dei Comuni confinanti interessati dalla coltivazione, anche il parere
della  Conferenza  dei  servizi  in  materia  ambientale  ovvero   la
pronuncia sulla valutazione di impatto ambientale, nel pieno rispetto
della normativa statale in materia appunto ambientale. 
    Considerato che tale disposizione sarebbe  stata  introdotta  per
«ragioni obiettive», in quanto «in  una  terra  di  montagna  non  e'
possibile  costruire  e  mantenere  impianti  o   infrastrutture   di
lavorazione di materiali inerti in qualsiasi luogo con la  necessita'
di limitare e sfruttare al meglio le  infrastrutture  a  disposizione
nonche' favorire la riutilizzazione dei materiali inerti  in  parola,
sempre che gli stessi soddisfino, ovviamente,  i  criteri  prescritti
dalla legge», la Provincia ha ulteriormente  puntualizzato  che  essa
non  inciderebbe  in  nessun  modo   sulle   nozioni   di   contenuto
ambientalistico  dei  materiali   in   oggetto   (quali   «prodotti»,
«sottoprodotti» o «rifiuti»), che resterebbero invariate, essendo del
tutto estranee alla norma provinciale impugnata. La conferma di  tale
assunto si ricaverebbe dall'art. 2 della legge provinciale n.  7  del
2003, che fa espressamente salve «le  norme  vigenti  in  materia  di
tutela  dell'ambiente»,   nonche'   dalla   delibera   della   Giunta
provinciale n. 189 del 2009, che ripete quanto stabilito dalle  norme
statali e comunitarie ai fini della classificazione di terre e  rocce
da scavo  in  prodotti,  sottoprodotti  e  rifiuti,  prevedendo,  fra
l'altro, che il detentore di materiale inerte  dovra'  provare,  caso
per caso, la «certezza» della qualita' di sottoprodotto  nonche'  del
concreto utilizzo del predetto materiale, mediante la compilazione di
apposito modello di  certificazione  (il  cosiddetto  certificato  di
utilizzo). 
    3. - All'udienza pubblica, il ricorrente e  la  resistente  hanno
insistito per l'accoglimento delle conclusioni  svolte  nelle  difese
scritte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge  della  Provincia
autonoma di Bolzano 13 novembre 2009, n.  10  (Norme  in  materia  di
commercio,  artigianato,  alpinismo,  esercizi  pubblici,  turismo  e
miniere) nella parte in cui ha sostituito l'art. 4,  comma  8,  della
legge provinciale 19 maggio 2003, n. 7 (Disciplina delle cave e delle
torbiere) e stabilito che «sulle aree estrattive dotate  di  impianti
di  lavorazione  autorizzati  ai  sensi  del  presente  articolo   e'
consentita la lavorazione di materiali inerti  provenienti  anche  da
altre cave, sbancamenti, scavi, gallerie, fiumi, torrenti, rii o zone
colpite da eventi naturali eccezionali ubicati ad  una  distanza  non
superiore a 15 chilometri dall'impianto». 
    Il  ricorrente  sostiene  che  tale  norma,   cosi'   disponendo,
consentirebbe, all'interno delle cave, la  lavorazione  di  materiali
inerti,  senza  assoggettare  tale  attivita'  alle  prescrizioni  in
materia di autorizzazioni all'esercizio di  impianti  di  trattamento
dei rifiuti, escludendo aprioristicamente e  genericamente  che  tali
materiali (tra cui sono ricomprese terre e rocce da scavo e materiali
da  demolizione)  rientrino   nell'ambito   di   applicazione   della
disciplina dei rifiuti. In tal modo la citata  disposizione  andrebbe
al di la' delle competenze assegnate dallo statuto alla Provincia  in
tema di  miniere,  cave  e  torbiere,  di  tutela  del  paesaggio  ed
urbanistica, nonche' in materia di igiene e sanita' e si porrebbe  in
contrasto con gli standard uniformi di tutela  dell'ambiente  fissati
dal legislatore statale nella parte  IV  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme  in  materia  ambientale),  e,  in  ambito
comunitario, con la direttiva 2006/12/CE  (Direttiva  del  Parlamento
europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti). 
    Piu' precisamente, la norma provinciale impugnata farebbe sorgere
la presunzione che, nelle situazioni da essa  previste,  le  terre  e
rocce  da  scavo  costituiscano  sottoprodotti  che   presentano   un
vantaggio o un valore economico per il  loro  detentore  anziche'  un
onere  di  cui  egli  cercherebbe  di   disfarsi.   Essa,   pertanto,
sottrarrebbe alla  nozione  di  rifiuto  taluni  residui  che  invece
corrisponderebbero alla definizione di cui all'art.  1,  lettera  a),
della citata direttiva, ponendosi in contrasto con la stessa e quindi
con le norme dello statuto che delimitano la competenza provinciale e
con l'art. 117, primo comma, Cost., oltre che in contrasto con quanto
stabilito dal legislatore statale e quindi con gli artt. 4, 8,  primo
comma, punti 5, 6 e 14, e 9, punto 10,  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige), e con l'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione. 
    2.1. - In  via  preliminare,  deve  essere  dichiarata  infondata
l'eccezione di inammissibilita' della  censura  di  violazione  degli
obblighi comunitari, proposta dalla  Provincia  autonoma  di  Bolzano
sull'assunto della non corretta  identificazione  dei  parametri,  in
specie per il mancato richiamo degli artt. 117, quinto comma,  ed  11
della Costituzione. 
    Quanto all'art. 117, quinto comma, Cost., occorre  osservare  che
esso correttamente non e' stato  invocato,  posto  che  e'  parametro
inconferente  nella  specie.  Il  Governo  ha,  infatti,  dedotto  il
contrasto della disciplina provinciale con  il  limite  generale  che
grava sul legislatore regionale e provinciale come su quello statale,
ai sensi del primo comma dell'art. 117 Cost. e  dell'art.  11  Cost.,
limite  costituito,  appunto,  dal  rispetto  dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento   comunitario   (dal   rispetto    degli    obblighi
internazionali, secondo il linguaggio statutario), a prescindere  dal
fatto che detta  disciplina  costituisca  o  meno  esercizio  di  una
legittima competenza della Provincia. 
    L'art. 11 Cost., poi, e' stato implicitamente invocato,  poiche',
dagli argomenti esposti nel  ricorso,  e'  agevole  desumere  che  le
censure sono state correttamente proposte tenendo conto anche di tale
parametro costituzionale (sentenza n. 227 del 2010). 
    2.2. - Egualmente infondata e' l'eccezione  di  inammissibilita',
per genericita', della censura sollevata in riferimento all'art. 117,
primo comma, Cost. 
    Nel   ricorso,   infatti,   il   pur   succinto   richiamo   alla
giurisprudenza comunitaria in tema di terre e rocce da scavo - che ha
chiarito la portata applicativa delle relative norme della  direttiva
inerenti alla differenziazione fra rifiuti, prodotti e  sottoprodotti
- consente agevolmente di individuare i profili di asserito contrasto
con la normativa provinciale impugnata. 
    3. - Nel merito, la questione non e' fondata. 
    L'art. 9 della legge della Provincia autonoma di  Bolzano  n.  10
del 2009 ha modificato la precedente legge provinciale n. 7 del 2003,
recante la disciplina delle  cave  e  delle  torbiere,  ridefinendone
l'ambito di applicazione (all'art. 1) e dettando una nuova disciplina
della coltivazione delle  cave  e  delle  torbiere  (art.  2),  della
procedura  di  presentazione  e  dell'istruttoria  delle  domande  di
coltivazione (art. 3), nonche' della procedura di autorizzazione alla
coltivazione delle cave e  delle  torbiere  (art.  4),  disposizione,
quest'ultima,  oggetto  della   presente   impugnativa.   Lo   stesso
ricorrente  riconosce  che  tutte  le  predette   disposizioni   sono
riconducibili principalmente alla materia delle cave e torbiere,  per
la quale, ai sensi dell'art. 8, primo comma, punto 14, dello  Statuto
speciale, alla Provincia  autonoma  e'  riconosciuta  una  competenza
primaria. 
    In particolare, la disposizione impugnata,  nella  parte  in  cui
testualmente stabilisce che «sulle aree estrattive dotate di impianti
di  lavorazione  autorizzati  ai  sensi  del  presente  articolo   e'
consentita la lavorazione di materiali inerti  provenienti  anche  da
altre cave, sbancamenti, scavi, gallerie, fiumi, torrenti, rii o zone
colpite da eventi naturali eccezionali ubicati ad  una  distanza  non
superiore a 15 chilometri dall'impianto», non contiene  espressamente
alcuna definizione di rifiuto, ne'  alcuna  esplicita  qualificazione
dei materiali  inerti  di  cui  si  consente  la  lavorazione.  Essa,
pertanto, non incide sul regime  dei  predetti  materiali,  tantomeno
contiene  una  presunzione  assoluta  circa  la  configurazione   dei
medesimi come sottoprodotti. Tale disposizione si limita, infatti, ad
individuare le lavorazioni che possono essere  effettuate  presso  le
aree estrattive dotate  di  impianti  autorizzati  alla  coltivazione
delle cave, rinviando, per la qualificazione e  per  l'individuazione
del regime al quale i materiali oggetto di lavorazione devono  essere
sottoposti, alle norme statali, in particolare alle norme del  Codice
dell'ambiente (d.lgs.  n.  152  del  2006),  che  hanno  recepito  la
normativa comunitaria, in specie la direttiva 2006/12/CE. 
    Pertanto, alla stregua della norma censurata, i materiali  inerti
oggetto delle lavorazioni di cui  alla  norma  provinciale  impugnata
potranno essere lavorati senza essere  assoggettati  alla  disciplina
dei rifiuti, solo ove ne sia certo il riutilizzo e siano  soddisfatte
le condizioni prescritte dal Codice dell'ambiente perche' essi  siano
configurati come sottoprodotti; nel caso in cui tali  condizioni  non
sussistano, essi dovranno, invece, essere assoggettati alla procedura
autorizzatoria prescritta per i rifiuti dalla normativa  statale,  in
armonia con la normativa comunitaria. 
    Con la norma impugnata, il legislatore provinciale si e' limitato
a  disciplinare  la  materia  delle  cave  e  torbiere,  di   propria
competenza, senza intervenire in alcun modo sulle qualificazioni  dei
materiali in oggetto (quali «prodotti», «sottoprodotti» o  «rifiuti»)
e sul loro regime. Non vi e' stata, dunque,  alcuna  invasione  della
sfera   di   competenza   statale   nella   materia   della   «tutela
dell'ambiente»   e,   conseguentemente,   alcuna   violazione   della
pertinente normativa comunitaria. Il regime dei materiali che possono
essere lavorati nelle aree estrattive  ai  sensi  dell'art.  9  della
legge  provinciale  n.  10  del  2009  e'  quello   individuato   dal
legislatore statale nell'esercizio della sua competenza esclusiva  in
tema di tutela dell'ambiente, come confermato anche dall'art. 2 della
legge provinciale n. 7 del 2003, che fa espressamente salve «le norme
vigenti in materia di tutela dell'ambiente», imponendone il  rispetto
tutte le volte in cui, come nel caso di specie, la  disciplina  della
coltivazione delle cave e delle torbiere  per  l'utilizzazione  delle
sostanze minerali, della costruzione e  dell'esercizio  dei  relativi
impianti fissi e mobili e delle infrastrutture, nonche' dell'utilizzo
delle discariche di materiali di cava interferiscano con  la  materia
della tutela dell'ambiente.