SENTENZA 
 
nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  4  della
legge della  Regione  Marche  11  febbraio  2010,  n.  7  (Norme  per
l'attuazione delle funzioni  amministrative  in  materia  di  demanio
marittimo), dell'articolo 5  della  legge  della  Regione  Veneto  16
febbraio 2010, n. 13 (Adeguamento della  disciplina  regionale  delle
concessioni demaniali marittime a finalita' turistico-ricreativa alla
normativa comunitaria. Modifiche  alla  legge  regionale  4  novembre
2002, n. 33 «Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo»
e successive modificazioni) e degli articoli 1 e 2 della legge  della
Regione Abruzzo 18 febbraio 2010, n. 3 (Estensione della durata delle
concessioni demaniali per  uso  turistico-ricreativo),  promossi  dal
Presidente del Consiglio dei  ministri,  con  ricorsi  notificati  il
19-22 aprile 2010, depositati in cancelleria il  28  aprile  2010  ed
iscritti, rispettivamente, ai numeri 66, 67 e 68 del registro ricorsi
2010. 
    Visti gli atti di costituzione delle Regioni  Marche,  Veneto  ed
Abruzzo; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  giugno  2011  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Stefano Grassi per  la  Regione
Marche, Luca Antonini per la Regione Veneto e Federico Tedeschini per
la Regione Abruzzo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 19 aprile 2010 (reg. ric. n. 66 del
2010) e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 28
aprile, il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato  ha  impugnato  l'art.  4
della legge della Regione Marche 11 febbraio 2010, n.  7  (Norme  per
l'attuazione delle funzioni  amministrative  in  materia  di  demanio
marittimo), per violazione dell'art.  117,  primo  e  secondo  comma,
lettere a) ed e), della Costituzione. 
    L'art. 4, al comma 1, prevede la possibilita'  di  estendere,  su
richiesta del concessionario, la durata della  concessione  demaniale
fino ad un massimo di venti anni, in  ragione  dell'entita'  e  della
rilevanza economica delle opere realizzate e da realizzare sempre nel
rispetto del piano di utilizzazione delle aree del demanio  marittimo
vigente. 
    Il successivo comma 2  dispone,  poi,  che  la  Giunta  regionale
stabilisce i criteri e le modalita' per il  rilascio  ed  il  rinnovo
delle suddette concessioni. 
    L'Avvocatura dello Stato osserva che a seguito della procedura di
infrazione  n.  2008/4908  da  parte  della  Unione   europea   sulla
compatibilita' con il diritto comunitario della normativa italiana in
materia  di  concessioni  del  demanio  marittimo,   il   legislatore
nazionale e' intervenuto con l'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30
dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini  previsti  da  disposizioni
legislative), convertito, con modificazioni,  in  legge  26  febbraio
2010, n. 25. 
    Per effetto di tale disposizione si e' provveduto, da un lato, ad
abrogare l'art. 37, secondo  comma,  del  Codice  della  navigazione,
nella parte in cui, nell'ambito delle  procedure  di  affidamento  in
concessione   di   beni   del   demanio   marittimo   con   finalita'
turistico-ricreativa,  attribuiva  preferenza  -  c.d.   diritto   di
insistenza - al concessionario uscente, dall'altro,  si  e'  disposta
una proroga, assentibile per la specificita' del territorio italiano,
delle concessioni in atto fino al massimo al 2015. 
    A parere del ricorrente la norma regionale impugnata si  pone  in
contrasto  con  la  normativa  statale  sopra  indicata,  poiche'  il
previsto rinnovo automatico della concessione fino ad un  massimo  di
vent'anni impedisce l'espletamento di qualsiasi  forma  di  procedura
selettiva  volta  a  individuare  nuovi  possibili  concessionari  e,
dunque, pone in essere una situazione di  disparita'  di  trattamento
tra gli operatori economici. 
    Cosi' disponendo, l'art. 4 censurato violerebbe l'art. 117, primo
comma, Cost.,  «in  quanto  non  coerente  con  i  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario in tema di liberta'  di  stabilimento  e
tutela della concorrenza» previsti, rispettivamente,  dagli  articoli
43 e 81 del Trattato CE. 
    Altresi' violato sarebbe l'art. 117, secondo comma,  lettera  a),
Cost., in relazione ai rapporti  con  l'Unione  europea,  in  ragione
della situazione derivante dalla pendenza della procedura comunitaria
d'infrazione n. 2008/4908, riguardante  la  materia  nella  quale  si
inserisce la norma impugnata. 
    Infine la norma impugnata contrasterebbe anche  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. 
    1.1.- Si e' costituita la Regione Marche chiedendo che  la  Corte
dichiari la questione inammissibile o non fondata. 
    In via preliminare, la difesa regionale osserva  che  il  ricorso
contiene argomenti di censura solo con riferimento a quanto  previsto
dall'art. 4, comma 1, della citata legge regionale n. 7 del 2010, con
la conseguenza che deve essere dichiarata inammissibile la  questione
riferita al successivo comma 2. 
    Altresi' inammissibile sarebbe la censura riferita all'art.  117,
secondo comma, lettera a), Cost., in quanto essa si fonda  su  di  un
generico  rinvio  ad  una  procedura  di  infrazione  avviata   dalla
Commissione europea che rende di fatto  impossibile  l'esercizio  del
diritto di difesa alla Regione. 
    Infine, sarebbe inammissibile la censura proposta in  riferimento
all'art. 117, primo comma, Cost.,  in  quanto  le  norme  comunitarie
interposte, richiamate  dal  ricorrente,  sono  state  sostituite,  a
seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona,  dagli  artt.
49 e 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - TFUE. 
    Nel merito la Regione Marche ritiene le censure non  fondate,  in
quanto basate su di un erroneo presupposto interpretativo, frutto  di
una incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento. 
    In proposito, la Regione rileva che l'art. 01 del decreto-legge 5
ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione  dei  canoni
relativi  a  concessioni  demaniali   marittime),   convertito,   con
modificazioni in legge 4 dicembre 1993, n. 494, al comma  2,  prevede
che le concessioni dei beni demaniali marittimi hanno durata  di  sei
anni, e si rinnovano automaticamente alla scadenza per altri sei anni
e cosi' ad ogni successiva scadenza. Il  successivo  art.  03,  comma
4-bis, stabilisce, poi, che le  suddette  concessioni  possono  avere
durata anche superiore a sei anni, ma comunque non superiore a  venti
anni. Tale ultima disposizione, inserita dal comma  253  dell'art.  1
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato.  Legge  finanziaria
2007), a  parere  della  Regione,  legittima  il  rilascio  di  nuove
concessioni e l'adeguamento di quelle in corso per una durata fino  a
venti anni. 
    Tale ultima norma e',  infatti,  rimasta  in  vigore  anche  dopo
l'intervento dell'art. 1,  comma  18,  del  d.l.  n.  194  del  2009,
convertito in legge n.  25  del  2010,  il  quale,  nell'abrogare  il
diritto  di  insistenza  nelle  concessioni  previsto  dall'art.  37,
secondo comma, cod. nav., ne ha fatte salve le disposizioni  in  essa
contenute. 
    In tale contesto si colloca  la  norma  censurata,  la  quale  si
limita a prevedere quanto gia' stabilito dall'art.  3,  comma  4-bis,
del d.l. n. 400 del  1993.  Essa,  infatti,  diversamente  da  quanto
ritenuto dal ricorrente, non ha ad oggetto il rinnovo di  concessioni
gia' scadute  ma  attribuisce  ai  Comuni  il  potere  discrezionale,
esercitabile solo su richiesta del concessionario e alla presenza dei
presupposti previsti dalla norma statale richiamata, di estendere  la
durata di quest'ultime fino al massimo di venti anni. 
    Non  si  tratterebbe,  dunque,  di  un  rinnovo  ma  di  semplice
modificazione di una concessione in corso, la quale, peraltro, impone
che la durata complessiva di essa non puo' essere superiore  a  venti
anni, assumendo a tali fini  rilevanza  anche  il  periodo  di  tempo
trascorso prima di tale modifica. 
    In ragione della mancata previsione di un rinnovo  automatico  di
concessioni scadute, poi, la fattispecie in esame sarebbe  del  tutto
differente da quella gia' scrutinata dalla Corte con la  sentenza  n.
180 del 2010. 
    Quanto all'art. 4, comma 2, della legge n. 7 del 2010, la Regione
osserva che tale disposizione  si  limita  ad  affidare  alla  Giunta
regionale il recepimento dell'intesa Stato-Regioni prevista dall'art.
1, comma 18, del d.l.  n.  194  del  2009  per  l'individuazione  dei
criteri di affidamento  dei  beni  demaniali  marittimi,  risultando,
quindi, evidente, la sua estraneita' ai profili di  censura  avanzati
dal ricorrente. 
    2.- Con ricorso notificato il 19 aprile 2010 (reg. ric. n. 67 del
2010) e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 28
aprile, il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  impugnato  l'art.  5
della legge  della  Regione  Veneto  del  16  febbraio  2010,  n.  13
(Adeguamento della disciplina regionale delle  concessioni  demaniali
marittime   a   finalita'   turistico-ricreativa    alla    normativa
comunitaria. Modifiche alla legge regionale 4 novembre  2002,  n.  33
«Testo  unico  delle  leggi  regionali  in  materia  di  turismo»   e
successive modificazioni), per  violazione  dell'art.  117,  primo  e
secondo comma, lettere a) ed e), Cost. 
    L'Avvocatura dello Stato rileva che l'art. 5, al comma 1, prevede
che  tutte   le   concessioni   demaniali   marittime   a   finalita'
turistico-ricreativa in corso  scadranno  il  31  dicembre  2015,  in
coerenza con quanto stabilito dall'art. 1, comma 18, del d.l. n.  194
del 2009, come convertito in legge n. 25 del 2010. 
    Il successivo comma 2 stabilisce che i titolari di concessione in
corso di validita'  che  abbiano  eseguito  o  eseguano,  durante  la
vigenza della concessione, interventi edilizi, ovvero che,  oltre  ad
essi,  abbiano  effettuato  investimenti   mediante   l'acquisto   di
attrezzature e beni mobili, possano presentare al Comune  istanza  di
modifica della durata della  concessione,  in  conformita'  a  quanto
previsto dalla lettera e)-ter dell'allegato S/3 della legge regionale
4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in  materia
di turismo) e successive modificazioni. 
    Sempre  l'art.  5,  al  comma  3,  dispone  poi  che  il  Comune,
verificate le condizioni di cui al comma 2, modifica la durata  della
concessione, con decorrenza dalla data del provvedimento di modifica,
sempre  in  conformita'  a  quanto  previsto  dalla  lettera   e)-ter
dell'allegato S/3 della legge regionale n. 33 del 2002  e  successive
modificazioni. 
    L'Avvocatura  dello  Stato   rileva   che   la   lettera   e)-ter
dell'allegato S/3 della legge regionale n. 33 del 2002, contiene  una
tabella che consente la variazione della durata delle concessioni  in
relazione agli investimenti effettuati da un minimo di 7 anni  ad  un
massimo di venti anni, di talche' le norme impugnate, per effetto del
richiamo ad essa operata, prevedono le  condizioni  per  l'estensione
della  durata  delle  concessioni  demaniali  marittime  a  finalita'
turistico-ricreative. 
    Il ricorso fonda il  contrasto  dell'art.  5  impugnato  con  gli
indicati parametri costituzionali  sullo  stesso  iter  argomentativo
posto a sostegno del ricorso  iscritto  al  n.  66  del  2010  e,  in
particolare,  sulla  difformita'  esistente  tra   l'indicata   norma
regionale e quella nazionale adottata all'esito  della  procedura  di
infrazione da parte della Comunita' europea, che ha  comportato,  tra
l'altro, l'abrogazione dell'art. 37, comma 2, cod. nav. 
    Anche in questo caso la difesa statale ritiene, infatti,  che  le
disposizioni impugnate prevedano, in deroga  alla  normativa  statale
sopra  riportata,  una  possibilita'  di  rinnovo  automatico   delle
concessioni fino ad un massimo di vent'anni,  determinando  cio'  una
disparita' di trattamento tra gli operatori economici  in  violazione
della liberta' di stabilimento di cui all'art. 43 del Trattato. 
    In particolare, l'art. 5 impugnato violerebbe l'art.  117,  primo
comma, Cost. in quanto non sarebbe «coerente con i vincoli  derivanti
dall'Ordinamento comunitario in tema di liberta'  di  stabilimento  e
tutela della concorrenza, violando, rispettivamente gli articoli 43 e
81 del Trattato CE». 
    Altresi' violato sarebbe l'art. 117, secondo comma,  lettera  a),
Cost. in relazione ai  rapporti  con  l'Unione  europea,  in  ragione
dell'esistente procedura d'infrazione pendente su analoga  questione,
nonche' l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.  in  materia  di
tutela della concorrenza. 
    2.1.- Si e' costituta in giudizio la Regione Veneto chiedendo che
la Corte dichiari non fondata la questione sollevata. 
    Osserva la difesa regionale che la norma impugnata e'  rispettosa
della normativa comunitaria e, in  particolare,  della  direttiva  12
dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio relativa ai  servizi  nel  mercato  interno)  che  fissa  i
principi  che  ogni   Stato   deve   rispettare   nel   rilascio   di
autorizzazioni,  quali  l'individuazione  del  destinatario   secondo
regole di trasparenza  e  imparzialita',  nonche'  la  loro  limitata
durata nel tempo. 
    La Regione Veneto rileva  che  il  legislatore  statale  ha  dato
attuazione a tali principi con la disciplina contenuta  nell'art.  1,
comma 18, del d.l. n. 194 del 2009,  nonche'  con  l'art.  03,  comma
4-bis, del d.l. n. 400 del 1993, come introdotto dalla legge  n.  296
del 2006. In base a tale disciplina viene prevista la  proroga  delle
concessioni in atto fino al 31 dicembre 2015 e la salvezza di  quelle
di durata superiore ai sei anni rilasciate secondo  quanto  stabilito
dall'indicato art. 3, comma 4-bis. 
    La  Regione  Veneto  ritiene  che  l'art.  5  sia  conforme  alla
disciplina statale, in quanto dispone che  le  concessioni  demaniali
marittime in atto e quelle oggetto di domanda di rinnovo  scadano  al
31 dicembre 2015. Tale disposizione si applica, dunque, per lo stesso
arco temporale previsto dal legislatore statale, a seguito del  quale
si dara' corso alla procedura comparativa di  cui  all'art.  3  della
legge regionale impugnata. 
    In particolare, l'art. 5, comma 1, della legge  regionale  n.  13
del 2010 si  riferisce  a  tutte  le  concessioni  per  le  quali  e'
applicabile  il  nuovo  termine  di  legge  del  31  dicembre   2015,
prevedendo  che  i  singoli  Comuni  si  limitino  ad   informare   i
concessionari interessati del nuovo termine, al fine di apportare  le
necessarie modifiche ai relativi contratti. 
    L'art. 5, comma 2, prevede, poi, per  determinati  concessionari,
la  possibilita'  di  chiedere  una  modifica  della   durata   della
concessione,  condizionata  all'esecuzione  di  opere  di   rilevante
importo economico che non sarebbero state eseguite qualora il termine
della concessione fosse posto secondo il criterio automatico  di  cui
al precedente comma 1. Non si tratterebbe di un rinnovo automatico ma
di una proroga in presenza di determinati requisiti che devono essere
oggetto di valutazione da parte dei Comuni (art. 5, comma 3). 
    Per  quanto  attiene  all'art.  5,  comma  4,  esso   prende   in
considerazione l'esecuzione di lavori  infrastrutturali  di  pubblica
utilita' previsti dal Comune e, in  questo  caso,  il  concessionario
puo' richiedere la modifica della concessione per un periodo da due a
quattro anni. 
    Tali previsioni, a  parere  della  Regione,  sono  ispirate  agli
stessi principi che hanno portato il legislatore statale a prevedere,
in ragione degli interventi compiuti dal concessionario e, dunque, al
fine di consentirgli di ammortizzare gli investimenti  compiuti,  che
la durata della concessione potesse arrivare fino a venti anni  (art.
3, comma 4-bis, del d.l. n. 400 del 1993 come introdotto dalla  legge
n. 296 del 2006). 
    L'esigenza di tutelare il concessionario e il suo affidamento  in
simili situazioni e', peraltro, contenuta  anche  nella  gia'  citata
direttiva comunitaria n. 2006/123/CE, di talche' la  norma  regionale
impugnata non risulterebbe  in  contrasto  con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera a), Cost., in  quanto,  espressione  della  competenza
legislativa della Regione in materia di turismo, sarebbe attuativa di
una direttiva comunitaria. 
    3.- Con ricorso notificato il 19 aprile 2010 (reg. ric. n. 68 del
2010) e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 28
aprile, il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato ha impugnato gli artt.  1
e 2 della legge della Regione Abruzzo del  18  febbraio  2010,  n.  3
(Estensione  della  durata  delle  concessioni  demaniali   per   uso
turistico-ricreativo), per violazione dell'art. 117, primo e  secondo
comma, lettere a) ed e), Cost. 
    L'art. 1 stabilisce la possibilita' di  estendere,  su  richiesta
del concessionario, la durata delle concessioni  demaniali  marittime
per finalita' turistico-ricreative in essere, fino ad un  massimo  di
venti anni, in ragione dell'entita' degli investimenti effettuati. 
    Il successivo articolo 2 dispone che la prevista estensione della
durata delle concessioni sia applicabile anche alle nuove concessioni
per le quali sia in corso il procedimento di rilascio. 
    Anche in tale ricorso, come nei  precedenti,  l'Avvocatura  dello
Stato, dopo  aver  riferito  della  procedura  di  infrazione  contro
l'Italia e del successivo intervento del legislatore statale, volto a
rispettare gli obblighi comunitari in essa richiamati, osserva che le
norme regionali impugnate, nel prevedere la possibilita'  di  rinnovo
automatico della concessione fino ad  un  massimo  di  vent'anni,  si
pongono in contrasto con le conclusioni della Commissione  europea  e
con la richiamata normativa statale. 
    Con le stesse motivazioni  indicate  nei  precedenti  ricorsi  lo
Stato ritiene che le norme impugnate  violino  l'art.  117,  primo  e
secondo comma, lettere a) ed e), della Cost. 
    3.1.- Si e' costituita in giudizio la Regione  Abruzzo  chiedendo
che la Corte dichiari le questioni non fondate, in quanto  frutto  di
un errato presupposto interpretativo. 
    La difesa regionale, infatti, rileva che le norme  impugnate  non
dispongono  alcun  rinnovo  automatico  delle  concessioni  demaniali
marittime in corso. 
    In particolare, l'art. 1 prevede solo l'estensione del periodo di
validita'  di  concessioni  in  corso  al  ricorrere  di   specifiche
condizioni la cui sussistenza e'  oggetto  di  valutazione  da  parte
dell'Amministrazione. 
    Tra i suddetti presupposti assumono rilevanza la  sussistenza  di
rilevanti investimenti da parte del concessionario e il rispetto  dei
criteri e delle modalita' di attuazione, quali definiti dalla  Giunta
regionale ai sensi dell'art. 3 della legge impugnata. 
    Le  norme  censurate,  dunque,  si  limitano  a   stabilire   una
disciplina che consente di equilibrare gli investimenti compiuti  dal
concessionario con la durata della concessione, cosi'  come  peraltro
stabilito dalla stessa normativa statale e, in particolare, dall'art.
1, comma 253, della legge n. 296 del 2006 che ha introdotto l'art. 3,
comma 4-bis, al d.l. n. 400 del 1993, e dall'art. 1,  comma  18,  del
d.l. n. 194 del 2009. 
    La  Regione  ritiene  che   l'estensione   della   durata   delle
concessioni demaniali in relazione agli investimenti  effettuati  sia
conforme anche alla direttiva comunitaria n. 123 del 2006,  la  quale
espressamente prevede che la durata della concessione deve  garantire
l'ammortamento  degli  investimenti  compiuti  dal   privato   e   la
remunerazione equa dei capitali utilizzati. 
    Quanto alla censura relativa all'art. 2 della legge regionale  n.
3  del  2010,  la  difesa  regionale  osserva  che  l'estensione  ivi
contemplata si riferisce anche alle nuove concessioni per  le  quali,
pero', gia' sia in essere il procedimento istruttorio. 
    Dunque, la cennata estensione non opera nei confronti di rapporti
concessori gia' scaduti e in corso di rinnovo, ma su licenze in corso
di  rilascio  e  in  conformita'   della   normativa   regionale   di
pianificazione turistica. 
    Quanto alla presunta violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera a), Cost., la difesa regionale, in via  preliminare,  osserva
che la procedura di infrazione richiamata dal ricorrente riguarda  la
conformita' della legislazione nazionale ai  principi  comunitari  e,
quindi, una fattispecie del tutto diversa da quella in esame. Oltre a
cio', la Regione Abruzzo ribadisce quanto sopra affermato  in  ordine
alla piena conformita' delle norme  regionali  impugnate  con  quanto
affermato dalla direttiva n. 123 del 2006, giacche' ne  costituiscono
attuazione nel rispetto delle competenze che la Costituzione  assegna
alle Regioni. 
    Quanto al richiamo fatto dal  ricorrente  all'art.  117,  secondo
comma, lettera e), Cost., la relativa censura  sarebbe  inammissibile
per difetto di motivazione e, nel merito, non fondata  in  quanto  le
norme impugnate non attengono alla materia oggetto  della  competenza
legislativa invocata dal ricorrente. 
    4.- In prossimita' dell'udienza tutte le parti  hanno  depositato
memorie con  le  quali  hanno  ribadito  le  argomentazioni  poste  a
fondamento dei propri precedenti atti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri,  con  tre  ricorsi,
iscritti ai numeri 66, 67 e 68 del registro ricorsi 2010, ha proposto
questioni di legittimita' costituzionale, rispettivamente: 
        a) dell'art. 4 della legge della Regione Marche  11  febbraio
2010, n. 7 (Norme per l'attuazione delle funzioni  amministrative  in
materia di  demanio  marittimo),  nella  parte  in  cui  prevede,  in
presenza di determinati presupposti, la possibilita' di prorogare  le
concessioni demaniali marittime in  corso,  per  asserita  violazione
dell'art. 117, primo  e  secondo  comma,  lettere  a)  ed  e),  della
Costituzione; 
        b) dell'art. 5 della legge della Regione Veneto  16  febbraio
2010, n. 13 (Adeguamento della disciplina regionale delle concessioni
demaniali marittime a finalita' turistico-ricreativa  alla  normativa
comunitaria. Modifiche alla legge regionale 4 novembre  2002,  n.  33
«Testo  unico  delle  leggi  regionali  in  materia  di  turismo»   e
successive modificazioni),  nella  parte  in  cui  contempla  diverse
ipotesi di proroga delle concessioni demaniali  marittime  in  corso,
per asserita violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettere
a) ed e), Cost.; 
        c) degli artt. 1 e 2 della legge  della  Regione  Abruzzo  18
febbraio 2010,  n.  3  (Estensione  della  durata  delle  concessioni
demaniali per uso turistico-ricreativo), nella parte in cui prevedono
la proroga automatica delle concessioni di beni demaniali  marittimi,
per asserita violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettere
a) ed e), Cost. 
    2.- In ragione dell'omogeneita' della materia, i predetti ricorsi
devono essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza. 
    Il ricorrente - con argomentazioni  sostanzialmente  identiche  -
muove  dal  presupposto  che  le  norme  regionali  impugnate,  nello
stabilire, ricorrendo determinati presupposti, il rinnovo  automatico
delle  concessioni  demaniali  marittime,  violerebbero  i   principi
derivanti dall'ordinamento comunitario  e  recepiti  nell'ordinamento
nazionale  in  tema  di  liberta'  di  stabilimento  e  tutela  della
concorrenza, che non consentirebbero il suddetto automatismo. 
    In  particolare,  i  suddetti   principi   sarebbero   desumibili
dall'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30  dicembre  2009,  n.  194
(Proroga  di   termini   previsti   da   disposizioni   legislative),
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010,  n.  25,
con il quale  il  legislatore  nazionale  ha  adeguato  l'ordinamento
interno a quello comunitario in materia di  concessioni  del  demanio
marittimo. 
    Per effetto di tale disposizione e'  stato  abrogato  l'art.  37,
secondo comma, del Codice della  navigazione,  nella  parte  in  cui,
nell'ambito delle procedure di affidamento in concessione di beni del
demanio  marittimo  con  finalita'  turistico-ricreativa,  attribuiva
preferenza - cosiddetto diritto di  insistenza  -  al  concessionario
uscente. 
    Lo stesso art. 1 ha stabilito una proroga, fino  al  31  dicembre
2015, delle concessioni in corso alla data di entrata in vigore della
indicata legge, dovendosi successivamente a tale  data  procedere  al
loro affidamento mediante gara pubblica. 
    Le  disposizioni  impugnate,  secondo  la  difesa   statale,   si
porrebbero in contrasto con la richiamata  normativa,  in  quanto  il
rinnovo   automatico   delle   concessioni   in   atto    impedirebbe
l'espletamento di qualsiasi forma  di  procedura  selettiva  volta  a
individuare nuovi possibili concessionari. 
    3.- In via preliminare,  devono  essere  esaminate  le  eccezioni
sollevate dalle difese regionali. 
    3.1.- La Regione Marche ritiene  il  ricorso  proposto  nei  suoi
riguardi inammissibile, innanzitutto in quanto non conterrebbe alcuna
motivazione a sostegno dell'impugnazione dell'art. 4, comma 2,  della
legge regionale n. 7 del 2010, e in secondo luogo perche',  comunque,
le censure riferite all'art. 117, primo e secondo comma, lettera  a),
Cost., si fonderebbero sul richiamo di  norme  comunitarie  non  piu'
vigenti per effetto dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona  e
su un generico rinvio ad una procedura di  infrazione  avviata  dalla
Commissione europea, si' che sarebbe stato reso di fatto  impossibile
l'esercizio del diritto di difesa alla Regione. 
    Tali eccezioni non sono fondate. 
    Quanto a quella riferita all'art.  4,  comma  2,  e'  sufficiente
rilevare il rapporto di stretta inscindibilita' che esiste  tra  tale
disposizione e quella contenuta nel precedente comma 1, prevedendo la
prima il potere in capo alla Giunta regionale di  fissare  i  criteri
per il rilascio delle concessioni demaniali marittime di cui al comma
1, sicche' esse realizzano  un'unitaria  e  omogenea  disciplina  del
procedimento attinente al rilascio delle concessioni. 
    Quanto alle ulteriori eccezioni, esse  non  tengono  conto  degli
argomenti prospettati nel ricorso a sostegno delle censure, dai quali
si  evincono  gli  esatti  termini  delle  questioni  sollevate   dal
ricorrente,  sia  quanto  alle   norme   comunitarie   effettivamente
pertinenti, sia quanto alla rilevanza della procedura d'infrazione. 
    3.2.- La Regione  Abruzzo  ha  dedotto  l'inammissibilita'  della
censura proposta in relazione all'art. 117,  secondo  comma,  lettera
e), Cost., per difetto di motivazione. 
    Anche  tale  eccezione  non  e'   fondata,   sulla   base   delle
argomentazioni sopra riportate e, in particolare,  della  circostanza
che dalle motivazioni contenute nel ricorso si  desumono  le  ragioni
poste a fondamento della  asserita  lesione,  da  parte  della  norma
regionale impugnata, dei principi di libera concorrenza. 
    4.- Per un  corretto  inquadramento  delle  questioni  sottoposte
all'esame della Corte, occorre rilevare che la disciplina relativa al
rilascio  delle  concessioni  su  beni  demaniali  marittimi  investe
diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale  che
regionale, atteso che particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle
modalita' di affidamento di tali  concessioni,  assumono  i  principi
della libera concorrenza e della liberta' di  stabilimento,  previsti
dalla normativa comunitaria e nazionale. 
    In proposito,  va  osservato  che  il  legislatore  nazionale  ha
stabilito, all'articolo 1, comma 18, del citato decreto-legge n.  194
del 2009, le modalita' di accesso alle suddette concessioni da  parte
degli operatori economici. 
    Tale  intervento  normativo  ha  fatto  seguito  alla   procedura
d'infrazione comunitaria n. 2008/4908,  aperta  nei  confronti  dello
Stato italiano per il mancato adeguamento all'articolo 12,  comma  2,
della direttiva 12  dicembre  2006,  n.  2006/123/CE  (Direttiva  del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai  servizi  nel  mercato
interno), il quale vieta qualsiasi forma  di  automatismo  che,  alla
scadenza del  rapporto  concessorio,  possa  favorire  il  precedente
concessionario. 
    La Commissione europea aveva denunciato il contrasto dell'art. 37
cod. nav. con gli artt. 43 e 81 del Trattato CE (ora artt. 49  e  101
del  Trattato  sul  funzionamento   dell'Unione   europea-TFUE)   sul
presupposto che, nell'attribuire preferenza al momento della scadenza
della concessione  al  vecchio  concessionario,  lo  stesso  art.  37
costituiva un ostacolo all'accesso  al  mercato  di  nuovi  operatori
economici del settore. 
    In ragione di cio', il legislatore  statale  e'  intervenuto  con
l'art. 1, comma 18, del citato d.l. n. 194 del  2009,  con  il  quale
sono state previste: 
        la soppressione del secondo comma dell'articolo 37 cod. nav.,
nella parte in cui  stabiliva  la  preferenza  accordata  al  vecchio
concessionario; 
        la  proroga  al  31  dicembre  2015  delle  concessioni   per
finalita' turistico-ricreative in scadenza prima di tale  data  e  in
atto al 30 dicembre 2009, giorno dell'entrata in vigore dello  stesso
decreto-legge; 
        la conferma delle concessioni ex art.  3,  comma  4-bis,  del
decreto-legge  5  ottobre  1993,  n.   400   (Disposizioni   per   la
determinazione  dei   canoni   relativi   a   concessioni   demaniali
marittime), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  4  dicembre
1993, n. 494, comma aggiunto dall'art. 1, comma 253, della  legge  27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007) e, dunque,
aventi durata tra sei e venti anni, rilasciate per  tale  periodo  di
tempo in ragione dell'entita' e della rilevanza economica delle opere
realizzate dal concessionario. 
    L'art. 1, comma 18, sopra citato, ha attribuito a tale disciplina
carattere transitorio, in attesa della revisione  della  legislazione
in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali  marittimi
da realizzarsi, quanto ai criteri e alle  modalita'  di  affidamento,
sulla base di  una  intesa  da  raggiungere  in  sede  di  Conferenza
Stato-Regioni, nel rispetto dei principi di concorrenza, di  liberta'
di stabilimento, di garanzia dell'esercizio,  dello  sviluppo,  della
valorizzazione delle attivita'  imprenditoriali  e  di  tutela  degli
investimenti, nonche' in funzione  del  superamento  del  diritto  di
insistenza di cui al citato art. 37, secondo comma, cod. nav. 
    La  finalita'  del  legislatore  e'  stata,  dunque,  quella   di
rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e
di consentire ai titolari  di  stabilimenti  balneari  di  completare
l'ammortamento degli  investimenti  nelle  more  del  riordino  della
materia, da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni. 
    Alla luce di tali premesse, si possono esaminare le singole norme
oggetto di censura. 
    5.- La questione relativa all'art. 4, comma 1, della legge  della
Regione Marche n. 7 del 2010 e' fondata. 
    Tale comma stabilisce che ai sensi dell'articolo 03, comma 4-bis,
del d.l. n. 400 del 1993, i Comuni, su richiesta del  concessionario,
possono estendere la durata della concessione fino ad un  massimo  di
venti anni, in ragione dell'entita' e della rilevanza economica delle
opere  realizzate  e  da  realizzare,  in  conformita'  al  piano  di
utilizzazione delle aree del demanio marittimo vigente. 
    Il  legislatore  regionale,  nel  sancire  la   possibilita'   di
estendere la durata delle concessioni demaniali in  corso,  ha  posto
una disciplina che, violando quella introdotta dall'art. 1, comma 18,
del d.l. n. 194 del 2009, eccede dalle sue competenze. 
    Quest'ultima disposizione, infatti, rende  solo  possibile  -  in
ragione dell'entita' e  della  rilevanza  economica  delle  opere  da
realizzare - il rilascio di nuove concessioni di durata  superiore  a
sei anni e comunque non superiore a venti anni. 
    La norma impugnata,  diversamente,  prevede  la  possibilita'  di
estendere la durata delle concessioni in atto fino al limite di venti
anni. 
    Il legislatore regionale attribuisce, dunque, al  titolare  della
concessione la possibilita'  di  ottenerne  la  proroga  (seppure  in
presenza dei presupposti indicati dal richiamato art. 3)  e,  in  tal
modo, «viola l'art. 117, primo comma,  Cost.,  per  contrasto  con  i
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di diritto  di
stabilimento  e  di  tutela  della  concorrenza.  Infatti,  la  norma
regionale prevede un diritto di proroga in favore del  soggetto  gia'
possessore della concessione, consentendo il rinnovo automatico della
medesima. Detto automatismo determina una disparita'  di  trattamento
tra  gli  operatori  economici  in   violazione   dei   principi   di
concorrenza, dal momento che coloro che in precedenza  non  gestivano
il demanio marittimo non hanno la possibilita', alla  scadenza  della
concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso
in cui questi non chieda la proroga  o  la  chieda  senza  un  valido
programma di investimenti» (sentenza n. 180 del 2010). 
    Ne', al fine di escludere l'illegittimita' della norma impugnata,
valgono gli argomenti utilizzati dalla Regione  secondo  i  quali  le
concessioni  non  sarebbero  prorogate  automaticamente,  ma   previa
valutazione caso  per  caso,  in  considerazione  degli  investimenti
effettuati, in quanto tale disciplina, per le ragioni indicate,  pone
un ostacolo all'accesso di altri potenziali operatori  economici  nel
mercato relativo alla gestione di tali concessioni (sentenza  n.  340
del 2010). 
    6.- La questione relativa all'art. 4,  comma  2,  della  medesima
legge regionale n. 7 del 2010 non e', invece, fondata. 
    Detto comma prevede che con deliberazione della Giunta regionale,
sulla base dell'intesa Stato-Regioni ai sensi dell'articolo 8,  comma
6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per  l'adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge  costituzionale   18
ottobre 2001, n. 3), sentita la competente Commissione  consiliare  e
il Consiglio delle autonomie locali, sono stabiliti i criteri per  il
rilascio    delle     concessioni     demaniali     con     finalita'
turistico-ricreative, nonche' le modalita' per il loro rinnovo. 
    La norma in esame  non  e'  idonea  a  ledere  alcuna  competenza
legislativa  statale,  in  quanto  essa,  per  la  sua  operativita',
presuppone il rispetto del procedimento previsto dall'art.  1,  comma
18, del d.l. n. 194 del 2009. 
    Il legislatore regionale, infatti, attribuisce  ad  una  delibera
della Giunta  regionale  il  potere  sopra  indicato,  subordinandolo
all'adozione  di  una  previa  intesa  da  raggiungere  in  sede   di
Conferenza Stato-Regioni, volta ad esprimere, secondo quanto previsto
dal citato art. 1, comma 18, i criteri validi per il  rilascio  delle
concessioni in esame. 
    7.- La questione relativa all'art. 5 della  legge  della  Regione
Veneto n. 13 del 2010 e' fondata nei termini di seguito precisati. 
    L'art. 5, comma 1, prevede che «ai fini  dell'applicazione  delle
procedure di cui all'articolo 3 e fatto  salvo  quanto  previsto  dal
presente  articolo,  tutte  le  concessioni  demaniali  marittime   a
finalita' turistico-ricreativa in essere  alla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge ivi comprese quelle oggetto di domanda di
rinnovo in corso di istruttoria  alla  stessa  data,  scadono  al  31
dicembre 2015, fatta salva la diversa maggiore  durata  prevista  dal
titolo concessorio». 
    Il successivo comma 2 stabilisce che «il titolare di  concessione
in corso di validita' all'entrata in  vigore  della  presente  legge,
anche per effetto del comma 1, che abbia eseguito o esegua durante la
vigenza  della  concessione   interventi   edilizi,   come   definiti
dall'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n.  380  (...),  ovvero  che,  oltre  agli  interventi
edilizi, abbia acquistato attrezzature e beni mobili  per  un  valore
non superiore  al  venti  per  cento  dell'importo  degli  interventi
edilizi, puo'  presentare  al  comune,  entro  quarantacinque  giorni
dall'entrata in vigore della presente legge, una istanza di  modifica
della durata della concessione in conformita' a quanto previsto dalla
lettera e)-ter dell'allegato S/3 della  legge  regionale  4  novembre
2002, n. 33 e successive modificazioni». 
    Il successivo comma 3  dispone  che  «il  Comune,  verificate  le
condizioni di cui al comma 2, modifica la durata  della  concessione,
con  decorrenza  dalla  data  del  provvedimento  di   modifica,   in
conformita' a quanto previsto dalla lettera e)-ter dell'allegato  S/3
della  legge  regionale  4  novembre  2002,  n.   33   e   successive
modificazioni». 
    Il comma 4, a sua volta, prevede che «il titolare di  concessione
in corso di validita' all'entrata in  vigore  della  presente  legge,
anche per effetto del comma 1, che abbia eseguito o esegua durante la
vigenza della concessione  interventi  infrastrutturali  di  pubblica
utilita' previsti dal comune, non rientranti nelle tipologie  di  cui
al comma 2, puo' presentare al comune,  entro  quarantacinque  giorni
dall'entrata in vigore della presente legge, una istanza di  modifica
della durata della concessione per un  periodo  compreso  tra  due  e
quattro anni. Il Comune, valutate le condizioni, puo'  accogliere  la
domanda di modifica della durata della  concessione,  con  decorrenza
della durata dalla data del provvedimento di modifica». 
    7.1.- In via preliminare,  va  sottolineato  che,  nonostante  il
ricorso  non  contenga  alcuna  esplicita   motivazione   in   ordine
all'impugnazione dei commi 1  e  4  dell'art.  5  in  esame,  occorre
considerare, da un lato, che le argomentazioni che sviluppa  appaiono
implicitamente riferibili anche a tali commi e,  dall'altro,  che  la
disciplina introdotta dall'intero art. 5 si caratterizza per  la  sua
unitarieta'. 
    Quanto al primo aspetto, si  deve  rilevare  che  il  presupposto
argomentativo da cui muove  il  ricorrente  e'  che  le  proroghe  (o
rinnovi automatici) delle concessioni demaniali  marittime,  previste
dal legislatore regionale con l'articolo 5 impugnato, contrastino con
i principi di libera concorrenza e di liberta' di stabilimento, posti
a fondamento della disciplina relativa  al  rilascio  delle  suddette
concessioni. 
    Quanto al secondo aspetto, e' sufficiente osservare che  i  commi
di cui e' composto  l'art.  5,  seppure  prendano  in  esame  diverse
fattispecie, sono tutti accomunati dal fatto che disciplinano in modo
unitario  la  proroga  o  il  rinnovo  automatico  delle  concessioni
demaniali marittime in corso di validita'. 
    Chiarito  cio',  deve  rilevarsi  come  la  normativa   regionale
impugnata regoli talune ipotesi di rilascio di  concessione  su  beni
demaniali marittimi, tutte in contrasto  con  la  disciplina  fissata
dall'art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009. 
    La prima ipotesi e' quella prevista  dall'art.  5,  comma  1,  il
quale dispone che le concessioni in corso al momento dell'entrata  in
vigore della legge regionale e quelle che, alla medesima  data,  sono
oggetto di domanda  di  rinnovo  e  in  corso  di  istruttoria,  sono
prorogate al 31 dicembre 2015. 
    Tale disposizione, pur indicando lo stesso termine  di  scadenza,
disciplina una fattispecie, nel complesso, diversa da quella statale. 
    Il legislatore regionale, infatti, nel fare uso della proroga ope
legis prevista dalla norma statale (fino  al  31  dicembre  2015)  la
applica a concessioni diverse da quelle prese  in  considerazione  da
quest'ultima (e cioe' in corso al 30 dicembre 2009, data  di  entrata
in vigore del d.l n. 194 del  2009).  In  sostanza,  la  disposizione
impugnata prende in considerazione le concessioni in corso  e  quelle
oggetto di domanda di rinnovo alla data di entrata  in  vigore  della
legge regionale, cioe' il 19 febbraio 2010 e, dunque, con riguardo ad
un momento temporale diverso e successivo rispetto a quello  indicato
dalla  norma  statale,  cosi'  trovando   applicazione   rispetto   a
fattispecie differenti da quelle di cui all'art.  1,  comma  18,  del
d.l. n. 194 del 2009. 
    La seconda ipotesi, presa in esame dal legislatore regionale,  e'
quella indicata dall'art. 5, commi 2 e 3,  in  virtu'  dei  quali  il
titolare  di  una  concessione  in  corso  di  validita'  al  momento
dell'entrata in vigore della legge regionale, anche  se  per  effetto
del precedente comma 1, che abbia eseguito delle  opere  edilizie  ed
abbia  acquistato  attrezzature  per  un  determinato  importo,  puo'
richiedere la modifica della durata della concessione in  conformita'
a quanto previsto dall'allegato  S/3,  lettera  e)-ter,  dalla  legge
regionale n. 4 novembre 2002, n. 33 e cioe' per un periodo che  varia
da sei a venti anni. 
    La terza ipotesi e' quella prevista nell'art.  5,  comma  4,  per
effetto del  quale  il  titolare  di  una  concessione  in  corso  di
validita' al momento dell'entrata in vigore della legge regionale, se
ha eseguito lavori di pubblica utilita' previsti  dal  Comune  e  non
rientranti in quelli dei precedenti commi, puo' chiedere la  modifica
della durata della concessione per un periodo tra i due e  i  quattro
anni. 
    Ebbene, per quanto attiene alle fattispecie di  cui  all'art.  5,
commi 2 e 3, valgono le considerazioni fatte con riferimento all'art.
4 della legge della Regione Marche n.  7  del  2010,  atteso  che  si
prevedono  proroghe  delle  concessioni  demaniali   in   corso,   in
violazione dell'art. 1, comma  18,  del  d.l.  n.  194  del  2009  e,
conseguentemente, dell'art. 117, primo comma, Cost. 
    Alla  luce  delle  considerazioni   in   precedenza   svolte   la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni
contenute nell'art. 5, commi 2 e 3, della legge  regionale  impugnata
si estende, per consequenzialita' logica, anche a quelle previste nei
commi 1 e 4 del medesimo articolo. 
    8.- Anche la questione relativa agli artt.  1  e  2  della  legge
della Regione Abruzzo n. 3 del 2010 e' fondata. 
    L'art.  1  prevede  che  «i  titolari  di  concessioni  demaniali
marittime  per  finalita'  turistico-ricreative  possono   richiedere
l'estensione della durata della concessione fino  ad  un  massimo  di
venti anni a partire dalla data di rilascio, in ragione  dell'entita'
degli investimenti e secondo quanto previsto dall'art. 1, comma  253,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato.  Legge  finanziaria
2007)». 
    Il successivo art. 2 stabilisce che  «l'estensione  della  durata
della concessione e' applicabile anche alle nuove concessioni, per le
quali, alla data di approvazione della presente legge, sia  in  corso
il procedimento di rilascio della concessione demaniale». 
    Quanto all'art. 1, valgono le considerazioni sopra  indicate  con
riferimento all'art. 4, comma 1, della legge della Regione Marche  n.
7 del 2010, avendo il legislatore regionale abruzzese previsto, anche
in  questo  caso,  la  possibilita'  di  estendere  la  durata  delle
concessioni demaniali in atto, con cio' attribuendo ai titolari delle
stesse  una  proroga  in  violazione  dei  principi  di  liberta'  di
stabilimento e di tutela della concorrenza. 
    Quanto all'art. 2, esso  applica  l'estensione  disciplinata  dal
precedente art. 1 alle concessioni il cui  procedimento  di  rilascio
sia in itinere al momento dell'approvazione della legge regionale. 
    Per effetto del collegamento tra le due norme,  e'  evidente  che
l'estensione prevista dall'art. 2 e'  subordinata  all'entita'  degli
investimenti, secondo quanto stabilito dall'art. 1, comma 253,  della
legge n. 296 del 2006, che ha introdotto l'art. 3, comma  4-bis,  del
d.l. n. 400 del 1993. 
    Il fatto che l'art. 2 si riferisca a nuove concessioni e, quindi,
non disponga alcuna proroga  o  modifica  di  quelle  in  corso,  non
esclude la sua illegittimita';  cio'  in  quanto  il  rilascio  delle
concessioni demaniali marittime e, quindi, le regole che disciplinano
l'accesso ai relativi beni da parte dei potenziali concessionari sono
aspetti che rientrano nella materia della tutela  della  concorrenza,
attribuita alla competenza esclusiva dello  Stato,  di  cui  l'art.1,
comma 18, del d.l. n. 194 del 2009 e' espressione.