Ordinanza 
 
nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10,  comma
6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.
115 (Testo Unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari  in
materia di spese di giustizia - Testo  A),  introdotto  dall'art.  2,
comma 212, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n. 191,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2010)», promosso dal Giudice  di  pace
di Rimini nel procedimento vertente tra Picci Raffaello e  il  Comune
di Riccione con ordinanza del 16 marzo 2010, iscritta  al  n.  2  del
registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio dell'11 maggio  2011  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Ritenuto che, con ordinanza del 16 marzo 2010, il Giudice di pace
di Rimini ha sollevato, in  riferimento  agli  artt.  3  e  24  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.  10,
comma 6-bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n.  115  (Testo  Unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia - Testo A), introdotto dall'art. 2, comma 212, lettera  b),
della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2010)»; 
    che, riferisce il rimettente, con ricorso depositato il 4 gennaio
2010, R.P. aveva proposto opposizione contro il  verbale  redatto  da
Agenti del Corpo  Intercomunale  di  Polizia  Municipale  Riccione  e
Coriano il 14 agosto 2009, notificato  al  ricorrente  l'11  novembre
2009, con il quale veniva contestata  la  violazione  dell'art.  158,
comma 1, del codice della strada (divieto di sosta); 
    che, secondo il rimettente, in forza della  norma  censurata,  un
cittadino, legittimato  alla  opposizione  avverso  un  provvedimento
ritenuto ingiusto, e' stato costretto  al  pagamento  del  contributo
unificato; 
    che, pertanto, la questione sarebbe rilevante nel giudizio a  quo
poiche' l'imposizione di tale contributo ai giudizi di opposizione  a
ordinanza ingiunzione non sarebbe equa, in caso di accertamento della
fondatezza  del  ricorso,  anche  qualora  fosse   posta   a   carico
dell'Amministrazione soccombente; 
    che, invero, detta norma, darebbe luogo ad una  grave  disparita'
di trattamento tra i cittadini, precludendo ai meno abbienti di poter
proporre  validamente  le  proprie  ragioni  in  sede  giudiziaria  e
realizzando in tal modo  una  violazione  non  soltanto  dell'art.  3
Cost., che sancisce il principio di eguaglianza di tutti i  cittadini
di fronte alla legge, ma altresi' dell'art. 24 Cost.; 
    che,  infatti,  per  effetto  della  disposizione  censurata,   i
cittadini meno facoltosi si vedrebbero indirettamente  privati  della
possibilita' di tutelare i propri diritti  in  via  giudiziaria,  con
grave pregiudizio al diritto di difesa riconosciuto come  inviolabile
dall'art. 24 Cost.; 
    che, in relazione alla disparita' fra cittadini introdotta  dalla
norma de qua, non rileverebbe la  circostanza  che  i  soggetti  meno
abbienti possono comunque presentare il ricorso al Prefetto (che  non
prevede il pagamento del  contributo  in  questione),  in  quanto  il
ricorso al giudice di pace resterebbe un mezzo  di  tutela  riservato
unicamente ai cittadini economicamente piu' abbienti; 
    che, il principio della inviolabilita' del  diritto  di  tutti  i
cittadini di agire in giudizio per la tutela dei  propri  diritti  ed
interessi legittimi in ogni stato e grado del  procedimento,  sarebbe
stato ribadito nella sentenza di questa Corte n. 114 del 2004, con la
quale e' stata dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
204-bis, comma 30, del d.lgs. 30 aprile 1992, n.  285  (Nuovo  codice
della strada), introdotto dall'art. 4, comma 1-septies  del  d.l.  27
giugno 2003, n.  151  (Modifiche  ed  integrazioni  al  codice  della
strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1°  agosto  2003,
n. 214, relativo all'obbligo di versare  presso  la  cancelleria  del
Giudice di pace una somma a titolo di cauzione, all'atto del deposito
di ricorso contro una sanzione per  violazione  dello  stesso  codice
della strada; 
    che le motivazioni  formulate  in  quella  sentenza,  secondo  il
rimettente, ben possono essere ritenute  applicabili  alla  norma  de
qua; 
    che, secondo il Giudice di pace  rimettente,  anche  nella  norma
censurata, come nel caso dell'obbligo di versamento  della  cauzione,
l'imposizione, in via generalizzata,  del  pagamento  del  contributo
unificato all'atto del deposito del ricorso in opposizione a sanzione
amministrativa non e' in alcun  modo  funzionale  alle  esigenze  del
processo, mostrandosi piuttosto come provvedimento introdotto al fine
di restringere il campo dei possibili ricorrenti contro  le  sanzioni
amministrative, scoraggiandone la tutela giurisdizionale; 
    che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri ed  ha  eccepito  preliminarmente  l'inammissibilita'  della
questione per difetto di motivazione sulla rilevanza nel  giudizio  a
quo, dal momento che l'inadempimento, da parte del ricorrente,  della
prestazione patrimoniale  imposta  dalla  censurata  disposizione,  a
differenza da quella censurata nel precedente citato  dal  rimettente
(sentenza n. 114 del 2004), non determinerebbe l'inammissibilita' del
gravame; 
    che, secondo l'interveniente, in  ogni  caso  il  rimettente  non
spiega in che modo il costo corrispondente  al  contributo  unificato
dovuto possa incidere nella decisione di  adire  o  meno  l'autorita'
giudiziaria; 
    che il Presidente del Consiglio, inoltre, ha eccepito la  estrema
genericita'  delle  motivazioni  poste  a  base   dell'ordinanza   di
rimessione, evidenziando che, anche ammesso che l'obbligatorieta' del
contributo  possa  determinare  un  fattore   di   dissuasione   alla
proposizione del ricorso, non sarebbe stato individuato in  che  modo
detto costo possa incidere, con modalita' discriminatorie,  nel  caso
in cui il giudizio abbia ad oggetto l'impugnazione di un  verbale  di
accertamento della polizia stradale; 
    che, nel merito, il Presidente del Consiglio ha chiesto  che  sia
dichiarata  l'infondatezza  del   ricorso,   dal   momento   che   la
ripartizione  in  fasce  di  valore   dell'entita'   del   contributo
assicurerebbe che la copertura dei costi di  giustizia  sia  posta  a
carico degli utenti in proporzione ai servizi offerti. 
    Considerato che, in base a quanto riferisce il  rimettente  nella
propria ordinanza, il contributo  unificato  e'  stato  gia'  versato
spontaneamente da parte del ricorrente; 
    che, dunque, la norma censurata,  che  impone  il  pagamento  del
predetto contributo,  e'  gia'  stata  spontaneamente  applicata  dal
ricorrente; 
    che,  pertanto,  l'asserito  vulnus  ai  principi  costituzionali
invocati e, in particolare, a quello dell'uguaglianza  dei  cittadini
di fronte alla legge  ed  a  quello  dell'effettivita'  della  tutela
giurisdizionale sarebbe, in ipotesi, determinato da una norma di  cui
il rimettente non deve fare applicazione nel giudizio a quo; 
    che pertanto, come recentemente affermato da questa Corte in caso
analogo (ordinanza n. 143 del 2011), la questione  e'  manifestamente
inammissibile per difetto di rilevanza nel giudizio a quo. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.