Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della  Repubblica  del
21 aprile 2010, relativa alla insindacabilita',  ai  sensi  dell'art.
68, primo comma, della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse  dal
senatore Raffaele Iannuzzi  nei  confronti  di  Gioacchino  Natoli  e
Giancarlo Caselli, promosso dal Giudice per le  indagini  preliminari
del  Tribunale  ordinario  di  Milano  con  ricorso   depositato   in
cancelleria il 14 dicembre 2010 ed iscritto al  n.  11  del  registro
conflitti tra poteri dello Stato 2010, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del  23  marzo  2011  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro. 
    Ritenuto  che,  con  ordinanza-ricorso   depositata   presso   la
cancelleria di questa Corte il 14 dicembre 2010, il  Giudice  per  le
indagini preliminari presso  il  Tribunale  ordinario  di  Milano  ha
sollevato conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  nei
confronti  del   Senato   della   Repubblica,   in   relazione   alla
deliberazione con la quale  l'Assemblea,  approvando,  il  21  aprile
2010, il documento IV-ter n. 14/A, ha dichiarato la  insindacabilita'
delle opinioni espresse da Raffaele  Iannuzzi,  all'epoca  dei  fatti
senatore  della  Repubblica,  nei  confronti  dei  magistrati   dott.
Gioacchino Natoli e dott. Giancarlo Caselli; 
    che  il  ricorrente  ha  premesso  che,  in  relazione   a   tali
dichiarazioni, pende presso lo stesso Ufficio, a carico del  predetto
Iannuzzi, procedimento penale per il reato di  diffamazione  a  mezzo
stampa, il quale sarebbe stato commesso con  un  articolo  pubblicato
sul settimanale Panorama  dell'8  febbraio  2007,  con  il  quale  il
parlamentare aveva offeso la reputazione dei predetti magistrati, con
l'aggravante dell'attribuzione di fatti determinati, tutti  riportati
nel capo di imputazione, allegato al ricorso; 
    che all'udienza preliminare del 10 febbraio 2009 il G.i.p.  aveva
disposto, ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 20 giugno  2003,
n.  140  (Disposizioni  per  l'attuazione  dell'articolo   68   della
Costituzione nonche' in materia  di  processi  penali  nei  confronti
delle alte cariche dello Stato), la trasmissione di copia degli  atti
al Senato, e sospeso il  procedimento  nei  confronti  dell'imputato,
avendo la  difesa  di  quest'ultimo  comprovato  che  lo  stesso  era
senatore all'epoca dei fatti; 
    che l'Assemblea del Senato  della  Repubblica,  nel  corso  della
seduta pomeridiana del 21 aprile 2010, in accoglimento della proposta
della Giunta delle elezioni e  delle  immunita'  parlamentari,  aveva
dichiarato che il fatto  oggetto  del  procedimento  stesso  concerne
opinioni espresse da un membro del  Parlamento  nell'esercizio  delle
sue funzioni e ricade, pertanto, nella ipotesi  di  cui  all'art.  68
della Costituzione; 
    che, a seguito di tale delibera, la  difesa  dell'imputato,  alla
udienza preliminare del 29 settembre 2010, aveva chiesto la emissione
di una sentenza di non  doversi  procedere,  mentre  il  P.M.  ed  il
difensore delle parti civili avevano chiesto che il G.i.p. sollevasse
conflitto di attribuzione ai sensi dell'art. 134 Cost.; 
    che, cio' posto, il G.i.p. ha ritenuto sussistere  i  presupposti
per accogliere quest'ultima richiesta, affermando, in proposito, che,
sulla base  dei  principi  delineati  dalla  costante  giurisprudenza
costituzionale,  la  insindacabilita'  delle   affermazioni   di   un
componente del Parlamento  deve  connettersi  alla  esistenza  di  un
effettivo  nesso  tra  le  affermazioni  espresse  fuori  dall'ambito
parlamentare  e  le  funzioni  in   concreto   svolte   dal   singolo
parlamentare, di modo che  si  possa  affermare  che  le  prime  sono
espressione diretta delle seconde; 
    che non e',  quindi,  sufficiente  un  semplice  collegamento  di
argomento,  e  di  contesto,  tra  l'attivita'  parlamentare   e   le
dichiarazioni rese, essendo, invece,  necessario  che  queste  ultime
siano identificabili come espressione  dell'attivita'  effettivamente
svolta dal parlamentare; 
    che, nel caso di specie - osserva il ricorrente - la Giunta delle
elezioni e delle immunita' parlamentari  ha  fatto  riferimento  alla
iniziativa del senatore avente ad oggetto la proposta di  istituzione
di una Commissione bicamerale di inchiesta sulla gestione  di  coloro
che collaborano con la giustizia (A.S. 2292 della  XIV  legislatura),
ed  ha  invocato  un  «salto  interpretativo»  della   giurisprudenza
costituzionale volto a far ritenere sussistente il  nesso  funzionale
«in tutte le occasioni in cui il parlamentare raggiunga il  cittadino
illustrando la propria posizione», e cio' alla luce della  evoluzione
che ha  subito  la  figura  del  politico-giornalista  per  la  quale
l'attivita' di giornalista andrebbe stimata «come  parte  della  piu'
ampia attivita' di politico ed espressione, per quanto  atipica,  del
relativo ruolo istituzionale»; 
    che,  al  riguardo,  osserva  il  ricorrente  che  la  Corte   ha
ripetutamente chiarito che il nesso funzionale  di  cui  all'art.  68
Cost. non puo' risolversi in un privilegio personale confliggente  in
modo irrimediabile con i diritti fondamentali di altri soggetti; 
    che nella  individuazione  dei  criteri  per  valutare  il  nesso
funzionale e' stato affermato che e' necessario che le  dichiarazioni
siano sostanzialmente riproduttive dell'opinione  sostenuta  in  sede
parlamentare, nonche' una sostanziale contestualita',  in  quanto  il
nesso funzionale  non  puo'  tollerare  segmenti  temporali  di  tale
ampiezza  da  risultare  incompatibile  con   la   stessa   finalita'
divulgativa; 
    che, ad avviso del ricorrente, non sussiste  ne'  il  presupposto
della contestualita'  cronologica  tra  l'articolo  di  stampa  e  la
iniziativa parlamentare, ne' un collegamento tra l'articolo  medesimo
e la questione inerente alla legislazione in materia di "pentiti"  ed
all'uso che in sede giudiziaria e politica ne possa essere fatto, dal
momento  che  l'articolo  in  questione,  prendendo  le  mosse  dalla
pubblicazione del libro "Uno sparo in caserma" di Daniela Pellicano',
che ricostruisce la vicenda legata al suicidio  del  maresciallo  dei
Carabinieri Antonio Lombardo, avvenuto  il  4  marzo  1995,  contiene
affermazioni  che  investono  la  condotta  di  diversi  soggetti  in
contesti non direttamente riferibili alla gestione  dei  "pentiti"  o
alle dichiarazioni rese da costoro; 
    che, per altro verso, si sostiene nel ricorso che la  ricerca  di
un punto di  equilibrio  tra  i  confliggenti  diritti,  aventi  pari
dignita' costituzionale, di manifestazione del pensiero e di agire in
giudizio per la tutela  dei  propri  diritti,  deve  muovere  da  una
interpretazione dell'art. 68 Cost. stringente alla luce dei  principi
della CEDU in materia  di  diritto  ad  un  processo  equo,  i  quali
vincolano anche il giudice italiano e il giudice delle leggi; 
    che, in definitiva, il G.i.p. presso il  Tribunale  ordinario  di
Milano chiede che la Corte, previa declaratoria di ammissibilita' del
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  da  lui  sollevato,
dichiari che non spettava al Senato della Repubblica  la  valutazione
della condotta addebitabile al parlamentare in quanto  estranea  alla
previsione di cui all'art. 68 Cost., annullando la delibera  adottata
dal Senato medesimo il 21 aprile 2010. 
    Considerato che, in questa fase del giudizio, a  norma  dell'art.
37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  questa
Corte e' chiamata a  deliberare,  senza  contraddittorio,  in  ordine
all'ammissibilita' del conflitto di  attribuzione  tra  poteri  dello
Stato promosso dal Giudice per  le  indagini  preliminari  presso  il
Tribunale ordinario di Milano con ricorso  del  2  novembre  2010  in
relazione alla deliberazione adottata dal Senato della Repubblica  il
21  aprile  del  2010  (Doc.  IV-ter   n.   14/A),   concernente   la
insindacabilita'   delle   opinioni   espresse    dal    parlamentare
incriminato, senatore all'epoca  dei  fatti,  nei  confronti  di  due
magistrati, in relazione alle quali  pende  procedimento  penale  per
diffamazione a mezzo stampa innanzi allo  stesso  ufficio,  sotto  il
profilo della sussistenza della  «materia  di  un  conflitto  la  cui
risoluzione spetti alla sua competenza»; 
    che, sotto il profilo del requisito soggettivo, tale conflitto e'
sollevato da organo - il Giudice per le indagini  preliminari  presso
il Tribunale ordinario di Milano - legittimato ad  essere  parte  del
conflitto   tra   poteri   dello   Stato,   trattandosi   di   organo
giurisdizionale  in  posizione  di  indipendenza   costituzionalmente
garantita, competente a  dichiarare  definitivamente,  nell'esercizio
delle funzioni attribuitegli, la volonta' del potere cui appartiene; 
    che e' parimenti legittimato ad essere  parte  del  conflitto  il
Senato della Repubblica, nei cui confronti il conflitto  medesimo  e'
stato sollevato, quale organo competente a dichiarare definitivamente
la propria volonta' in ordine all'applicabilita' dell'art. 68,  primo
comma, Cost.; 
    che,  quanto  al  profilo  oggettivo,  sussiste  la  materia  del
conflitto, dal momento che il ricorrente  lamenta  la  lesione  della
propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita  da  parte
della impugnata deliberazione del Senato della Repubblica; 
    che, pertanto, allo stato,  va  dichiarata  l'ammissibilita'  del
ricorso,  tanto  sotto  il  profilo  soggettivo  che   sotto   quello
oggettivo.