IL CONSIGLIO DI STATO 
 
    Ha pronunciato la  presente  ordinanza,  sul  ricorso  numero  di
registro generale n. 7579 del 2010, proposto da:  Mercedes  Bresso  e
Luigina Staunovo Polacco, rappresentate e difese dagli  avv.  Nicolo'
Paoletti, Enrico Piovano, Sabrina Molinar Min, Gianluigi  Pellegrino,
con domicilio eletto presso Nicolo' Paoletti  in  Roma,  via  Barnaba
Tortolini, 34; 
    Contro Regione Piemonte, rappresentata e difesa dagli avv. Angelo
Clarizia, Luca Procacci, con domicilio eletto presso Angelo  Clarizia
in Roma, via Principessa Clotilde, 2; 
    Roberto Cota; 
    Associazione Italiana World Wide Fund For Nature (Wwf) Onlus Ong; 
    Ministero dell'interno;  Ufficio  centrale  regionale  presso  la
Corte di appello di Torino, Ufficio centrale circoscrizionale  presso
il Tribunale di Alessandria, Ufficio centrale circoscrizionale presso
il Tribunale di Cuneo, Ufficio centrale  circoscrizionale  presso  il
Tribunale  di  Asti,  Ufficio  centrale  circoscrizionale  presso  il
Tribunale di Novara,  Ufficio  centrale  circoscrizionale  presso  il
Tribunale di Vercelli, Ufficio centrale  circoscrizionale  presso  il
Tribunale di Torino,  Ufficio  centrale  circoscrizionale  presso  il
Tribunale di Biella,  Ufficio  centrale  circoscrizionale  presso  il
Tribunale  di  Verbania,  rappresentati  e   difesi   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  domiciliati  per  legge  in  Roma,  via  dei
Portoghesi, 12; 
    Nei confronti di: 
        Barbara Bonino,  Franco  Maria  Botta,  Marco  Botta,  Angelo
Burzi, Cristiano Bussola, Daniele Cantore, Valerio Cattaneo, Fabrizio
Comba,  Ugo  Cavallera,  Alberto  Cirio,  Michele  Coppola,   Alberto
Cortopassi,  Raffaele  Costa,  Rosa  Anna  Costa,  Caterina  Ferrero,
Lorenzo Leardi, Angiolino Mastrullo, Augusta Montaruli,  Massimiliano
Motta, Luca  Pedrale,  Claudia  Porchietto,  Roberto  Ravello,  Carla
Spagnuolo, Alfredo Roberto Tentoni, Pietro Francesco Toselli, Rosanna
Valle, Gian Luca Vignale, rappresentati e difesi dagli  avv.  Alberto
Romano, Emanuele Gallo, con domicilio eletto presso Alberto Romano in
Roma, Lungotevere Sanzio, 1; 
        Michele Giovine e  Sara  Franchino,  rappresentati  e  difesi
dall'avv. Stefano Vinti, con domicilio eletto presso Stefano Vinti in
Roma, via Emilia n. 88; 
        Antonello Angeleri,  Mario  Carossa,  Roberto  De  Magistris,
Massimo Giordano, Federico Gregorio, Maurizio Lupi,  Elena  Maccanti,
Michele Marinello,  Riccardo  Molinari,  Gianfranco  Novero,  Claudio
Sacchetto, Paolo Tiramani, rappresentati  e  difesi  dall'avv.  Paolo
Forno, con domicilio eletto presso Segreteria Consiglio di  Stato  in
Roma, piazza Capo di Ferro, 13; 
        Gianluca Bonanno, Eleonora Artesio, Fabrizio Biole', Antonino
Boeti, Davide Bono, Andrea Buquicchio,  Mauro  Laus,  Stefano  Lepri,
Giuliana Manica, Angela  Motta,  Rocchino  Muliere,  Giovanni  Negro,
Giovanna Pentenero, Roberto Placido, Tullio  Ponso,  Aldo  Reschigna,
Gianni VVilmer Ronzani, Andrea Stara, Giacomino Taricco; 
    Per la riforma della  sentenza  del  T.A.R.  Piemonte  -  Torino:
Sezione I n. 03196/2010,  resa  tra  le  parti,  concernente  verbale
proclamazione degli eletti relativo alle elezioni  per  il  Consiglio
Regione Piemonte 28/29 marzo 2010; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Piemonte  e
di Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Torino  e
di Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Biella  e
di Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di  Verbania
e di Barbara Bonino e di Franco Maria Botta e di  Marco  Botta  e  di
Angelo Burzi e di Cristiano Bussola e di Daniele Cantore e di Valerio
Cattaneo e di Fabrizio Comba e di Ugo Cavailera e di Alberto Cirio  e
di Michele Coppola e di Alberto Cortopassi e di Raffaele Costa  e  di
Rosa Anna Costa e di Caterina  Ferrero  e  di  Lorenzo  Leardi  e  di
Angiolino Mastrullo e di Augusta Montaruli e di Massimiliano Motta  e
di Luca Pedrale e di Claudia Porchietto e di  Roberto  Ravello  e  di
Carla Spagnuolo e di Alfredo Roberto Tentoni e  di  Pietro  Francesco
Toselli e di Rosanna Valle e  di  Gian  Luca  Vignale  e  di  Michele
Giovine e di Sara Franchino  e  di  Antonello  Angeleri  e  di  Mario
Carossa e di Roberto De Magistris e di Massimo Giordano e di Federico
Gregorio e di  Maurizio  Lupi  e  di  Elena  Maccanti  e  di  Michele
Marinello e di Riccardo Molinari e di Gianfranco Novero e di  Claudio
Sacchetto e di Paolo Tiramani; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  25  gennaio  2011  il
Cons. Roberto Chieppa e uditi per le  parti  gli  avvocati  Paoletti,
Piovano, Molinar, Pellegrino, Clarizia, Procacci, 1'avv. dello  Stato
Meloncelli, Romano, Forno e Barbieri, su delega dell'avv. Vinti; 
 
                     F a t t o  e  d i r i t t o 
 
    1. Mercedes Bresso, in proprio e n. q.  di  candidato  presidente
della coalizione di  centro  sinistra  alle  elezioni  regionali  del
Piemonte del 28/29 marzo 2010 e di candidata  capolista  del  listino
regionale «Uniti per Bresso» e Luigina Staunovo Polacco, in proprio e
n.  q.  di  coordinatrice  del  partito  «Pensionati   e   invalidi»,
impugnavano - con ricorso e successivo  atto  di  motivi  aggiunti  -
l'atto di proclamazione degli eletti adottato in esito alle  elezioni
del Consiglio regionale e del Presidente della giunta  regionale  del
Piemonte, celebratesi nei giorni  28  e  29  marzo  2010,  nonche'  i
provvedimenti  di  ammissione  della  lista  «Pensionati  per   Cota»
collegata con il candidato alla carica  di  Presidente  della  giunta
regionale Roberto Cota. 
    Le ricorrenti  deducevano  la  falsita'  delle  dichiarazioni  di
accettazione delle candidature alla carica di consigliere regionale e
delle relative sottoscrizioni della lista «Pensionati per Cota». 
    Secondo  le  ricorrenti  sarebbero  state  false,  oltre  che  le
sottoscrizioni  di   accettazione   delle   candidature,   anche   le
attestazioni  di  autenticazione  effettuate  da   vari   consiglieri
comunali, che avrebbero (falsamente) attestato di aver autenticato le
sottoscrizioni  nel  comune  nel  quale  rivestono   la   carica   di
consigliere. 
    Con il ricorso veniva chiesto  -  in  via  principale  -  che  il
giudice amministrativo accertasse autonomamente  i  fatti  penalmente
rilevanti emersi, dichiarando l'illegittimita' della ammissione della
lista «Pensionati per Cota», che aveva raccolto  un  numero  di  voti
(oltre 27.000), superiore alla differenza tra la coalizione  vincente
e quella di centro sinistra (differenza pari a 9.372 voti). 
    In via subordinata, le ricorrenti formulavano espressa riserva di
querela di falso nel termine eventualmente assegnato dal T.a.r. 
    Con sentenza 6 agosto 2010 n. 3196 il T.a.r. Piemonte, dopo  aver
respinto  una  serie  di  eccezioni  preliminari  e   aver   ritenuto
ammissibile il ricorso, riteneva priva di fondamento la tesi avanzata
in via principale circa la possibilita' di diretto accertamento delle
dedotte falsita' da parte del giudice amministrativo e assegnava alla
parte  ricorrente  il  termine  di  sessanta  giorni  dalla  data  di
comunicazione o  notificazione,  se  anteriore,  della  sentenza  per
consentire la proposizione, dinanzi al  competente  tribunale,  della
querela di falso, relativamente all'autenticita' delle  dichiarazioni
di accettazione delle candidature della lista «Pensionati per  Cota»,
e  delle  autenticazioni  delle  relative  sottoscrizioni,  ai  sensi
dell'art. 41 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642 e degli artt. 221 e  ss.
c.p.c. 
    Mercedes Bresso e Luigina Staunovo Polacco hanno proposto ricorso
in appello avverso  tale  sentenza,  chiedendo  l'accoglimento  della
propria  originaria  domanda  principale  al  fine  dell'accertamento
diretto da parte del g.a. della falsita' dei predetti atti. 
    Secondo le  appellanti,  la  documentazione  probatoria  prodotta
dimostrerebbe in modo in equivoco che sono state falsificate le firme
apposte sui moduli di presentazione dei candidati e che i consiglieri
comunali che hanno autenticato le firme non erano neppure nei comuni,
sede di esercizio delle loro funzioni. 
    Alcuno  ostacolo  vi   sarebbe   per   accertare   nel   processo
amministrativo tali falsita' con  i  conseguenti  effetti  sull'esito
della competizione elettorale. 
    La Regione Piemonte si e' costituita in  giudizio,  chiedendo  la
reiezione   del   ricorso   ed   eccependone   in   via   preliminare
l'inammissibilita' per essere stato proposto  avverso  una  decisione
del T.a.r. meramente istruttoria. 
    Alcuni dei soggetti contro interessati, indicati in epigrafe,  si
sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione  del  ricorso  in
appello o la declaratoria della sua inammissibilita'. 
    Michele  Giovine,  eletto  consigliere  regionale   nella   lista
«Pensionati per Cota» e Sara Franchino, candidata della stessa lista,
si  sono  costituiti  proponendo  due  autonomi  ricorsi  in  appello
incidentale, aventi ad oggetto una serie di questioni. 
    Il Ministero dell'interno e gli uffici elettorali anche  si  sono
costituiti in giudizio tramite l'Avvocatura dello Stato. 
    All'udienza pubblica del 19 ottobre  2010  il  ricorso  e'  stato
discusso e con ordinanza n.  364/2010  questa  sezione  ha  «ritenuto
necessario, ai fini del decidere, disporre l'acquisizione delle prove
delle avvenute notificazioni del ricorso in appello principale e  dei
ricorsi  in  appello  incidentale,  disponendo  che  gli   appellanti
incidentali notifichino i propri ricorsi a tutte le parti, anche  non
costituite, del giudizio di primo grado» e ha  cosi'  ordinato  «agli
appellanti principali e agli appellanti incidentali di  rinnovare  le
notificazioni per le quali non siano in grado di fornire la prova del
perfezionamento della notifica», riservandosi «la valutazione di ogni
ulteriore profilo, compreso l'esame dei  documenti  depositati  dagli
appellanti  principali  in  data  odierna  dopo  la  chiusura   della
discussione, che in alcun modo possono essere presi in considerazione
dal collegio in assenza di contraddittorio». 
    Fornita la prova delle notificazioni, la causa e' stata  chiamata
per la discussione all'odierna udienza. 
    In sede di istanze preliminari, il collegio ha  prospettato  alle
parti, ai sensi dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm., la  questione
dell'inammissibilita' dell'appello incidentale in quanto non  firmato
dall'Avv. Vinti e firmato da  avvocati  che  non  risultano  iscritti
all'albo dei Cassazionisti; al riguardo,  l'avv.  Piovano,  difensore
delle appellanti, ha depositato documentazione estratta dal sito  del
Consiglio Nazionale Forense, attestante la  non  iscrizione  all'albo
degli  avvocati  abilitati  presso  le  giurisdizioni  superiori  dei
difensori di Giovine e Franchino. 
    Richiamato il ricorso per la  discussione,  l'avv.  Barbieri,  su
delega dell'avv. Vinti, ha depositato nuovo atto di costituzione  per
i signori Michele Giovine e Sara Franchino, ammettendo che  l'appello
incidentale non e' stato firmato da alcun avvocato abilitato  davanti
alle giurisdizioni superiori e  dichiarando  di  rimettersi  su  tale
questione al collegio, opponendosi alla richiesta di rinvio. 
    I difensori delle appellanti hanno, infatti,  chiesto  un  rinvio
dell'udienza di discussione, fondato sulla rappresentata esigenza  di
attendere l'esito della  prossima  udienza  del  procedimento  penale
pendente sui medesimi fatti. 
    Dopo aver  respinto  la  richiesta  di  rinvio,  il  collegio  ha
prospettato alle parti, sempre ai sensi dell'art. 73, comma  3,  cod.
proc. amm., che, qualora fosse fondata la tesi  degli  appellati,  si
potrebbe valutare un  dubbio  di  costituzionalita'  in  ordine  alle
disposizioni che impongono la sospensione del giudizio amministrativo
in caso di querela di falso e che precludono in materia elettorale al
giudice  amministrativo  di   accertare   incidentalmente   eventuali
falsita' di atti del procedimento elettorale. 
    Il collegio ha rappresentato che la questione, pur  essendo  gia'
stata accennata dagli appellanti alla scorsa udienza,  e'  rilevabile
d'ufficio e come tale e' stata indicata alle parti ex art. 73,  comma
3, cod. proc. amm. 
    Dopo la discussione del ricorso, in  cui  tutte  le  parti  hanno
dedotto anche in merito alla questione di costituzionalita', la causa
e' stata trattenuta in decisione. 
    Con sentenza non definitiva, pronunciata in data odierna,  questa
sezione ha dichiarato inammissibili i ricorsi in appello incidentale,
proposti  da  Michele  Giovine  e  Sara  Franchino;  ha  respinto  le
eccezioni preliminari proposte dalle parti appellate e ha disposto la
sospensione del giudizio per la trasmissione degli  atti  alla  Corte
costituzionale, come da separata ordinanza. 
    2. Il collegio ritiene  che  la  questione  di  costituzionalita'
della vigente disciplina,  che  preclude  in  materia  elettorale  al
giudice  amministrativo  di   accertare   incidentalmente   eventuali
falsita' di atti del procedimento elettorale,  sia  rilevante  e  non
manifestamente infondata. 
    Con riferimento alla rilevanza,  si  osserva  che  l'oggetto  del
presente giudizio e'  costituito  dalla  contestazione  da  parte  di
Mercedes Bresso, candidato  presidente  della  coalizione  di  centro
sinistra alle elezioni regionali del Piemonte del 28/29 marzo 2010  e
candidato capolista del listino regionale «Uniti  per  Bresso»  e  di
Luigina Staunovo Polacco, coordinatrice  del  partito  «Pensionati  e
invalidi», dell'esito delle predette elezioni regionali, che  sarebbe
viziato  per  effetto  della  illegittima  ammissione   della   lista
«Pensionati per Cota», collegata con  il  candidato  alla  carica  di
Presidente della giunta regionale Roberto Cota. 
    L'ammissione della predetta lista  sarebbe  viziata  per  effetto
della dedotta falsita' delle  sottoscrizioni  di  accettazione  delle
candidature della lista «Pensionati per  Cota»  e  del  fatto  che  i
consiglieri  comunali  Michele  Giovine  e  Carlo  Giovine  avrebbero
falsamente attestato di aver proceduto all'autentica delle firme  nei
comuni, dove svolgono il loro servizio, mentre in quelle giornate gli
stessi non si erano mossi da Torino. 
    Le appellanti richiamano la documentazione  probatoria  acquisita
nel giudizio penale e, in particolare: 
        a)  la  perizia  attestante  la  falsita'   di   18   su   19
sottoscrizioni  di  accettazione  delle   candidature   della   lista
«Pensionati per Gota»; 
        b) gli accertamenti inerenti l'attivazione delle «celle»  dei
cellulari di Michele Giovine e Carlo Giovine nelle  giornate  in  cui
gli stessi hanno attestato di aver autenticato le firme nei comuni di
Gurro e Miasino (accertamenti da cui risulterebbe la loro presenza  a
Torino per l'intera giornata); 
        c)  la  contraddittorieta'  delle  dichiarazioni  rese  dalle
persone candidate nella suddetta lista. 
    Aggiungono che gia' nel passato i Giovine sono stati coinvolti in
procedimenti aventi ad oggetto falsita' in materia elettorale. 
    Con la sentenza non definitiva, pronunciata in data  odierna,  e'
stata esclusa la fondatezza della tesi delle appellanti, secondo  cui
gli  atti  in  contestazione  non   sarebbero   assistiti   da   fede
privilegiata,  essendo  state  le  firme  autenticate  al  di   fuori
dell'ambito  territoriale  in  cui  i  due  consiglieri  svolgono  le
funzioni di consiglieri comunali. 
    Con tale sentenza e' stato ritenuto che il luogo dove e' avvenuta
l'autenticazione delle firme  non  costituisce  un  elemento  esterno
all'atto  compiuto,  ma  rappresenta  anzi  un  elemento   essenziale
dell'atto, con la conseguenza che l'attestazione di data e  luogo  di
autenticazione delle firme rientra nel contenuto dell'atto  assistito
da fede privilegiata. 
    Di conseguenza, non rientrando in ipotesi di nullita'  dell'atto,
la   disciplina   vigente   preclude   al   giudice    amministrativo
l'accertamento,  anche  incidentale,  della  veridicita'  di   quanto
attestato dal pubblico ufficiale autenticante. 
    Infatti, ai sensi dell'art. 8, comma 2, cod. proc. amm., «restano
riservate   all'autorita'   giudiziaria   ordinaria   le    questioni
pregiudiziali concernenti lo stato  e  la  capacita'  delle  persone,
salvo che si tratti della  capacita'  di  stare  in  giudizio,  e  la
risoluzione dell'incidente di falso» (la norma riproduce testualmente
i previgenti art. 7, comma 3, ultima parte della l.  T.a.r.  e  artt.
28, comma 3 e 30, comma 2 T.U. Cons. Stato; inoltre, l'art.  8  della
stessa L. T.a.r. disponeva  che  «La  risoluzione  dell'incidente  di
falso e le questioni concernenti lo stato e la capacita' dei  privati
individui restano di esclusiva competenza dell'autorita'  giudiziaria
ordinaria, salvo che si tratti della capacita' di stare in giudizio»;
ancora prima v. l'art. 7 del r.d. n. 2840/ 1923). 
    L'art. 77 cod. proc. amm. disciplina, invece, la sospensione  del
giudizio amministrativo in seguito alla proposizione della querela di
falso  (anche  in  questo  caso  in  modo  analogo  alle   previgenti
disposizioni, di cui agli artt. 41 - 43 del r.d. n. 642/1907). 
    Fin  dalle  origini  del  processo  amministrativo,  dunque,   il
legislatore  ha  inteso   riservare   al   solo   giudice   ordinario
l'accertamento della falsita' degli atti pubblici,  cui  l'art.  2700
c.c. riconosce fede privilegiata fino a querela di falso. 
    Le sopra riportate norme  precludono  al  giudice  amministrativo
anche l'accertamento incidentale della falsita' dei documenti e,  nel
caso di specie, risulta evidente  come  tali  disposizioni  siano  di
ostacolo alla tesi delle appellanti, che hanno chiesto che  fosse  il
giudice amministrativo, anche tramite Ctu, ad accertare  la  falsita'
degli atti. 
    E',  quindi,   evidente   la   rilevanza   della   questione   di
costituzionalita'  di  tali  disposizioni  nella  parte  in  cui  non
consentono al giudice amministrativo di accertare nelle  controversie
elettorali  l'eventuale  falsita'   degli   atti   del   procedimento
elettorale. 
    3. La questione non e' manifestamente infondata. 
    Le  disposizioni  richiamate  in  precedenza  appaiono  porsi  in
contrasto con gli articoli 24, 76, 97, 103,  111,  113  e  117  della
Costituzione. 
    Si deve tenere presente che la riserva al giudice  ordinario  dei
giudizi di accertamento della falsita' di atti pubblici attraverso la
speciale procedura della querela di falso e  la  preclusione  per  il
giudice amministrativo dell'accertamento, anche solo incidentale,  di
tali falsita' trae origine in un periodo storico, in cui le parti del
processo amministrativo e lo stesso g.a. non avevano  a  disposizione
strumenti probatori idonei per siffatti accertamenti. 
    Tale limitazione si e' progressivamente attenuata e  l'evoluzione
del processo amministrativo ha condotto al riconoscimento  di  sempre
maggiori poteri istruttori al giudice amministrativo,  soprattutto  a
seguito dell'approvazione della legge n. 205/2000, che ha  modificato
l'art.  44,  comma  1,   T.U.   Cons.   Stato   con   la   previsione
dell'ammissibilita' del ricorso alla Ctu (art. 16) e l'art. 35, comma
3, del d.lgs. n. 80/1998 con  il  riconoscimento  dell'ammissibilita'
nelle materie di giurisdizione esclusiva di tutti i  mezzi  di  prova
previsti  dal  c.p.c.,  esclusi   l'interrogatorio   formale   e   il
giuramento. 
    Il suddetto processo evolutivo ha trovato  ora  pieno  compimento
con l'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, i cui
artt. 63 e ss. e disciplinano i  mezzi  di  prova,  ammettendo  anche
nella giurisdizione di legittimita' tutti i mezzi di  prova  previsti
dal c.p.c., sempre  con  l'esclusione  di  interrogatorio  formale  e
giuramento, che mal si  attagliano  alla  specificita'  del  processo
amministrativo. 
    La  attuale  pienezza   dei   poteri   istruttori   del   giudice
amministrativo non  giustifica  piu'  la  permanenza  di  preclusioni
soprattutto  in  quei  giudizi,  quali  il  contenzioso   elettorale,
caratterizzati da una esigenza «rafforzata» di garantire il principio
della ragionevole durata del processo. 
    Nel Codice del processo amministrativo, la  disciplina  del  rito
elettorale  (artt.  126  -  132)   e'   caratterizzata,   oltre   che
dall'attribuzione di pieni poteri di merito al g.a. (art. 7, comma  6
e art. 134,  comma  1,  lett.  b),  da  una  tempistica  estremamente
serrata, diretta  a  garantire  un  processo  celere,  che  giunga  a
conclusione quando ancora gli effetti della pronuncia siano utili per
la parte vittoriosa. 
    Nella nuova disciplina permangono degli elementi  di  criticita',
connessi  ad  alcune  limitazioni  alla   impugnazione   degli   atti
preparatori del procedimento elettorale (art. 129), anche rispetto  a
quanto affermato  dalla  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n.
236/2010; tuttavia, tali aspetti non assumono rilevanza nel  giudizio
in esame, instaurato prima dell'entrata in vigore del codice e in cui
ogni questione inerente la ricevibilita' e ammissibilita' del ricorso
di  primo  grado  e'  gia'  stata  esaminata  con  la  sentenza   non
definitiva, pronunciata in data odierna. 
    La necessaria rapidita' del giudizio elettorale trova un ostacolo
nella gia' descritta preclusione per  il  giudice  amministrativo  di
accertare, anche solo  incidentalmente,  l'eventuale  falsita'  degli
atti del procedimento elettorale. 
    Tale limitazione pone dei problemi di costituzionalita' in  primo
luogo in riferimento  agli  artt.  24  e  113  Cost.,  in  quanto  la
necessaria devoluzione al giudice ordinario  dell'accertamento  della
falsita' degli atti pubblici  del  procedimento  elettorale  comprime
fortemente l'effettivita' della tutela giurisdizionale. 
    Come affermato da Corte cost. n. 236/2010, in tali  giudizi  deve
essere garantita  «la  possibilita'  di  una  tutela  giurisdizionale
efficace e  tempestiva  delle  situazioni  soggettive  immediatamente
lese»;  al  contrario,  la  necessaria   sospensione   del   giudizio
amministrativo e l'obbligo di proporre  querela  di  falso  priva  il
ricorrente della possibilita' di ottenere tutela non solo prima dello
svolgimento delle elezioni, ma talora addirittura  prima  della  fine
della legislatura. 
    Tra tutti i precedenti a titolo di esempio si puo' richiamare  la
vicenda esaminata dalla recente sentenza dell'adunanza  plenaria  del
Consiglio di Stato 2  dicembre  2010,  n.  3,  in  cui  un  giudizio,
attinente ad elezioni comunali svoltesi nel 2002 e sospeso a  seguito
della proposizione di querela di falso  (relativa  sempre  ad  alcune
firme), e' poi  proseguito  dopo  il  passaggio  in  giudicato  della
sentenza del giudice ordinario, che ha accertato  la  falsita'  delle
sottoscrizioni, quando pero' ormai si era conclusa la consiliatura  e
si erano da tempo svolte nuove elezioni. 
    Il problema che  si  intende  sollevare  non  e'  la  durata  del
processo civile di accertamento del falso  (che  e'  un  elemento  di
fatto   inidoneo   ad   essere   valutato   in   un    giudizio    di
costituzionalita'), ma la preclusione per il  giudice  amministrativo
di garantire una  tutela  effettiva,  accertando  incidentalmente  la
falsita' di atti pubblici del procedimento elettorale. 
    Peraltro, tale sistema preclude  in  radice  la  possibilita'  di
tutela cautelare  in  contrasto  con  quanto  affermato  dalla  Corte
costituzionale  con  la  sentenza  n.  236/2010,  in  cui  e'   stato
valorizzato  il  potere  di  sospensione  dell'esecuzione   dell'atto
amministrativo come «elemento connaturale di  un  sistema  di  tutela
giurisdizionale»  (un  ricorso  in   materia   elettorale,   affidato
esclusivamente  a  censure  inerenti  la  falsita'  di   atti   nella
presentazione di una lista, vede oggi preclusa la  tutela  cautelare,
non potendo il  giudice  amministrativo  vagliare,  neanche  in  sede
cautelare, le denunciate falsita', rimesse alla esclusiva  cognizione
del giudice ordinario). 
    Tale sistema contrasta anche con l'art. 111 Cost., in  quanto  la
necessaria sospensione del giudizio amministrativo  non  assicura  la
ragionevole durata del processo per le  ragioni  appena  esposte.  Il
contrasto e' esteso  anche  all'art.  117,  primo  comma,  Cost.  con
riguardo alla violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.
848, i quali - come evidenziato sempre da Corte cost. n.  236/2010  -
riconoscono, tra l'altro, un diritto ad un ricorso effettivo, che  e'
vanificato  dalla  preclusione  per  il  giudice  amministrativo   di
accertare,  anche  solo  incidentalmente,  la  falsita'  degli   atti
pubblici del procedimento elettorale. 
    Tale  preclusione  comprime  anche  la  tutela  degli   interessi
legittimi, assicurata dal giudice amministrativo  e  garantita  dagli
artt. 103 e 113 Cost., introducendo  una  limitazione  della  tutela,
costituzionalmente non compatibile. 
    Limiti alla tutela giurisdizionale  finiscono  poi  per  incidere
sullo  stesso  buon  andamento  dell'amministrazione,  che  cura   il
procedimento elettorale e che vede accertata solo a distanza di  anni
la legittimita' o illegittimita'  del  suo  operato,  con  violazione
anche  dell'art.  97  Cost.,  non  potendo  essere  coerente  con  il
principio  del  buon  andamento   un   procedimento,   quale   quello
elettorale, in cui anche in presenza di  evidenti  falsita'  di  atti
pubblici gli organi preposti alla procedura  elettorale  non  possono
accertare tali falsita' (ne' vi  e'  alcuna  possibilita'  di  tutela
immediata, come gia' chiarito). 
    Tali dubbi di costituzionalita' riguardano  sia  le  disposizioni
del codice del processo amministrativo, sia quelle previgenti, tenuto
conto che il presente giudizio e' stato instaurato prima dell'entrata
in vigore del codice e deciso in sede di appello dopo tale entrata in
vigore. 
    Un ultima questione di costituzionalita' riguarda,  invece,  solo
le norme del codice del processo amministrativo  e,  in  particolare,
gli artt. 8, secondo  comma,  77  e  da  126  a  131  per  violazione
dell'art. 76 Cost., non essendo stati rispettati  i  criteri  fissati
dalla legge delega, di cui all'art. 44 della legge n. 69/2009. 
    Infatti,  tra  tali  criteri  vi  era  in  generale   quello   di
«assicurare  la  snellezza,  concentrazione  ed  effettivita'   della
tutela,  anche  al  fine  di  garantire  la  ragionevole  durata  del
processo» e, con riguardo ai giudizi elettorali, di «razionalizzare e
unificare  le  norme  vigenti  per  il  processo  amministrativo  sul
contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli
ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo  del
ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi». 
    La concentrazione della tutela e  la  rapidita'  del  contenzioso
elettorale erano  quindi  criteri  di  delega,  che  sono  stati  mal
esercitati attraverso la conferma di un sistema che, anche in materia
elettorale, preclude al giudice amministrativo  l'accertamento  della
falsita' di atti del procedimento elettorale, "sdoppiando" la tutela,
anziche' concentrandola. 
    Alcun ostacolo vi poteva essere con  riguardo  alla  modifica  di
norme, inerenti anche il riparto di giurisdizione,  in  quanto  altro
criterio di delega era costituito dalla necessita' di riordinare  «le
norme vigenti sulla giurisdizione del giudice  amministrativo,  anche
rispetto alle altre giurisdizioni». 
    Si  fa,  infine,  presente   che   l'invocata   possibilita'   di
accertamento, anche  solo  incidentale,  della  falsita'  degli  atti
pubblici viene  riferita  ai  soli  atti  pubblici  del  procedimento
elettorale, e non anche ad altri atti pubblici, meramente attinenti a
tale  procedimento  e   che   tale   possibilita'   in   alcun   modo
equiparerebbe,  come  sostenuto  dalle  parti  appellate  all'odierna
discussione, atti privati e atti pubblici, ma consentirebbe solamente
che  la  falsita'  dei   secondi   venga   accertata   nel   giudizio
amministrativo in materia elettorale con il dovuto rigore,  derivante
dalla fede privilegiata di tali atti, anche grazie a pieni  strumenti
probatori di cui oggi dispone il giudice amministrativo. 
    Un elemento di fondamentale importanza va posto in rilievo ed  e'
comune a tutti i dubbi di costituzionalita': gli  atti  pubblici  del
procedimento elettorale hanno esclusiva rilevanza ed effetti nel solo
procedimento elettorale, con la conseguenza  che  non  vi  e'  alcuna
esigenza di un accertamento con effetti generali ed erga omnes, quale
l'accertamento del falso in sede civile. 
    Tale differenza non giustifica il mantenimento della  preclusione
di accertare la falsita' degli atti pubblici «endoprocedimentali» nel
contenzioso elettorale davanti al giudice amministrativo  e  dimostra
come una eventuale pronuncia di incostituzionalita' non metterebbe  a
rischio  il  sistema   generale   delineato   dal   legislatore   per
l'accertamento del falso in atti pubblici  e  anzi  consentirebbe  di
rendere effettiva una tutela, che lo stesso  legislatore  ha  rimesso
alla cognizione, estesa anche al merito con pieni poteri sostitutivi,
del giudice amministrativo. 
    4. Per quanto esposto,  appare  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt.  8,
comma 2, 77 e da 126 a 131 del codice del processo  amministrativo  e
delle previgenti disposizioni  di  cui  agli  artt.  7  del  r.d.  n.
2840/1923; 41-43 del r.d. n. 642/1907; 28, comma 3  e  30,  comma  2,
r.d. n. 1054/1934 (r.u. Cons. Stato); 7, comma 3, ultima  parte  e  8
della legge n. 1034/1971 (l. T.a.r.); 2700 cod.  civ.,  in  relazione
agli articoli 24, 76, 97, 103, 111, 113 e 117 della Costituzione  (la
questione ex art. 76 Cost. viene  posta  solo  con  riferimento  alle
norme del codice del processo amministrativo). 
    Per l'effetto, vanno trasmessi alla Corte costituzionale gli atti
del giudizio sospeso con sentenza non definitiva pronunciata in  data
odierna.