Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  12,  comma  3,
del decreto-legge 4 settembre 1987, n. 366 (Proroga  del  trattamento
straordinario di integrazione  salariale  dei  lavoratori  dipendenti
dalla GEPI, disciplina del  reimpiego  di  dipendenti  licenziati  da
imprese  meridionali,  misure  per  la  soppressione   di   capacita'
produttive  di  fonderie  di  ghisa  e  di  acciaio,  norme  per   il
finanziamento di lavori socialmente utili nell'area napoletana e  per
la manutenzione  e  salvaguardia  del  territorio  e  del  patrimonio
artistico e monumentale della citta' di Palermo, nonche' interventi a
favore dei lavoratori dipendenti da datori di lavoro privati operanti
nelle province di Sondrio  e  di  Bolzano  interessate  dagli  eventi
alluvionali del luglio 1987), convertito in legge, con modificazioni,
dalla legge 3 novembre 1987, n. 452, promosso dal Tribunale di Napoli
nel procedimento vertente tra D.N.G. e la Cooperativa Manutencoop I a
r.l. con ordinanza del  22  aprile  2010,  iscritta  al  n.  306  del
registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 20  aprile  2011  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Ritenuto: 
        che il Tribunale  di  Napoli,  in  funzione  di  giudice  del
lavoro, investito del ricorso di  D.N.G.,  lavoratore  socio  di  una
cooperativa per l'attuazione  di  programmi  per  lavori  socialmente
utili, proposto avverso la delibera di esclusione  dalla  cooperativa
di appartenenza, con l'unica ordinanza del  22  aprile  2010,  da  un
lato, ha disposto in via d'urgenza la provvisoria reintegrazione  del
ricorrente  nel  proprio  posto  di  lavoro  e  la  sua   contestuale
provvisoria iscrizione nel libro soci della societa', dall'altro,  ha
sospeso  il  giudizio  di  merito,  a  suo   avviso   contestualmente
instaurato con la domanda di condanna risarcitoria del  danno  subito
dal  socio  lavoratore,  sollevando  la  questione  di   legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  agli  artt.  3,  4   e   35   della
Costituzione, dell'art. 12, comma 3, del  decreto-legge  4  settembre
1987, n. 366 (Proroga del trattamento straordinario  di  integrazione
salariale  dei  lavoratori  dipendenti  dalla  GEPI,  disciplina  del
reimpiego di dipendenti licenziati da imprese meridionali, misure per
la soppressione di capacita' produttive di fonderie  di  ghisa  e  di
acciaio, norme per  il  finanziamento  di  lavori  socialmente  utili
nell'area  napoletana  e  per  la  manutenzione  e  salvaguardia  del
territorio e del patrimonio artistico e monumentale della  citta'  di
Palermo, nonche' interventi a favore  dei  lavoratori  dipendenti  da
datori di lavoro privati operanti nelle  province  di  Sondrio  e  di
Bolzano  interessate  dagli  eventi  alluvionali  del  luglio  1987),
convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 novembre  1987,
n. 452; 
        che, in punto di fatto, il giudice rimettente  riferisce  che
il ricorrente e'  rimasto  lungamente  assente  dal  lavoro,  perche'
sottoposto, dapprima, al regime della custodia cautelare  in  carcere
dal 4 aprile 2005 al 21 giugno 2005, indi, agli  arresti  domiciliari
presso una comunita' terapeutica di recupero dalla  tossicodipendenza
dal 21 giugno 2005 sino al 25 agosto 2006; 
        che conseguentemente, con provvedimento  emesso  in  data  18
novembre 2008 ai sensi  dell'art.  12,  comma  3,  del  decreto-legge
citato, il Commissario  governativo  ne  ha  deliberato  l'esclusione
dalla cooperativa; 
        che  il  socio  lavoratore  ha,  quindi,  proposto   ricorso,
sollecitando ex art. 700 c.p.c.  la  sospensione  della  delibera  di
esclusione  dalla  qualita'   di   socio   con   la   sua   immediata
reintegrazione  nel  posto  di  lavoro,  nonche'  la  condanna  della
societa' convenuta al risarcimento del danno patito, da quantificarsi
nella misura di euro 1.300,00, oltre accessori,  fino  alla  data  di
effettiva reintegra; 
        che, in particolare, - ad avviso del Tribunale  di  Napoli  -
con il ricorso  sottoposto  al  suo  esame  il  socio  di  lavoro  ha
introdotto  due  giudizi,   il   primo,   cautelare,   per   ottenere
immediatamente la reintegra nel  posto  di  lavoro,  il  secondo,  di
merito, per conseguire il risarcimento del danno; 
        che il giudice a quo rileva che il Commissario governativo ha
ritenuto  di  fare  applicazione   dell'art.   12,   comma   3,   del
decreto-legge n. 366 del 1987, secondo cui «In ogni  caso,  l'assenza
dal lavoro per un periodo  superiore  a  quindici  giorni  anche  non
consecutivi,   comporta   l'esclusione   dalla   societa',    nonche'
l'impossibilita'  di  far  parte  di  essa  o  di  altra  cooperativa
interessata ai medesimi programmi di lavoro. Tale disposizione non si
applica esclusivamente in  caso  di  assenza  per  motivi  di  salute
comprovati da apposito certificato rilasciato da medico del  Servizio
sanitario nazionale [...]»; 
        che anche secondo il rimettente tale norma e', in effetti, la
sola applicabile nella  fattispecie  in  esame,  sicche',  ove  fosse
dichiarata illegittima, il  socio  di  lavoro  potrebbe  giustificare
l'assenza altresi' per il fatto, concretamente accadutogli, di essere
stato sottoposto a misura cautelare  personale  e  la  sua  posizione
dovrebbe  essere  discrezionalmente  (ri)valutata  dalla  cooperativa
nello specifico, anche con esiti opposti a quello dell'esclusione; 
        che, quanto alla non manifesta infondatezza della  questione,
il giudice a quo osserva che  la  disposizione  censurata  appare  in
contrasto con gli artt. 3, 4 e 35 Cost., perche' solamente  il  socio
lavoratore di una  delle  cooperative  destinatarie  della  norma  in
oggetto non sarebbe ammesso a giustificare la sua assenza determinata
da cause di  forza  maggiore  o,  comunque,  indipendenti  dalla  sua
volonta' (con la  mera  eccezione  dei  motivi  di  salute):  con  la
conseguenza che  egli  soltanto  dovrebbe  soggiacere  all'espulsione
automatica dalla societa',  malgrado  le  evidenti  analogie  con  il
prestatore  di  lavoro  subordinato  e  la  sostanziale   omogeneita'
rispetto a tutti gli altri  lavoratori  operanti  in  cooperativa,  i
quali, invece, potrebbero far valere siffatte situazioni impeditive; 
        che il Tribunale di Napoli ravvisa, dunque, un «macroscopico»
fumus d'incostituzionalita' dell'art. 12, comma 3, del  decreto-legge
n. 366 del 1987, tale da indurlo, unitamente all'accertato  periculum
in mora, a disporre immediatamente la reintegra del lavoratore in via
d'urgenza, ma a sollevare, nel contempo, la questione di legittimita'
della disposizione in oggetto nel giudizio di merito  instaurato  con
la domanda risarcitoria, cio' prima ancora di  fissare  l'udienza  di
discussione ex art. 420 c.p.c.; 
        che e' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale  ha  concluso,  anzitutto,  per   la   declaratoria
d'inammissibilita', sul rilievo che la questione di  legittimita'  e'
stata proposta all'esito  di  un  procedimento  d'urgenza,  definito,
pero', proprio con la concessione della richiesta misura cautelare in
disapplicazione della norma sospettata in contrasto con  i  parametri
costituzionali, e cio' in  violazione  del  principio  costituzionale
della soggezione dei giudici  alla  legge  e  con  l'invasione  delle
attribuzioni della Corte costituzionale; 
        che, ancora preliminarmente in punto d'inammissibilita' della
questione, la difesa dello Stato obietta che il Tribunale  di  Napoli
«ha   sollevato   immediatamente   la   questione   di   legittimita'
costituzionale a codesta Consulta, nonostante avesse potuto accertare
solo in via sommaria i fatti di causa», e rileva la  singolarita'  di
ritenere causa indipendente dalla volonta' dell'interessato  l'essere
stato sottoposto alla misura coercitiva della custodia  cautelare  in
carcere; 
        che,  comunque,  la  questione  sarebbe  non   rilevante   ed
infondata, poiche' le caratteristiche dei  lavori  socialmente  utili
concretamente  assegnati  al  ricorrente   non   consentirebbero   di
qualificarli in termini di lavoro subordinato; 
        che, peraltro, non vi sarebbe la  denunciata  violazione  dei
parametri costituzionali evocati neppure se  venisse  in  rilievo  un
rapporto di lavoro  subordinato,  collegato  ma  distinto  da  quello
associativo,  attesa  la  conformita'  della  norma  censurata   alla
disciplina generale  del  socio  lavoratore  di  una  cooperativa  di
produzione e lavoro. 
    Considerato: 
        che il Tribunale  di  Napoli,  in  funzione  di  giudice  del
lavoro, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 12,  comma
3,  del  decreto-legge  4  settembre  1987,  n.  366   (Proroga   del
trattamento straordinario di integrazione  salariale  dei  lavoratori
dipendenti  dalla  GEPI,  disciplina  del  reimpiego  di   dipendenti
licenziati da imprese meridionali,  misure  per  la  soppressione  di
capacita' produttive di fonderie di ghisa e di acciaio, norme per  il
finanziamento di lavori socialmente utili nell'area napoletana e  per
la manutenzione  e  salvaguardia  del  territorio  e  del  patrimonio
artistico e monumentale della citta' di Palermo, nonche' interventi a
favore dei lavoratori dipendenti da datori di lavoro privati operanti
nelle province di Sondrio  e  di  Bolzano  interessate  dagli  eventi
alluvionali del luglio 1987), convertito in legge, con modificazioni,
dalla legge 3 novembre 1987, n. 452, nella parte in cui  dispone  che
«In ogni caso, l'assenza  dal  lavoro  per  un  periodo  superiore  a
quindici giorni anche non consecutivi,  comporta  l'esclusione  dalla
societa', nonche' l'impossibilita' di far parte di essa  o  di  altra
cooperativa  interessata  ai  medesimi  programmi  di  lavoro.   Tale
disposizione non si applica esclusivamente in  caso  di  assenza  per
motivi di salute comprovati da  apposito  certificato  rilasciato  da
medico del Servizio sanitario nazionale [...]»; 
        che, ad avviso del  rimettente,  la  disposizione  denunciata
contrasterebbe con gli artt. 3, 4 e 35 Cost., escludendo che il socio
lavoratore destinatario di  detta  norma,  malgrado  i  caratteri  in
comune con il  lavoratore  subordinato,  possa  giustificare  la  sua
assenza superiore a quindici giorni con ragioni oggettive diverse dal
suo stato di salute e indipendenti dalla  sua  volonta'  e  rendendo,
altresi',  possibile  una  irragionevole  disparita'  di  trattamento
rispetto al socio lavoratore  di  qualunque  altra  cooperativa,  che
invece potrebbe farlo rimettendosi alla valutazione discrezionale del
datore di lavoro; 
        che   l'eccezione   d'inammissibilita'   proposta   in    via
preliminare dall'Avvocatura generale dello Stato  -  sul  presupposto
che  il  Tribunale  di  Napoli,  avendo  adottato  senza  riserve  il
provvedimento richiesto con il ricorso ex art. 700 c.p.c.  dal  socio
lavoratore, non avrebbe potuto chiudere il procedimento d'urgenza con
l'ordinanza di rimessione della questione di legittimita' della norma
gia' disapplicata nella medesima sede cautelare - e' fondata e merita
accoglimento; 
        che, infatti, in base alla ricostruzione del giudice  a  quo,
il ricorso principale conterrebbe una domanda cautelare (di reintegra
al lavoro ed iscrizione nel libro soci) ed una domanda di merito  (di
risarcimento danni); 
        che rispetto alla domanda cautelare proposta ante causam,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma  3,  del
decreto-legge  n.  366  del  1987  e'  inammissibile  per   manifesta
irrilevanza, in quanto lo stesso giudice a  quo  evidenzia  di  avere
definito il procedimento cautelare con l'accoglimento dell'istanza di
reintegrazione nel posto di lavoro proposta dal socio  di  lavoro  ex
art. 700 c.p.c.; 
        che questa Corte ha,  infatti,  costantemente  affermato  che
«sono inammissibili  le  questioni  sollevate  in  sede  di  giudizio
cautelare dopo l'accoglimento della relativa  istanza  da  parte  del
giudice, e cio' per l'avvenuto esaurimento di ogni  sua  potesta'  in
quella sede, con conseguente irrilevanza della questione ai  fini  di
quel procedimento» (sentenze n. 30 del 1995, n. 151 del 2009 e n.  61
del 2008); 
        che, nel caso di specie, il giudice  del  lavoro  di  Napoli,
disponendo a chiusura della fase cautelare la reintegra al lavoro del
socio di cooperativa, ha esaurito la potestas iudicandi,  sicche'  la
sorte  dell'ordinanza  di  reintegra,   dopo   la   definizione   del
procedimento d'urgenza, non puo' dipendere dall'esito del giudizio di
legittimita' costituzionale; donde l'ininfluenza della sospensione ex
art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione  e
sul funzionamento della Corte costituzionale) sul processo  cautelare
e l'irrilevanza della questione ai fini della decisione sullo stesso; 
        che la questione e' del pari manifestamente  irrilevante,  in
quanto  prematuramente  sollevata,  rispetto  alla  domanda  con  cui
sarebbe stato intrapreso, con il medesimo  ricorso,  il  giudizio  di
merito di  risarcimento  danni  che  il  Tribunale  di  Napoli,  onde
investirne immediatamente la  Corte,  ha  sospeso  in  limine,  senza
neppure  emettere  il   decreto   di   fissazione   dell'udienza   di
discussione; 
        che, infatti, l'inizio  del  processo  del  lavoro  non  puo'
essere ricollegato, ne' a tutti gli effetti, ne' in  via  definitiva,
alla  fase  dell'editio  ationis  (contrassegnata  dal  deposito  del
ricorso), perche' si realizza solamente con il perfezionamento  della
vocatio  in  ius   (integrata   dalla   rituale   notificazione   del
ricorso-decreto),  come  risulta  anche  dall'interpretazione   della
giurisprudenza di legittimita' (Corte di  cassazione,  sezioni  unite
civili, sentenza n. 20604 del 2008); 
        che il  giudice  rimettente  ha  sollevato  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 3, del  decreto-legge
n. 366 del 1987 prima di fissare l'udienza di discussione, quando  il
ricorrente non poteva ancora effettuare validamente la  notificazione
alla  controparte  dell'atto  introduttivo  del  giudizio  di  merito
(ritualmente accompagnata, secondo le regole del rito del  lavoro  di
cui  all'art.  415  c.p.c.,  dal  pedissequo  decreto  di  fissazione
d'udienza); 
        che, pertanto, il  rapporto  processuale  non  si  e'  ancora
instaurato, ne' conseguentemente la societa' convenuta ha avuto  modo
di prendere adeguatamente posizione sul ricorso avversario  e,  tanto
meno, sulla questione di legittimita' della norma elevata a  sospetto
dal giudice adito; 
        che,  in  conclusione,  essendo  intervenuta  in   una   fase
antecedente a quella del valido radicamento del  contraddittorio,  la
proposizione d'ufficio della  questione  di  costituzionalita'  della
norma in oggetto risulta prematura, poiche' -  come  questa  Corte  a
piu' riprese ha statuito  -  «[...]  prima  del  perfezionamento  dei
requisiti processuali prescritti [...], l'organo  giurisdizionale  e'
sprovvisto di potesta' decisoria sul  merito  e  sulle  questioni  di
costituzionalita' ad esso relative, ancorche' questa delibazione  sia
limitata alla non  manifesta  infondatezza  delle  eccezioni  e  solo
strumentale alla predetta seconda fase del giudizio» (sentenza n. 451
del 1993; ma anche sentenze n. 498 del 1990 e n. 579 del 1989). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.