IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 645 del 2011, proposto da: 
        Angeletti Cristina, Eleonora  Babudri,  Beatrice  Bergamasco,
Cristina Bertotti, Michele Bianchi,  Silvia  Bianchi,  Chiara  Ilaria
Bitozzi,  Luca  Boccuni,  Giuseppe  Bozza,  Bruno  Francesco   Bruni,
Giovanni Callegarin, Laura Cameli, Antonino Carlo Cappelleri,  Oreste
Carbone,  Savina  Caruso,  Bruno  Casciarri,  Irene  Casol,   Valeria
Castagna, Linalisa Cavallino, Paola Cazzola, Isabella  Cesari,  Renza
Cescon, Giovanni Francesco Cicero, Sabrina  Cicero,  Massimo  Coltro,
Antonella Coniglio, Giorgio Cozzarini, Maria Teresa Cusumano, Claudia
Dal Martello, Giulia Dal  Pos,  Ernesto  D'Amico,  Marcello  D'Amico,
Fabio D'Amore, Iuri De Biasi, Massimo De Bortoli, Antonio De Lorenzi,
Massimo De Luca, Silvio  De  Luca,  Barbara  De  Munari,  Antonio  De
Nicolo, Paola Di Francesco, Clarice Di Tullio, Sabrina Duo',  Manuela
Elburgo, Antonello Maria Fabbro, Manuela Farini, Elisa Fazzini, Guido
Federico, Silvia Ferrari, Raffaele Ferraro, Andrea Fidanzia, Federica
Fiorillo, Francesco Fontana, Adalgisa  Fraccon,  Giuliana  Franciosi,
Stefano Furlani, Antonella Galli, Massimo Galli, Giandomenico  Gallo,
Antonio  Gesumunno,  Lara   Ghermandi,   Umberto   Giacomelli,   Aldo
Giancotti,   Gianfranco   Gilardi,   Alessandro   Girardi,   Agatella
Giuffrida, Francesco Giuliano, Bruno Giurin, Luciano Gorra, Francesco
Rocco Lamagna, Barbara Lancieri, Annamaria Laneri, Pier Paolo  Lanni,
Giuseppe Limitone, Stefano Longhi, Deli  Luca,  Gianfranco  Mafferri,
Livia Magri, Silvio Maras,  Elisa  Mariani,  Licia  Consuelo  Marino,
Angelo Raffaele  Mascolo,  Antonio  Matano,  Paola  Matteucci,  Fabio
Moretti, Lucio Munaro, Sara  Natto,  Maria  Federica  Ormanni,  Marta
Paccagnella, Umberto Palma,  Clotilde  Parise,  Caterina  Passarelli,
Alessandra Maria Paulatti, Giovanni Maria Pavarin, Francesco  Saverio
Pavone, Daniela Perdibon, Luigi  Perina,  Francesco  Perrone,  Gianni
Pipeschi, Fernando Platania,  Marco  Rinaldi,  Angelo  Risi,  Michela
Rizzi, Silvia  Rizzuto,  Daniela  Ronzani,  Alina  Rossato,  Vittorio
Rossi,  Barbara  Sabattini,  Rossella   Salvati,   Valeria   Sanzani,
Francesco Sartorio, Enrico Schiavon,  Elisabetta  Scolozzi,  Vincenzo
Sgubbi,  Giuditta  Silvestrini,  Francesco   Spaccasassi,   Nicoletta
Stefanutti,  Gioacchino  Michele  Termini,  Roberto  Terzo,   Eugenia
Tommasi Di Vignano, Arturo Toppan, Francesca Torri, Anselmo  Tosatti,
Sergio Trentanovi, Maria  Tulumello,  Paola  Anna  Giuseppina  Vacca,
Massimo  Vaccari,  Priscilla  Valgimigli,  Umberto  Valle,   Giovanni
Valmassoi, Silvia Varotto, Innocenza Vono, Valeria  Zancan,  Giovanni
Zorzi, Liana Maria Teresa Zoso, rappresentati  e  difesi  dagli  avv.
Vittorio Angiolini, Marco Cuniberti, Mariagrazia Romeo, con domicilio
eletto presso Mariagrazia Romeo in Venezia, S. Croce, 205;  Antonella
Toniolo,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.  Vittorio  Angiolini,
Mariagrazia Romeo,  Marco  Cuniberti,  con  domicilio  eletto  presso
Mariagrazia Romeo in Venezia, S. Croce, 205; 
    Contro Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle
Finanze, Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentati  e
difesi dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Venezia, San  Marco,
63; 
    Per  l'accertamento  del  diritto  al   trattamento   retributivo
spettante senza tener conto della decurtazione di  cui  al  comma  22
dell'art. 9 del dl 31 marzo 2010 n. 78, come conv. con modif.  in  1.
30 luglio 2010 n. 122; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  della
Giustizia  e  di  Ministero  dell'Economia  e  delle  Finanze  e   di
Presidenza del Consiglio dei Ministri; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  4  novembre  2011  il
dott. Claudio Rovis e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale; 
    Premesso che i ricorrenti, tutti magistrati ordinari in  servizio
presso Uffici  giudiziari  ricompresi  nell'ambito  della  competenza
territoriale dell'adito Tribunale ed assoggettati,  in  quanto  tali,
alle   decurtazioni    del    trattamento    retributivo    derivanti
dall'applicazione delle disposizioni finanziarie contenute  nell'art.
9, XXII comma del DL 31 marzo 2010 n. 78 convertito con modificazioni
nella legge 30 luglio 2010 n. 122, hanno agito  in  giudizio  per  la
declaratoria di illegittimita' di dette  misure,  con  consequenziale
riconoscimento del diritto al trattamento retributivo spettante senza
tener  conto  delle  contestate  riduzioni,   all'uopo   prospettando
violazione e falsa applicazione di legge e lamentando,  altresi',  la
sospetta  illegittimita'  costituzionale   della   sopra   richiamata
normativa primaria; 
    che le Amministrazioni intimate si sono  costituite  in  giudizio
con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato  chiedendo  il  rigetto
del ricorso; 
    che la disciplina che si ricava dall'art. 9, XXI e XXII comma del
DL n. 78/2010 e' cosi' sintetizzabile: 
        per i magistrati, cosi' come per tutte le altre categorie del
personale non  contrattualizzato,  viene  introdotto  il  blocco  dei
"meccanismi di  adeguamento  retributivo",  la  cui  operativita'  e'
estesa sia a livello di acconto che a livello di conguaglio (e dunque
con  effetto  retroattivo);  per  i  soli  magistrati  (di  tutte  le
magistrature), a differenza delle altre categorie del  personale  non
contrattualizzato, sono salvaguardati i meccanismi  di  "progressione
automatica dello stipendio", ossia gli scatti di carriera; 
        nei confronti dei soli magistrati viene operata una riduzione
crescente  nel  tempo  dell'indennita'  giudiziaria  (ex  art.  3  L.
27/1981), come previsto dal secondo periodo del co. 22; 
        i magistrati subiscono poi il blocco di acconti  (anni  2011,
2012 e 2013) e conguagli (triennio 2010 - 2012); 
        vengono,  infine,  introdotti  dei  "tetti"  all'acconto  per
l'anno 2014 (che non puo' superare quello del 2010) e del  conguaglio
per l'anno 2015 (determinato con riferimento agli anni 2009,  2010  e
2014, escludendo quindi il triennio 2011 - 2013); 
    che, dunque, i citati  commi  introducono,  nel  loro  complesso,
misure  finalizzate  ad  incidere  sul  trattamento   economico   dei
magistrati per gli anni. 2011, 2012 e 2013; 
    che, cio' premesso, va osservato quanto segue: 
        1. - non puo' condividersi la prima parte del ricorso ove  si
assume che la contestata normativa, non contenendo specificazioni  in
ordine a quali siano gli acconti e i  conguagli  oggetto  di  mancata
erogazione, sarebbe di  fatto  inapplicabile:  e'  noto,  invero -  e
comunque chiaramente indicato dall'art. 2 della  legge  n.  27/1981 -
che  il  meccanismo  di  dinamica  retributiva   del   personale   di
magistratura  prevede  un  adeguamento  triennale  sulla  base  degli
incrementi conseguiti nel precedente triennio dalle  altre  categorie
del pubblico impiego che si realizza mediante  due  acconti  di  pari
importo nel secondo e nel terzo anno del triennio  ed  un  successivo
conguaglio; 
        2. - il Collegio, tuttavia, dubita della costituzionalita'  -
e, pertanto, solleva d'ufficio la relativa questione - delle predette
misure incidenti sugli automatismi stipendiali che caratterizzano  la
progressione economica dei magistrati:  esse,  infatti,  appaiono  in
contraddizione con il principio (desumibile dall'art. 104,  1°  comma
Cost.) per cui il  trattamento  economico  dei  magistrati  non  puo'
ritenersi nella libera disponibilita' del potere  legislativo  o  del
potere esecutivo, trattandosi di un aspetto essenziale per attuare il
precetto costituzionale dell'indipendenza (i valori dell'autonomia  e
della indipendenza della Magistratura  da  ogni  altro  Potere  dello
Stato sono sanciti in via generale dagli artt. 101,  II  comma,  alla
stregua del quale "i giudici sono soggetti  soltanto  alla  legge"  e
104, I comma Cost.,  secondo  cui  "la  magistratura  costituisce  un
ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere);  inoltre,  come
piu' volte ribadito dal Giudice delle leggi, il meccanismo  del  c.d.
adeguamento  automatico  rappresenta  un  elemento  intrinseco  della
struttura  delle  retribuzioni   in   questione,   preordinato   alla
"attuazione  del  precetto   costituzionale   dell'indipendenza   dei
magistrati, che va salvaguardato anche sotto  il  profilo  economico"
(Corte cost. 16 gennaio 1978, n. 1), "evitando tra l'altro  che  essi
siano soggetti a periodiche rivendicazioni  nei  confronti  di  altri
poteri" (Corte cost. 10 febbraio 1993, n.  42),  concretizzando  "una
guarentigia idonea a tale scopo" (Corte cost. sentenza 8 maggio 1990,
n.  238).  Orbene,  con  le  contestate  disposizioni  normative   il
legislatore, mediante uno strumento  che  formalmente  incide  (solo)
sulla retribuzione del magistrato, viene  in  realta'  ad  operare  -
stante la correlazione tra trattamento economico e indipendenza -  un
indebito condizionamento sull'esercizio della funzione magistratuale,
con il conseguente effetto  che  il  magistrato  rischia  di  vedersi
sottratto quel credito  e  quel  prestigio  di  cui  deve  sempre  ed
indefettibilmente godere presso  la  comunita'  dei  cittadini  (cfr.
Corte cost. n. 100/1981; n. 145/1976); 
        3. - Si appalesa, altresi', non manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, XXII comma  del
DL n. 78/2010 nella parte in cui riduce,  in  maniera  crescente  nel
triennio,  la  misura  dell'indennita'  "giudiziaria"  in  godimento:
Premesso, invero, che la predetta indennita'  costituisce  componente
"normale" del  trattamento  economico  (cfr.,  ex  multis,  CdS,  IV,
6.10.2003 n. 5841), ancorche' introdottavi a  titolo  "speciale"  (in
quanto preordinata, come espressamente affermato  dall'art.  3  della
legge n. 27/1981, a compensare i  magistrati  degli  "oneri  che  gli
stessi incontrano nello svolgimento della loro attivita'"), il  comma
XXIL in esame non sopprime ne' sospende per  intero  l'indennita'  in
questione (ma anzi ne prevede l'integrale ripristino dopo  il  2013),
con cio' riconoscendone e confermandone la funzione di ristoro  degli
oneri connessi  con  l'espletamento  del  servizio:  ma  decurtandola
temporaneamente, il legislatore la rende inequivocabilmente  inidonea
allo scopo per il quale era stata istituita se e' vero, come e' vero,
che essa e' attribuita in misura  uguale  a  tutti  i  magistrati,  a
prescindere   dalla   qualifica   e   dall'anzianita',   in   stretta
correlazione con  (e  per  consentire)  l'effettivo  svolgimento  dei
compiti istituzionali del magistrato. Orbene, e'  di  tutta  evidenza
come  la   decurtazione   dell'indennita'   speciale   impedisca   il
raggiungimento dello scopo che la legge (n. 27/1981) aveva imposto di
assolvere all'indennita' stessa (compensare i magistrati degli  oneri
che essi  incontrano  nello  svolgimento  della  loro  attivita')  ed
appaia, per cio'  stesso,  violare  il  principio  di  ragionevolezza
sancito dall'art. 3 della Costituzione, giacche' non risulta che  gli
oneri che i magistrati incontrano nel corso del triennio in questione
siano corrispondentemente ridotti. 
        3.1. - Ma c'e' un ulteriore aspetto di tale  decurtazione  su
cui si deve riflettere: come si e' accennato, l'art. 3 della legge n.
27/1981 ha previsto che l'indennita' speciale sia identica per  tutti
i magistrati, in quanto destinata a ristorarli degli oneri - identici
- che essi incontrano nello svolgimento della loro attivita'. Ebbene,
con  il  taglio  dell'indennita'  speciale   tocchera'   ai   singoli
magistrati far fronte, per la parte ora non coperta  dall'indennita',
agli oneri connessi con l'attivita' istituzionale, con la conseguenza
che i magistrati piu' giovani che  godono  di  un  minor  trattamento
economico complessivo avranno maggiori difficolta' a  fronteggiare  i
relativi costi: il che sembra violare ulteriormente  l'art.  3  della
Costituzione, questa  volta  sotto  il  profilo  dell'aver  riservato
uguale trattamento a  situazioni  tra  loro  oggettivamente  diverse,
atteso che la decurtazione (di un'indennita' preordinata a coprire  i
medesimi, identici oneri) pesa diversamente in in misura inversamente
proporzionale all'anzianita' del magistrato. 
        3.2. - Tale decurtazione, peraltro - atteso che  l'indennita'
speciale ex art. 3 della legge n.  27/1981  e'  stata  istituita  per
"equilibrare" il trattamento economico  complessivo  del  magistrato,
che, come si e' detto, sopporta  oneri  atipici  (diversamente  dagli
altri funzionari dello Stato)  - , sembra  violare  anche  l'art.  36
Cost  sotto  il  profilo  della  lesione  della   "proporzione"   tra
retribuzione ed attivita' svolta: giacche' l'art. 9, XXII  comma  del
DL n. 78/2010, riducendo la predetta indennita' speciale  e,  dunque,
ponendo ora parzialmente a carico dei magistrati il costo degli oneri
organizzativi   dell'attivita'   giudiziaria   che   prima   facevano
interamente  carico  allo   Stato,   altera   inequivocabilmente   la
proporzione, anteriormente esistente, tra retribuzione complessiva  e
lavoro espletato; e la altera maggiormente, con  effetto  palesemente
discriminatorio (stante che l'indennita' speciale e' eguale per tutti
perche' compensa gli stessi oneri), nei confronti dei magistrati piu'
giovani che godono di un trattamento retributivo complessivo  minore,
rispetto ai quali, dunque, la violazione dell'art. 36 e' amplificata; 
        3.3.   - Va   altresi'   considerato   che    la    riduzione
dell'indennita' speciale non si giustifica nemmeno come  "prestazione
patrimoniale  imposta",  giacche'   cosi'   configurata   sembrerebbe
confliggere con l'art. 53 della Costituzione, alla stregua del  quale
tali  prestazioni  debbono  essere   correlate   con   la   capacita'
contributiva di ciascuno ed essere applicate in maniera  progressiva:
ora, a prescindere dalla considerazione che il  prelievo  forzoso  di
cui si controverte penalizza un'unica  categoria  di  lavoratori,  va
osservato che tale prelievo tocca non gia' un "reddito", ma  un  mero
"rimborso d'oneri" (che non e' sintomo di capacita' contributiva)  e,
oltretutto - essendo, lo si ribadisce, l'indennita' ex art.  3  della
l. n. 27 del 1981 corrisposta in misura uguale  ad  ogni  magistrato,
indipendentemente dall'anzianita' di servizio del soggetto - colpisce
in misura minore  i  magistrati  con  retribuzione  complessiva  piu'
elevata  ed  in  misura  maggiore  i  magistrati   con   retribuzione
complessiva inferiore (in maniera, dunque, non gia'  progressiva,  ma
regressiva). 
        4.  -   Conclusivamente,   la   riduzione   del   trattamento
retributivo appare, alla luce degli esposti rilievi, irragionevole  e
disparitaria, violativa del principio di  autonomia  ed  indipendenza
anche  economica  della   magistratura,   nonche'   del   canone   di
proporzionalita'  ed  adeguatezza  della  retribuzione,  costituendo,
altresi', tributo occulto, speciale e regressivo, in violazione degli
artt. 3, 23, 36, 53 97, 101 e 104 della Costituzione. 
        5. - Alla luce di quanto precede, pertanto, va  sollevata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 c. 22  del  d.l.
n. 78/2010 cit., quale risultante dalle modifiche introdotte  con  la
legge di conversione, nella parte in cui dispone: 
a) che "non [fossero] erogati, senza possibilita'  di  recupero,  gli
acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il  conguaglio  del  triennio
2010-2012"; b) che "per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per
ranno 2014 [fosse] pari alla misura gia' prevista per l'anno  2010  e
il conguaglio per l'anno 2015 [venisse] determinato  con  riferimento
agli anni 2009, 2010 e 2014; c) che  "l'indennita'  speciale  di  cui
all'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27,  spettante  negli
anni 2011, 2012 e 2013, [fosse] ridotta del 15 per cento  per  l'anno
2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 per cento per  l'anno
2013", con riduzione non operante ai fini previdenziali. 
    La rilevanza della questione sussiste atteso che Io scrutinio  di
costituzionalita' delle norme di cui all'art. 9, XXII comma del DL n.
78/2010  costituisce  unico  ed  immediato  paradigma  normativo   di
riferimento   per   l'eventuale   riconoscimento   del   diritto   al
mantenimento della precedente disciplina del  trattamento  economico,
richiesta dagli odierni ricorrenti; 
    La non non manifesta infondatezza risulta, invece, dalle  esposte
considerazioni. 
    Visto l'art. 23 della legge costituzionale n. 87/1953; 
    Riservata ogni altra decisione  all'esito  del  giudizio  innanzi
alla  Corte  costituzionale,  alla  quale  va  rimessa  la  soluzione
dell'incidente di costituzionalita';