Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  139  del
decreto  legislativo  7  settembre  2005,  n.   209   (Codice   delle
assicurazioni private), promosso dal Giudice di pace  di  Torino  nel
procedimento vertente tra C. D. e la compagnia  assicuratrice  U.  P.
con ordinanza del 30 novembre 2009, iscritta al n. 224  del  registro
ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 35, prima serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti gli atti di costituzione di C. D. e  della  U.  P.  nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2011 il Giudice relatore
Alfio Finocchiaro; 
    Uditi gli avvocati Angelo Massimo Perrini e Fabrizio Cassella per
C. D., Alessandro Pace  e  Giulio  Ponzanelli  per  la  compagnia  di
assicurazioni U. P. e l'avvocato dello Stato Gabriella  D'Avanzo  per
il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 30 novembre 2010, il  Giudice  di
pace di Torino ha sollevato questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 139 del  decreto  legislativo  7  settembre  2005,  n.  209
(Codice delle assicurazioni private) nella parte in  cui,  prevedendo
un risarcimento  del  danno  biologico  basato  su  rigidi  parametri
fissati da tabelle ministeriali, non  consentirebbe  di  giungere  ad
un'adeguata personalizzazione del danno, per violazione  degli  artt.
2, 3, 24 e 76 della Costituzione; 
    che il rimettente riferisce che C.  D.,  con  atto  di  citazione
notificato il 26 marzo 2009, ha convenuto in giudizio la compagnia di
assicurazioni U. P., chiedendo  il  risarcimento  dei  danni  patiti,
quale terzo trasportato, a seguito di incidente stradale verificatosi
il 31 gennaio 2008; 
    che, secondo il giudice a quo,  la  norma  impugnata  sembrerebbe
difficilmente compatibile con il combinato disposto degli artt.  3  e
32 Cost., perche' se la salute e' un bene dell'individuo e tutti  gli
individui sono uguali, non si comprenderebbe la ragione per  cui  una
stessa lesione debba essere risarcita in modo diverso a  seconda  che
derivi da una caduta da un motorino piuttosto che da un cavallo; 
    che, inoltre, se l'intento del legislatore era  stato  quello  di
impedire  le  disparita'  di   trattamento   derivanti   da   diversi
orientamenti  giurisprudenziali,  le  stesse  non   sarebbero   state
eliminate, permanendo in tutti quei casi in cui il danno alla  salute
sia derivato da un fattore estraneo alla circolazione dei veicoli; 
    che vi sarebbe, altresi', una violazione dell'art. 2 Cost. per la
fissazione di un limite al risarcimento del danno alla persona  senza
un adeguato contemperamento degli interessi in gioco, dal momento che
il legislatore non potrebbe stabilire che la vittima di  un  illecito
aquiliano non possa pretendere piu' di  una  somma  predeterminata  a
titolo di risarcimento, indipendentemente dall'effettiva  consistenza
del pregiudizio subito; 
    che, a fronte della rigida limitazione  risarcitoria  imposta  al
danneggiato, questi non ottiene alcun  vantaggio  nei  confronti  del
responsabile o del suo assicuratore; 
    che  non  pare,  poi,  ragionevole  sostenere   che   l'interesse
all'esercizio  dell'attivita'  assicurativa  possa  essere   ritenuto
preminente  su  quello  all'integrale  risarcimento  del  danno  alla
persona; 
    che la norma impugnata sarebbe in contrasto altresi'  con  l'art.
3, primo comma, Cost., in quanto ad identici danni corrisponderebbero
risarcimenti diseguali, dato che i  valori  risarciti  in  base  alle
tabelle ministeriali sarebbero  inferiori  rispetto  a  quelli  delle
tabelle adottate dai tribunali agli stessi fini; 
    che, inoltre, nell'ambito dei  giudizi  per  il  risarcimento  di
danni alla persona da circolazione  stradale,  si  potra'  avere  una
situazione  anche  piu'  complessa  in   quanto   la   procedura   di
risarcimento prevista dall'art. 149 del d.lgs. n.  209  del  2005  si
affianca, senza sostituirla obbligatoriamente,  a  quella  ordinaria,
nel senso che al  danneggiato  e'  consentito  agire  sia  contro  la
propria compagnia assicuratrice che contro il responsabile del danno,
il che comporta risultati economici diversi,  visto  che,  nel  primo
caso, la liquidazione del danno sarebbe vincolata ai parametri  della
tabella ministeriale  e  nel  secondo  caso  si  avrebbe  invece  una
liquidazione con i piu' favorevoli valori tabellari in uso  presso  i
vari  tribunali,  con  evidenti   e   irragionevoli   disparita'   di
trattamento a seconda del soggetto che venga evocato in giudizio; 
    che, peraltro, la possibilita' - prevista dal comma 3 della norma
impugnata - per il giudice di aumentare di un quinto l'ammontare  del
danno biologico non e', comunque,  sufficiente  a  coprire  la  reale
entita' del danno; 
    che vi sarebbe, pertanto, anche  una  irragionevole  compressione
del diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale,  con  conseguente
violazione dell'art. 24 Cost.; 
    che, infine, la norma impugnata  si  porrebbe  in  contrasto  con
l'art. 76 Cost., per la previsione di un limite al  risarcimento  non
previsto dalla legge delega 29 luglio 2003,  n.  229  (Interventi  in
materia  di  qualita'  della  regolazione,  riassetto   normativo   e
codificazione. - Legge di semplificazione 2001); 
    che, quanto alla rilevanza della questione, osserva il rimettente
che, nel caso di specie, l'assicuratore ha precisato di aver valutato
il danno alla persona patito dall'attore nella  misura  di  un  danno
biologico dell'1,5%, una invalidita' temporanea massima di 10 giorni,
una invalidita' temporanea minima  di  15  giorni,  e  che  a  queste
conclusioni l'attore ha aderito; 
    che  si  tratta  di  vertenza  nella  quale  non  si  sono  poste
discussioni sulla responsabilita', non contestata dall'assicuratrice,
ma si discute essenzialmente sull'entita' del danno risarcibile,  che
la societa' assicuratrice ha valutato secondo i  parametri  dell'art.
139  senza  tenere  conto  del  danno  morale  transeunte  ne'  delle
condizioni soggettive dell'infortunato, le  quali,  ove  considerate,
avrebbero  consentito  un'offerta  di  maggior   importo   in   forza
dell'aumento del quinto previsto dalla norma; 
    che l'attuale domanda non potrebbe  essere  esaminata  nella  sua
completezza ove si dovessero applicare i criteri  previsti  dall'art.
139, che impedirebbero di procedere ad una adeguata  valutazione  del
danno o, meglio, ad una sua personalizzazione ai sensi dell'art. 2059
cod. civ.; 
    che e' evidente, secondo il  giudice  a  quo,  l'interesse  della
parte ad una pronuncia sulla  legittimita'  costituzionale  di  detta
norma, che, ove  confermata,  impedirebbe  una  valutazione  adeguata
della sua domanda, negando, comunque, una personalizzazione  del  suo
danno quale  da  essa  richiesta,  che  potrebbe  quindi  non  venire
integralmente risarcito; 
    che si e' costituito il danneggiato C.D. chiedendo l'accoglimento
della questione, precisando di aver rifiutato - perche' ritenuta  non
pienamente  satisfattoria   -   l'offerta   risarcitoria   da   parte
dell'assicuratore e di aver conseguentemente proseguito il  giudizio,
per ottenere l'integrale risarcimento dei danni alla persona  patiti,
non conseguibile sulla base della normativa vigente; 
    che si e' costituita la societa' assicuratrice  U.  P.  chiedendo
che la questione venga  dichiarata  inammissibile  o,  in  subordine,
infondata; 
    che,  secondo  la  societa',  l'ordinanza  sarebbe  inammissibile
poiche' in essa si afferma in termini apodittici la  rilevanza  della
questione, senza pero' darne effettivamente conto; 
    che  non  e'  esplicitato  quale  sia  il  credito   risarcitorio
astrattamente ritenuto  corretto  dal  giudice  a  quo  e  quale  sia
l'importo  che  egli  potrebbe  accordare   applicando   le   tabelle
ministeriali; 
    che,  inoltre,  il  giudice  remittente   articola   le   proprie
osservazioni  in  punto  di  rilevanza  sulla  scorta  delle  tabelle
ministeriali in vigore al 30 novembre 2009, senza  tenere  conto  del
decreto del Ministro delle attivita' produttive del  27  maggio  2010
(Aggiornamento annuale degli importi per il  risarcimento  del  danno
biologico  per  lesioni  di  lieve  entita',  derivanti  da  sinistri
conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti) che
ha innalzato gli importi dovuti dall'assicuratore, con la conseguenza
che,  allo   stato,   non   e'   chiaro   se   l'importo   risultante
dall'applicazione delle tabelle ministeriali  aggiornate  sia  ancora
difforme da quello che il giudice di pace avrebbe ritenuto giusto per
il caso di specie; 
    che  non   esiste   un   diritto   costituzionale   all'integrale
risarcimento del danno, come sarebbe dimostrato dalla sentenza n. 132
del  1985  che  non  ha  ritenuto  illegittima  la  limitazione   del
risarcimento del danno in caso di incidente aereo prevista  dall'art.
1 della legge 19 maggio 1932, n. 841 (Approvazione della  Convenzione
per l'unificazione di  alcune  regole  relative  al  trasporto  aereo
internazionale stipulata a Varsavia il 12 ottobre 1929) e dall'art. 2
della legge 3 dicembre 1962, n.  1832  (Ratifica  ed  esecuzione  del
Protocollo che apporta modifiche alla Convenzione del 12 ottobre 1929
per l'unificazione di  alcune  regole  relative  al  trasporto  aereo
internazionale, firmato all'Aja il 28 settembre 1955), nella parte in
cui danno esecuzione all'art. 22/1 della Convenzione di Varsavia  del
12 ottobre 1929, come sostituito dall'art. XI del Protocollo dell'Aja
del 28 settembre 1955; 
    che un aspetto essenziale,  del  tutto  pretermesso  dal  giudice
remittente, concernerebbe, poi, proprio  la  stessa  ragion  d'essere
delle tabelle ministeriali, le quali furono espressamente  congegnate
dal legislatore per impedire che ciascun giudice adottasse un proprio
criterio puramente discrezionale; 
    che il giudice remittente incorrerebbe, altresi', nell'errore  di
comparare fra loro sistemi risarcitori  (le  tabelle  ministeriali  e
quelle dei tribunali) destinati a regolare  situazioni  diverse,  una
delle  quali,  la  circolazione   stradale,   e'   appunto   trattata
diversamente gia' dallo stesso legislatore  per  le  peculiarita'  di
tollerata pericolosita' che la connotano; 
    che, inoltre, il giudice a  quo  pretenderebbe  di  ravvisare  un
contrasto non fra due norme, ma tra l'art. 139 del d.lgs. n. 209  del
2005 e una giurisprudenza di volta in volta oscillante; 
    che e' di tutta  evidenza,  infine,  come  non  possa  ravvisarsi
alcuna violazione dell'art. 24 Cost., in quanto  la  norma  impugnata
non precluderebbe l'accesso alla giustizia; 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che la  questione  venga  dichiarata  inammissibile  o,  in
subordine, infondata; 
    che l'inammissibilita' deriverebbe dal difetto di rilevanza della
questione sollevata, dal momento che la parte attrice ha  chiesto  il
risarcimento del danno alla persona quale terzo trasportato,  con  la
conseguenza  che  la  procedura  di  risarcimento  applicabile   alla
fattispecie e' quella definita dall'art. 148 del d.lgs.  n.  209  del
2005, secondo quanto espressamente previsto all'art. 141 del medesimo
decreto; 
    che, infatti, l'azione diretta descritta al successivo  art.  149
non  si  applica  al  risarcimento  del  danno   subito   dal   terzo
trasportato, secondo quanto e' stabilito al comma  2  della  medesima
norma, con la conseguente inammissibilita' delle  argomentazioni  che
si  leggono  nell'ordinanza  e   che,   a   detta   del   remittente,
confermerebbero   la   presunta   «irragionevolezza   della    scelta
legislativa», non essendo  stato  esaminato  il  complessivo  sistema
normativo e, quindi, verificato se il meccanismo previsto dal  citato
art.  141,  applicabile  nella  vicenda  in   esame,   assicuri   una
liquidazione commisurata all'effettiva entita' del  danno  subito  da
parte attrice; 
    che non e' utilmente richiamata la previsione di cui  all'art.  2
Cost., che ha riguardo ai  diritti  inviolabili  dell'individuo,  dal
momento che un irragionevole bilanciamento degli interessi  in  gioco
potrebbe tutt'al piu' venire in considerazione in relazione  all'art.
3 Cost.; ma che detto parametro non risulta violato se  si  considera
che l'intervento legislativo ha la chiara finalita'  di  regolare  un
ambito soggettivo che, specie nel caso di  liquidazione  per  lesioni
fisiche  di  piccola  entita',  sarebbe  altrimenti  soggetto  a  una
discrezionalita' eccessiva; 
    che, analogamente, il  fatto  che  l'intervento  legislativo  sia
limitato al campo dell'infortunistica  da  veicoli  e  natanti  trova
evidente    giustificazione    nella    frequenza    delle    lesioni
micropermanenti in quel perimetro di casistica; 
    che l'art.  3  Cost.  non  potrebbe  dirsi  violato  neppure  con
riferimento al principio di personalizzazione del danno,  atteso  che
altro e' la personalizzazione in assenza di ogni criterio  legale  di
liquidazione, altro e' un sistema  normativo  che  consente,  in  via
generale, un'omogeneita' di valutazione del pregiudizio; 
    che, con memoria depositata il 1° marzo 2011, C.D. afferma che la
mancanza nell'ordinanza  di  rimessione  di  un  esplicito  conteggio
matematico  non  pare  inficiare  l'autosufficienza  della  stessa  e
insiste per l'accoglimento della questione; 
    che, con memoria depositata il 1° marzo  2011,  la  compagnia  di
assicurazioni U. P. afferma che l'ISVAP (Istituto  per  la  vigilanza
per le assicurazioni private e di interesse collettivo) ha  segnalato
l'opportunita' di interventi normativi volti ad estendere il  sistema
di liquidazione  del  danno  non  patrimoniale  per  via  di  tabelle
predefinite   al   fine    di    eliminare    l'attuale    incertezza
giurisprudenziale e insiste per la dichiarazione di inammissibilita',
o in subordine di infondatezza, della questione; 
    che, con  memoria  depositata  il  1°  marzo  2011,  l'Avvocatura
generale dello Stato afferma che il principio  di  doverosa  ed  equa
tutela del danneggiato e  della  sua  salute  va  conciliato  con  il
carattere    peculiare    dell'assicurazione    obbligatoria    della
responsabilita' civile per la circolazione stradale, che, in funzione
della socializzazione del rischio  e  del  danno,  trasferisce  sulla
comunita' degli assicurati il conseguente onere,  e  insiste  per  la
dichiarazione di inammissibilita', o, in subordine,  di  infondatezza
della questione. 
    Considerato che  il  Giudice  di  pace  di  Torino  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'articolo 139 del decreto legislativo
7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni  private)  nella
parte in cui prevede un risarcimento del danno biologico per  lesioni
di lievi entita', basato  su  rigidi  parametri  fissati  da  tabelle
ministeriali, per violazione:  a)  dell'art.  3  della  Costituzione,
perche', da un lato, non consentirebbe  di  giungere  ad  un'adeguata
personalizzazione del  risarcimento  che  tenga  conto  di  tutte  le
circostanze del caso concreto  e,  dall'altro,  perche'  ad  identici
danni corrisponderebbero risarcimenti diseguali, dato  che  i  valori
risarciti in  base  alle  tabelle  ministeriali  sarebbero  inferiori
rispetto a quelli delle tabelle adottate dai  tribunali  agli  stessi
fini; b) dell'art. 2  Cost.,  per  la  fissazione  di  un  limite  al
risarcimento del danno alla persona senza un adeguato contemperamento
degli interessi in gioco, non  essendo  ragionevole  che  l'interesse
all'esercizio  dell'attivita'  assicurativa  possa  essere   ritenuto
preminente  su  quello  all'integrale  risarcimento  del  danno  alla
persona; c) dell'art. 24 Cost., per l'irragionevole compressione  del
diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale derivante dalla rigida
predeterminazione dei criteri di  calcolo  per  il  risarcimento  del
danno; d) dell'art. 76 Cost., per  la  previsione  di  un  limite  al
risarcimento non previsto dalla legge delega 29 luglio 2003,  n.  229
(Interventi in  materia  di  qualita'  della  regolazione,  riassetto
normativo e codificazione. - Legge di semplificazione 2001); 
    che nell'ordinanza di rimessione e' da rilevare una insufficiente
descrizione della fattispecie concreta che non  consente  un'adeguata
valutazione dell'effettiva rilevanza della questione, dal momento che
il remittente, nel lamentarsi del fatto che la  norma  impugnata  non
consente l'integrale risarcimento del danno non  patrimoniale  subito
dal danneggiato, non indica l'eta' di quest'ultimo (art.  139,  comma
1, lettera a), non spiega quale danno ha  subito,  non  indica  quale
decreto ministeriale intenda  applicare  (art.  139,  comma  5),  non
enuncia l'entita' del risarcimento del danno  che  sarebbe  liquidato
facendo applicazione  del  d.m.  rilevante,  non  chiarisce  se  tale
importo sia aumentabile di un quinto (art. 139, comma 3), non enuncia
le ragioni per cui tale somma non sarebbe sufficiente  malgrado  tale
aumento, non esplicita, infine,  quale  somma  sarebbe  corretta  per
risarcire completamente il danno alla persona; 
    che  siffatte   omissioni,   impedendo,   secondo   la   costante
giurisprudenza di questa Corte,  di  verificare  la  rilevanza  della
questione proposta, in relazione alla peculiarita' della fattispecie,
rendono la questione stessa manifestamente inammissibile. 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.