Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  18,  comma  1,
lettera r), della legge 22  aprile  2005,  n.  69  (Disposizioni  per
conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI  del
Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto  europeo
e alle procedure di consegna tra Stati membri), promossi dalla  Corte
di appello di Perugia con ordinanza del 5 maggio 2010 e  dalla  Corte
di appello - sezione per i minorenni di Reggio Calabria con ordinanza
del 6 maggio 2010, iscritte ai nn. 341 e 360 del  registro  ordinanze
2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 45  e
48, prima serie speciale, dell'anno 2010. 
    Udito nella camera di consiglio del  23  marzo  2011  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro. 
    Ritenuto che la Corte di appello di Perugia e la Corte di Appello
-  sez.  per  i  minorenni  di   Reggio   Calabria,   con   ordinanze
rispettivamente del 5 maggio 2010 (r.o. n. 341  del  2010)  e  del  6
maggio 2010 (r.o. n. 360 del 2010), hanno sollevato,  in  riferimento
agli  articoli  3,  27,  terzo  comma,  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  18,
comma 1, lettera r), della legge 22 aprile 2005, n. 69  (Disposizioni
per conformare il diritto interno alla decisione quadro  2002/584/GAI
del Consiglio, del 13 giugno  2002,  relativa  al  mandato  d'arresto
europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri),  nella  parte
in cui stabilisce che, «se il  mandato  d'arresto  europeo  e'  stato
emesso ai fini della esecuzione di  una  pena  o  di  una  misura  di
sicurezza privative della liberta' personale», la  Corte  di  appello
puo' disporre che tale pena o misura di  sicurezza  sia  eseguita  in
Italia conformemente al diritto interno, soltanto «qualora la persona
ricercata sia cittadino italiano»; 
        che la Corte di appello di Perugia (r.o.  n.  341  del  2010)
espone che R.V., cittadino  romeno  residente  in  Italia,  e'  stato
raggiunto da mandato d'arresto europeo (MAE) n. 32/08 del  27  maggio
2008 emesso dal Tribunale di primo  grado  di  Galati  (Romania),  in
esecuzione della sentenza penale n. 1724 del 28 settembre 2007  dello
stesso Tribunale, irrevocabile il 16 ottobre 2007, con  la  quale  e'
stato condannato alla pena di anni 1, mesi 1  di  reclusione  per  il
reato di guida in stato di ebbrezza (art. 87, primo comma  della  OUG
n. 195 del 2002 e art. 13 codice penale romeno), reato commesso il 28
agosto 2005 sulla strada Prelungirea Brailei; nonche'  in  esecuzione
della condanna alla pena di mesi 5 di  reclusione  per  il  reato  di
guida in stato di ebbrezza (art. 79, primo comma della OUG n. 195 del
2002 e articoli 74, lettere a) e c)  e  76,  lettera  d)  del  codice
penale romeno) inflittagli con sentenza emessa dal Tribunale di primo
grado di Galati in data 12 giugno 2003, pena da scontare insieme alla
pena di anni 1 e mesi 1 sopra indicata, reato commesso in Movileni il
16 marzo 2003; 
        che R.V. risulta stabilmente dimorante nel comune di  Piegaro
(Perugia)  fin  dall'anno  2007,  come  si  evince  dalla  carta   di
identita', dal certificato di residenza, dal contratto di  affitto  e
di lavoro e, ciononostante,  a  norma  della  disposizione  impugnata
occorrerebbe dar  corso  alla  consegna  del  condannato  allo  Stato
richiedente; 
        che il giudice a quo deduce la violazione dell'art.  3  Cost.
in quanto, sebbene la decisione  quadro  2002/584/GAI  dia  una  mera
facolta' agli Stati membri  della  Unione  europea  di  estendere  le
guarentigie eventualmente riconosciute ai propri cittadini anche agli
stranieri residenti sul territorio; tuttavia,  una  volta  introdotta
tale parificazione per quanto riguarda il «MAE processuale» (art. 19,
comma  1,  lettera  c),  sarebbe  del   tutto   illogico   che   tale
parificazione non sia effettuata dall'art. 18, comma  1,  lettera  r)
concernente il «MAE esecutivo» di una sentenza  di  condanna  di  uno
Stato estero, che riserva al solo cittadino italiano il rifiuto della
consegna; 
        che la norma impugnata  violerebbe  anche  l'art.  27,  terzo
comma Cost., poiche' un soggetto stabilmente residente sul territorio
dello  Stato,  ove  ha  stabilito  il  centro  dei  propri  interessi
affettivi  e  lavorativi,  sarebbe  costretto  ad  espiare  la   pena
inflittagli in un contesto territoriale a  lui  ormai  estraneo,  con
pregiudizio di un futuro reinserimento sociale del condannato; 
        che  la  disposizione  in  esame  si  porrebbe  altresi'   in
contrasto  con  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto,  nel
prevedere il rifiuto di consegna per il solo cittadino italiano,  non
rispetterebbe i vincoli derivanti  dall'ordinamento  comunitario,  in
particolare dall'art. 4 punto 6 della decisione quadro  2002/584/GAI,
laddove non consente di  differenziare,  in  tema  di  rifiuto  della
consegna, la posizione del  cittadino  da  quella  di  residente  non
cittadino; 
        che la Corte di appello - sez.  per  i  minorenni  di  Reggio
Calabria (r.o. n. 360 del 2010),  espone  che  N.  M.,  e'  cittadino
romeno  destinatario  di  mandato  di  arresto  Europeo  in  data  25
settembre 2008 n. 9 del Tribunale di V. (Romania), per  il  reato  di
tentato omicidio, punito ai sensi degli articoli 20, 73  lettera  b),
76, comma 2, 99 e 174 del codice penale romeno,  in  conseguenza  del
quale egli ha riportato condanna definitiva, ad anni 1 e  mesi  6  di
reclusione, emessa il 1° ottobre 2004 dalla Corte di appello di G. in
parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di V. l'8 luglio
2004, divenuta irrevocabile in forza di sentenza dell'Alta  Corte  di
Cassazione e Giustizia - sezione penale - del 17 febbraio 2005; 
        che agli atti risulta che N. e' residente  dal  17  settembre
2009 in V. (Ragusa), ove vive anche il suo nucleo familiare, composto
in totale da cinque persone; 
        che anche la Corte di appello di Reggio Calabria ritiene, con
analoghe motivazioni, che la disposizione impugnata contrasti con gli
articoli 3 , 27 Cost., comma 3, e 117, comma 1, Cost., nella parte in
cui  non  prevede  il  rifiuto  della  consegna  del  residente   non
cittadino. 
    Considerato che le questioni sollevate dalla Corte di appello  di
Perugia e dalla Corte di appello - sez. per  i  minorenni  di  Reggio
Calabria, con le ordinanze indicate in epigrafe, presentano  identico
oggetto e, pertanto, possono essere definite congiuntamente; 
        che Corte di appello di Perugia e la Corte di appello -  sez.
per i minorenni di Reggio Calabria,  dubitano,  in  riferimento  agli
articoli 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della  Costituzione,
della legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 1, lettera  r),
della legge 22 aprile 2005, n. 69  (Disposizioni  per  conformare  il
diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del
13  giugno  2002,  relativa  al  mandato  d'arresto  europeo  e  alle
procedure  di  consegna  tra  Stati  membri),  nella  parte  in   cui
stabilisce che, «se il mandato d'arresto europeo e' stato  emesso  ai
fini della esecuzione di una  pena  o  di  una  misura  di  sicurezza
privative  della  liberta'  personale»,  la  Corte  di  appello  puo'
disporre che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita  in  Italia
conformemente  al  diritto  interno,  soltanto  «qualora  la  persona
ricercata sia cittadino italiano»; 
        che questa Corte, con la sentenza n. 227 del 2010, successiva
alla pubblicazione delle ordinanze di rimessione, ha gia'  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18, comma  1,  lettera  r),
della legge n. 69 del 2005, nella parte in cui non prevede il rifiuto
di consegna anche del cittadino di un altro Paese membro  dell'Unione
europea, che  legittimamente  ed  effettivamente  abbia  residenza  o
dimora nel territorio italiano, ai fini  dell'esecuzione  della  pena
detentiva in Italia; 
        che, dunque, le  questioni  vanno  dichiarate  manifestamente
inammissibili, essendo venuto meno il limite  alla  possibilita'  del
rifiuto di consegna, cui  si  riferisce  la  censura  dei  rimettenti
(ordinanze n. 85 del 2011, n. 306 del 2010, nonche' n. 415 e  n.  269
del 2008, n. 290 e n. 34 del 2002, n. 575 del 2000). 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.