IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1579 del 2010, proposto da: LAV - Lega Antivivisezione, Onlus Ente Morale, Lega per l'abolizione della caccia - L.A.C. Onlus, Ente Nazionale Protezioni Animali - E.N. P.A. - Onlus, Associazione Italiana World Wide Fund For Nature - WWF Onlus Ong, Lega Italiana Protezione degli uccelli - LIPU Onlus, Legambiente Onlus, Animalisti Italiani Onlus, in persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., rappresentate e difese dall'avv. Valentina Stefutti, con domicilio eletto presso Barbara Vannucci in Firenze, via Scialoia 67; contro Provincia di Firenze, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difeso dagli avv. Francesca De Santis, Stefania Gualtieri, Elena Possenti, domiciliata elettivamente, presso le medesime, in Firenze, via de'Ginori 10; Regione Toscana, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Silvia Fantappie', con domicilio eletto presso la medesima, in Firenze, piazza dell'Unita' Italiana 1; nei confronti di EPS - Ente Produttori Selvaggina, Azienda Faunistico Venatoria Galiga s.n.c., in persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., rappresentati e difesi dall'avv. Vittorio Chierroni, con domicilio eletto presso lo studio legale Lessona, in Firenze, via dei Rondinelli 2; e con l'intervento di ad opponendum: Unione Provinciale degli Agricoltori di Firenze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Vittorio Chierroni, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Firenze, via dei Rondinelli 2; per l'annullamento, previa sospensione, della DGP 13 luglio 2010 n. 125, avente ad oggetto "Approvazione del calendario venatorio per la stagione venatoria 2010-11" (doc. 1) nonche' di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorche' non conosciuto, e con espressa riserva di formulare sin d'ora motivi aggiunti. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Firenze, della Regione Toscana e dell'Ente Produttori Selvaggina e dell'Azienda Faunistico Venatoria Galiga, nonche' l'atto di intervento ad opponendum dell'Unione Provinciale degli Agricoltori di Firenze; Relatore all'udienza pubblica del 3 maggio 2011 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; In attuazione della legge n. 157/1992 (ora modificata dall'art. 42 della 1. 4 giugno 2010, n. 96), la Regione Toscana emanava la l. reg. 10 gennaio 1994, n. 3 recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», il cui art. 4 attribuisce alla regione stessa funzioni di indirizzo, coordinamento, controllo e programmazione, mentre il successivo art. 5 riserva alle Province, le funzioni amministrative diverse da quelle di cui al precedente articolo, ivi compresa la vigilanza e il controllo delle relative attivita', nonche' l'applicazione delle sanzioni amministrative e la realizzazione del piano provinciale. In particolare, l'art. 30 della predetta legge regionale affida al Consiglio regionale la competenza all'approvazione del calendario venatorio regionale, sentito l'I.N.F.S. - Istituto nazionale della fauna selvatica - (ora ISPRA - Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale). Peraltro, con la 1. reg. n. 20 del 10 giugno 2002 la Regione stabiliva di formare il calendario venatorio non con un provvedimento amministrativo, ma attraverso un atto avente forza di legge sganciato dal riferimento ad un arco temporale proprio del provvedimento amministrativo annuale, lasciando alle province la possibilita' di definire, entro i limiti stabiliti dalla regione, variazioni concernenti soprattutto l'intervallo temporale entro il quale ciascuna specie puo' essere cacciata. Con deliberazione di Giunta n. 125 del 13 luglio 2010 la Provincia di Firenze ha approvato, in ambito provinciale, il calendario per la stagione venatoria 2010-11. Le associazioni in intestazione hanno impugnato tale provvedimento chiedendone l'annullamento, previa sospensione, e deducendo, tra l'altro, la plurima illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della 1. reg. n. 20 del 2002, come modificato dalla l. reg. 3 febbraio 2010, n. 3. Con sentenza parziale, su decisione contestuale emessa alla medesima Camera di consiglio, sono state respinte le eccezioni di improcedibilita' e inammissibilita' del gravame avanzate dalla Provincia di Firenze ed e' stato sospeso il giudizio dovendo il Collegio sollevare a questione di costituzionalita' di cui alla presente ordinanza. In particolare, con riferimento all'asserita carenza di interesse argomentata con riferimento al fatto che, in caso di annullamento dell'atto impugnato, l'attivita' venatoria verrebbe ad essere regolata direttamente dalla legge provvedimento con cui la Regione ha disciplinato normativamente il calendario della caccia e cio' avverrebbe i termini derogatori e certamente piu' ampi rispetto alla deliberazione impugnata, percio' incidendo sfavorevolmente sull'interesse che le associazioni ricorrenti si propongono di tutelare, il Collegio ha osservato che, volendo aderire alla tesi proposta, si finirebbe con l'impedire agli interessati ogni tutela giurisdizionale posto che ogni atto amministrativo emanato in materia dalle province sconterebbe il medesimo limite rilevato nella circostanza dall'Amministrazione in ragione dall'esistenza della legge regionale che, approntando ogni anno il calendario venatorio, diverrebbe cosi' il vero atto idoneo ad incidere sul bene della vita che i ricorrenti assumono leso. Tale argomentazione, peraltro, apre la via all'affermazione della rilevanza della proposta questione di legittimita' costituzionale sia perche', in definitiva, e' la legge regionale contestata che incide direttamente sull'interesse dedotto in causa, sia perche' l'eventuale pronuncia favorevole eliderebbe in radice i presupposti normativi del potere esercitato dalle Amministrazioni intimate. In ordine alla possibilita' di sollevare direttamente la questione di legittimita' costituzionale di una legge provvedimento il Collegio osserva che lo strumento della legge provvedimento non e' considerato di per se' illegittimo dalla giurisprudenza della Corte, salvo nei casi in cui incida sull'eventuale giudicato formatosi sulla questione (ex multis, sent. 15 dicembre 2010 n. 254), e cio' sul presupposto dell'insussistenza di una riserva di amministrazione e dell'inconfigurabilita', per il Legislatore, di limiti diversi da quelli formali dell'osservanza del procedimento di formazione delle leggi (Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 2004, n. 6729). In proposito la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che i diritti di difesa del cittadino, in caso di approvazione con legge di un atto amministrativo lesivo dei suoi interessi, non vengono sacrificati, ma si trasferiscono, secondo il regime di controllo proprio del provvedimento normativo medio tempore intervenuto, dalla giurisdizione amministrativa alla giustizia costituzionale (Corte cost. 16 febbraio 1993, n. 62). Nondimeno, in una fattispecie riconducibile a quella in esame perche' sostanzialmente elusiva della necessita' che l'atto amministrativo sia preceduto da una adeguata valutazione istruttoria che, evidentemente, la legge provvedimento da' per acquisita una volta per tutte, si e' ritenuto illegittimo l'utilizzo dello strumento della legge provvedimento (Corte cost., 26 febbraio 2010, n. 67). Nello stesso senso, valorizzando la contraddizione tra l'uso della legge provvedimento e la necessita' della verifica, anno per anno, della sussistenza di una effettiva lesione alla tutela della fauna selvatica, la Corte cost., con sentenza 4 luglio 2008, n. 250 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di alcuni articoli della legge reg. della Lombardia. 5 febbraio 2007 n. 2. E cio', anche in relazione all'esistenza di un ulteriore profilo di illegittimita' consistente nel fatto che "l'autorizzazione del prelievo in deroga con legge preclude l'esercizio del potere di annullamento da parte del Presidente del Consiglio dei ministri dei provvedimenti derogatori adottati dalle Regioni che risultino in contrasto con la direttiva comunitaria 79/409/ CEE e con la legge n. 157 del 1992; potere di annullamento finalizzato a garantire una uniforme ed adeguata protezione della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale". Tanto premesso, il Collegio e' dell'avviso che, ritenuta per le ragioni esposte la rilevanza della questione, stante la perduranza degli effetti della legge regionale in materia istruttoria e di regime delle specie cacciabili e dei tempi di caccia in Toscana, non necessitante per la sua applicazione dell'intermediazione dell'annuale provvedimento provinciale, non sia manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale delle norme della 1. reg. Toscana impugnate per i motivi di seguito esposti. Occorre premettere che, secondo l'art. 1 della 1. n. 157/1992, "La fauna selvatica e' patrimonio indisponibile dello Stato ed e' tutelata nell'interesse della comunita' nazionale ed internazionale". Le regioni a statuto ordinario, soggiunge il comma 3, "provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformita' alla presente legge, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie". Come condivisibilmente osservato daile parti ricorrenti, il Legislatore nazionale ha cosi' inteso individuare un punto di equilibrio tra il primario obiettivo di salvaguardare il patrimonio faunistico nazionale e l'esercizio dell'attivita' venatoria (definita in termini di concessione dall'art. 10 della legge citata), anche attraverso adeguati standard di programmazione di' quest'ultima. Ne segue che spetta alla normativa statale la fissazione di un livello minimo di tutela della fauna il cui soddisfacimento e' riservato dall'art. 117 comma 2 lett. s), cost. alla competenza esclusiva dello Stato, di talche' l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' venatoria in periodi diversi da quelli previsti dall'art. 18 comma 1 1. n. 157 del 1992, deve comunque ritenersi subordinata alla integrale applicazione della disciplina dettata dal secondo comma del medesimo articolo (Corte cost., 21 ottobre 2005, n. 393). In termini generali, percio', il comma 4 del citato art. 1, 1. n. 157/1992 dispone che "le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, pubblicano, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario regionale e il regolamento relativi all'intera annata venatoria, nel rispetto di quanto stabilito ai commi 1, 2 e 3, e con l'indicazione del numero massimo di capi da abbattere in ciascuna giornata di attivita' venatoria". L'affermazione e' ribadita e specificata dall'art. 19, co. 1, della 1. n. 157 secondo cui "le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamita'". Ne risulta, inequivocabilmente, che alle regioni e' attribuito il potere di modificare, in meglio, il contenuto delle disposizioni recate dalla normativa statale nei limiti temporali e giuntativi fissati da quest'ultima, ovvero assicurando un livello di tutela piu' elevato. Non solo, ma per quanto attiene ai termini entro i quali e' autorizzabile l'esercizio dell'attivita' venatoria, le deroghe sono consentite, ex art. 18, co. 3, 1. n. 157/1992, solo previa acquisizione del parere dell'ISPRA - Istituto superiore per la protezione la ricerca ambientale - (in luogo del soppresso Istituto nazionale per la fauna selvatica) al quale le regioni sono tenute ad uniformarsi. Dalle suddette considerazioni scaturisce un primo profilo di illegittimita' relativa all'art. 7 della 1. reg. toscana n. 20/2002 per violazione dell'art. 117, 2° co., lett. s) Cost., nella parte in cui, in difformita' da quanto stabilito dall'art. 18, co. 4, della 1. n. 157/1992, non prevede che la redazione del calendario venatorio regionale (e provinciale), sia per quanto attiene ai periodi che alle specie cacciabili, sia preceduta dall'acquisizione del parere dell'ISPRA. Ne', al fine di elidere la suddetta censura, puo' opporsi la considerazione difensiva svolta dalla Regione Toscana secondo cui il parere dell'ISPRA sarebbe stato acquisto prima della emanazione del calendario venatorio in forza di quanto disposto dall'art. 30, co. 1, della 1. reg. n. 3/1994 secondo cui' "La Giunta regionale, sentito l'INFS, propone al Consiglio regionale l'approvazione del Calendario venatorio". In primo luogo potrebbe dubitarsi della stessa legittimita' dell'utilizzo, nella circostanza, da parte della Regione, dello strumento della legge provvedimento, tenuto conto che l'art. 10 della 1. n. 157/92 pare attribuire alla regioni esclusivamente "funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria". Tuttavia, anche a prescindere da tale questione, ed anche a non voler considerare che la norma invocata appare riferirsi ad un'attivita' programmatoria amministrativa e non legislativa della regione, non vi e' chi non veda che il parere in questione puo' essere stato acquisito, una volta per tutte, solo prima dell'approvazione della legge, nel mentre la norma statale prevede che esso sia sollecitato e preventivamente ottenuto in relazione all'annuale redazione del calendario venatorio. E' cio' per l'evidente ragione che la funzione svolta dal preventivo parere dell'ISPRA e' proprio quella di aggiornare, sul piano istruttorio, le conoscenze in merito alla concreta situazione e consistenza di ciascuna specie cacciabile nell'ambito territoriale considerato, in difetto di che si tramuterebbe in un inefficace adempimento di natura meramente formale. D'altro canto gia' la Corte ha avuto modo di affermare in proposito l'illegittimita' costituzionale di norme regionali che non prevedevano l'obbligatorieta' del parere dell'INFS (ora ISPRA), preliminare all'adozione di provvedimenti sulla regolazione della caccia, ritenendo che tale previsione (codificata dal comma 4 dell'art. 18 1. n. 157 del 1992) integri "una prescrizione di grande riforma economico-sociale" la cui acquisizione "appare indispensabile per la formazione di un atto nel quale deve essere garantito il rispetto di standards di tutela uniforme che devono valere nell'intero territorio nazionale" (Corte cost., 4 luglio 2003, n. 227; id., 12 gennaio 2000, n. 4). Un ulteriore profilo di illegittimita' si rileva con riferimento all'art. 7, co. 5, della 1. reg. n. 20/2002 (come sostituito dall'art. 7 della 1. reg. 3 febbraio 2010, n. 3), secondo cui "Dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio e' consentita la caccia al cinghiale, anche in caso di terreno coperto da neve, secondo le modalita' stabilite dal regolamento regionale. Le province definiscono le zone, i periodi ed i giorni di caccia". Analoga disposizione, relativamente alle popolazioni di capriolo, daino, muflone e cervo (ossia agli altri ungulati presenti nel territorio regionale), in ordine alla possibilita' di prelievo anche nel caso di terreno innevato. La norma si pone in contrasto con la legge n. 157 del 1992 incidendo, come si e' detto, sulla potesta' legislativa esclusiva riservata in materia allo Stato dall'art. 117, 2° comma, lett. s) della Costituzione, atteso che l'art. 21, co. 1, lett. m) impone il divieto di caccia "su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi...", evidentemente al fine di innalzare il livello di tutela di quella specie animale e percio' escludendo che la caccia possa svolgersi in periodi in cui le condizioni del terreno la rendono piu' vulnerabile ed esposta. Invero, e' stato rilevato dal Giudice delle leggi, che la disciplina statale che delimita il periodo venatorio si inserisce in un contesto normativo comunitario e internazionale rivolto alla tutela della fauna che intende garantire il sistema ecologico nel suo complesso, proponendosi come "standard di tutela uniforme che deve essere rispettato nell'intera territorio nazionale, ivi compreso quello delle Regioni a statuto speciale" (sentenza 20 dicembre 2002, n. 536) con la conseguenza che la normativa regionale che si discosti da quella nazionale introducendo, anche nelle modalita' di prelievo, criteri derogativi difformi in senso ampliativo e riduttivo della protezione della fauna selvatica, si pone in contrasto con il dettato costituzionale nei sensi gia' evidenziati. Ancora, il Collegio rileva la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, commi 5 e 6, della 1. reg. n. 20/2002, come modificato dall'art. 7 della 1. reg. 3 febbraio 2010, n. 3 nella parte in cui autorizza la caccia al cinghiale e agli altri ungulati oltre i limiti temporali fissati dall'art. 18 della 1. n. 157/1992. Quest'ultima norma al comma 1, lett. c) e d) stabilisce, infatti che le specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre sono, tra l'altro: "...camoscio alpino; capriolo; cervo; daino; muflone..." e dal 1° ottobre al 31 dicembre, o dal 1° novembre al 31 gennaio, il cinghiale. Il comma 2 dello stesso articolo precisa, poi, che "I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realta' territoriali. Le regioni autorizzano le modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. I termini devono essere comunque contenuti tra il 1° settembre ed il 31 gennaio dell'anno nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1....La stessa disciplina si applica anche per la caccia di selezione degli ungulati, sulla base di piani di abbattimento selettivi approvati dalle regioni; la caccia di selezione agli ungulati puo' essere autorizzata a far tempo dal 1° agosto nel rispetto dell'arco temporale di cui al comma 1". Una piana lettura delle norme appena riportate consente di pervenire alla conclusione che, mentre e' facolta' delle regioni differenziare il termine di inizio e conclusione della caccia alle specie sopra richiamate, non e' ad esse consentito di ampliare in nessun modo l'intervallo temporale - tre mesi - nel quale tale attivita' e' permessa. In proposito e' sufficiente richiamare quanto gia' affermato da codesta Corte secondo cui la delimitazione temporale del prelievo venatorio disposta dall'art. 18 della legge n. 157 del 1992 e' da considerare come rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, corrispondendo quindi, sotto questo aspetto, all'esigenza di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema il cui soddisfacimento l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato, in particolare mediante la predisposizione di standard minimi di tutela della fauna. "In questo quadro prorogare la stagione venatoria oltre i termini previsti dalla legge statale equivale ad incidere sul nucleo minimo - comprensivo anche delle modalita' di caccia - di salvaguardia della fauna selvatica, violando cosi' uno standard di tutela uniforme valido per l'intero territorio nazionale e pertanto riservato alla competenza esclusiva dello Stato" (Corte cost., 15 ottobre 2003, n. 311; nello stesso senso 21 ottobre 2005, n. 391). Per contro la legge regionale toscana dispone (art. 7, co. 5), per quanto attiene al cinghiale, che la caccia e' consentita "dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio", "anche in caso di terreno coperto da neve, secondo le modalita' stabilite dal regolamento regionale". Si soggiunge, al comma 6, che "Nel rispetto delle indicazioni dei piani di cui all'articolo 30, comma 6, della lr. 3 /1994, le province predispongono, a partire dal 1° agosto fino al 15 marzo di ogni anno, forme di prelievo sulla base di piani di assestamento delle popolazioni di capriolo, daino, muflone e cervo.... Il prelievo puo' avvenire anche nel caso di terreno coperto da neve. Nei periodi l° agosto - terza domenica di settembre e 1° febbraio - 15 marzo il prelievo e' consentito per cinque giorni la settimana...". Dal che si ricava l'inosservanza dei termini fissati dalla legge dello Stato e la violazione della generale preclusione a dilatare i periodi in cui e' ammesso l'esercizio dell'attivita' venatoria (Corte cost. 4 luglio 2003, n. 227) e, per conseguenza, la non manifesta infondatezza della proposta dalle parti ricorrenti. Non puo' valere, ad elidere la rilevata illegittimita', la considerazione svolta dalla Provincia secondo cui nessun vulnus alla disciplina statuale deriverebbe dalla suddetta disposizione di legge attesa la piu' favorevole regolamentazione fissata dal provvedimento provinciale impugnato. Invero, deve al contrario osservarsi, da un lato che tale affermazione confligge con la sopra rammentata eccezione di difetto interesse delle parti ricorrenti motivata in relazione alla circostanza che la deliberazione provinciale introduce una disciplina di maggior rigore che verrebbe meno espandendosi gli effetti della legge regionale, dall'altro il potere esercitato dalla Provincia e' meramente attuativo di una disciplina regionale di riferimento la quale e' di per se' efficace e non abbisogna necessariamente di un atto applicativo. L'eventuale riduzione dei tempi accordati per il prelievo venatorio dalla deliberazione provinciale si atteggia, pertanto, come un evento contingente che non elimina il rilevato vizio di fondo della legge regionale. Da ultimo, il Collegio, condividendo l'assunto di parte ricorrente, ritiene non manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 28, co. 12, della l. reg. 12 gennaio 1994, n. 3, recepita dalla deliberazione di Giunta provinciale impugnata, il quale stabilisce che "Nelle aziende agrituristico venatorie non e' necessario il possesso del tesserino per l'esercizio dell'attivita' venatoria...". Tale disposizione si pone in evidente contrasto con l'art. 12, co. 12, della 1. n. 157/1992 secondo cui "Ai fini dell'esercizio dell'attivita' venatoria e' altresi' necessario il possesso di un apposito tesserino rilasciato dalla regione di residenza, ove sono indicate le specifiche norme inerenti il calendario regionale, nonche' le forme di cui al comma 5 e gli ambiti territoriali di caccia ove e' consentita l'attivita' venatoria.". E' opinione del Collegio, infatti che tale obbligo vada raccordato e trovi la sua ratio nel comma 1 dello stesso art. 12 per il quale "L'attivita' venatoria si svolge per una concessione che lo Stato rilascia ai cittadini che la richiedano e che posseggano i requisiti previsti dalla presente legge". Ne segue che una norma regionale che, escludendo tale adempimento, consenta l'esercizio della caccia, sia pure in ambiti limitati, anche in assenza del tesserino venatorio, finisca con l'attuare una sorta di liberalizzazione di tale attivita' ponendosi in contrasto con le finalita' di generale protezione delle specie animali non domestiche che devono valere nell'intero territorio nazionale costituendo elemento essenziale della stessa tutela dell'ambiente, riservata, come piu' volte si e' osservato, alla potesta' legislativa dello Stato, ex art. 117, co. 2°, lett. s) della Costituzione. In conclusione, appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della 1. reg. della Toscana n. 20 del 10 giugno 2002, con particolare riguardo all'art. 7, commi 5 e 6, e dell'art. 28, co. 12, 1. reg. della Toscana 12 gennaio 1994, n. 3, per violazione dell'art. 117, comma 2°, lett. s), della Costituzione. Gli atti devono, pertanto, essere trasmessi alla Corte costituzionale, con ogni conseguente statuizione.