Ordinanza 
 
nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  del  comma  3,  primo
periodo, dell'art. 36-bis  del  d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  600
(Disposizioni comuni in materia di  accertamento  delle  imposte  sui
redditi), nel testo risultante dall'art. 13 del d.lgs. 9 luglio 1997,
n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti  dei  contribuenti
in sede di  dichiarazione  dei  redditi  e  dell'imposta  sul  valore
aggiunto, nonche' di modernizzazione del sistema  di  gestione  delle
dichiarazioni), e successive modificazioni, promosso con ordinanza n.
4362 del 2011,  depositata  il  23  febbraio  2011,  dalla  Corte  di
cassazione nel giudizio vertente tra  il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze, l'Agenzia delle entrate e Stefano Micucci, iscritta al
n. 70  del  registro  ordinanze  2011  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 18, 1ª serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 5  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Franco Gallo. 
    Ritenuto che, con ordinanza n. 4362 del 2011,  depositata  il  23
febbraio 2011, la Corte di cassazione -  nel  corso  di  un  giudizio
avente  ad  oggetto  l'impugnazione   proposta   dall'amministrazione
finanziaria avverso la sentenza con la quale il giudice tributario di
secondo grado, in accoglimento dell'appello proposto dal contribuente
e  motivando  in  base  alla  mancata  comunicazione  al   sostituito
d'imposta dell'esito del controllo, aveva annullato una  cartella  di
pagamento emessa in sede di liquidazione delle imposte in  base  alla
dichiarazione  -  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 36-bis  del  d.P.R.
29  settembre  1973,  n.  600  (Disposizioni  comuni  in  materia  di
accertamento delle imposte sui redditi) [rectius: del comma 3,  primo
periodo, del citato art. 36-bis, nel testo  risultante  dall'art.  13
del d.lgs. 9 luglio 1997, n.  241  (Norme  di  semplificazione  degli
adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei  redditi  e
dell'imposta sul valore  aggiunto,  nonche'  di  modernizzazione  del
sistema di gestione delle dichiarazioni) e successive modificazioni],
«nella parte in cui pone alternativamente l'obbligo di  comunicazione
[dell'esito della liquidazione] nei confronti del sostituto d'imposta
e del sostituito»; 
        che, secondo quanto riferito in punto di  fatto  dal  giudice
rimettente: a)  il  contribuente  aveva  impugnato  una  cartella  di
pagamento relativa all'IRPEF dovuta a titolo di  tassazione  separata
per l'anno 1999, adducendo sia  la  mancata  comunicazione  nei  suoi
confronti dell'esito  del  controllo  automatico,  sia  la  decadenza
dell'amministrazione  finanziaria  dal  potere  di  controllo,   sia,
infine, la carenza di motivazione dell'atto; b) il giudice tributario
di primo grado aveva rigettato il ricorso, affermando,  tra  l'altro,
che non era necessaria detta comunicazione; c) il giudice di  appello
aveva  accolto  l'impugnazione  del   contribuente,   perche'   aveva
interpretato l'art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 nel  senso  che
la comunicazione e' dovuta anche nei confronti del  contribuente,  al
fine di porre quest'ultimo in grado di conoscere il  contenuto  e  le
ragioni  della  pretesa  tributaria,   mentre,   nella   specie,   la
comunicazione era stata effettuata al solo  sostituto  d'imposta;  d)
l'amministrazione finanziaria aveva proposto ricorso per  cassazione,
deducendo  che  il  menzionato  art.  36-bis  prevede  l'obbligo   di
comunicazione alternativamente nei confronti del contribuente «o» del
sostituto d'imposta e che pertanto, nella specie, detto  obbligo  era
stato soddisfatto con la comunicazione a quest'ultimo; 
        che, secondo quanto  osservato  dal  medesimo  rimettente  in
punto   di   non   manifesta   infondatezza   della   questione:   a)
l'interpretazione dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 da  cui
muove il giudice di secondo  grado  «non  e'  consentita  dal  tenore
letterale della disposizione, che, ricorrendo alla  disgiuntiva  "o",
indica chiaramente  come  l'obbligo  di  comunicazione  possa  essere
assolto in maniera soggettivamente  alternativa»  nei  confronti  del
sostituito o del sostituto d'imposta; b), con riferimento all'art.  3
Cost., e' «oltremodo irragionevole consentire - una  volta  affermato
l'obbligo di comunicazione preventiva dell'esito del controllo  [...]
- che la comunicazione  stessa  e  la  ricezione  della  cartella  di
pagamento riguardino soggetti diversi»  e,  in  particolare,  che  il
sostituito  d'imposta,  «direttamente  interessato  a  conoscere   le
ragioni della pretesa creditoria», non venga  «posto  preventivamente
in grado di ovviare a eventuali errori nella liquidazione [...] o  di
comunicare elementi utili alla corretta  valutazione  dei  dati  resi
nella dichiarazione»; 
        che per il giudice a quo, infine, il «carattere decisivo e di
assoluta rilevanza» della questione «appare evidente»; 
        che e' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la   sollevata   questione   sia   dichiarata
inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza  e  comunque
manifestamente infondata; 
        che l'inammissibilita' e'  eccepita  sotto  due  profili:  in
primo luogo perche' non vi  sarebbe  motivazione  sull'applicabilita'
della denunciata disposizione al caso in  esame;  in  secondo  luogo,
perche' non sarebbe motivato l'implicito assunto che, sempre nel caso
concreto, la comunicazione dell'esito della liquidazione e' dovuta  a
pena di nullita'; 
        che, sotto il primo profilo, la difesa  dello  Stato  osserva
che la suddetta comunicazione e' prevista dalla legge  al  dichiarato
fine di «evitare la reiterazione  di  errori»  e  di  «consentire  la
regolarizzazione  degli  aspetti  formali»   (finalita'   specificata
dall'art. 13 del d.lgs. n. 241 del 1997, in applicazione del criterio
stabilito dall'art. 3, comma 134, lettera d), numero 2,  della  legge
di delegazione del 23 dicembre  1996,  n.  662,  recante  «Misure  di
razionalizzazione della finanza pubblica»); 
        che,  poiche'  tale  finalita'  non  puo'  essere  perseguita
nell'ipotesi di tassazione separata, quale quella di specie,  in  cui
non v'e' pericolo di  reiterazione  di  errori  ne'  vi  sono  errori
formali da correggere, occorre ritenere - prosegue l'Avvocatura dello
Stato  -  che  in  detta  ipotesi  non  sussiste  alcun  obbligo   di
comunicazione  e  che  e'  irrilevante,  pertanto,   il   fatto   che
l'amministrazione finanziaria  abbia  deciso,  in  base  ad  una  sua
discrezionale ed incensurabile valutazione, di inviare ugualmente  al
sostituto d'imposta la non dovuta comunicazione; 
        che comunque, quale secondo profilo di  inammissibilita',  il
Presidente del Consiglio dei ministri deduce che, in  relazione  alla
normativa applicabile ratione temporis (cioe' nel 2003, anno  in  cui
venne emessa la cartella di pagamento impugnata dal contribuente), la
comunicazione dell'esito della liquidazione della tassazione separata
non era prevista a  pena  di  nullita',  perche'  nella  specie,  non
essendo necessari chiarimenti ne' documenti, non  ricorrevano  quelle
«incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» che - ai  sensi
del  comma  5  dell'art.  6  della  legge  27  luglio  2000,  n.  212
(Disposizioni in materia di statuto dei diritti del  contribuente)  -
impongono all'amministrazione finanziaria, a pena di nullita' e prima
di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalle liquidazioni  di
tributi risultanti da dichiarazioni, di invitare  il  contribuente  a
fornire i chiarimenti necessari od a produrre i documenti mancanti; 
        che   l'infondatezza    della    questione    e'    affermata
dall'Avvocatura generale sul doppio rilievo che: a) la previsione  di
una comunicazione da inviare in via alternativa al  sostituto  od  al
sostituito d'imposta e'  giustificata  dalla  necessita'  di  rendere
edotto dei risultati della verifica il soggetto la cui  dichiarazione
e'  stata  oggetto  di  controllo  (nella  specie,  la  dichiarazione
proveniva dal sostituto d'imposta); b) la disposizione denunciata non
puo' ritenersi viziata da irragionevolezza per il solo fatto  che  la
scelta  di  imporre  all'amministrazione  finanziaria  l'obbligo   di
inviare la comunicazione ad entrambi i soggetti (sostituto  d'imposta
e sostituito) sarebbe stata «forse [...] piu' opportuna». 
    Considerato che la Corte di cassazione dubita - in riferimento al
principio di ragionevolezza espresso dall'art. 3 della Costituzione -
della legittimita' dell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973,  n.
600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi) [rectius: del  comma  3,  primo  periodo,  del  citato  art.
36-bis, nel testo risultante dall'art. 13 del d.lgs. 9  luglio  1997,
n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti  dei  contribuenti
in sede di  dichiarazione  dei  redditi  e  dell'imposta  sul  valore
aggiunto, nonche' di modernizzazione del sistema  di  gestione  delle
dichiarazioni), e  successive  modificazioni],  nella  parte  in  cui
dispone che, «Quando dai  controlli  automatici  eseguiti  emerge  un
risultato diverso rispetto  a  quello  indicato  nella  dichiarazione
[...], l'esito della liquidazione e' comunicato al contribuente o  al
sostituto d'imposta per evitare  la  reiterazione  di  errori  e  per
consentire la regolarizzazione degli aspetti formali», e cioe'  nella
parte in cui prevede l'obbligo per l'amministrazione  finanziaria  di
comunicare alternativamente al sostituto d'imposta od  al  sostituito
l'esito della liquidazione; 
        che,  per  il  rimettente,  tale  disposizione  si  pone   in
contrasto   con   l'evocato   parametro,   perche'   e'    «oltremodo
irragionevole  consentire  -  una  volta   affermato   l'obbligo   di
comunicazione preventiva dell'esito del  controllo  [...]  -  che  la
comunicazione stessa e  la  ricezione  della  cartella  di  pagamento
riguardino soggetti diversi» e, in  particolare,  che  il  sostituito
d'imposta, «direttamente interessato a  conoscere  le  ragioni  della
pretesa creditoria», non venga «posto  preventivamente  in  grado  di
ovviare a eventuali errori nella liquidazione [...] o  di  comunicare
elementi  utili  alla  corretta  valutazione  dei  dati  resi   nella
dichiarazione»; 
        che la questione -  come  eccepito  dall'Avvocatura  generale
dello Stato - e' manifestamente inammissibile per omessa  motivazione
sulla rilevanza; 
        che, infatti, il giudice a quo non  descrive  la  fattispecie
oggetto di giudizio e non indica le  conseguenze  che  deriverebbero,
nel caso sottoposto al suo  esame,  dalla  mancata  comunicazione  al
contribuente  dell'esito  della  liquidazione   effettuata   mediante
controlli automatici; 
        che, in particolare, il  rimettente  non  precisa  se,  nella
specie, sia emerso da detti controlli un risultato diverso rispetto a
quello indicato dal sostituto d'imposta nella dichiarazione  relativa
alle ritenute effettuate (situazione, questa,  che  la  legge  indica
come uno dei presupposti dell'obbligo di  inviare  la  comunicazione)
oppure se sia stato riscontrato solo  l'omesso  versamento  di  dette
ritenute; 
        che, inoltre, il giudice a quo non  chiarisce,  in  punto  di
fatto, se l'effettuazione della comunicazione (anche) al contribuente
avrebbe potuto soddisfare le finalita' previste  dal  censurato  art.
36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973  di  «evitare  la  reiterazione  di
errori e [...] consentire la regolarizzazione degli aspetti formali»; 
        che il giudice a quo non  fa  cenno  alcuno,  altresi',  alle
ragioni  per  le  quali  il   mancato   invio   della   comunicazione
alternativamente al contribuente od al  sostituto  d'imposta  darebbe
luogo  non  ad  una  mera  irregolarita',  ma  all'invalidita'  della
cartella di pagamento, e cioe' ad  un  vizio  tale  da  rendere  tale
omissione rilevante per la decisione del giudizio principale; 
        che, al riguardo, il medesimo giudice non  specifica  neppure
se, nella specie, ricorrano le condizioni per applicare  il  comma  5
dell'art. 6 della legge 27  luglio  2000,  n.  212  (Disposizioni  in
materia di  statuto  dei  diritti  del  contribuente),  secondo  cui,
«qualora   sussistano   incertezze   su   aspetti   rilevanti   della
dichiarazione», l'amministrazione finanziaria, a pena di  nullita'  e
prima  di  procedere  alle  iscrizioni  a   ruolo   derivanti   dalle
liquidazioni di tributi risultanti da dichiarazioni, deve invitare il
contribuente a  fornire  i  chiarimenti  necessari  o  a  produrre  i
documenti mancanti; 
        che  tali  lacune  nella   descrizione   della   fattispecie,
unitamente alla mancata individuazione delle ragioni  di  invalidita'
della cartella emessa ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del
1973, nel caso in cui questa non sia  preceduta  dalla  comunicazione
dell'esito della liquidazione, rendono  non  motivata  l'affermazione
del rimettente circa l'evidenza del «carattere decisivo e di assoluta
rilevanza» della sollevata questione. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.