Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della approvazione, in  parte  qua,  da  parte  della
Camera dei deputati e del Senato della  Repubblica,  della  legge  26
maggio 2011, n. 75 (Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni  urgenti  in
favore della cultura, in materia di incroci tra settori della  stampa
e   della   televisione,   di   razionalizzazione    dello    spettro
radioelettrico,  di  abrogazione  di   disposizioni   relative   alla
realizzazione di nuovi impianti  nucleari,  di  partecipazioni  della
Cassa  depositi  e  prestiti,  nonche'  per  gli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale della regione Abruzzo) e della  presentazione  da
parte del Governo, in sede di conversione, dell'emendamento  n.  5800
(testo corretto), che sostituisce l'art. 5 del decreto legge 31 marzo
2011, n. 34, promosso da Antonio Di Pietro ed altri nella qualita' di
promotori e presentatori della richiesta di referendum abrogativo  di
alcune norme in materia  di  nuove  centrali  per  la  produzione  di
energia nucleare, con ricorso depositato in cancelleria il 31  maggio
2011 ed iscritto al n. 8 del  registro  conflitti  tra  poteri  dello
Stato 2011, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del  7  giugno  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Ritenuto che, con ricorso depositato il 31 maggio  2011,  Antonio
Di Pietro, Vincenzo Maruccio, Benedetta Parenti e Gianluca De  Filio,
nella loro qualita' di promotori e presentatori  della  richiesta  di
referendum abrogativo delle «Norme in materia di nuove  centrali  per
la produzione di  energia  nucleare»,  hanno  proposto  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato contro la Camera dei deputati, il
Senato della Repubblica, in riferimento all'art. 5, commi 1 e 8,  del
decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34 (Disposizioni  urgenti  in  favore
della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della
televisione, di razionalizzazione dello  spettro  radioelettrico,  di
moratoria  nucleare,  di  partecipazione  della  Cassa   depositi   e
prestiti, nonche' per gli enti del Servizio sanitario nazionale della
regione Abruzzo), convertito con modificazioni dalla legge 26  maggio
2011,  n.  75  (Conversione  in   legge,   con   modificazioni,   del
decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni  urgenti  in
favore della cultura, in materia di incroci tra settori della  stampa
e   della   televisione,   di   razionalizzazione    dello    spettro
radioelettrico,  di  abrogazione  di   disposizioni   relative   alla
realizzazione di nuovi impianti  nucleari,  di  partecipazioni  della
Cassa  depositi  e  prestiti,  nonche'  per  gli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale della regione Abruzzo), e contro il  Governo  per
la presentazione, in sede di conversione, dell'emendamento aggiuntivo
n. 5800 (testo corretto) che ha  sostituito  l'art.  5  del  presente
decreto-legge; 
    che i ricorrenti - rammentate  le  ragioni  che  (a  seguito  del
disastro della  centrale  nucleare  giapponese  di  Fukushima)  hanno
portato il Governo ad inserire  nel  decreto-legge  n.  34  del  2011
l'art. 5, intitolato «Sospensione dell'efficacia di disposizioni  del
decreto legislativo n. 31 del 2010», e ricostruito il  relativo  iter
di  conversione  in  legge  della  norma  medesima,  oggetto  di   un
emendamento  governativo  che  ne  ha  modificato   radicalmente   il
contenuto - deducono che nella normativa risultante  dalla  legge  di
conversione convivono contraddittoriamente  due  anime,  di  cui  una
contraria al nucleare, in quanto i commi da 2 a 7 abrogano o comunque
modificano radicalmente le disposizioni del  decreto  legislativo  15
febbraio  2010,  n.  31,  nel  senso  auspicato  dai  promotori   del
referendum, e, l'altra, favorevole al ritorno al  nucleare  entro  un
anno, a seguito di ulteriori evidenze scientifiche  (commi  1  e  8);
sicche', nonostante le norme  sottoposte  a  referendum  siano  state
abrogate, il nucleare non e' di per se' vietato dalla legge n. 75 del
2011; 
    che, data per pacifica la sussistenza dei presupposti  soggettivi
del  conflitto  ed  affermata  la  possibilita'  di   contestare   la
menomazione alle attribuzioni costituzionali di un potere dello Stato
che siano provocate da una legge o da un atto  con  forza  di  legge,
quanto ai presupposti oggettivi i  ricorrenti  osservano  che,  nella
specie, e' stato posto in essere un vero e proprio eccesso di  potere
legislativo dal Governo e dalle Camere  a  danno  dei  promotori  del
referendum in oggetto, in quanto il motivo determinante l'abrogazione
legislativa  -  come  chiaramente  espresso  nel  corso  dei   lavori
parlamentari dal Ministro dello Sviluppo  economico  e  ribadito  dal
Presidente del Consiglio - non e' stato  quello  di  dare  una  nuova
disciplina della materia, ma solo quello di impedire  lo  svolgimento
della consultazione referendaria sul nucleare; 
    che, se e' vero che questa Corte (nella sentenza n. 68 del  1978)
ha  affermato  che  le  Camere,  pur  conservando  la  loro  potesta'
legislativa,  non  possono  bloccare  il  procedimento   referendario
qualora i principi ispiratori della nuova disciplina non divergano da
quelli della normativa sottoposta a referendum, e che il giudizio per
l'accertamento di tale divergenza e' attribuito all'Ufficio  Centrale
per il Referendum al fine di consentire o  meno  il  prosieguo  delle
operazioni referendaria, cio'  tuttavia  non  esclude  che  la  Corte
«possa    conoscere     in     via     incidentale     dell'eventuale
incostituzionalita' delle disposizioni della legge abrogatrice  e  in
sede  di  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  delle   eventuali
menomazioni arrecate alle attribuzioni costituzionali dei promotori e
dei sottoscrittori della richiesta referendaria», che  comunque  sono
interessati a tale accertamento; 
    che,  nel  merito,  i  promotori   denunciano   innanzitutto   la
«violazione degli artt. 3 e 75 Cost., posta in essere dal Governo con
la presentazione dell'emendamento aggiuntivo all'art. 5 del  d.1.  n.
34 del 2011 e dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica
con l'approvazione, in parte  qua,  della  legge  di  conversione  26
maggio 2011, n. 75», derivante  dal  fatto  che  la  (pur  legittima)
scelta di proseguire nella politica favorevole al ritorno al nucleare
«sia stata perseguita in maniera  ambigua  anticipando  l'abrogazione
legislativa delle norme gia'  sottoposte  alla  richiesta  abrogativa
referendaria al  preciso  scopo  di  evitare  il  pronunciamento  dei
cittadini»; laddove «i promotori, una volta ammessa  la  richiesta  e
convocato il referendum per una certa data, hanno diritto a  che  sul
referendum si voti in quel dato giorno, a meno che il Parlamento:  a)
con una legge non incostituzionale non detti una  disciplina  che  si
ispiri  a  principi  diversi  da  quelli   sottesi   alla   richiesta
referendaria; oppure b) abroghi puramente e  semplicemente  le  norme
sottoposte a referendum»; 
    che i ricorrenti deducono, altresi', la violazione dell'art.  77,
secondo comma, Cost. e dell'art. 97 del regolamento del Senato  della
Repubblica  posta  in  essere  dal  Governo  con   la   presentazione
dell'emendamento aggiuntivo all'art 5 del d.d.l. di  conversione  del
d.l. n. 34 del 2011 e dalla Camera dei deputati e  dal  Senato  della
Repubblica  con  l'approvazione,  in  parte  qua,  della   legge   di
conversione 26 maggio 2011, n. 75, in quanto  risulterebbe  evidente,
da un lato, che la proposta abrogazione legislativa mira soltanto  ad
evitare che  sulle  norme  vigenti  si  pronuncino  i  cittadini;  e,
dall'altro lato, che l'adeguamento degli impianti ai nuovi  parametri
di sicurezza non giustifica la necessita' e l'urgenza di abrogare  le
norme contenute nel d.lgs. n. 31 del 2010 (essendo  tali  norme  gia'
sospese nella loro efficacia dal decreto-legge n. 34 del 2011), e che
l'emendamento in contestazione sarebbe  stato  estraneo  «all'oggetto
della discussione» e, come tale, improponibile; 
    che, d'altra parte, i promotori osservano che  la  illegittimita'
puo'  derivare  anche  dagli  emendamenti   inseriti   in   sede   di
conversione, come sottolineato dalla giurisprudenza costituzionale  e
come rammentato dal Capo dello Stato  in  messaggi  motivati  tesi  a
richiamare l'osservanza da parte delle Camere  dei  principi  sanciti
dalla Costituzione in tema di decretazione di urgenza; 
    che, con atto depositato il 6 giugno del 2011, i  promotori  e  i
presentatori della richiesta di referendum abrogativo delle «Norme in
materia di nuove centrali per  la  produzione  di  energia  nucleare»
hanno dichiarato di rinunciare al ricorso. 
    Considerato  che  la  rinuncia,  in  questa  fase,  determina  la
necessita' di dichiarare, con assoluta precedenza,  l'estinzione  del
processo.