Sentenza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto  a  seguito
delle deliberazioni della Giunta della Regione siciliana 29  dicembre
2009, n. 569, n. 573, n. 578, n. 581, n. 585, n. 587, n. 588, n.  590
e  n.  591  che  hanno  disposto  la  conferma  o   il   conferimento
dell'incarico di direttore generale a  tempo  determinato  a  persone
esterne  alle  dotazioni  organiche  dell'amministrazione  regionale,
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 20 aprile 2010, depositato in cancelleria il 26  aprile
2010 ed iscritto al n. 3 del registro conflitti tra enti 2010. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  25  gennaio  2011  il  Giudice
relatore Paolo Maddalena; 
    Udito l'avvocato dello Stato Massimo Santoro  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 20 aprile  2010  e  depositato  il
successivo 26 aprile, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha
proposto conflitto di attribuzione  avverso  le  deliberazioni  della
Giunta regionale della Regione siciliana 29 dicembre 2009, n. 569, n.
573, n. 578, n. 581, n. 585, n. 587, n. 588, n.  590  e  n.  591,  le
quali hanno disposto la conferma o il conferimento  dell'incarico  di
direttore generale a nove persone esterne  alle  dotazioni  organiche
dell'amministrazione regionale. 
    Il ricorrente ritiene che  tali  deliberazioni  violerebbero  gli
articoli  3,  secondo  comma,  e  97,  primo  e  terzo  comma,  della
Costituzione, in relazione  agli  artt.  19,  comma  6,  del  decreto
legislativo   3   febbraio    1993,    n.    29    (Razionalizzazione
dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego, a  norma  dell'articolo  2
della L. 23 ottobre  1992,  n.  421)  e  19,  comma  6,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). 
    1.1. - In particolare, il ricorrente lamenta  che  attraverso  le
suddette deliberazioni la  Regione  siciliana,  avendo  confermato  o
conferito  incarichi  dirigenziali  a  persone   esterne   ai   ruoli
dell'amministrazione in  numero  ingente  e  senza  fornire  adeguata
motivazione sul possesso dei requisiti di  professionalita'  in  capo
alle persone nominate e, soprattutto, sulla riscontrata  inesistenza,
tra i ruoli dell'amministrazione, di persone idonee, anche dal  punto
di vista della qualificazione professionale, a  ricoprire  l'incarico
affidato agli esterni, avrebbe effettuato delle scelte irragionevoli,
contrastanti con il principio di buon andamento  dell'amministrazione
e con il principio del pubblico concorso, ed avrebbe organizzato  gli
uffici in violazione di principi posti dalla legge statale (d.lgs. n.
165 del 2001) volti ad  assicurare  l'equilibrio  tra  valorizzazione
delle risorse interne e possibilita' di  avvalersi  delle  competenze
emergenti  dal  mercato,  superando  cosi'  i  limiti  delle  proprie
attribuzioni costituzionali ed invadendo la  sfera  di  tutela  degli
interessi  costituzionalmente  sottesi  agli  artt.  3  e  97  Cost.,
spettante allo Stato. 
    2.  -  La  difesa   erariale   argomenta   il   proprio   ricorso
ricostruendo, anzitutto, i presupposti normativi delle  deliberazioni
impugnate. 
    Queste sono state adottate ai sensi dell'art. 9, comma  8,  della
legge della Regione siciliana 15 maggio  2000,  n.  10  (Norme  sulla
dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della
Regione siciliana. Conferimento  di  funzioni  e  compiti  agli  enti
locali.  Istituzione  dello  Sportello   unico   per   le   attivita'
produttive. Disposizioni in materia di protezione  civile.  Norme  in
materia di pensionamento), per il quale  «al  fine  del  conferimento
degli  incarichi  di  cui  al  comma  4»   ovvero   degli   incarichi
dirigenziali «ed entro il limite del  5  per  cento  della  dotazione
organica si applicano le previsioni di cui al comma  6  dell'articolo
19 del decreto legislativo 3  febbraio  1993,  n.  29,  e  successive
modifiche ed integrazioni» . 
    Il predetto limite percentuale del 5 per  cento  e'  stato,  poi,
elevato al 20 dall'art.  11,  comma  7,  della  legge  della  Regione
siciliana 3  dicembre  2003,  n.  20  (Norme  finanziarie  urgenti  e
variazioni al bilancio della Regione  per  l'anno  finanziario  2003.
Norme   di   razionalizzazione   in   materia    di    organizzazione
amministrativa e di sviluppo economico) e, successivamente, al 30 per
cento dall'art. 2, comma 3, primo periodo, della legge della  Regione
siciliana 16 dicembre 2008, n. 19 (Norme per la riorganizzazione  dei
dipartimenti     regionali.     Ordinamento     del     Governo     e
dell'Amministrazione della Regione). 
    Rileva il ricorrente che l'intero d.lgs. n. 29 del 1993 e'  stato
abrogato dall'art. 72 del d.lgs. n. 165 del 2001,  ma  la  disciplina
recata dall'art. 19, comma 6, dell'abrogato d.lgs. n. 29 del 1993  e'
stata  trasfusa,  con  modificazioni,  nell'art.  19,  comma  6,  del
medesimo d.lgs. n. 165 del 2001, per il quale «gli incarichi  di  cui
ai commi da 1 a 5» ovvero quelli di direzione amministrativa «possono
essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10
per cento della dotazione organica dei  dirigenti  appartenenti  alla
prima fascia dei ruoli di cui all'articolo  23  e  dell'8  per  cento
della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda  fascia,
a tempo determinato ai  soggetti  indicati  dal  presente  comma.  La
durata di tali  incarichi,  comunque,  non  puo'  eccedere,  per  gli
incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il  termine
di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione  dirigenziale  il
termine di cinque anni. Tali  incarichi  sono  conferiti,  fornendone
esplicita  motivazione,  a  persone  di  particolare   e   comprovata
qualificazione   professionale,    non    rinvenibile    nei    ruoli
dell'Amministrazione, che abbiano svolto attivita'  in  organismi  ed
enti pubblici o  privati  ovvero  aziende  pubbliche  o  private  con
esperienza  acquisita  per  almeno   un   quinquennio   in   funzioni
dirigenziali,   o   che   abbiano    conseguito    una    particolare
specializzazione professionale, culturale  e  scientifica  desumibile
dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da  pubblicazioni
scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate  per  almeno
un quinquennio, anche presso amministrazioni  statali,  ivi  comprese
quelle  che  conferiscono  gli  incarichi,  in  posizioni  funzionali
previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano  dai  settori
della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e  dei
ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato». 
    2.1. - Per la difesa erariale, stante il  rinvio  (da  intendersi
mobile) operato dall'art. 9,  comma  8,  della  legge  della  Regione
siciliana n. 10 del 2000 all'art. 19, comma 6, del d.lgs. n.  29  del
1993 e successive modifiche, le deliberazioni della Giunta  regionale
siciliana impugnate avrebbero dovuto effettuare, ai  sensi  dell'art.
19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001,  un  attento  scrutinio  dei
presupposti positivi (di qualificazione professionale  delle  persone
incaricate) e negativi (in merito all'assenza di persone aventi  tale
qualificazione professionale tra i ruoli dell'amministrazione). 
    Scrutinio che avrebbe  dovuto  essere  condotto  con  particolare
attenzione  e  rigore,  trattandosi  di  una  deroga   al   principio
dell'accesso  all'impiego  pubblico  mediante  concorso  (deroga   da
ritenersi legittima, per la sentenza  n.  81  del  2006  della  Corte
costituzionale,  solo  in  presenza  di  «peculiari  e  straordinarie
esigenze di interesse pubblico» idonee a giustificarla) ed a  maggior
ragione dato che la Giunta regionale siciliana con  le  deliberazioni
impugnate ha superato il limite del  10  per  cento  della  dotazione
organica, fissato dalla disciplina statale, e si e' avvalsa del  piu'
ampio limite del 30 per cento della dotazione organica fissato  dalla
propria disciplina normativa regionale. 
    Le deliberazioni  impugnate,  tuttavia,  secondo  il  ricorrente,
valuterebbero solo superficialmente i requisiti  di  professionalita'
delle persone chiamate a  ricoprire  l'incarico  dirigenziale  e  non
motiverebbero affatto  sulla  riscontrata  inesistenza  tra  i  ruoli
dell'amministrazione regionale di persone idonee, anche dal punto  di
vista della  qualificazione  professionale,  a  ricoprire  l'incarico
affidato agli esterni e, in questo senso, sarebbero in contrasto  con
gli artt. 3 e 97 Cost. 
    Contrasterebbe, infatti,  con  il  principio  di  buon  andamento
dell'amministrazione, anche nella  forma  specifica  contemplata  dal
terzo comma dell'art. 97 Cost., consentire l'assunzione di un  numero
cosi' consistente di  soggetti  estranei  all'amministrazione,  senza
concorso e con contratti a tempo determinato. 
    Il consistente  numero  di  dirigenti  esterni  nominati,  non  a
conoscenza delle dinamiche dell'amministrazione  e  la  temporaneita'
dell'incarico, poi, costituirebbero, sempre secondo il ricorrente, in
ragione della posizione apicale  dei  soggetti  contemplati,  fattori
suscettibili   di   rendere   l'azione   amministrativa   slegata   e
frammentaria,  incidendo  in  misura  rilevante   sull'organizzazione
dell'ente pubblico. 
    2.2. - La difesa erariale richiama, poi, la  sentenza  n.  9  del
2010 della Corte costituzionale, che ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale  di  una  disposizione  della  Regione  Piemonte   che
consentiva  il  conferimento  di  incarichi  dirigenziali  a  persone
esterne  ai   ruoli   dell'amministrazione,   senza   limitare   tale
conferimento  a  specifici  casi  nei  quali  esistessero  specifiche
esigenze di  interesse  pubblico,  e  sostiene  che  nelle  impugnate
deliberazioni la Giunta regionale siciliana non avrebbe tenuto  conto
di siffatte condizioni ed avrebbe omesso di circoscrivere ad esigenze
specifiche  la  deroga  al  principio  dell'accesso   alla   pubblica
amministrazione mediante pubblico concorso, stabilito dal terzo comma
dell'art. 97 Cost. 
    La Giunta regionale avrebbe cosi' «superato i  limiti  delle  sue
attribuzioni in ordine alla possibilita' di  organizzare  i  pubblici
uffici, facendo accedere nell'amministrazione pubblica un consistente
numero di esterni senza avere prima  verificato  la  possibilita'  di
conferire  i  medesimi  incarichi  a  personale  presente  nei  ruoli
dell'amministrazione, il che comporta  una  violazione  dell'art.  97
della  costituzione,  in  quanto  si  viola  il  principio  del  buon
andamento dell'amministrazione, nonche' una  violazione  dell'art.  3
della Costituzione, essendo siffatte nomine  adottate  in  violazione
del principio di ragionevolezza». 
    Per la difesa erariale, infine, operando nel modo  descritto,  la
Giunta  regionale  avrebbe  postulato  una  «ontologica   inidoneita'
dell'amministrazione siciliana a sopperire alle  esigenza  di  tutela
dell'interesse pubblico con le risorse interne» e cio' si tradurrebbe
«non solo nell'illegittimita'  delle  delibere  impugnate,  ma  anche
nella loro invasivita' rispetto alla sfera di tutela degli  interessi
statali costituzionalmente sottesi agli artt. 3 e 97 Cost.  spettante
allo  Stato»,  mentre  «un  esercizio  incontrollabile,  perche'  non
motivato, dell'autonomia organizzativa regionale in  questa  delicata
materia  compromette  [...]  in  modo  sostanziale  l'equilibrio  tra
valorizzazione delle risorse  interne  e  possibilita'  di  avvalersi
delle competenze emergenti dal mercato, che la legge statale  (d.lgs.
29/93 e d.lgs.  164/2001)  ha  delineato  come  regola  di  principio
generale per  tutta  la  amministrazione  pubblica,  compresa  quella
regionale, nel momento in cui ha  integralmente  riformato  l'assetto
organico e funzionale del pubblico impiego». 
    2.3.  -  Il   ricorrente   conclude,   pertanto,   chiedendo   la
declaratoria di illegittimita' e l'annullamento  delle  deliberazioni
regionali impugnate. 
    3. - Si e' costituita la Regione siciliana con una memoria, nella
quale sostiene, sotto due diversi profili, l'inammissibilita' e,  nel
merito, l'infondatezza del conflitto. 
    3.1. - Un primo motivo di inammissibilita' viene  indicato  dalla
difesa  regionale  nella  carenza  di  interesse  e  nel  difetto  di
legittimazione al ricorso del Presidente del Consiglio dei  ministri,
sull'assunto  che  non  sarebbe  configurabile  alcuna  invasione   o
menomazione della sfera di competenza statale dato che mancherebbe in
capo allo Stato una sia pur residuale attribuzione costituzionale  di
competenze nella materia sulla quale hanno inciso gli atti impugnati. 
    Trattandosi  di  provvedimenti  relativi   al   conferimento   di
incarichi  dirigenziali   regionali,   le   deliberazioni   impugnate
sarebbero, infatti, riconducibili a materie, quella  dell'ordinamento
degli uffici e degli enti regionali e quella dello  «stato  giuridico
ed economico spettante al personale  preposto  al  funzionamento  e/o
alla direzione dei  suddetti  uffici»,  rientranti  nella  competenza
esclusiva sia legislativa sia amministrativa della Regione siciliana,
ai sensi degli artt. 14, primo comma, lettere p) e q), e 20 del regio
decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello
statuto della Regione siciliana), ed in ordine alle quali mancherebbe
qualsiasi attribuzione costituzionale di competenza allo Stato. 
    Irrilevante sarebbe, d'altronde, in questo  contesto,  la  scelta
del legislatore regionale siciliano  di  uniformarsi  e  di  rinviare
(salvo che per il limite del 30 per cento  della  dotazione  organica
per  il  conferimento  degli  incarichi   esterni)   alla   normativa
nazionale, dato che una tale  scelta,  puramente  discrezionale,  del
legislatore   regionale   non   comporterebbe   alcuna   attribuzione
costituzionale di competenza nella  materia  de  qua  allo  Stato  e,
conseguentemente, nessuna legittimazione da parte di  quest'ultimo  a
sollevare il conflitto proposto. 
    La  difesa  regionale,  dopo   avere   rimarcato   che   per   la
giurisprudenza costituzionale  (vengono  richiamate  al  riguardo  le
sentenze n. 255 del 2007, n. 334 del 2006, n. 215 del 1996, n. 70 del
1985 e n. 73 del  1976)  «per  aversi  materia  di  un  conflitto  di
attribuzione tra Regione e Stato e' necessario che  l'atto  impugnato
sia idoneo a ledere la sfera di competenza  costituzionale  dell'ente
confliggente», afferma che «non si comprende come possa prodursi», in
capo all'ente ricorrente, una lesione o una menomazione della propria
sfera  di  attribuzione,  posto  che  lo  Stato  non  avrebbe  alcuna
competenza legislativa o amministrativa in materia di  organizzazione
degli uffici della Regione siciliana e di conferimento  dei  relativi
incarichi. 
    La  difesa  regionale  sottolinea  come  cio'  sarebbe  vero  non
soltanto  con  riferimento  ai  conflitti  di  attribuzione,  che  si
risolvono in una vindicatio potestatis, ma  anche  in  riferimento  a
quelli con i quali, come nel caso di specie, si contesti la modalita'
di esercizio della competenza da parte dell'ente resistente. 
    Anche in tale seconda ipotesi, infatti, oggetto  della  decisione
sarebbe pur sempre l'accertamento della spettanza di una competenza e
l'interesse a ricorrere si concreterebbe  precisamente  nella  difesa
dell'integrita' di proprie competenze costituzionalmente garantite da
un atto invasivo o di menomazione posto in essere dall'altro ente. 
    Per  la  resistente  sussisterebbe  esatta  specularita'  tra   i
conflitti di attribuzione proposti dallo Stato  nei  confronti  della
Regione e quelli proposti dalla Regione nei  confronti  dello  Stato,
rispetto ai quali la Corte costituzionale (sentenza n. 9 del 2004) ha
affermato che «il giudizio per  conflitto  di  attribuzione  proposto
dalla Regione nei confronti  dello  Stato  e'  finalizzato,  per  sua
natura, ad  accertare  l'esistenza  di  una  lesione,  da  parte  del
secondo, della sfera di competenza della prima. Come questa Corte  ha
in piu' occasioni rilevato, affinche' vi sia  effettivamente  materia
per simile conflitto occorre che sia prospettata la  lesione  di  una
competenza costituzionalmente garantita delle Regioni  nella  materia
su cui  verte  la  controversia»  e  che  «diversamente  argomentando
potrebbe accadere che, tramite lo strumento del conflitto,  la  Corte
venga  chiamata  impropriamente   ad   un   sindacato   generale   di
legittimita' costituzionale - del tutto estraneo al sistema - su atti
non aventi forza di legge». 
    Da questa richiamata giurisprudenza la difesa regionale  trae  la
conseguenza che la insussistenza,  in  capo  al  ricorrente,  di  una
competenza costituzionalmente garantita  nella  materia  oggetto  del
provvedimento impugnato,  comporterebbe  l'assoluta  inammissibilita'
del ricorso per mancanza di interesse all'impugnazione. 
    3.2. - Un secondo profilo di inammissibilita'  viene  prospettato
dalla difesa  regionale  in  ragione  dell'asserita  indeterminatezza
delle censure proposte nel ricorso. 
    Per la  resistente  ai  fini  dell'ammissibilita'  del  conflitto
sarebbe stata necessaria una puntuale individuazione della  sfera  di
competenza statale in concreto  invasa  e  non  sarebbe,  di  contro,
sufficiente il generico richiamo contenuto nel ricorso agli artt. 3 e
97 Cost., dato che questi principi costituzionali non delimitano  una
sfera di  competenza  costituzionalmente  garantita  dello  Stato  in
materia di disciplina degli uffici della Regione siciliana, ma recano
dei principi la cui violazione, ad opera di atti amministrativi delle
Regioni o di altri enti  pubblici,  potrebbe  essere  censurata  solo
mediante impugnazione innanzi ai competenti giudici amministrativi. 
    3.3. - Nel merito il conflitto sarebbe infondato, dato che  tutte
le  deliberazioni  della   Giunta   regionale   siciliana   impugnate
recherebbero la  motivazione  in  ordine  alla  scelta  dei  soggetti
esterni cui sono stati affidati gli incarichi di dirigente  generale,
dando  conto   della   «particolare   e   comprovata   qualificazione
professionale» dei dirigenti esterni prescelti e  del  «possesso»  da
parte degli  stessi  «di  qualificati  titoli  e  dei  requisiti  che
dimostrano  la  idoneita'  dei  medesimi  a  svolgere   le   funzioni
dirigenziali generali connesse al suddetto incarico». 
    4. - In  prossimita'  dell'udienza  pubblica  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha depositato una memoria, nella quale replica
a ciascuna delle argomentazioni difensive della Regione siciliana. 
    4.1. - In ordine alla prospettata inammissibilita' del  conflitto
per carenza di interesse all'impugnazione per difetto  di  competenza
da parte dello Stato, la difesa erariale sostiene che  la  competenza
esclusiva regionale in materia di ordinamenti degli  uffici  e  degli
enti regionali e di stato giuridico ed economico  degli  impiegati  e
funzionari della Regione, non precluderebbe allo Stato uno spazio  di
intervento per l'attribuzione d'incarichi esterni che possono  essere
conferiti dall'amministrazione regionale  in  rapporto  alle  proprie
dotazioni organiche. 
    La determinazione di tali condizioni, infatti,  non  integrerebbe
alcuna delle materie riconducibili allo Statuto  regionale  speciale,
ma esprimerebbe  piuttosto  una  esigenza  di  bilanciamento  tra  il
principio  dell'accesso  alla   pubblica   amministrazione   mediante
concorso e quelle «peculiari e straordinarie  esigenze  di  interesse
pubblico» che, in nome del  principio  del  buon  andamento,  possono
giustificare circoscritte eccezioni all'art. 97, terzo comma, Cost. 
    Non vi sarebbe dubbio, per il ricorrente, che, anche alla luce di
un fondamentale criterio di adeguatezza, il legislatore regionale non
sia soggetto idoneo a realizzare una siffatta opera di bilanciamento,
che per sua natura postulerebbe un'esigenza di uniformita'  su  tutto
il territorio nazionale. 
    La Costituzione, d'altronde, continua  la  difesa  erariale  (che
richiama  sul  punto  la  sent.  n.  303   del   2003   della   Corte
costituzionale), avrebbe attribuito allo Stato una generale  funzione
di garanzia di esigenze unitarie, anche  tramite  la  definizione  di
standards minimi valevoli su tutto il  territorio  nazionale,  mentre
ulteriori «strumenti di sostegno verso i livelli di governo  che  non
possono in maniera adeguata perseguire le finalita'  stabilite  dalla
legge, sono previsti nell'ambito del principio di sussidiarieta'». 
    In ogni caso,  poi,  «anche  a  volere  ammettere,  per  assurdo,
l'esistenza di una competenza legislativa esclusiva della Regione  in
ordine alla determinazione delle  condizioni  per  l'attribuzione  di
incarichi esterni che possono essere conferiti in deroga al principio
dell'accesso all'amministrazione mediante  concorso»,  il  ricorrente
rimarca come la Regione avrebbe dovuto comunque muoversi nel rispetto
dei  principi  generali  dell'ordinamento,  tra  cui   rientrerebbero
«alcuni orientamenti e direttive  di  carattere  generale,  le  quali
impongono il mantenimento di  un  equilibrio  fra  la  valorizzazione
delle risorse interne e la possibilita' di avvalersi delle competenze
emergenti dal mercato, anche al fine di assicurare un  esercizio  non
frammentato e non slegato dell'azione amministrativa». 
    La difesa erariale esclude pure che il limite costituito da  tale
principio generale dell'ordinamento possa considerarsi superato  alla
luce dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3
(Riforma del titolo V della Parte seconda della Costituzione),  posto
che anche il nuovo sistema costituzionale ha comunque fatto salve  le
fondamentali ragioni di coerenza logica e sistematica  che  informano
il sistema giuridico nella sua interezza. 
    Per il ricorrente, in  definitiva,  «il  riconoscimento  in  capo
all'ente regionale della possibilita' di assumere quasi un terzo  dei
dirigenti generali al di fuori del proprio  apparato  amministrativo,
senza fornire adeguata giustificazione in  ordine  alla  mancanza  di
specifiche professionalita' all'interno dei propri  ruoli,  contrasta
senza dubbio con lo spirito che  scaturisce  da  questa  "coerente  e
vivente unita' logica e sostanziale del diritto positivo"». 
    4.2. - In ordine alla prospettata inammissibilita' del  conflitto
per  indeterminatezza  delle  censure  proposte   nel   ricorso,   il
ricorrente sostiene che il richiamo alle disposizioni  costituzionali
di cui agli artt. 3 e 97, terzo comma, Cost. da un lato e  97,  primo
comma, Cost., dall'altro, sarebbe tutt'altro che generico, e che esso
individuerebbe   una   precisa   sfera   di    competenza    statale,
corrispondente ad una  imprescindibile  istanza  unitaria,  quale  e'
quella di determinare, senza che vi  sia  disparita'  di  trattamento
all'interno  del  territorio  della  Repubblica,  le  condizioni  per
l'accesso alla pubblica amministrazione al di fuori della regola  del
pubblico concorso. 
    Nessuna rilevanza avrebbe, invece,  per  la  difesa  erariale  la
circostanza che le medesime censure proposte avverso le deliberazioni
impugnate  avrebbero  potuto  essere  mosse   dinnanzi   al   giudice
amministrativo,   giacche'   tanto   ragionando   in    termini    di
"separazione-indifferenza"   quanto   ragionando   in   termini    di
"separazione-esclusione" tra giudizio amministrativo e  conflitto  di
attribuzione, non potrebbe comunque escludersi la  proponibilita'  di
quest'ultimo ogni qual volta sussista, come nel caso di  specie,  una
lesione ad una funzione costituzionale dello Stato o della Regione. 
    4.3. - Nel merito il ricorrente ribadisce  che  le  deliberazioni
sarebbero del tutto carenti di motivazione in ordine alla sussistenza
dei  presupposti  negativi   per   il   conferimento   di   incarichi
dirigenziali a soggetti esterni ovvero in ordine alla circostanza che
la particolare e comprovata qualificazione  professionale  apprezzata
in   capo   agli   esterni   non   sia    rinvenibile    nei    ruoli
dell'amministrazione. 
    La difesa erariale sottolinea, poi, che  le  censure  concernenti
l'insufficiente o omessa motivazione non si rivolgono ad  un  singolo
provvedimento di  nomina,  bensi'  a  ben  nove  delibere,  le  quali
rappresenterebbero un «vero  e  proprio  sistema  di  accesso  "fuori
concorso"  alla  dirigenza  pubblica,  che  finisce  per   attribuire
all'organo di governo  regionale  la  possibilita'  di  conformare  a
proprio piacimento l'organizzazione degli uffici siciliani». 
    Per  la  difesa  erariale  questo  «sistema  di  nomine»  sarebbe
irragionevole e contrario al principio di buon andamento,  in  quanto
la totale assenza di uno scrutinio sui presupposti negativi di nomina
finirebbe    per     postulare     una     ontologica     inidoneita'
dell'amministrazione siciliana a sopperire alle  esigenze  di  tutela
dell'interesse  pubblico  con  i  ruoli  interni,  integrerebbe,  tra
l'altro, una  lesione  della  dignita'  professionale  delle  risorse
interne  dell'amministrazione  inaccettabile  sul  piano  dei  valori
costituzionali ed attribuirebbe «ad un organo esecutivo  di  un  ente
sub-statale,  il  potere  di  sostituire  sul  proprio  territorio  i
principi generali fissati dallo Stato in conformita' agli articoli 97
e 3 Cost. con un diverso ed illegittimo sistema di  arruolamento  nei
livelli dirigenziali dell'amministrazione pubblica». 
    Con le deliberazioni  impugnate,  pertanto,  la  Regione  avrebbe
invaso indebitamente la sfera  costituzionale  dello  Stato  definita
dagli artt. 3 e 97 Cost., «anche e  soprattutto  con  riferimento  al
potere del legislatore statale di fissare il nucleo minimo  garantito
del principio del concorso nonche' i principi generali  valevoli  per
le pubbliche amministrazioni su tutti i livelli di governo». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  proposto
conflitto di  attribuzione  avverso  le  deliberazioni  della  Giunta
regionale della Regione siciliana 29 dicembre 2009, n. 569,  n.  573,
n. 578, n. 581, n. 585, n. 587, n. 588, n. 590 e  n.  591,  le  quali
hanno  disposto  la  conferma  o  il  conferimento  dell'incarico  di
direttore generale a nove persone esterne  alle  dotazioni  organiche
dell'amministrazione regionale. 
    1.1. - Le delibere in questione  sono  state  adottate  ai  sensi
dell'art. 9, comma 8, della legge della Regione siciliana  15  maggio
2000, n. 10 (Norme sulla dirigenza e sui rapporti  di  impiego  e  di
lavoro alle  dipendenze  della  Regione  siciliana.  Conferimento  di
funzioni e compiti agli  enti  locali.  Istituzione  dello  Sportello
unico  per  le  attivita'  produttive.  Disposizioni  in  materia  di
protezione civile. Norme in materia di pensionamento), per  il  quale
al fine degli incarichi dirigenziali «ed entro il limite  del  5  per
cento della dotazione organica si applicano le previsioni di  cui  al
comma 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo 3 febbraio 1993,  n.
29, e successive modifiche ed integrazioni». 
    Il predetto limite percentuale del 5 per  cento  e'  stato,  poi,
elevato al 20 per cento dall'art. 11,  comma  7,  della  legge  della
Regione siciliana 3 dicembre 2003, n. 20 (Norme finanziarie urgenti e
variazioni al bilancio della Regione  per  l'anno  finanziario  2003.
Norme   di   razionalizzazione   in   materia    di    organizzazione
amministrativa e di sviluppo economico) e, successivamente, al 30 per
cento dall'art. 2, comma 3, primo periodo, della legge della  Regione
siciliana 16 dicembre 2008, n. 19 (Norme per la riorganizzazione  dei
dipartimenti     regionali.     Ordinamento     del     Governo     e
dell'Amministrazione della Regione). 
    Il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29  (Razionalizzazione
dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego, a  norma  dell'articolo  2
della L. 23 ottobre 1992, n. 421) e' stato abrogato dall'art. 72  del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), e la disciplina recata dall'originario art. 19, comma  6,
dell'abrogato d.lgs. n. 29 del 1993 e' stata  modificata  e  trasfusa
nel nuovo art. 19, comma 6, del medesimo  d.lgs.  n.  165  del  2001,
secondo il quale «gli incarichi di cui ai commi da  1  a  5»,  ovvero
quelli di direzione amministrativa,  «possono  essere  conferiti,  da
ciascuna amministrazione, entro il limite  del  10  per  cento  della
dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima  fascia  dei
ruoli di cui all'articolo 23  e  dell'8  per  cento  della  dotazione
organica  di  quelli  appartenenti  alla  seconda  fascia,  a   tempo
determinato». «Tali incarichi sono  conferiti,  fornendone  esplicita
motivazione, a persone di  particolare  e  comprovata  qualificazione
professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione». 
    1.2. - Il ricorrente rileva  che  le  delibere  recano  una  solo
superficiale e stereotipata valutazione dei requisiti  (positivi)  di
professionalita'  delle  persone  chiamate  a  ricoprire   l'incarico
dirigenziale e che non  motivano  affatto  sul  requisito  (negativo)
della  riscontrata  inesistenza  tra  i  ruoli   dell'amministrazione
regionale  di  persone  idonee,  anche  dal  punto  di  vista   della
qualificazione professionale, a ricoprire  l'incarico  affidato  agli
esterni. 
    Dalla prospettata violazione del combinato disposto dell'art.  9,
comma 8, della legge  delle  Regione  siciliana  n.  10  del  2000  e
dell'art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, il  ricorrente  fa
derivare il contrasto delle delibere impugnate con gli artt. 3 e  97,
primo e terzo comma, della Costituzione. 
    Contrasterebbe, infatti,  con  il  principio  di  buon  andamento
dell'amministrazione, anche nella  forma  specifica  contemplata  dal
terzo comma dell'art. 97 Cost., consentire l'assunzione di un  numero
cosi' consistente di  soggetti  estranei  all'amministrazione,  senza
concorso e con contratti a tempo determinato. 
    Il consistente  numero  di  dirigenti  esterni  nominati,  non  a
conoscenza delle dinamiche dell'amministrazione, e  la  temporaneita'
dell'incarico, poi, potrebbero,  sempre  secondo  il  ricorrente,  in
ragione della loro posizione apicale, rendere l'azione amministrativa
slegata   e   frammentaria,    incidendo    in    misura    rilevante
sull'organizzazione dell'ente pubblico. 
    2. - Il conflitto e' inammissibile. 
    Le delibere impugnate sono  riferibili  all'organizzazione  degli
uffici  regionali,  materia  di  competenza   legislativa   esclusiva
regionale ai sensi dell'art.  14,  lettera  p)  dello  statuto  della
Regione siciliana, approvato con  il  regio  decreto  legislativo  15
maggio 1946, n. 455, e, stante il principio del parallelismo  tuttora
vigente per le autonomie  speciali,  sono  altresi'  riferibili  alla
competenza amministrativa della Regione siciliana. 
    La  prospettata  illegittimita'  delle  delibere  impugnate,   in
riferimento all'art. 19, comma 6, del d.lgs. n.  165  del  2001,  non
puo' dar luogo, pertanto, ad un conflitto di  attribuzione  tra  enti
con conseguente sindacato da parte di questa Corte, posto che difetta
la lesione o la menomazione  di  alcuna  attribuzione  costituzionale
dello Stato ricorrente e, quindi, l'elemento oggettivo del conflitto,
non potendo intendersi come tale la violazione  della  norma  statale
cui si fa riferimento,  ne'  la  circostanza  che  questa  norma  sia
espressione o applicazione dei principi costituzionali evocati. 
    Neppure  condivisibile  e',  infine,  la   ulteriore   tesi   del
ricorrente secondo cui la Regione siciliana con le delibere impugnate
avrebbe invaso indebitamente  la  sfera  costituzionale  dello  Stato
definita  dagli  artt.  3  e  97  Cost.,  «anche  e  soprattutto  con
riferimento al potere del legislatore statale di  fissare  il  nucleo
minimo garantito  del  principio  del  concorso  nonche'  i  principi
generali valevoli per le pubbliche amministrazioni su tutti i livelli
di  governo»,  non  potendosi  certo  ritenere   che   sussista   una
attribuzione costituzionale dello Stato a definire preventivamente le
deroghe ammissibili al principio del concorso pubblico.