Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 168, comma  10,
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285  (Nuovo  codice  della
strada), promosso dal Giudice di  pace  di  Verona  nel  procedimento
vertente  tra  la  Nobel  Sport  Martignoni  s.p.a.  e  il  Ministero
dell'Interno con ordinanza del 2 dicembre 2009, iscritta  al  n.  282
del registro ordinanze 2010 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti l'atto di costituzione della Nobel Sport Martignoni  s.p.a.
nonche'  gli  atti  di   intervento   dell'A.N.P.A.M.   (Associazione
Nazionale Produttori Armi e Munizioni) e del Presidente del Consiglio
dei ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  23  febbraio  2011  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo; 
    Uditi l'avvocato Giovanni Serges per la  Nobel  Sport  Martignoni
s.p.a. e l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ordinanza del 2 dicembre 2009 (r.o. n. 282 del 2010), il
Giudice di pace di Verona ha sollevato, in riferimento agli artt.  3,
23,  27  e  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  168,  comma  10,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della  strada),  che
estende  alle  sanzioni  amministrative  per  le   violazioni   della
«disciplina del trasporto su  strada  dei  materiali  pericolosi»  la
previsione del precedente art. 167, comma 9, in forza della quale  le
sanzioni «si applicano sia al  conducente  che  al  proprietario  del
veicolo, nonche'  al  committente,  quando  si  tratta  di  trasporto
eseguito per suo conto esclusivo». 
    Il rimettente riferisce  di  essere  investito  del  giudizio  di
opposizione a processo verbale di  accertamento  e  contestazione  di
violazione   amministrativa   proposto   da   una   societa',   quale
«committente  esclusivo»  di  un  trasporto  su   strada   di   merci
pericolose: trasporto in relazione al  quale  identica  contestazione
era stata elevata, a seguito di  controllo  della  polizia  stradale,
anche nei confronti del conducente e del proprietario del veicolo. Di
qui la rilevanza della questione, la quale inciderebbe  sulla  stessa
«legittimita' [della]  identificazione  dei  soggetti  passivi  della
verbalizzazione». 
    Quanto alla non manifesta  infondatezza,  il  rimettente  deduce,
innanzitutto,  il  contrasto  della  disposizione  censurata  con  il
principio  di  personalita'  della  responsabilita',   enunciato   in
rapporto alle sanzioni amministrative  dall'art.  3  della  legge  24
novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) e che  -  secondo
il giudice a quo - costituirebbe espressione  dell'analogo  principio
sancito, in materia penale, dall'art. 27 Cost. 
    L'art. 168, comma  10,  cod.  strada  sottoporrebbe,  infatti,  a
sanzione il proprietario del mezzo e  il  «committente  esclusivo»  a
titolo di responsabilita' oggettiva, non  essendo  le  violazioni  in
alcun modo  imputabili  ai  predetti  soggetti,  privi  di  qualsiasi
«facolta'» di effettuare controlli sulle modalita' di  esercizio  del
trasporto. 
    In particolare, il committente si limiterebbe a rivolgersi  a  un
professionista abilitato al trasporto di merci pericolose e dotato di
mezzi omologati a tal fine: il che gli consentirebbe - anche in forza
dei principi di affidamento del pubblico e della  clientela,  sanciti
dall'art. 5, comma 1, del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione
dei  principi  fondamentali  in  materia  di  professioni,  ai  sensi
dell'articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131) - di confidare nel
rispetto della normativa vigente e nell'esecuzione della  prestazione
secondo le regole della buona tecnica. Il  committente  non  potrebbe
essere, pertanto, chiamato a rispondere  delle  conseguenze  negative
derivanti dall'inadempimento  del  professionista,  in  relazione  al
quale sarebbe piuttosto il soggetto danneggiato. 
    Sanzionando  soggetti  ai  quali  l'infrazione  stradale  non  e'
addebitabile, la norma censurata violerebbe  anche  il  principio  di
ragionevolezza. 
    Al riguardo, il rimettente rileva come la disposizione  in  esame
si differenzi da quella dall'art. 196, comma  1,  cod.  strada,  che,
sulla falsariga di quanto previsto nell'art. 6 della legge n. 689 del
1981,  stabilisce  che  «per  le  violazioni  punibili  con  sanzione
amministrativa  pecuniaria  il  proprietario  del  veicolo  [...]  e'
obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento  della
somma da questi dovuta»: regola generale la cui ratio - come chiarito
dalla  giurisprudenza  costituzionale   -   risiede   nella   duplice
necessita' di evitare che numerose norme sulla circolazione  stradale
restino eluse e che i danneggiati da sinistri  stradali  possano  non
ottenere il giusto risarcimento. Di contro,  l'art.  168,  comma  10,
cod. strada configurerebbe in capo al proprietario  del  mezzo  e  al
«committente  esclusivo»  del  trasporto  una  responsabilita',   non
solidale e alternativa, ma «parallela» e per fatto altrui: assetto da
reputare privo di razionale giustificazione, poiche' il  responsabile
materiale  della  violazione   risulterebbe   «gia'   necessariamente
individuato» e nessuna norma  rischierebbe  di  venire  elusa.  Cio',
senza considerare che - proprio perche' si tratta di  responsabilita'
distinte e non solidali -  la  possibile  coincidenza  tra  le  varie
figure sanzionate potrebbe determinare «la paradossale evenienza  che
un soggetto, seppure responsabile, venga sanzionato due volte per  il
medesimo fatto». 
    Un  ulteriore  profilo  di  violazione  dell'art.  3  Cost.,  per
trattamento differenziato di situazioni uguali, si connetterebbe alla
circostanza che la norma censurata  sottoponga  a  sanzione  il  solo
committente «in via esclusiva». Nella grande  maggioranza  dei  casi,
infatti, il committente non e' in grado di controllare  se  i  propri
prodotti vengano trasportati da soli o  insieme  a  quelli  di  altri
committenti: con la conseguenza che l'elemento differenziale, ai fini
dell'assoggettabilita'   a   sanzione,   non    rientrerebbe    nella
«disponibilita'»  dell'interessato.   La   stessa   distinzione   tra
committente in via  esclusiva  o  meno  apparirebbe,  d'altra  parte,
irragionevole, «dal momento che tutti i committenti  usufruiscono  di
un medesimo servizio». 
    Sarebbe, altresi', violato l'art. 117, primo  comma,  Cost.,  per
inadempimento di  obblighi  internazionali  e  mancato  rispetto  dei
vincoli «di omogeneita' e  di  parita'  di  trattamento  di  tutti  i
cittadini  europei  derivanti   dall'ordinamento   comunitario».   La
disciplina  dettata  dalla   disposizione   censurata   risulterebbe,
infatti, non  conforme  all'Accordo  europeo  relativo  al  trasporto
internazionale su strada delle merci  pericolose  (ADR),  concluso  a
Ginevra il 30 settembre 1957, ratificato e reso esecutivo  in  Italia
con legge 12 agosto 1962, n. 1839, successivamente recepito anche  in
ambito comunitario (in particolare, con la direttiva n. 94/55/CE, ora
sostituita  dalla  direttiva  n.  2008/68/CE).  Il   citato   Accordo
contemplerebbe, infatti, nelle sezioni 1.4.2 e 1.4.3 dell'allegato A,
una dettagliata ripartizione  delle  responsabilita'  tra  i  diversi
soggetti  coinvolti  nelle  operazioni   di   trasporto   (speditore,
trasportatore, destinatario,  caricatore,  riempitore,  imballatore),
della quale l'art. 168, comma 10,  cod.  strada  non  avrebbe  tenuto
affatto conto. 
    Ne deriverebbe una concorrente  lesione  dell'art.  3  Cost.  per
difetto di «coerenza  interna  dell'ordinamento  giuridico»,  ove  si
consideri che lo stesso art. 168 cod. strada, ai commi da 7 a  9-ter,
delinea  un  sistema  sanzionatorio  volto  a  garantire  proprio  il
rispetto dell'Accordo ADR, specificamente richiamato dal comma 1. 
    Risulterebbe leso, per altro verso, l'art.  23  Cost.,  giacche',
nel comminare una sanzione a carattere «patrimoniale»  nei  confronti
di soggetti esenti  da  ogni  responsabilita',  la  norma  denunciata
oltrepasserebbe  i  limiti  del  legittimo  «esercizio   del   potere
impositivo attribuito allo Stato [...] dal parametro in parola». 
    Irragionevole risulterebbe,  infine,  l'estensione  al  trasporto
delle  merci  pericolose  della  disciplina  sanzionatoria   relativa
all'eccesso di carico dei veicoli adibiti al trasporto di  cose,  cui
si riferisce il  richiamato  art.  167,  comma  9,  cod.  strada.  In
quest'ultima ipotesi, infatti, la  responsabilita'  del  «committente
esclusivo»,  almeno  sotto  il  profilo  della  culpa  in  vigilando,
potrebbe essere fatta discendere dalla  circostanza  che  egli  e'  a
conoscenza  della  quantita'  di   merce   trasportata   e,   quindi,
dell'eventuale sovraccarico del veicolo, dal  quale  potrebbe  trarre
vantaggio in termini di risparmio di spesa  dovuto  all'utilizzazione
di un singolo mezzo di trasporto. Al contrario, nel caso di trasporto
di merci pericolose, il committente non acquisirebbe alcun  vantaggio
dalla violazione delle norme sulla sicurezza  del  trasporto,  ma  ne
sarebbe danneggiato,  dal  momento  che  i  beni  di  sua  proprieta'
verrebbero messi in pericolo. D'altro canto, egli non avrebbe  alcuna
possibilita' di effettuare i controlli necessari sui mezzi utilizzati
e sulle  loro  dotazioni  nel  corso  dell'intero  viaggio.  Da  cio'
conseguirebbe la violazione del principio di eguaglianza, perche'  la
norma disporrebbe un trattamento uguale di situazioni differenti. 
    2.  -  E'  intervenuto  nel  giudizio  di  costituzionalita'   il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, il  quale  ha  chiesto  che  la
questione sia dichiarata non fondata. 
    Ad avviso della difesa dello Stato, la norma  in  esame  andrebbe
coordinata con  la  nuova  disciplina  in  materia  di  autotrasporto
introdotta dal d.lgs. 21 novembre 2005 n. 286  (Disposizioni  per  il
riassetto  normativo  in   materia   di   liberalizzazione   regolata
dell'esercizio dell'attivita' di autotrasportatore),  disciplina  che
ruota intorno al principio della «responsabilita' condivisa», tra gli
operatori  della  cosiddetta  «filiera   del   trasporto»   (vettore,
committente,  caricatore  e  proprietario  della   merce),   per   le
violazioni di alcune  delle  norme  in  materia  di  sicurezza  della
circolazione  stradale.  Il   relativo   meccanismo,   attivato   con
l'accertamento da  parte  della  polizia  stradale  della  violazione
commessa  dal   conducente,   mira   segnatamente   a   favorire   la
contrattazione in forma scritta, al fine di garantire la certezza dei
rapporti tra le parti. Se, infatti, l'operatore di  polizia  verifica
che dal contratto, presente  a  bordo  del  mezzo,  e  dall'eventuale
documentazione di accompagnamento risultano modalita'  di  esecuzione
della  prestazione  incompatibili  con  il  rispetto,  da  parte  del
conducente, delle norme del codice della  strada,  egli  contesta  la
violazione al soggetto che vi ha dato causa  con  le  istruzioni,  e,
inoltre, al committente, al caricatore e al proprietario delle merci:
questi ultimi, dunque, risponderanno per fatto proprio,  in  concorso
con il conducente. 
    Diversamente, se la  copia  del  contratto,  stipulato  in  forma
scritta, non fosse a  bordo  del  veicolo,  l'organo  accertatore  ne
richiede la presentazione, unitamente all'eventuale documentazione di
accompagnamento; in caso di mancata esibizione sono previste apposite
sanzioni. 
    Infine,  nel  caso  in  cui  il  contratto  sia  stato  stipulato
oralmente, il committente viene invitato a produrre la documentazione
da cui risulti che le istruzioni impartite al vettore non contrastano
con il rispetto della norma che il conducente ha violato. 
    L'elemento soggettivo richiesto  per  la  configurabilita'  della
responsabilita' in capo al vettore e al committente sarebbe,  quindi,
almeno la colpa: essi rispondono, infatti,  dell'infrazione  commessa
dal conducente  solo  se  vi  abbiano  cooperato,  non  predisponendo
adeguate e vincolanti istruzioni di sicurezza. 
    Escluso, dunque, che la norma  censurata  preveda  una  forma  di
responsabilita'  oggettiva,  essa  non  contrasterebbe  neppure   con
l'Accordo  ADR,  relativo  al  trasporto  internazionale   di   merci
pericolose su strada. L'art. 168 cod. strada si limiterebbe, infatti,
a prevedere le sanzioni applicabili in  caso  di  inosservanza  delle
prescrizioni contenute in detto Accordo; quest'ultimo, d'altro canto,
al punto 1.4.2.1.3 dell'allegato  A,  stabilisce  specificamente  che
«quando lo speditore agisce  per  conto  di  un  terzo,  questi  deve
segnalare  per  iscritto  allo  speditore  che  si  tratta  di  merci
pericolose e mettere a sua disposizione tutte  le  informazioni  e  i
documenti  necessari  all'esecuzione  dei   suoi   obblighi»:   donde
l'infondatezza dell'assunto del  giudice  a  quo,  secondo  il  quale
l'atto  internazionale  in   parola   non   sarebbe   riferibile   al
committente. 
    L'Avvocatura dello  Stato  ricorda,  da  ultimo,  come  la  norma
censurata riproduca la disposizione  contenuta  nell'art.  121,  nono
comma, del previgente codice della strada (d.P.R. 15 giugno 1959,  n.
393), come sostituito dall'art. 12 della legge 10 febbraio  1982,  n.
38 (Modifiche ad alcuni articoli del codice  della  strada,  e  della
legge 27 novembre 1980, n. 815, riguardanti i pesi e  le  misure  dei
veicoli): disposizione che questa Corte ha ritenuto non  contrastante
con l'art. 3 Cost., escludendo, in particolare, che essa configurasse
«una sorta di responsabilita' oggettiva concorsuale» (ordinanza n.  3
del 1989). Alla luce di una corretta esegesi  della  norma,  condotta
sulla base dei lavori parlamentari, il conducente, il proprietario  e
il committente  dovevano  ritenersi,  infatti,  gravati  da  autonomi
obblighi di comportamento, consistenti segnatamente in un  dovere  di
vigilanza:  con  la  conseguenza  che  ciascuno  di  detti   soggetti
rispondeva per fatto proprio. 
    3. - Si e' costituita la s.p.a. Nobel Sport Martignoni, opponente
nel giudizio a quo. 
    Ribadita la  rilevanza  della  questione,  la  parte  privata  ha
chiesto che la stessa venga accolta sulla base di argomentazioni  del
tutto analoghe a quelle svolte nell'ordinanza di rimessione. 
    4.  -  E'  intervenuta,  inoltre,  la  A.N.P.A.M.   (Associazione
Nazionale  Produttori  Armi  e   Munizioni),   ritenendosi   a   cio'
legittimata - alla luce della giurisprudenza costituzionale  relativa
all'ammissibilita' dell'intervento di soggetti investiti di  funzioni
di  rappresentanza  di   interessi   generali,   quali   gli   ordini
professionali - in quanto chiamata a svolgere, ai sensi  dell'art.  2
dello Statuto sociale,  compiti  di  tutela  delle  imprese  italiane
produttrici di armi, munizioni ed esplosivi per  il  mercato  civile,
nonche'  di  rappresentanza  delle  medesime  nei  rapporti  con   le
istituzioni e  le  pubbliche  amministrazioni.  L'intervento  sarebbe
finalizzato, nella specie,  a  tutelare  un  interesse  comune  delle
imprese  associate,  le  quali,  nell'attivita'  quotidiana,   devono
ricorrere al trasporto di prodotti pericolosi. 
    L'interveniente ha, quindi,  riproposto  le  considerazioni  gia'
svolte dalla  s.p.a.  Nobel  Sport  Martignoni,  concludendo  per  la
declaratoria di incostituzionalita' della norma oggetto di giudizio. 
    5. - Con memorie depositate il  2  febbraio  2011,  di  contenuto
sostanzialmente identico, la  s.p.a.  Nobel  Sport  Martignoni  e  la
A.N.P.A.M. hanno insistito per l'accoglimento della questione. 
    In     particolare,     hanno     ribadito     l'irragionevolezza
dell'equiparazione del regime sanzionatorio relativo al trasporto  di
merci pericolose a quello previsto per l'eccesso di carico. Solo  nel
caso dell'eccesso di carico, sanzionato dall'art.  167  cod.  strada,
infatti,  il  committente  esclusivo  potrebbe  trarre  un   ingiusto
vantaggio dalla violazione delle norme  sulla  circolazione,  perche'
egli sarebbe consapevole  della  quantita'  di  carico  eccedente  la
misura trasportabile; inoltre, il solo comma  7  dell'art.  168  cod.
strada sanziona l'eccesso di carico delle merci pericolose, mentre le
disposizioni  contenute  negli  altri  commi  non  riguardano   detta
violazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Giudice di  pace  di  Verona  dubita  della  legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3,  23,  27  e  117,  primo
comma, della Costituzione,  dell'art.  168,  comma  10,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della  strada),  che
estende  alle  sanzioni  amministrative  per  le   violazioni   della
«disciplina del trasporto su  strada  dei  materiali  pericolosi»  la
previsione del precedente art. 167, comma 9, in forza della quale  le
sanzioni si applicano «sia al  conducente  che  al  proprietario  del
veicolo, nonche'  al  committente,  quando  si  tratta  di  trasporto
eseguito per suo conto esclusivo». 
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo,   la   disposizione   censurata
violerebbe, anzitutto, i principi di ragionevolezza e di personalita'
della responsabilita' penale (artt. 3 e 27  Cost.),  configurando  in
capo al proprietario del veicolo e al committente una responsabilita'
per fatto altrui e a carattere oggettivo: detti  soggetti  sarebbero,
infatti, estranei alla violazione commessa ed esenti da  ogni  colpa,
perche'  privi  della  possibilita'  di  effettuare  controlli  sulle
modalita' di esercizio del  trasporto.  La  natura  autonoma,  e  non
solidale, della responsabilita' comporterebbe,  d'altro  canto,  che,
nel caso di cumulo di piu'  qualita'  fra  quelle  contemplate  dalla
norma  in  capo  allo  stesso   soggetto,   quest'ultimo,   se   pure
responsabile, verrebbe sanzionato due volte per il medesimo fatto. 
    Con  l'assoggettare  a  sanzioni  pecuniarie   persone   estranee
all'illecito commesso, la  disposizione  denunciata  si  porrebbe  in
contrasto anche con l'art.  23  Cost.,  oltrepassando  i  limiti  del
legittimo esercizio del potere dello  Stato  di  imporre  prestazioni
patrimoniali. 
    La norma censurata violerebbe l'art.  3  Cost.  anche  sotto  due
ulteriori  e  distinti  profili.  In  primo  luogo,  in   quanto   la
responsabilita' del committente  e'  prevista  unicamente  quando  si
tratti di trasporto eseguito «per suo  conto  esclusivo»:  previsione
che  risulterebbe  irragionevole  e  foriera  di  una  disparita'  di
trattamento  fra  situazioni  uguali,  giacche'  il  committente  non
sarebbe normalmente in grado  di  controllare  se  le  proprie  merci
vengano  trasportate  da  sole  o  assieme  a   merci   altrui,   ne'
usufruirebbe di un servizio diverso a seconda della sua  esclusivita'
o meno. 
    In secondo luogo, in quanto l'estensione al  trasporto  di  merci
pericolose  della  disciplina  relativa  al  sovraccarico  dei  mezzi
adibiti al trasporto di cose, alla quale si riferisce  il  richiamato
art.  167,  comma  9,  cod.  strada,  implicherebbe  una  irrazionale
equiparazione di situazioni  differenti.  In  quest'ultimo  caso,  il
«committente esclusivo» sarebbe infatti a conoscenza della  quantita'
di merce trasportata e, quindi, dell'eccesso di carico  del  veicolo,
dal quale potrebbe trarre vantaggio in termini di risparmio di spesa.
Al  contrario,  nel  caso  di  trasporto  di  merci  pericolose,   il
committente non solo non sarebbe in grado di controllare l'osservanza
delle norme di sicurezza, ma verrebbe altresi' danneggiato dalla loro
violazione, la quale metterebbe in pericolo i beni di sua proprieta'. 
    Il censurato art. 168, comma 10, cod. strad. violerebbe,  ancora,
l'art. 117, primo comma, Cost., non tenendo conto  della  dettagliata
ripartizione delle responsabilita'  fra  i  vari  soggetti  coinvolti
(speditore,  trasportatore,  destinatario,  caricatore,   riempitore,
imballatore) prefigurata dall'Accordo europeo relativo  al  trasporto
internazionale su strada delle merci  pericolose  (ADR),  adottato  a
Ginevra il 30 settembre 1957, ratificato e reso esecutivo  in  Italia
con legge 12 agosto 1962, n. 1839, e indi recepito  anche  in  ambito
comunitario (in  particolare,  con  la  direttiva  n.  94/55/CE,  ora
sostituita dalla direttiva n. 2008/68/CE). Di qui anche un conclusivo
profilo di violazione dell'art. 3 Cost., connesso al fatto che l'art.
168  cod.  strada,  ai  commi  da  7  a  9-ter,  delinea  un  sistema
sanzionatorio volto proprio ad  assicurare  il  rispetto  del  citato
Accordo ADR, con conseguente incoerenza interna della normativa. 
    2.   -   In   via    preliminare,    deve    essere    dichiarata
l'inammissibilita'  dell'intervento   dell'A.N.P.A.M.   (Associazione
Nazionale Produttori Armi e Munizioni). 
    Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, non
possono  partecipare  al   giudizio   incidentale   di   legittimita'
costituzionale soggetti che non siano parti in causa nel  giudizio  a
quo  al  momento  del  deposito  o  della  lettura  in   dibattimento
dell'ordinanza di rimessione (tra  le  ultime,  sentenza  n.  48  del
2010); principio ritenuto derogabile soltanto in favore  di  soggetti
titolari di un  interesse  qualificato,  immediatamente  inerente  al
rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio  e   non   semplicemente
regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di  censura  (ex
plurimis, sentenze n. 263 e n. 151 del 2009; ordinanze n. 393 e n. 96
del 2008). 
    Nel caso in esame, l'A.N.P.A.M.  si  dichiara  portatrice  di  un
interesse a carattere generale di tutte  le  imprese  produttrici  di
armi, munizioni ed esplosivi per il mercato civile, le  quali,  nella
loro  quotidiana  attivita',  devono  inevitabilmente  ricorrere   al
trasporto   del   prodotto   pericoloso.   La   posizione   giuridica
dell'A.N.P.A.M.,  quindi,  non   risulta   suscettibile   di   essere
pregiudicata  in  modo  immediato  e  irrimediabile  dall'esito   del
giudizio  incidentale,  dal  momento  che  la  categoria  -  di   cui
l'interveniente assume essere ente esponenziale -  potrebbe  ricevere
nocumento solo in via indiretta,  allorche'  ad  uno  dei  produttori
venissero   irrogate   le   sanzioni   previste   nella    richiamata
disposizione. 
    3. - Nel merito, la questione non  e'  fondata,  in  relazione  a
tutti i parametri invocati. 
    4. - Quanto alla prima censura, inerente all'asserita  violazione
dei   principi   di   ragionevolezza   e   di   personalita'    della
responsabilita'  penale  (artt.  3  e  27  Cost.),  e'  dirimente,  a
prescindere da ogni altro rilievo, la considerazione che le doglianze
del rimettente poggiano su  un  erroneo  presupposto  interpretativo.
Tale deve ritenersi l'assunto in forza del quale la  norma  censurata
configurerebbe,  a  carico  del  proprietario  del  veicolo   e   del
committente del trasporto, una responsabilita' per fatto altrui  e  a
carattere oggettivo. 
    Questa Corte ha gia' avuto modo di escludere  la  correttezza  di
tale lettura, pronunciando su questione parzialmente  analoga  avente
ad oggetto l'art. 121, nono comma, del codice della  strada  abrogato
(d.P.R. 15 giugno 1959, n. 303, recante il «Testo unico  delle  norme
sulla circolazione stradale»), come  sostituito  dall'art.  12  della
legge 10 febbraio 1982, n.  38  (Modifiche  ad  alcuni  articoli  del
codice della  strada,  e  della  legge  27  novembre  1980,  n.  815,
concernenti i pesi e le misure dei veicoli): norma di tenore identico
a quello del primo periodo dell'art. 167, comma 9, del vigente codice
della strada, cui la disposizione censurata rinvia  (ordinanza  n.  3
del 1989). 
    Nell'occasione, questa Corte ha disatteso la tesi secondo cui  la
disposizione  dianzi  citata  avrebbe   delineato   «una   sorta   di
responsabilita'  oggettiva  concorsuale»,  rilevando  come  essa,  al
contrario, ponesse a carico  dei  soggetti  coinvolti  -  conducente,
proprietario del  veicolo  e  committente  -  «autonomi  obblighi  di
comportamento che si sostanziano [...] in  un  dovere  di  vigilanza,
quando sia escluso il  concorso».  Con  la  conseguenza  che  «i  tre
soggetti rispondono ciascuno per  fatto  proprio,  sicche'  la  prova
della  responsabilita'  di  ognuno  resta   regolata   dai   principi
generali». A  sostegno  della  conclusione,  si  e'  fatto  leva,  in
particolare, sull'avvenuto superamento, a seguito dei  rilievi  mossi
nel corso dei lavori preparatori, dell'originaria impostazione  della
proposta di legge n. 299, presentata alla Camera dei deputati  il  10
luglio  1979,  in  forza  della  quale  proprietario  e   committente
avrebbero dovuto rispondere  delle  violazioni  «in  solido»  con  il
conducente. 
    La circostanza - su cui lo stesso rimettente pone l'accento - che
la responsabilita' prevista dalla norma censurata non abbia carattere
solidale, diversamente da quella sancita in  via  generale  dall'art.
196 cod. strada a carico del proprietario del veicolo,  dimostra,  in
effetti, il contrario di quello che il  giudice  a  quo  intenderebbe
provare: e, cioe', che la responsabilita' in questione resta regolata
dai principi generali in materia di  sanzioni  amministrative  e,  in
particolare,  da  quello  della  responsabilita'  almeno  per  colpa,
sancito dall'art. 3 della legge 24 novembre 1981, n.  689  (Modifiche
al sistema penale); principi ai quali non consta che  il  legislatore
abbia inteso nella specie derogare. 
    Le indicazioni fornite da questa Corte sono state, d'altro canto,
recepite dalla giurisprudenza di legittimita'  sia  con  riguardo  al
citato art. 121, nono comma, del codice della strada abrogato (Cass.,
26 maggio 1995, n. 5854), sia in relazione all'art. 167, comma 9, del
codice della strada vigente, in cui esso e' stato trasfuso: essendosi
ribadito,  in  specie,  che  tale  disposizione  pone  a  carico  del
committente un obbligo, distinto  da  quello  del  conducente  e  del
proprietario, di vigilanza sull'idoneita' del veicolo  da  utilizzare
all'esecuzione  del  trasporto,  in   relazione   alle   prescrizioni
normative (Cass., 29 novembre 2001, n. 15194). 
    Ad analoga conclusione deve quindi pervenirsi anche con  riguardo
al  trasporto  dei  materiali  pericolosi,  al  quale   dalla   norma
denunciata viene esteso il regime di  responsabilita'  in  questione.
Per il resto, sara' compito del giudice verificare, in rapporto  alle
specificita' delle  singole  violazioni  che  vengono  in  rilievo  -
descritte dai commi da 7 a 9-ter dello stesso art. 168 cod. strada  -
e tenuto conto della particolare regolamentazione della  materia,  se
ed entro quali limiti l'adempimento del predetto dovere di  vigilanza
possa   considerarsi   concretamente   esigibile,   trattandosi    di
presupposto  per  la  configurabilita'  della  colpa.   Tutto   cio',
indipendentemente   dall'operativita'   della   normativa,    evocata
dall'Avvocatura generale dello Stato, di cui al  d.lgs.  21  novembre
2005, n. 286 (Disposizioni per il riassetto normativo in  materia  di
liberalizzazione   regolata    dell'esercizio    dell'attivita'    di
autotrasportatore) e dalla riferibilita',  per  quanto  attiene  alla
cosiddetta responsabilita' condivisa del  vettore,  del  committente,
del caricatore e del proprietario della merce,  di  detta  disciplina
anche  alle  violazioni  dell'art.  168  cod.  strada,   testualmente
applicabile solo alle violazioni dell'art. 167 cod. strada  (art.  7,
comma 6, lettera e, del citato decreto legislativo). 
    5. - Quanto, poi, al denunciato rischio di una duplice  punizione
dello stesso soggetto per il medesimo fatto, nel caso  di  cumulo  di
piu' qualifiche fra  quelle  contemplate  dalla  norma  (rischio  che
deriverebbe   proprio   dal   carattere   autonomo   delle    singole
responsabilita'), vale osservare, da un lato, come l'eventualita' che
il  committente  del  trasporto  sia  anche  il   conducente   o   il
proprietario  del  veicolo  per  esso  utilizzato  appaia   meramente
teorica, e in fatto non ricorra nel giudizio a quo; dall'altro,  come
il risultato paventato possa essere  in  ogni  caso  evitato  in  via
interpretativa -  laddove  la  regola  cautelare  violata  risultasse
unitaria - tramite l'applicazione del principio del ne  bis  in  idem
sostanziale. 
    6.  -  Le   considerazioni   che   precedono   comportano   anche
l'insussistenza  dell'ipotizzata  violazione  dell'art.   23   Cost.:
censura basata, peraltro, su un argomento non pertinente rispetto  al
parametro, venendo il vulnus costituzionale fatto  discendere  -  non
gia' dall'inosservanza della  riserva  di  legge  ivi  sancita  -  ma
esclusivamente dalla circostanza che la norma in esame  sottoponga  a
sanzioni pecuniarie soggetti in tesi estranei all'illecito, e  dunque
dal medesimo rilievo posto a fondamento della denunciata lesione  del
principio di ragionevolezza. 
    7. -  Per  quanto  attiene  agli  ulteriori  profili  di  pretesa
violazione dell'art.  3  Cost.,  parimenti  insussistente  e'  quello
legato alla circostanza che il committente sia chiamato a  rispondere
delle  violazioni  in  discorso  unicamente  «quando  si  tratta   di
trasporto eseguito per suo conto esclusivo». 
    La censura poggia, in effetti, sul  presupposto  che  la  formula
«per suo conto esclusivo» attenga alla  merce  caricata  sul  singolo
veicolo,  la  quale  dovrebbe  appartenere,  in  tesi,  ad  un  unico
committente  affinche'  la  responsabilita'  divenga  operante.   Per
converso, tanto nella terminologia del codice  civile  (si  veda,  in
specie,  l'art.  1737,  recante  la  definizione  del  contratto   di
spedizione),  quanto  nell'ambito  della  disciplina   speciale   del
trasporto (si  consideri,  in  particolare,  la  distinzione  fra  il
trasporto «in conto proprio» e il trasporto  «per  conto  di  terzi»,
quali definiti dagli artt. 31 e 40 della legge 6 giugno 1974, n. 298,
recante «Istituzione dell'albo nazionale degli  autotrasportatori  di
cose per conto di terzi, disciplina degli  autotrasporti  di  cose  e
istituzione di un sistema di tariffe a forcella per  i  trasporti  di
merci su strada») l'espressione «per  conto»  assume  la  valenza  di
«nell'interesse». In questa  prospettiva,  la  nozione  di  trasporto
eseguito «per [...] conto esclusivo» del committente si  contrappone,
non gia' a quella di trasporto eseguito a favore di piu' committenti,
ma  all'altra  di  trasporto  eseguito   anche   nell'interesse   del
trasportatore, e cioe' per soddisfare anche esigenze dell'impresa  di
quest'ultimo. 
    Tale lettura esclude le incongruenze  denunciate  dal  giudice  a
quo, essendo  la  situazione  appena  sopra  indicata,  da  un  lato,
agevolmente verificabile dal committente nella generalita' dei  casi,
e,  dall'altro,  atta  a   determinare   una   differenziazione   non
irragionevolmente valorizzabile  dal  legislatore  ai  fini  che  qui
rilevano. 
    8. - Contrariamente a quanto assume il rimettente,  il  principio
di eguaglianza non puo'  ritenersi  violato  neppure  dalla  avvenuta
equiparazione, sotto l'aspetto considerato, delle violazioni relative
al trasporto di materiali pericolosi, sanzionate dall'art.  168  cod.
strada, a quelle concernenti il sovraccarico dei veicoli, di  cui  al
precedente art. 167 (il quale punisce, in realta',  anche  violazioni
di altro tipo, attinenti ai limiti alla circolazione dei veicoli  che
effettuano trasporti in condizioni di eccezionalita': art. 167, commi
4 e 7, cod. strada). 
    Le fattispecie poste a confronto  non  presentano,  infatti,  gli
elementi differenziali che, ad avviso del giudice a quo, renderebbero
irragionevole detto allineamento. 
    Quanto alla culpa in vigilando del  committente  -  ipotizzabile,
secondo il rimettente, solo in rapporto all'eccesso di carico - si e'
gia' rimarcato come la sua configurabilita' in  concreto  condizioni,
in base ai principi generali, la responsabilita'  di  detto  soggetto
anche in rapporto alle infrazioni alla disciplina  del  trasporto  di
materiali pericolosi (infrazioni  tra  le  quali  rientra,  peraltro,
anche il sovraccarico del veicolo: art. 168, comma 7, cod. strada). 
    Inoltre, non diversamente dalle restanti violazioni delle  regole
cautelari attinenti  al  trasporto  di  materiali  pericolosi,  anche
l'eccessivo carico del mezzo di trasporto, rendendone meno sicura  la
circolazione, ingenera il rischio della perdita o del  danneggiamento
della merce: sicche' non e' condivisibile nemmeno  l'altro  argomento
del  giudice  a  quo,  secondo  il  quale  il  committente  trarrebbe
vantaggio dagli illeciti amministrativi previsti dall'art.  167  cod.
strada,  mentre  potrebbe  essere  soltanto  danneggiato  da   quelli
contemplati nell'articolo che segue. 
    9. - Parimenti infondata, infine, e'  la  censura  di  violazione
degli artt. 117, primo comma, e 3 Cost., conseguente all'asserita non
conformita'  della  norma  censurata  alle  previsioni   dell'Accordo
europeo relativo al  trasporto  internazionale  su  strada  di  merci
pericolose (ADR). 
    Al riguardo, va rilevato che il comma 2 dell'art. 168 cod. strada
rinvia specificamente agli allegati a detto Accordo per la disciplina
della circolazione dei  veicoli  che  trasportano  merci  pericolose,
nonche'   «per   le    prescrizioni    relative    all'etichettaggio,
all'imballaggio, al  carico,  allo  scarico  ed  allo  stivaggio  sui
veicoli stradali». In  tal  modo,  le  prescrizioni  contenute  negli
allegati all'Accordo ADR vengono ad  integrare  -  anche  per  quanto
attiene alla  determinazione  degli  obblighi  gravanti  sui  diversi
soggetti coinvolti nelle operazioni - la componente precettiva  degli
illeciti amministrativi previsti dai commi 9,  9-bis  e  9-ter  dello
stesso art. 168 cod. strada, i  quali  sanzionano  specificamente  le
violazioni del citato comma 2: il  che  assicura  la  piena  aderenza
della disciplina interna all'atto internazionale di cui si tratta. 
    Il richiamo all'art. 167, comma 9, operato dal censurato comma 10
dell'art. 168 cod. strada, ha, a sua volta, una valenza estensiva,  e
non  gia'  delimitativa  dell'area   della   responsabilita'   (basti
considerare,  al  riguardo,  l'esplicito  riferimento  del  comma  9,
secondo periodo, dell'art. 168 cod. strada alla  responsabilita'  del
«trasportatore»,  in  contrapposizione  a  quella   del   conducente:
soggetto - il trasportatore - contemplato  dall'Accordo  ADR,  e  non
pure dall'art. 167, comma 9, cod. strada). 
    Detta estensione non puo' reputarsi, d'altra parte,  contrastante
con l'Accordo, il cui art. 5 stabilisce espressamente che i trasporti
da esso regolati restano soggetti alle norme  nazionali  riguardanti,
in via generale, la circolazione stradale: norme che, per quanto  qui
rileva,    prevedono,    come    principio     di     massima,     la
corresponsabilizzazione  del   proprietario   del   veicolo   e   del
committente per le violazioni relative ai  trasporti  di  cose,  come
emerge non soltanto dall'art. 167, comma 9, ma  anche  dall'art.  10,
comma  23,  cod.  strada,  con  particolare  riguardo  ai   trasporti
eccezionali o in condizioni di eccezionalita'. 
    Inoltre, l'allegato A all'Accordo, se da un  lato  contempla  uno
specifico  dovere  di  cooperazione  del  terzo  nell'esecuzione  del
trasporto, il quale deve segnalare per iscritto allo speditore che si
tratta di merci pericolose e mettere  a  sua  disposizione  tutte  le
informazioni e i documenti necessari all'esecuzione dei suoi obblighi
(punto 1.4.2.); dall'altro, fornisce  un'indicazione  dichiaratamente
non esaustiva degli obblighi degli altri «operatori»  (punto  1.4.3),
consentendo, in tal modo, ai singoli Stati di ampliarne l'area. 
    10. - La questione sollevata va, in conclusione,  dichiarata  non
fondata.