IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la presente ordinanza, sul ricorso numero di registro generale n. 7579 del 2010, proposto da: Mercedes Bresso e Luigina Staunovo Polacco, rappresentate e difese dagli avv. Nicolo' Paoletti, Enrico Piovano, Sabrina Molinar Min, Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso Nicolo' Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini, 34; Contro Regione Piemonte, rappresentata e difesa dagli avv. Angelo Clarizia, Luca Procacci, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2; Roberto Cota; Associazione Italiana World Wide Fund For Nature (Wwf) Onlus Ong; Ministero dell'interno; Ufficio centrale regionale presso la Corte di appello di Torino, Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Alessandria, Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Cuneo, Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Asti, Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Novara, Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Vercelli, Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Torino, Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Biella, Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Verbania, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Nei confronti di: Barbara Bonino, Franco Maria Botta, Marco Botta, Angelo Burzi, Cristiano Bussola, Daniele Cantore, Valerio Cattaneo, Fabrizio Comba, Ugo Cavallera, Alberto Cirio, Michele Coppola, Alberto Cortopassi, Raffaele Costa, Rosa Anna Costa, Caterina Ferrero, Lorenzo Leardi, Angiolino Mastrullo, Augusta Montaruli, Massimiliano Motta, Luca Pedrale, Claudia Porchietto, Roberto Ravello, Carla Spagnuolo, Alfredo Roberto Tentoni, Pietro Francesco Toselli, Rosanna Valle, Gian Luca Vignale, rappresentati e difesi dagli avv. Alberto Romano, Emanuele Gallo, con domicilio eletto presso Alberto Romano in Roma, Lungotevere Sanzio, 1; Michele Giovine e Sara Franchino, rappresentati e difesi dall'avv. Stefano Vinti, con domicilio eletto presso Stefano Vinti in Roma, via Emilia n. 88; Antonello Angeleri, Mario Carossa, Roberto De Magistris, Massimo Giordano, Federico Gregorio, Maurizio Lupi, Elena Maccanti, Michele Marinello, Riccardo Molinari, Gianfranco Novero, Claudio Sacchetto, Paolo Tiramani, rappresentati e difesi dall'avv. Paolo Forno, con domicilio eletto presso Segreteria Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13; Gianluca Bonanno, Eleonora Artesio, Fabrizio Biole', Antonino Boeti, Davide Bono, Andrea Buquicchio, Mauro Laus, Stefano Lepri, Giuliana Manica, Angela Motta, Rocchino Muliere, Giovanni Negro, Giovanna Pentenero, Roberto Placido, Tullio Ponso, Aldo Reschigna, Gianni VVilmer Ronzani, Andrea Stara, Giacomino Taricco; Per la riforma della sentenza del T.A.R. Piemonte - Torino: Sezione I n. 03196/2010, resa tra le parti, concernente verbale proclamazione degli eletti relativo alle elezioni per il Consiglio Regione Piemonte 28/29 marzo 2010; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Piemonte e di Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Torino e di Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Biella e di Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Verbania e di Barbara Bonino e di Franco Maria Botta e di Marco Botta e di Angelo Burzi e di Cristiano Bussola e di Daniele Cantore e di Valerio Cattaneo e di Fabrizio Comba e di Ugo Cavailera e di Alberto Cirio e di Michele Coppola e di Alberto Cortopassi e di Raffaele Costa e di Rosa Anna Costa e di Caterina Ferrero e di Lorenzo Leardi e di Angiolino Mastrullo e di Augusta Montaruli e di Massimiliano Motta e di Luca Pedrale e di Claudia Porchietto e di Roberto Ravello e di Carla Spagnuolo e di Alfredo Roberto Tentoni e di Pietro Francesco Toselli e di Rosanna Valle e di Gian Luca Vignale e di Michele Giovine e di Sara Franchino e di Antonello Angeleri e di Mario Carossa e di Roberto De Magistris e di Massimo Giordano e di Federico Gregorio e di Maurizio Lupi e di Elena Maccanti e di Michele Marinello e di Riccardo Molinari e di Gianfranco Novero e di Claudio Sacchetto e di Paolo Tiramani; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2011 il Cons. Roberto Chieppa e uditi per le parti gli avvocati Paoletti, Piovano, Molinar, Pellegrino, Clarizia, Procacci, 1'avv. dello Stato Meloncelli, Romano, Forno e Barbieri, su delega dell'avv. Vinti; F a t t o e d i r i t t o 1. Mercedes Bresso, in proprio e n. q. di candidato presidente della coalizione di centro sinistra alle elezioni regionali del Piemonte del 28/29 marzo 2010 e di candidata capolista del listino regionale «Uniti per Bresso» e Luigina Staunovo Polacco, in proprio e n. q. di coordinatrice del partito «Pensionati e invalidi», impugnavano - con ricorso e successivo atto di motivi aggiunti - l'atto di proclamazione degli eletti adottato in esito alle elezioni del Consiglio regionale e del Presidente della giunta regionale del Piemonte, celebratesi nei giorni 28 e 29 marzo 2010, nonche' i provvedimenti di ammissione della lista «Pensionati per Cota» collegata con il candidato alla carica di Presidente della giunta regionale Roberto Cota. Le ricorrenti deducevano la falsita' delle dichiarazioni di accettazione delle candidature alla carica di consigliere regionale e delle relative sottoscrizioni della lista «Pensionati per Cota». Secondo le ricorrenti sarebbero state false, oltre che le sottoscrizioni di accettazione delle candidature, anche le attestazioni di autenticazione effettuate da vari consiglieri comunali, che avrebbero (falsamente) attestato di aver autenticato le sottoscrizioni nel comune nel quale rivestono la carica di consigliere. Con il ricorso veniva chiesto - in via principale - che il giudice amministrativo accertasse autonomamente i fatti penalmente rilevanti emersi, dichiarando l'illegittimita' della ammissione della lista «Pensionati per Cota», che aveva raccolto un numero di voti (oltre 27.000), superiore alla differenza tra la coalizione vincente e quella di centro sinistra (differenza pari a 9.372 voti). In via subordinata, le ricorrenti formulavano espressa riserva di querela di falso nel termine eventualmente assegnato dal T.a.r. Con sentenza 6 agosto 2010 n. 3196 il T.a.r. Piemonte, dopo aver respinto una serie di eccezioni preliminari e aver ritenuto ammissibile il ricorso, riteneva priva di fondamento la tesi avanzata in via principale circa la possibilita' di diretto accertamento delle dedotte falsita' da parte del giudice amministrativo e assegnava alla parte ricorrente il termine di sessanta giorni dalla data di comunicazione o notificazione, se anteriore, della sentenza per consentire la proposizione, dinanzi al competente tribunale, della querela di falso, relativamente all'autenticita' delle dichiarazioni di accettazione delle candidature della lista «Pensionati per Cota», e delle autenticazioni delle relative sottoscrizioni, ai sensi dell'art. 41 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 e degli artt. 221 e ss. c.p.c. Mercedes Bresso e Luigina Staunovo Polacco hanno proposto ricorso in appello avverso tale sentenza, chiedendo l'accoglimento della propria originaria domanda principale al fine dell'accertamento diretto da parte del g.a. della falsita' dei predetti atti. Secondo le appellanti, la documentazione probatoria prodotta dimostrerebbe in modo in equivoco che sono state falsificate le firme apposte sui moduli di presentazione dei candidati e che i consiglieri comunali che hanno autenticato le firme non erano neppure nei comuni, sede di esercizio delle loro funzioni. Alcuno ostacolo vi sarebbe per accertare nel processo amministrativo tali falsita' con i conseguenti effetti sull'esito della competizione elettorale. La Regione Piemonte si e' costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso ed eccependone in via preliminare l'inammissibilita' per essere stato proposto avverso una decisione del T.a.r. meramente istruttoria. Alcuni dei soggetti contro interessati, indicati in epigrafe, si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso in appello o la declaratoria della sua inammissibilita'. Michele Giovine, eletto consigliere regionale nella lista «Pensionati per Cota» e Sara Franchino, candidata della stessa lista, si sono costituiti proponendo due autonomi ricorsi in appello incidentale, aventi ad oggetto una serie di questioni. Il Ministero dell'interno e gli uffici elettorali anche si sono costituiti in giudizio tramite l'Avvocatura dello Stato. All'udienza pubblica del 19 ottobre 2010 il ricorso e' stato discusso e con ordinanza n. 364/2010 questa sezione ha «ritenuto necessario, ai fini del decidere, disporre l'acquisizione delle prove delle avvenute notificazioni del ricorso in appello principale e dei ricorsi in appello incidentale, disponendo che gli appellanti incidentali notifichino i propri ricorsi a tutte le parti, anche non costituite, del giudizio di primo grado» e ha cosi' ordinato «agli appellanti principali e agli appellanti incidentali di rinnovare le notificazioni per le quali non siano in grado di fornire la prova del perfezionamento della notifica», riservandosi «la valutazione di ogni ulteriore profilo, compreso l'esame dei documenti depositati dagli appellanti principali in data odierna dopo la chiusura della discussione, che in alcun modo possono essere presi in considerazione dal collegio in assenza di contraddittorio». Fornita la prova delle notificazioni, la causa e' stata chiamata per la discussione all'odierna udienza. In sede di istanze preliminari, il collegio ha prospettato alle parti, ai sensi dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm., la questione dell'inammissibilita' dell'appello incidentale in quanto non firmato dall'Avv. Vinti e firmato da avvocati che non risultano iscritti all'albo dei Cassazionisti; al riguardo, l'avv. Piovano, difensore delle appellanti, ha depositato documentazione estratta dal sito del Consiglio Nazionale Forense, attestante la non iscrizione all'albo degli avvocati abilitati presso le giurisdizioni superiori dei difensori di Giovine e Franchino. Richiamato il ricorso per la discussione, l'avv. Barbieri, su delega dell'avv. Vinti, ha depositato nuovo atto di costituzione per i signori Michele Giovine e Sara Franchino, ammettendo che l'appello incidentale non e' stato firmato da alcun avvocato abilitato davanti alle giurisdizioni superiori e dichiarando di rimettersi su tale questione al collegio, opponendosi alla richiesta di rinvio. I difensori delle appellanti hanno, infatti, chiesto un rinvio dell'udienza di discussione, fondato sulla rappresentata esigenza di attendere l'esito della prossima udienza del procedimento penale pendente sui medesimi fatti. Dopo aver respinto la richiesta di rinvio, il collegio ha prospettato alle parti, sempre ai sensi dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm., che, qualora fosse fondata la tesi degli appellati, si potrebbe valutare un dubbio di costituzionalita' in ordine alle disposizioni che impongono la sospensione del giudizio amministrativo in caso di querela di falso e che precludono in materia elettorale al giudice amministrativo di accertare incidentalmente eventuali falsita' di atti del procedimento elettorale. Il collegio ha rappresentato che la questione, pur essendo gia' stata accennata dagli appellanti alla scorsa udienza, e' rilevabile d'ufficio e come tale e' stata indicata alle parti ex art. 73, comma 3, cod. proc. amm. Dopo la discussione del ricorso, in cui tutte le parti hanno dedotto anche in merito alla questione di costituzionalita', la causa e' stata trattenuta in decisione. Con sentenza non definitiva, pronunciata in data odierna, questa sezione ha dichiarato inammissibili i ricorsi in appello incidentale, proposti da Michele Giovine e Sara Franchino; ha respinto le eccezioni preliminari proposte dalle parti appellate e ha disposto la sospensione del giudizio per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, come da separata ordinanza. 2. Il collegio ritiene che la questione di costituzionalita' della vigente disciplina, che preclude in materia elettorale al giudice amministrativo di accertare incidentalmente eventuali falsita' di atti del procedimento elettorale, sia rilevante e non manifestamente infondata. Con riferimento alla rilevanza, si osserva che l'oggetto del presente giudizio e' costituito dalla contestazione da parte di Mercedes Bresso, candidato presidente della coalizione di centro sinistra alle elezioni regionali del Piemonte del 28/29 marzo 2010 e candidato capolista del listino regionale «Uniti per Bresso» e di Luigina Staunovo Polacco, coordinatrice del partito «Pensionati e invalidi», dell'esito delle predette elezioni regionali, che sarebbe viziato per effetto della illegittima ammissione della lista «Pensionati per Cota», collegata con il candidato alla carica di Presidente della giunta regionale Roberto Cota. L'ammissione della predetta lista sarebbe viziata per effetto della dedotta falsita' delle sottoscrizioni di accettazione delle candidature della lista «Pensionati per Cota» e del fatto che i consiglieri comunali Michele Giovine e Carlo Giovine avrebbero falsamente attestato di aver proceduto all'autentica delle firme nei comuni, dove svolgono il loro servizio, mentre in quelle giornate gli stessi non si erano mossi da Torino. Le appellanti richiamano la documentazione probatoria acquisita nel giudizio penale e, in particolare: a) la perizia attestante la falsita' di 18 su 19 sottoscrizioni di accettazione delle candidature della lista «Pensionati per Gota»; b) gli accertamenti inerenti l'attivazione delle «celle» dei cellulari di Michele Giovine e Carlo Giovine nelle giornate in cui gli stessi hanno attestato di aver autenticato le firme nei comuni di Gurro e Miasino (accertamenti da cui risulterebbe la loro presenza a Torino per l'intera giornata); c) la contraddittorieta' delle dichiarazioni rese dalle persone candidate nella suddetta lista. Aggiungono che gia' nel passato i Giovine sono stati coinvolti in procedimenti aventi ad oggetto falsita' in materia elettorale. Con la sentenza non definitiva, pronunciata in data odierna, e' stata esclusa la fondatezza della tesi delle appellanti, secondo cui gli atti in contestazione non sarebbero assistiti da fede privilegiata, essendo state le firme autenticate al di fuori dell'ambito territoriale in cui i due consiglieri svolgono le funzioni di consiglieri comunali. Con tale sentenza e' stato ritenuto che il luogo dove e' avvenuta l'autenticazione delle firme non costituisce un elemento esterno all'atto compiuto, ma rappresenta anzi un elemento essenziale dell'atto, con la conseguenza che l'attestazione di data e luogo di autenticazione delle firme rientra nel contenuto dell'atto assistito da fede privilegiata. Di conseguenza, non rientrando in ipotesi di nullita' dell'atto, la disciplina vigente preclude al giudice amministrativo l'accertamento, anche incidentale, della veridicita' di quanto attestato dal pubblico ufficiale autenticante. Infatti, ai sensi dell'art. 8, comma 2, cod. proc. amm., «restano riservate all'autorita' giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacita' delle persone, salvo che si tratti della capacita' di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso» (la norma riproduce testualmente i previgenti art. 7, comma 3, ultima parte della l. T.a.r. e artt. 28, comma 3 e 30, comma 2 T.U. Cons. Stato; inoltre, l'art. 8 della stessa L. T.a.r. disponeva che «La risoluzione dell'incidente di falso e le questioni concernenti lo stato e la capacita' dei privati individui restano di esclusiva competenza dell'autorita' giudiziaria ordinaria, salvo che si tratti della capacita' di stare in giudizio»; ancora prima v. l'art. 7 del r.d. n. 2840/ 1923). L'art. 77 cod. proc. amm. disciplina, invece, la sospensione del giudizio amministrativo in seguito alla proposizione della querela di falso (anche in questo caso in modo analogo alle previgenti disposizioni, di cui agli artt. 41 - 43 del r.d. n. 642/1907). Fin dalle origini del processo amministrativo, dunque, il legislatore ha inteso riservare al solo giudice ordinario l'accertamento della falsita' degli atti pubblici, cui l'art. 2700 c.c. riconosce fede privilegiata fino a querela di falso. Le sopra riportate norme precludono al giudice amministrativo anche l'accertamento incidentale della falsita' dei documenti e, nel caso di specie, risulta evidente come tali disposizioni siano di ostacolo alla tesi delle appellanti, che hanno chiesto che fosse il giudice amministrativo, anche tramite Ctu, ad accertare la falsita' degli atti. E', quindi, evidente la rilevanza della questione di costituzionalita' di tali disposizioni nella parte in cui non consentono al giudice amministrativo di accertare nelle controversie elettorali l'eventuale falsita' degli atti del procedimento elettorale. 3. La questione non e' manifestamente infondata. Le disposizioni richiamate in precedenza appaiono porsi in contrasto con gli articoli 24, 76, 97, 103, 111, 113 e 117 della Costituzione. Si deve tenere presente che la riserva al giudice ordinario dei giudizi di accertamento della falsita' di atti pubblici attraverso la speciale procedura della querela di falso e la preclusione per il giudice amministrativo dell'accertamento, anche solo incidentale, di tali falsita' trae origine in un periodo storico, in cui le parti del processo amministrativo e lo stesso g.a. non avevano a disposizione strumenti probatori idonei per siffatti accertamenti. Tale limitazione si e' progressivamente attenuata e l'evoluzione del processo amministrativo ha condotto al riconoscimento di sempre maggiori poteri istruttori al giudice amministrativo, soprattutto a seguito dell'approvazione della legge n. 205/2000, che ha modificato l'art. 44, comma 1, T.U. Cons. Stato con la previsione dell'ammissibilita' del ricorso alla Ctu (art. 16) e l'art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 80/1998 con il riconoscimento dell'ammissibilita' nelle materie di giurisdizione esclusiva di tutti i mezzi di prova previsti dal c.p.c., esclusi l'interrogatorio formale e il giuramento. Il suddetto processo evolutivo ha trovato ora pieno compimento con l'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, i cui artt. 63 e ss. e disciplinano i mezzi di prova, ammettendo anche nella giurisdizione di legittimita' tutti i mezzi di prova previsti dal c.p.c., sempre con l'esclusione di interrogatorio formale e giuramento, che mal si attagliano alla specificita' del processo amministrativo. La attuale pienezza dei poteri istruttori del giudice amministrativo non giustifica piu' la permanenza di preclusioni soprattutto in quei giudizi, quali il contenzioso elettorale, caratterizzati da una esigenza «rafforzata» di garantire il principio della ragionevole durata del processo. Nel Codice del processo amministrativo, la disciplina del rito elettorale (artt. 126 - 132) e' caratterizzata, oltre che dall'attribuzione di pieni poteri di merito al g.a. (art. 7, comma 6 e art. 134, comma 1, lett. b), da una tempistica estremamente serrata, diretta a garantire un processo celere, che giunga a conclusione quando ancora gli effetti della pronuncia siano utili per la parte vittoriosa. Nella nuova disciplina permangono degli elementi di criticita', connessi ad alcune limitazioni alla impugnazione degli atti preparatori del procedimento elettorale (art. 129), anche rispetto a quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 236/2010; tuttavia, tali aspetti non assumono rilevanza nel giudizio in esame, instaurato prima dell'entrata in vigore del codice e in cui ogni questione inerente la ricevibilita' e ammissibilita' del ricorso di primo grado e' gia' stata esaminata con la sentenza non definitiva, pronunciata in data odierna. La necessaria rapidita' del giudizio elettorale trova un ostacolo nella gia' descritta preclusione per il giudice amministrativo di accertare, anche solo incidentalmente, l'eventuale falsita' degli atti del procedimento elettorale. Tale limitazione pone dei problemi di costituzionalita' in primo luogo in riferimento agli artt. 24 e 113 Cost., in quanto la necessaria devoluzione al giudice ordinario dell'accertamento della falsita' degli atti pubblici del procedimento elettorale comprime fortemente l'effettivita' della tutela giurisdizionale. Come affermato da Corte cost. n. 236/2010, in tali giudizi deve essere garantita «la possibilita' di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese»; al contrario, la necessaria sospensione del giudizio amministrativo e l'obbligo di proporre querela di falso priva il ricorrente della possibilita' di ottenere tutela non solo prima dello svolgimento delle elezioni, ma talora addirittura prima della fine della legislatura. Tra tutti i precedenti a titolo di esempio si puo' richiamare la vicenda esaminata dalla recente sentenza dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato 2 dicembre 2010, n. 3, in cui un giudizio, attinente ad elezioni comunali svoltesi nel 2002 e sospeso a seguito della proposizione di querela di falso (relativa sempre ad alcune firme), e' poi proseguito dopo il passaggio in giudicato della sentenza del giudice ordinario, che ha accertato la falsita' delle sottoscrizioni, quando pero' ormai si era conclusa la consiliatura e si erano da tempo svolte nuove elezioni. Il problema che si intende sollevare non e' la durata del processo civile di accertamento del falso (che e' un elemento di fatto inidoneo ad essere valutato in un giudizio di costituzionalita'), ma la preclusione per il giudice amministrativo di garantire una tutela effettiva, accertando incidentalmente la falsita' di atti pubblici del procedimento elettorale. Peraltro, tale sistema preclude in radice la possibilita' di tutela cautelare in contrasto con quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 236/2010, in cui e' stato valorizzato il potere di sospensione dell'esecuzione dell'atto amministrativo come «elemento connaturale di un sistema di tutela giurisdizionale» (un ricorso in materia elettorale, affidato esclusivamente a censure inerenti la falsita' di atti nella presentazione di una lista, vede oggi preclusa la tutela cautelare, non potendo il giudice amministrativo vagliare, neanche in sede cautelare, le denunciate falsita', rimesse alla esclusiva cognizione del giudice ordinario). Tale sistema contrasta anche con l'art. 111 Cost., in quanto la necessaria sospensione del giudizio amministrativo non assicura la ragionevole durata del processo per le ragioni appena esposte. Il contrasto e' esteso anche all'art. 117, primo comma, Cost. con riguardo alla violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, i quali - come evidenziato sempre da Corte cost. n. 236/2010 - riconoscono, tra l'altro, un diritto ad un ricorso effettivo, che e' vanificato dalla preclusione per il giudice amministrativo di accertare, anche solo incidentalmente, la falsita' degli atti pubblici del procedimento elettorale. Tale preclusione comprime anche la tutela degli interessi legittimi, assicurata dal giudice amministrativo e garantita dagli artt. 103 e 113 Cost., introducendo una limitazione della tutela, costituzionalmente non compatibile. Limiti alla tutela giurisdizionale finiscono poi per incidere sullo stesso buon andamento dell'amministrazione, che cura il procedimento elettorale e che vede accertata solo a distanza di anni la legittimita' o illegittimita' del suo operato, con violazione anche dell'art. 97 Cost., non potendo essere coerente con il principio del buon andamento un procedimento, quale quello elettorale, in cui anche in presenza di evidenti falsita' di atti pubblici gli organi preposti alla procedura elettorale non possono accertare tali falsita' (ne' vi e' alcuna possibilita' di tutela immediata, come gia' chiarito). Tali dubbi di costituzionalita' riguardano sia le disposizioni del codice del processo amministrativo, sia quelle previgenti, tenuto conto che il presente giudizio e' stato instaurato prima dell'entrata in vigore del codice e deciso in sede di appello dopo tale entrata in vigore. Un ultima questione di costituzionalita' riguarda, invece, solo le norme del codice del processo amministrativo e, in particolare, gli artt. 8, secondo comma, 77 e da 126 a 131 per violazione dell'art. 76 Cost., non essendo stati rispettati i criteri fissati dalla legge delega, di cui all'art. 44 della legge n. 69/2009. Infatti, tra tali criteri vi era in generale quello di «assicurare la snellezza, concentrazione ed effettivita' della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo» e, con riguardo ai giudizi elettorali, di «razionalizzare e unificare le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi». La concentrazione della tutela e la rapidita' del contenzioso elettorale erano quindi criteri di delega, che sono stati mal esercitati attraverso la conferma di un sistema che, anche in materia elettorale, preclude al giudice amministrativo l'accertamento della falsita' di atti del procedimento elettorale, "sdoppiando" la tutela, anziche' concentrandola. Alcun ostacolo vi poteva essere con riguardo alla modifica di norme, inerenti anche il riparto di giurisdizione, in quanto altro criterio di delega era costituito dalla necessita' di riordinare «le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni». Si fa, infine, presente che l'invocata possibilita' di accertamento, anche solo incidentale, della falsita' degli atti pubblici viene riferita ai soli atti pubblici del procedimento elettorale, e non anche ad altri atti pubblici, meramente attinenti a tale procedimento e che tale possibilita' in alcun modo equiparerebbe, come sostenuto dalle parti appellate all'odierna discussione, atti privati e atti pubblici, ma consentirebbe solamente che la falsita' dei secondi venga accertata nel giudizio amministrativo in materia elettorale con il dovuto rigore, derivante dalla fede privilegiata di tali atti, anche grazie a pieni strumenti probatori di cui oggi dispone il giudice amministrativo. Un elemento di fondamentale importanza va posto in rilievo ed e' comune a tutti i dubbi di costituzionalita': gli atti pubblici del procedimento elettorale hanno esclusiva rilevanza ed effetti nel solo procedimento elettorale, con la conseguenza che non vi e' alcuna esigenza di un accertamento con effetti generali ed erga omnes, quale l'accertamento del falso in sede civile. Tale differenza non giustifica il mantenimento della preclusione di accertare la falsita' degli atti pubblici «endoprocedimentali» nel contenzioso elettorale davanti al giudice amministrativo e dimostra come una eventuale pronuncia di incostituzionalita' non metterebbe a rischio il sistema generale delineato dal legislatore per l'accertamento del falso in atti pubblici e anzi consentirebbe di rendere effettiva una tutela, che lo stesso legislatore ha rimesso alla cognizione, estesa anche al merito con pieni poteri sostitutivi, del giudice amministrativo. 4. Per quanto esposto, appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 8, comma 2, 77 e da 126 a 131 del codice del processo amministrativo e delle previgenti disposizioni di cui agli artt. 7 del r.d. n. 2840/1923; 41-43 del r.d. n. 642/1907; 28, comma 3 e 30, comma 2, r.d. n. 1054/1934 (r.u. Cons. Stato); 7, comma 3, ultima parte e 8 della legge n. 1034/1971 (l. T.a.r.); 2700 cod. civ., in relazione agli articoli 24, 76, 97, 103, 111, 113 e 117 della Costituzione (la questione ex art. 76 Cost. viene posta solo con riferimento alle norme del codice del processo amministrativo). Per l'effetto, vanno trasmessi alla Corte costituzionale gli atti del giudizio sospeso con sentenza non definitiva pronunciata in data odierna.