Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  1-quater,
14-bis, comma 13, lettera c), 15, comma 3, lettera d), 16-bis,  comma
7, lettera a), 17-ter, comma 4, lettere b) e c),  della  legge  della
Regione siciliana  20  marzo  1951,  n.  29  (Elezione  dei  Deputati
all'Assemblea   regionale   siciliana),   promosso   dal    Tribunale
amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania,
nel procedimento vertente tra Pignataro Maria Catena Rita e l'Ufficio
centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Catania ed altro con
ordinanza del 2  novembre  2010,  iscritta  al  n.  87  del  registro
ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 22, 1ª serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di intervento della Regione siciliana; 
    Udito nella camera di consiglio del 5  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  per   la
Sicilia, sezione staccata di Catania - chiamato a pronunciarsi  sulla
domanda  risarcitoria,  proposta  dalla  ricorrente   nei   confronti
dell'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Catania
e dell'Ufficio  centrale  regionale  presso  la  Corte  d'appello  di
Palermo, in ragione della  dedotta  illegittimita'  della  esclusione
quale candidata di lista, nella circoscrizione elettorale di Catania,
all'elezione dell'Assemblea  regionale  siciliana  e  del  Presidente
della Regione, fissate per i giorni 13 e 14 aprile 2008,  pronunciata
«poiche' iscritta nelle liste elettorali del  Comune  di  Casale  sul
Sile (TV), ubicato fuori dal territorio della Regione Sicilia» -, con
ordinanza emessa il  2  novembre  2010,  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale degli articoli  1-quater,  14-bis,  comma
13, lettera c), 15, comma 3, lettera d), 16-bis, comma 7, lettera a),
17-ter, comma 4, lettere b) e c), della legge della Regione siciliana
20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati  all'Assemblea  regionale
siciliana), per contrasto con gli articoli 2, 3 e  51,  primo  comma,
della Costituzione; 
        che - premesso,  in  fatto,  di  avere  sollevato  in  merito
questione di pregiudizialita' comunitaria, in ordine  alla  quale  la
Corte di giustizia CE (ordinanza 26  marzo  2009,  C-535/08),  si  e'
ritenuta   incompetente,   affermando   l'insussistenza    di    ogni
collegamento  fra  la  situazione  della   ricorrente   nella   causa
principale  e  una  qualsiasi  delle  situazioni  considerate   dalle
disposizioni del Trattato, in particolare dagli artt. 17 e  18  -  il
rimettente pregiudizialmente ribadisce la sussistenza  della  propria
giurisdizione nel giudizio a quo in base ai  principi  sanciti  dalla
decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del  24
novembre 2005, sull'assunto che «l'atto con il quale  la  lesione  e'
stata prodotta [alla ricorrente] rientra nel novero delle  operazioni
elettorali»; 
        che, essendo stato riassunto il  ricorso  «ai  soli  fini  di
ottenere il risarcimento del danno per l'illegittima esclusione dalla
competizione elettorale in  applicazione  di  una  norma  che  [parte
ricorrente]  ritiene  incostituzionale  sotto  diversi  profili»,  il
rimettente, in termini di rilevanza, afferma che («essendo il ricorso
finalizzato esclusivamente  al  risarcimento  del  danno  conseguente
all'esclusione dalla competizione elettorale») «solo dopo la verifica
della conformita' alla Costituzione  della  normativa  in  base  alla
quale l'esclusione e' stata  disposta  (e  segnatamente  ai  principi
contenuti negli artt. 2, 3 e 51 Cost.) sara' possibile scrutinare  la
fondatezza della pretesa risarcitoria»; 
        che, nel merito, il Collegio rimettente ritiene che le  norme
censurate  -  nella  parte  in  cui  «sostanzialmente  escludono  che
cittadini non residenti in Sicilia possano partecipare alle  elezioni
dell'Assemblea Regionale Siciliana e del Presidente della Regione»  -
si  pongano  in  contrasto  con  gli  articoli  2,  3  e   51   della
Costituzione, che riconoscono e  garantiscono  a  ogni  cittadino  il
libero accesso alle cariche elettive, in  condizioni  di  uguaglianza
sostanziale su tutto il territorio nazionale, giacche' la limitazione
dell'elettorato  passivo  basato  esclusivamente  sul  mero  criterio
territoriale  della  residenza   determina   una   notevole   e   non
giustificata  compressione  del  diritto  politico  fondamentale   di
elettorato passivo riconosciuto ad ogni  cittadino  con  i  caratteri
dell'inviolabilita'; 
        che - in assenza di  un'espressa  previsione  statutaria  che
consenta di derogare all'art. 51 Cost. (laddove anzi l'art.  3  dello
statuto siciliano dispone espressamente che la legge  elettorale  per
l'Assemblea regionale siciliana sia «in armonia con la Costituzione e
[con] i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica»)  -  il
giudice  a  quo  rileva  che  la  suddetta  limitazione  non  sarebbe
validamente motivata «da alcuna  ragione  idonea  a  giustificare  il
trattamento differenziato del "cittadino  siciliano",  il  quale,  di
conseguenza, sarebbe anche penalizzato sotto l'aspetto della liberta'
di circolazione sul territorio  nazionale,  poiche'  le  disposizioni
censurate, restringendo il diritto  di  elettorato  passivo  ai  soli
residenti nella Regione siciliana, limitano, di fatto, la liberta' di
circolazione dei lavoratori siciliani, inducendoli a non  trasferirsi
altrove per non perdere la  possibilita'  di  esercitare  il  diritto
fondamentale di partecipazione politica»; 
        che e' intervenuta la Regione siciliana, che ha concluso  per
la declaratoria di inammissibilita' o, comunque,  di  non  fondatezza
della sollevata questione, eccependo preliminarmente  il  difetto  di
giurisdizione del t.a.r. adito, l'omessa  indicazione  dei  parametri
statutari che sarebbero stati violati  e  l'irrilevanza  per  mancato
accertamento dell'effettiva sussistenza del diritto al risarcimento e
di conseguenza della necessita' di applicazione delle norme regionali
denunciate; 
        che, nel merito, la Regione osserva che e' solo apodittico il
riferimento alla violazione del parametro dell'art. 2  Cost.  e  che,
quanto alla asserita violazione degli artt. 3 e 51 Cost., il semplice
confronto fra la normativa regionale in esame e  quella  delle  altre
Regioni a statuto speciale rivela che anche queste  ultime  prevedono
identiche limitazioni territoriali al diritto di  elettorato  passivo
con riguardo al requisito  della  residenza  per  l'iscrizione  nelle
liste per le elezioni ai Consigli regionali; e  che  d'altronde  tali
limitazioni, proprio con riferimento alla medesima  legge  elettorale
della Regione siciliana oggetto del  presente  scrutinio,  sono  gia'
state ritenute da questa Corte compatibili con gli  evocati  precetti
costituzionali nella sentenza n. 20 del 1985. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Sicilia,  sezione  staccata  di   Catania,   solleva   questione   di
legittimita' costituzionale degli articoli  1-quater,  14-bis,  comma
13, lettera c), 15, comma 3, lettera d), 16-bis, comma 7, lettera a),
17-ter, comma 4, lettere b) e c), della legge della Regione siciliana
20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati  all'Assemblea  regionale
siciliana),  nella  parte  in  cui  «sostanzialmente  escludono   che
cittadini non residenti in Sicilia possano partecipare elle  elezioni
dell'Assemblea Regionale Siciliana e del Presidente della Regione»; 
        che, a giudizio del rimettente, le norme censurate si pongono
in contrasto  con  gli  articoli  2,  3  e  51,  primo  comma,  della
Costituzione, giacche' la limitazione dell'elettorato passivo  basato
esclusivamente sul mero criterio territoriale della residenza  (senza
alcuna valida ragione in  ordine  al  trattamento  differenziato  del
«cittadino siciliano») determina  una  notevole  e  non  giustificata
compressione del diritto politico fondamentale di elettorato  passivo
riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell'inviolabilita'; 
        che la Regione siciliana  ha  preliminarmente  eccepito  (tra
l'altro) l'inammissibilita' della sollevata questione per difetto  di
giurisdizione  del  t.a.r.,   giacche'   le   situazioni   giuridiche
soggettive  che  vengono  in  rilievo  nel  procedimento   elettorale
preparatorio devono essere sottoposte  alla  cognizione  del  giudice
ordinario; 
        che l'eccezione e' fondata; 
        che  il  rimettente  -  dato  atto  che,  a   seguito   della
restituzione degli atti dalla Corte di giustizia, il giudizio  a  quo
e' stato riassunto dalla ricorrente, «ai soli  fini  di  ottenere  il
risarcimento   del   danno   per   l'illegittima   esclusione   dalla
competizione elettorale in applicazione  di  una  norma  che  ritiene
incostituzionale» - si limita a sostenere la sussistenza nella specie
della giurisdizione del giudice amministrativo sull'assunto  che,  se
pure la ricorrente «lamenta che con la propria  esclusione  e'  stato
leso il proprio diritto di elettorato passivo, l'atto con il quale la
lesione  e'  stata  prodotta  rientra  nel  novero  delle  operazioni
elettorali, in ordine alle quali la cognizione sulle liti  spetta  al
giudice  amministrativo  (Consiglio  di  Stato,  Adunanza   plenaria,
decisione n. 10 del 2005) anche sotto il profilo risarcitorio»; 
        che,  al  di  la'  del  carattere  apodittico  di  una   tale
argomentazione,  questa  Corte  rileva,  in  primo  luogo,   che   il
rimettente  equivoca  le  affermazioni  contenute  nella   richiamata
decisione dell'Adunanza plenaria n. 10 del 2005, la quale - lungi dal
derogare  al  consolidato  orientamento  in  materia  di  riparto  di
giurisdizione sul contenzioso elettorale  amministrativo  -  si  pone
integralmente nel solco del costante  orientamento  giurisprudenziale
(di  cui  vengono  espressamente  citati  i  precedenti  conformi  di
Cassazione, Sezioni unite, sentenze n. 11646 del 2003,  n.  3601  del
2003 e n. 717 del 2002; Consiglio di Stato, Sezione V,  decisione  n.
5695 del 2001) che individua la spettanza al giudice ordinario  della
cognizione  delle  controversie  concernenti  l'ineleggibilita',   la
decadenza e l'incompatibilita' (ossia quelle relative alla tutela del
diritto di elettorato passivo), e devolve al  giudice  amministrativo
le controversie riguardanti  le  operazioni  elettorali  (Cassazione,
Sezioni unite, sentenza n. 1459 del 1992),  considerate  non  per  il
risultato in se', ossia per l'incidenza sul diritto di  eleggibilita'
del candidato, ma solo per le modalita' di svolgimento  delle  stesse
in conformita' alla disciplina legale (Cassazione, Sezioni unite,  n.
2854 del 1992); 
        che, peraltro, tale consolidato criterio di riparto non trova
limitazioni  o  deroghe  per  il  caso  in  cui   la   questione   di
eleggibilita'   venga   introdotta    mediante    impugnazione    del
provvedimento di convalida degli eletti o dell'atto di  proclamazione
o di quello di  decadenza,  atteso  che  anche  in  tali  ipotesi  la
decisione verte non sull'annullamento  dell'atto  amministrativo,  ma
sul diritto soggettivo  perfetto  inerente  all'elettorato  attivo  o
passivo (Cassazione, Sezioni unite, sentenze n. 23682 del 2009  e  n.
22640 del 2007); 
        che e' evidente -  come  d'altronde  affermato  ripetutamente
dallo stesso rimettente, che fonda le censure di  incostituzionalita'
proprio sull'assunto della lesivita' delle norme  impugnate  rispetto
al diritto fondamentale inviolabile  di  elettorato  passivo  -  che,
nella specie, il petitum sostanziale azionato (che  va  identificato,
non solo e non tanto in  base  alla  concreta  statuizione  meramente
risarcitoria richiesta dopo la riassunzione del giudizio, ma anche  e
soprattutto in funzione  della  sottostante  causa  petendi,  fondata
sulla specifica natura della posizione giuridica dedotta in giudizio)
sia individuabile nella domanda di riconoscimento  e  di  tutela  del
diritto   politico   della   ricorrente,   nella    sua    espansione
tendenzialmente piena, attraverso la dichiarazione di  illegittimita'
delle norme impugnate che escludono la candidabilita'  alle  elezioni
regionali dei cittadini non residenti in Sicilia; 
        che, dunque - al di la'  del  carattere  meramente  assertivo
(inidoneo persino a superare la  soglia  della  non  implausibilita')
delle  argomentazioni  poste  a  sostegno   dell'affermazione   della
sussistenza della giurisdizione in  capo  al  giudice  amministrativo
sulla  controversia  de  qua  -  il  difetto  di  giurisdizione   del
rimettente emerge ictu oculi in modo macroscopico (sentenze n. 81 del
2010 e n. 241 del 2008); 
        che, in presenza di siffatto profilo assorbente, la sollevata
questione  e'  irrilevante  e  quindi  va  dichiarata  manifestamente
inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.