Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Puglia 2 agosto 2010 n. 10 (Attuazione  dei  programmi  comunitari  e
nazionali e dei processi di stabilizzazione), promosso dal Presidente
del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  6-12  ottobre
2010, depositato in cancelleria il 12 ottobre 2010 ed iscritto al  n.
108 del registro ricorsi 2010. 
    Visto  l'atto  di  costituzione,  fuori  termine,  della  Regione
Puglia; 
    Udito nell'udienza pubblica del 5 aprile 2011 il Giudice relatore
Sabino Cassese; 
    Udito  l'avvocato  dello  Stato  Alessandro  De  Stefano  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale della legge della Regione Puglia 2 agosto
2010, n. 10 (Attuazione dei programmi comunitari e  nazionali  e  dei
processi di stabilizzazione), per violazione dei  seguenti  parametri
costituzionali:  art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,   in
relazione all'art. 14, commi 19 e 21,  del  decreto-legge  31  maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e  di   competitivita'   economica),   convertito   in   legge,   con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; art. 117,  secondo
comma, lettera l), Cost., in relazione agli artt. 1, 7, comma 6, e 36
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche); artt. 3 e 97 della Costituzione. 
    2. - La legge censurata contiene un unico articolo,  composto  di
tre commi. Il comma 1 prevede che «al fine di assicurare il  rispetto
degli obiettivi stabiliti  e  degli  obblighi  assunti  con  l'Unione
europea, la Regione Puglia continua ad avvalersi, sino alla  scadenza
inizialmente stabilita o successivamente prorogata,  degli  incarichi
dirigenziali a termine e dei contratti di lavoro a tempo determinato,
di consulenza, di collaborazione coordinata  e  continuativa  nonche'
dei contratti di servizio stipulati o comunque utilizzati per attuare
i programmi comunitari ovvero i programmi finanziati su fondi statali
a destinazione vincolata». Il comma  2  stabilisce  che  «la  Regione
Puglia  continua  altresi'   ad   avvalersi,   sino   alla   scadenza
inizialmente stabilita o successivamente prorogata, dei contratti  di
lavoro a tempo determinato stipulati nell'ambito delle  procedure  di
stabilizzazione  di  cui  alla  legge  24  dicembre  2007,   n.   244
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge finanziaria 2008)». Infine, il  comma  3  dispone
che «resta ferma per la Regione Puglia  l'applicazione  dell'articolo
76, comma 4, della legge 6 agosto 2008, n. 133 (Conversione in legge,
con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,  recante
disposizioni urgenti per lo sviluppo economico,  la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria)». 
    3. - Ad avviso del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  la
legge censurata - in particolare le disposizioni contenute nei  primi
due commi  dell'art.  1  -  si  porrebbe  in  contrasto  con  diversi
parametri costituzionali. 
    3.1. - In primo luogo, il ricorrente  lamenta  la  violazione  di
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica contenuti nell'art. 14 del decreto-legge n. 78 del 2010.  Il
Presidente del Consiglio dei ministri richiama l'art. 14,  comma  21,
del decreto-legge n. 78 del 2010, in base al quale, nei casi previsti
dal precedente comma 19, e cioe' nei casi  di  mancato  rispetto  del
patto di  stabilita'  interno  nell'esercizio  finanziario  2009,  «i
conferimenti  di   incarichi   dirigenziali   a   personale   esterno
all'amministrazione regionale  ed  i  contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato,  di   consulenza,   di   collaborazione   coordinata   e
continuativa ed assimilati, nonche' i contratti di  cui  all'articolo
76, comma 4, secondo periodo, del  decreto-legge  n.  112  del  2008,
convertito  con  modificazioni,  dalla  legge  n.   133   del   2008,
deliberati, stipulati o prorogati  dalla  regione  nonche'  da  enti,
agenzie, aziende, societa' e consorzi, anche interregionali, comunque
dipendenti o partecipati  in  forma  maggioritaria  dalla  stessa,  a
seguito degli atti indicati al comma 3, sono revocati di diritto». Ai
sensi di tale disposizione statale, secondo  il  ricorrente,  essendo
stato accertato da parte del Ministro dell'economia e  delle  finanze
che la Regione Puglia  non  ha  rispettato  il  patto  di  stabilita'
interno,  risulterebbero   revocati   di   diritto   «gli   incarichi
dirigenziali e i contratti di lavoro che la legge impugnata ha inteso
invece salvaguardare».  Il  contrasto  con  la  disposizione  statale
richiamata determinerebbe  pertanto  l'illegittimita'  costituzionale
della legge regionale censurata. Ne',  secondo  il  ricorrente,  puo'
essere   sufficiente   ad   evitare   il    denunciato    vizio    di
incostituzionalita' la circostanza che la legge censurata abbia fatto
salve le disposizioni dell'art. 76, comma 4, del decreto-legge n. 112
del 2008, atteso che tali norme riguardano il divieto di procedere  a
nuove assunzioni di personale, mentre quelle che risultano  nel  caso
di specie trasgredite prevedono la  revoca  di  diritto  di  rapporti
pendenti. 
    3.2. - In secondo luogo, il Presidente del Consiglio dei ministri
denuncia la lesione della potesta' legislativa esclusiva dello  Stato
in materia di ordinamento civile, in relazione all'asserito contrasto
fra la legge regionale censurata rispetto alle  disposizioni  di  cui
agli artt. 1, 7, comma 6, e 36 del  d.lgs.  n.  165  del  2001.  Tali
censure poggiano su una interpretazione delle disposizioni  impugnate
in base alla quale queste ultime, nel prevedere la  prosecuzione  dei
rapporti di lavoro  (subordinato  o  autonomo)  «sino  alla  scadenza
inizialmente   stabilita   o    successivamente    prorogata»,    non
determinerebbero soltanto «la conservazione dei  rapporti  in  essere
fino  alla  loro  naturale  scadenza»,  originariamente   fissata   o
successivamente prorogata, ma avrebbero «anche  e  soprattutto  [...]
l'intento di  precostituire  le  condizioni  normative  per  disporre
successive proroghe dei rapporti attualmente pendenti». 
    Alla  luce  di  tale  interpretazione,  il  ricorrente   ritiene,
innanzitutto, che i commi 1 e 2 dell'art. 1  della  legge  censurata,
nella parte in cui  consentono  la  proroga  di  rapporti  di  lavoro
subordinato a tempo determinato, si pongano in contrasto  con  l'art.
36 del  d.lgs.  n.  165  del  2001,  le  cui  disposizioni  sarebbero
espressione della  potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di ordinamento civile e, ai sensi dell'art.  1  del  medesimo
decreto, costituirebbero norme generali  cui  le  Regioni  a  statuto
ordinario devono attenersi,  tenendo  conto  della  peculiarita'  dei
rispettivi ordinamenti. La difesa statale  infatti  osserva  che,  in
base all'art. 36 del d.lgs.  n.  165  del  2001,  le  amministrazioni
possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e
di impiego del personale solo «per rispondere ad esigenze  temporanee
ed eccezionali», mentre la legge regionale censurata «non  indica  le
ragioni  straordinarie  che  possono  giustificare   il   ricorso   a
lavoratori dipendenti a tempo determinato», facendo anzi  riferimento
«a  funzioni  e  compiti  che  rientrano  nell'ambito  dell'attivita'
ordinaria di  istituto,  e  «concede  la  possibilita'  di  ulteriori
proroghe dei termini vigenti, in contrasto  con  il  carattere  della
temporaneita' dei  rapporti  di  lavoro  in  esame».  In  sostanza  -
conclude la difesa erariale - la legge regionale impugnata  «tende  a
conservare  indefinitamente  la  vigenza  dei  rapporti   di   lavoro
subordinato a tempo determinato per far fronte alle normali  esigenze
operative dell'ente, cosi' violando  le  vincolanti  disposizioni  di
carattere generale stabilite dal citato art. 36 del d.lgs. n.  165del
2001». 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce, inoltre, che  il
primo comma dell'art. 1 della legge regionale impugnata, nella  parte
in cui dispone la proroga di rapporti  di  lavoro  autonomo  a  tempo
determinato, si porrebbe in contrasto con  l'art.  7,  comma  6,  del
d.lgs.  n.  165  del  2001,  anch'esso  espressione  della   potesta'
esclusiva statale in materia di  ordinamento  civile.  Il  ricorrente
osserva che, in base all'art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001,
le amministrazioni possono conferire  incarichi  di  lavoro  autonomo
solo per esigenze cui esse non possono far fronte  con  personale  in
servizio e in presenza  dei  seguenti  presupposti  di  legittimita':
l'oggetto  della  prestazione  deve  corrispondere  alle   competenze
attribuite  dall'ordinamento   all'amministrazione   conferente,   ad
obiettivi  e  progetti  specifici  e  determinati  e  deve  risultare
coerente  con  le  esigenze  di  funzionalita'   dell'amministrazione
conferente; l'amministrazione deve  avere  preliminarmente  accertato
l'impossibilita' oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili
al suo interno; la prestazione deve essere  di  natura  temporanea  e
altamente  qualificata;  devono  essere  preventivamente  determinati
durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione. Al contrario,
ad avviso della difesa statale,  la  disciplina  regionale  censurata
«prevede la conservazione e/o la  proroga  di  siffatti  rapporti  di
lavoro autonomo» in mancanza dei  presupposti  legittimanti  indicati
dalla disciplina statale. La proroga sarebbe infatti  disposta:  «per
il solo fatto della loro attuale  pendenza;  per  lo  svolgimento  di
ordinarie funzioni di istituto; senza alcuna verifica  dell'obiettiva
impossibilita' di far fronte ad esse con il personale di ruolo; senza
il rispetto degli  specifici  limiti  temporali  imposti  dalla  loro
natura eccezionale. Da cio'  conseguirebbe,  secondo  il  ricorrente,
«l'incostituzionalita' della norma, non essendo concesso alle Regioni
derogare alle norme di principio stabilite dalla legislazione statale
nella materia». 
    3.3. - In terzo luogo, il Presidente del Consiglio  dei  ministri
lamenta la violazione dell'art. 97 Cost., affermando, da un lato, che
la disciplina regionale censurata «mantiene in  vita  i  rapporti  di
lavoro precario esistenti senza preoccuparsi di  verificare  se  essi
siano  stati  costituiti  nel  rispetto  delle  regole  di  selezione
concorsuale  stabiliti  dalla  suddetta  norma   costituzionale»   e,
dall'altro lato, che «il continuativo  ricorso  a  personale  non  di
ruolo nuoce al buon andamento  della  pubblica  amministrazione,  che
postula invece l'utilizzazione  di  personale  dotato  dei  necessari
requisiti di  preparazione,  di  esperienza  e  di  professionalita',
verificati attraverso una regolare procedura concorsuale [...]». 
    3.4. - Infine, ad avviso della difesa statale, la legge regionale
censurata si porrebbe in contrasto con  l'art.  3  Cost.,  in  quanto
consentirebbe «alle categorie di lavoratori prese  in  considerazione
di proseguire e/o di prolungare il loro rapporto  di  lavoro  con  la
Regione  Puglia,  a  differenza  di  quanto  avviene   in   identiche
condizioni per le stesse categorie di lavoratori in  servizio  presso
le altre Regioni, che sono assoggettati al rispetto delle  condizioni
e dei limiti stabiliti [...] dagli artt. 7, comma 6, e 36, del d.lgs.
n. 165 del 2001, nonche' - nei casi di avvenuta violazione del  patto
di stabilita' - alla revoca di diritto dei propri rapporti». 
    4. - In data 23 novembre 2010, la Regione Puglia  ha  depositato,
tardivamente, il proprio atto di costituzione. 
    5. - In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha  depositato  una  memoria  illustrativa,  eccependo   la
tardivita'  dell'atto  di  costituzione  della   Regione   Puglia   e
ribadendo, nel merito, tutte le  censure  formulate  con  il  ricorso
introduttivo. 
    Considerato in diritto 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale della legge della Regione Puglia 2 agosto
2010, n. 10 (Attuazione dei programmi comunitari e  nazionali  e  dei
processi di stabilizzazione), per violazione dei  seguenti  parametri
costituzionali:  art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,   in
relazione all'art. 14, commi 19 e 21, del  decreto  legge  31  maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e  di   competitivita'   economica),   convertito   in   legge,   con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; art. 117,  secondo
comma, lettera l), della Costituzione, in relazione agli artt. 1,  7,
comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165  (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche); artt. 3 e 97 della Costituzione. 
    Il ricorrente ritiene, innanzitutto, che la disciplina  censurata
violi i principi  fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della
finanza  pubblica  contenuti  nell'art.  14,  commi  19  e  21,   del
decreto-legge n. 78  del  2010,  in  base  ai  quali,  essendo  stato
accertato che la  Regione  Puglia  non  ha  rispettato  il  patto  di
stabilita' interno, risulterebbero revocati di diritto «gli incarichi
dirigenziali e i contratti di lavoro che la legge impugnata ha inteso
invece salvaguardare». In secondo luogo, il Presidente del  Consiglio
dei ministri deduce la violazione di disposizioni  statali  che  sono
espressione della  potesta'  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
ordinamento civile, dal momento che la legge impugnata  consentirebbe
di disporre la proroga di rapporti di lavoro subordinato e autonomo a
tempo determinato,  in  mancanza  dei  requisiti  e  dei  presupposti
legittimanti che sono a tale scopo rispettivamente previsti dall'art.
36 e dall'art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165  del  2001.  Infine,  il
ricorrente lamenta la violazione dell'art. 97  Cost.,  in  quanto  la
disciplina regionale censurata manterrebbe in vita rapporti di lavoro
precario senza concorso, nonche' dell'art. 3 Cost.,  in  quanto  tale
disciplina consentirebbe alla Regione Puglia di stipulare o prorogare
contratti di lavoro a  tempo  determinato  a  condizioni  diverse  da
quelle che si applicano in altre regioni. 
    2. - La questione e' fondata. 
    2.1. - Le Regioni e gli enti locali, come e' noto, sono  chiamati
a concorrere al raggiungimento degli obiettivi di  finanza  pubblica,
assunti in sede europea  per  garantire  il  rispetto  del  Patto  di
stabilita' e crescita. A tal fine, questi enti sono assoggettati alle
regole del cosiddetto «Patto di stabilita' interno», che, da un lato,
indicano «limiti complessivi di spesa» e, dall'altro lato,  prevedono
«sanzioni  volte  ad  assicurar[n]e  il  rispetto».  Simili  sanzioni
operano «nei confronti degli enti che  abbiano  superato  i  predetti
limiti» e, secondo la giurisprudenza di questa Corte,  «costituiscono
principi di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 289  e
n. 190 del 2008, n. 412 e n. 169 del 2007 e n. 4 del 2004). 
    Le sanzioni a carico delle Regioni che non abbiano rispettato  il
patto di stabilita' interno  per  il  2009  sono  previste  dall'art.
77-ter, commi 15 e 16, del  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge
6 agosto 2008, n. 133. Ferme restando tali disposizioni,  l'art.  14,
comma 19, del decreto-legge n. 78  del  2010  ha  previsto  ulteriori
sanzioni, tra cui, in particolare,  quelle  indicate  dai  due  commi
successivi del medesimo articolo. Il comma 20 prevede  l'annullamento
d'ufficio degli «atti adottati dalla Giunta regionale o dal Consiglio
regionale durante i dieci mesi antecedenti alla data  di  svolgimento
delle elezioni regionali, con i quali e' stata assunta  le  decisione
di violare il patto di  stabilita'  interno».  Il  comma  21  dispone
invece la revoca di diritto di incarichi dirigenziali ad esterni e di
contratti di lavoro (subordinato o  autonomo)  a  tempo  determinato,
stipulati a seguito degli atti di cui al precedente comma 20, cioe' a
seguito di atti  adottati  in  violazione  del  patto  di  stabilita'
interno. Piu' in particolare, il comma 21 dispone  quanto  segue:  «I
conferimenti  di   incarichi   dirigenziali   a   personale   esterno
all'amministrazione regionale  ed  i  contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato,  di   consulenza,   di   collaborazione   coordinata   e
continuativa ed assimilati, nonche' i contratti di  cui  all'articolo
76, comma 4, secondo periodo, del  decreto-legge  n.  112  del  2008,
convertito  con  modificazioni,  dalla  legge  n.   133   del   2008,
deliberati, stipulati o prorogati  dalla  regione  nonche'  da  enti,
agenzie, aziende, societa' e consorzi, anche interregionali, comunque
dipendenti o partecipati  in  forma  maggioritaria  dalla  stessa,  a
seguito degli atti indicati al comma 20, sono revocati di diritto. Il
titolare dell'incarico o  del  contratto  non  ha  diritto  ad  alcun
indennizzo in relazione alle prestazioni non ancora  effettuate  alla
data di entrata in vigore del presente decreto». 
    2.2. - La  disciplina  regionale  censurata  si  pone  in  palese
contrasto con i principi di coordinamento finanziario  fissati  dalle
disposizioni legislative statali sopra richiamate. 
    Non vi e' dubbio, innanzitutto, che le  sanzioni  previste  dalla
legislazione statale si applichino alla Regione Puglia,  dal  momento
che quest'ultima, come emerge dalla sua stessa certificazione inviata
al Ministero dell'economia e delle  finanze,  non  ha  rispettato  il
patto di stabilita' interno. 
    E' evidente, in secondo luogo, che la legge impugnata  ha  inteso
neutralizzare  tali  sanzioni,  prevedendo  che  la  Regione   Puglia
continui ad avvalersi, sino alla scadenza  inizialmente  stabilita  o
successivamente  prorogata,  di  incarichi  dirigenziali  a  termine,
contratti di lavoro subordinato a tempo determinato  e  contratti  di
lavoro autonomo, nonostante il fatto che l'art.  14,  comma  21,  del
decreto-legge n. 78 del 2010  stabilisca  che  tali  contratti  siano
revocati di diritto. 
    Va  pertanto  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  della
legge  regionale  censurata,  atteso  che  essa  si  pone  in  aperto
contrasto  con  principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica
fissati  dal  legislatore  statale.  Ne'  puo'   ritenersi   che   la
sopravvenuta abrogazione di tale disciplina, intervenuta con la legge
regionale 30 marzo 2011, n. 4 (Abrogazione della  legge  regionale  2
agosto 2010, n. 10 - Attuazione dei programmi comunitari e  nazionali
e dei processi di stabilizzazione), possa determinare  la  cessazione
della materia del contendere, dal momento  che  la  legge  censurata,
disponendo  la  continuazione  dei  rapporti  esistenti,  ha  trovato
applicazione  per  quasi  otto  mesi,  fino  al  momento  della   sua
abrogazione, intervenuta cinque giorni prima dell'udienza pubblica in
cui e' stata discussa la presente questione. 
    3. - Restano assorbiti gli altri profili di censura.