ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 19,  29-bis
e 30, comma  2,  lettera  b),  della  legge  della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia del 5 dicembre 2005, n. 29 (Normativa  organica
in materia di attivita' commerciali e di somministrazione di alimenti
e bevande. Modifica alla  legge  regionale  16  gennaio  2002,  n.  2
«Disciplina  organica   del   turismo»),   promossi   dal   Tribunale
amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia con  24  ordinanze
del 10 febbraio  2011,  due  ordinanze  del  25  febbraio  2011,  una
ordinanza del 10 febbraio 2011 e undici  ordinanze  del  25  febbraio
2011, rispettivamente iscritte ai nn.  da  102  a  139  del  registro
ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 26 e 27, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di costituzione di Picada 2 s.r.l.  ed  altre,  di
Ivy Oxford Co. s.r.l. ed altre nonche' gli atti di  intervento  della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia; 
    udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 2012 e nella camera di
consiglio del  25  gennaio  2012  il  Giudice  relatore  Paolo  Maria
Napolitano; 
    uditi gli avvocati Giuseppe Morbidelli e  Andrea  Zaglio  per  la
Picada  2  s.r.l.  ed  altre,  Giovanni  Gabrielli   e   Massimiliano
Bellavista per la Ivy Oxford Co. s.r.l. e Giandomenico Falcon per  la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
    Ritenuto  che   il   Tribunale   amministrativo   regionale   del
Friuli-Venezia  Giulia  con  38  ordinanze  di  identico  tenore   ha
sollevato - in riferimento agli articoli 2, 3,  41  e  117,  primo  e
secondo  comma,  lettera  e),  della  Costituzione  -  questione   di
legittimita' costituzionale degli articoli 19, 29-bis e 30, comma  2,
lettera b), della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia
del 5  dicembre  2005,  n.  29  (Normativa  organica  in  materia  di
attivita' commerciali e di somministrazione di  alimenti  e  bevande.
Modifica alla legge regionale  16  gennaio  2002,  n.  2  «Disciplina
organica del turismo»), in particolare nella parte in  cui  escludono
gli esercizi commerciali con superficie di vendita inferiore a  metri
quadrati 400, insediati in centri commerciali, dalla possibilita'  di
usufruire delle deroghe all'obbligo di chiusura festiva e  domenicale
previste dall'art. 30, comma 2, lettera b), della medesima legge; 
        che il rimettente premette di dover decidere in  ordine  alla
legittimita' dell'atto emesso dall'Unione dei Comuni Aiello-San  Vito
con il quale e'  stato  imposto  alla  societa'  Marangi  Immobiliare
S.r.l., proprietaria del  complesso  edilizio  ove  e'  insediato  il
centro commerciale  «Palmanova  Outlet  Village»,  di  presentare  la
comunicazione delle  giornate  festive  e  domenicali  prescelte  per
l'apertura, ai sensi degli artt. 29 e 29-bis della legge reg.  n.  29
del 2005, come modificati dall'art. 2, comma 47, della legge reg.  16
luglio 2010, n. 12 (Assestamento del bilancio  2010  e  del  bilancio
pluriennale per gli anni 2010-2012 ai sensi  dell'articolo  34  della
legge regionale n. 21/2007); 
        che l'art. 30, comma 2, della legge reg. n. 29 del 2005 nella
formulazione antecedente le modifiche introdotte dalla legge reg.  n.
12 del 2010 prevedeva che gli esercizi di commercio al  dettaglio  in
sede fissa isolati, con superficie di vendita  non  superiore  a  mq.
400, allocati in qualunque zona  del  territorio  comunale  potessero
determinare liberamente l'orario di apertura e di  chiusura  sia  nei
giorni feriali sia in quelli domenicali e festivi, in deroga a quanto
disposto agli artt. 28 e 29; 
        che nel corso dell'anno 2009 un  provvedimento  di  contenuto
analogo era stato annullato dal medesimo  rimettente  sulla  base  di
un'interpretazione  costituzionalmente   orientata   dell'espressione
«esercizio  isolato»  ritenuta  idonea  a  qualificare   qualsivoglia
struttura autonoma, dotata di autorizzazione propria  e  indipendente
da altri esercizi; 
        che, secondo il rimettente, le modifiche normative introdotte
dalla legge reg. n.  12  del  2010  precludono  tale  interpretazione
adeguatrice in quanto il termine «isolati» contenuto nella precedente
versione dell'art. 30, comma 2, lettera b), e' stato  sostituito  con
il termine «singoli», con l'ulteriore precisazione  che  tali  devono
intendersi quelli non insediati in un centro commerciale al dettaglio
o in un complesso commerciale ai sensi dell'art. 29-bis,  e,  quindi,
anche in un outlet; 
        che, inoltre, con l'introduzione dell'art. 29-bis,  e'  stata
espressamente  estesa  l'applicazione  delle  disposizioni   di   cui
all'art. 29 (giornate di chiusura  degli  esercizi)  anche  ad  «ogni
singolo esercizio di vendita al dettaglio, di vicinato, di media o di
grande struttura insediato in un centro commerciale al dettaglio o in
un complesso commerciale a prescindere dalla modalita'  organizzativa
ovvero dalla strutturazione aziendale  del  centro  o  del  complesso
medesimi, incluso l'outlet»; 
        che,  a  parere  del  rimettente,  le  modifiche   introdotte
determinano  una  violazione  degli  artt.  2,  3  e  41  Cost.   per
l'immotivata ed irrazionale disparita' di trattamento fra fattispecie
analoghe che consegue  al  trattamento  differenziato  tra  operatori
commerciali di pari  dimensioni,  che  abbiano  solo  una  differente
ubicazione all'interno o meno di un centro commerciale; 
        che  le  norme  citate   avrebbero   di   fatto   determinato
l'introduzione di una misura restrittiva,  in  contrasto  con  l'art.
117, primo comma, Cost. e con  l'art.  28  del  Trattato  dell'Unione
europea  (TUE),  in  quanto  la  distinzione  fra  i  vari   esercizi
commerciali al dettaglio non trova  alcun  fondamento  nel  principio
concorrenziale e comporta un ostacolo anche alla libera  circolazione
dei prodotti provenienti da Paesi UE, ove distribuiti in esercizi  di
limitate dimensioni, ma ubicati in centri commerciali; 
        che, sotto altro profilo, anche l'art. 19 della legge reg. n.
29 del 2005 sarebbe viziato da  illegittimita'  costituzionale  nella
parte in cui vieta agli esercizi che effettuano  vendite  secondo  la
formula «outlet» di svolgere la propria  attivita'  al  di  fuori  di
centri commerciali perche', in tal modo, a tale tipologia di esercizi
commerciali non potrebbe mai  applicarsi  il  regime  di  deroghe  al
divieto di apertura domenicale e festiva previsto dall'art. 30  della
legge medesima; 
        che, in ogni caso, le norme impugnate dovrebbero ritenersi in
contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,   lettera   e),   Cost.
trattandosi  di  norme  riconducibili  alla  materia  «tutela   della
concorrenza» attribuita alla competenza legislativa  esclusiva  dello
Stato; 
        che   il   rimettente   pone   un'ulteriore   questione    di
costituzionalita' con specifico riferimento all'art. 29-bis,  secondo
comma, della legge  reg.  n.  29  del  2005  che  sarebbe  del  tutto
irragionevole e discriminatorio nella parte in cui impone a tutti gli
esercizi commerciali autonomi, sol perche' ubicati all'interno di  un
centro commerciale, di individuare le giornate di apertura domenicale
e festiva in maniera uniforme e  unitaria,  in  contrasto  con  tutto
l'impianto normativo del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma  della
disciplina relativa al settore del commercio, a  norma  dell'articolo
4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), rispetto all'art. 117,
comma 2, lettera e), della Costituzione; 
        che,   infine,   il   Tribunale   amministrativo    per    il
Friuli-Venezia Giulia  ravvisa  la  non  manifesta  infondatezza  del
profilo  di  incostituzionalita'  derivante  dalla   violazione   dei
principi in tema di rapporto fra funzione  giurisdizionale  e  potere
legislativo, perche' il legislatore regionale avrebbe  utilizzato  la
funzione legislativa all'unico  (dichiarato)  scopo  di  superare  ed
eludere il giudicato amministrativo precedentemente formatosi; 
        che  e'  intervenuta  nei   giudizi   la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia chiedendo che  la  questione  venga  dichiarata
inammissibile o infondata, riservandosi di svolgere le proprie difese
in future memorie; 
        che, nelle memorie depositate in prossimita' dell'udienza, la
difesa della Regione evidenzia in primo luogo che,  dopo  l'ordinanza
di rimessione, la materia degli orari degli esercizi  commerciali  ha
subito rilevanti interventi legislativi; 
        che, in primo luogo, e' sopravvenuto l'art. 35, comma 6,  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha aggiunto la  lettera  d-bis)  al
comma 1 dell'art. 3 del d.l. 4  luglio  2006,  n.  223  (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di entrate e di contrasto all'evasione fiscale); 
        che, inoltre, la citata lettera d-bis) del comma 1  dell'art.
3 del d.l. n.  223  del  2006  e'  stata  successivamente  modificata
dall'art. 31 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201  (Disposizioni  urgenti
per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei  conti  pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; 
        che il nuovo comma 1, lettera d-bis), dell'art. 3 del d.l. n.
223  del  2006   inserito   dal   primo   dei   decreti   citati   e,
successivamente, modificato  dal  secondo,  nella  versione  oggi  in
vigore stabilisce che «le attivita'  commerciali  [...]  sono  svolte
senza i seguenti limiti e  prescrizioni:  [...]  d-bis)  il  rispetto
degli orari di apertura  e  di  chiusura,  l'obbligo  della  chiusura
domenicale e festiva, nonche' quello della mezza giornata di chiusura
infrasettimanale dell'esercizio»; 
        che, secondo la Regione, tali  novita'  normative  non  hanno
rilevanza per il giudizio in corso perche' l'art.  3,  comma  3,  del
d.l. n. 223 del 2006 prevede l'abrogazione  delle  sole  disposizioni
legislative e regolamentari statali di disciplina del  settore  della
distribuzione commerciale incompatibili con le disposizioni di cui al
comma  1,  mentre  per  le  leggi  regionali  scatta  un  dovere   di
adeguamento, da valutarsi nel rispetto degli statuti speciali; 
        che,  inoltre,  nella  precedente   versione   del   decreto,
scaturita dal d.l. n. 98 del 2011, al comma 7 dell'art. 35, era stato
previsto testualmente che: «le regioni e gli enti locali adeguano  le
proprie disposizioni legislative e  regolamentari  alla  disposizione
introdotta dal comma 6 entro la data  del  1°  gennaio  2012»,  senza
tuttavia individuare alcuna specifica conseguenza  per  l'ipotesi  di
superamento del predetto termine; 
        che il fatto che le Regioni abbiano ancora la possibilita' di
adeguare  la  propria  legislazione  alla  nuova  disciplina  statale
dimostrerebbe che,  per  il  passato,  l'intervento  legislativo  era
perfettamente legittimo; 
        che, pertanto, non vi sarebbe alcuna  influenza  o  rilevanza
del novum normativo sul giudizio in  corso,  che  ha  ad  oggetto  la
legittimita' di atti amministrativi risalenti al 2010; 
        che, quanto alle singole censure,  la  difesa  della  Regione
eccepisce  innanzitutto   l'inammissibilita'   della   questione   di
costituzionalita' sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 41 Cost.
per genericita' della motivazione in quanto nessun argomento  sarebbe
speso per motivare la violazione degli artt. 2 e 41 Cost. ed anche il
riferimento all'art. 3 Cost. sarebbe del tutto generico; 
        che la  questione  sarebbe  comunque  infondata,  perche'  si
tratterebbe  di  norme  da  un  lato  aventi  lo  scopo,  del   tutto
ragionevole, di agevolare i piccoli e medi negozi isolati,  che  sono
piu' vicini agli utenti e  non  beneficiano  dei  vantaggi  derivanti
dall'essere  inseriti  in  un  centro  commerciale   e,   dall'altro,
rientranti nella competenza regionale piena in materia di  commercio,
ai sensi dell'art. 4, numero 6), dello statuto  speciale  o,  qualora
ritenuto piu' favorevole, dell'art.  117,  quarto  comma,  Cost.  (ex
art.10 legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche
al titolo V della parte seconda della Costituzione»); 
        che, con riferimento alla  seconda  questione  relativa  alla
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. e dell'art. 28  TUE,  la
difesa regionale evidenzia che l'art. 28 del vigente TUE e' del tutto
inconferente e l'errata indicazione del parametro interposto dovrebbe
determinare l'inammissibilita' della censura per oscurita'; 
        che la censura sarebbe comunque infondata, perche'  le  norme
sulla chiusura  nei  giorni  festivi  non  rappresentano  una  misura
restrittiva all'importazione da parte degli altri Stati membri e  non
si  vede  come  possano  essere  considerate   "misure   di   effetto
equivalente", come chiarito dalla costante giurisprudenza della Corte
di giustizia europea; 
        che, a parere della difesa regionale, la  questione  relativa
all'art. 19, comma 1,  della  legge  reg.  n.  29  del  2005  sarebbe
inammissibile perche' la norma non trova applicazione nel giudizio  a
quo avendo  ad  oggetto  ipotesi  del  tutto  estranee  alla  vicenda
processuale che riguarda un  atto  amministrativo  applicativo  degli
artt. 29 e 29-bis della legge reg. n. 29 del 2005; 
        che la  censura  sarebbe  anche  inammissibile  per  l'omessa
motivazione delle ragioni della rilevanza e per la genericita'  della
motivazione in ordine alla  manifesta  infondatezza,  limitandosi  il
rimettente ad affermare che  vi  sarebbe  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. 
        che anche la questione relativa  all'art.  29-bis,  comma  2,
della legge reg. n. 29 del 2005  secondo  il  quale  «l'elenco  delle
giornate domenicali e  festive  prescelte  per  l'apertura  ai  sensi
dell'articolo 29, comma 3, lettera b), e' unico e uniforme per  tutti
gli esercizi di cui al comma 1 insediati nel  centro  commerciale  al
dettaglio ovvero nel complesso commerciale» sarebbe inammissibile per
genericita', non essendoci alcuna indicazione delle norme del  d.lgs.
n. 114 del 1998 violate; 
        che, infine, del tutto infondata sarebbe la censura  relativa
alla violazione  dei  principi  in  tema  di  rapporto  tra  funzione
giurisdizionale e potere legislativo, perche' le modifiche introdotte
non si pongono affatto come legge di interpretazione  autentica,  non
hanno carattere retroattivo e non intendono in  alcun  modo  incidere
sui giudicati preesistenti; 
        che, con 4 atti di intervento  di  analogo  tenore,  si  sono
costituite nei giudizi di costituzionalita'  le  societa':  PICADA  2
s.r.l.,  Vallesi  s.r.l.,  Golden  Lady  Company  s.p.a.,   Lanificio
Angelico; 
        che con altri 4 atti di intervento, eguali tra loro, si  sono
costituite anche le parti private:  Ivy  Oxford  co.  s.r.l.,  Romano
s.p.a., Errebi s.p.a., Baldinini s.r.l.; 
        che tutte le parti private  sostengono  la  fondatezza  della
questione di costituzionalita' sollevata dal Tribunale amministrativo
per il Friuli-Venezia Giulia sulla base  di  motivazioni  analoghe  a
quelle di cui all'ordinanza di rimessione; 
        che, in  prossimita'  dell'udienza,  le  difese  delle  parti
private costituite hanno presentato memorie  illustrative  insistendo
nelle proprie richieste di accoglimento delle questioni sollevate; 
        che, in particolare, con riferimento al ius  superveniens  si
e' evidenziato che a seguito dell'emanazione del d.l. n. 201 del 2011
e'  venuto  meno  l'obbligo  di  chiusura  domenicale  e  festiva  e,
conseguentemente, non vi sono piu' limiti o prescrizioni in ordine  a
tale obbligo; 
        che, in tal senso, e' allegata una circolare della  Direzione
centrale lavoro, formazione,  commercio  e  pari  opportunita'  della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia del  22  dicembre  2011  nella
quale si prende atto dello ius superveniens  che  determina,  secondo
gli stessi uffici  regionali,  l'immediata  abrogazione  della  norma
regionale impugnata non essendo dato alcun termine alla  Regione  per
l'adeguamento alla nuova disciplina; 
        che, in ogni caso,  vengono  ribaditi  tutti  i  motivi  gia'
espressi   nei   relativi   atti   di   costituzione    a    sostegno
dell'accoglimento della questione sollevata  dal  TAR  Friuli-Venezia
Giulia. 
    Considerato che le ordinanze di  rimessione  sollevano  questioni
identiche o analoghe, onde  i  relativi  giudizi  vanno  riuniti  per
essere definiti con unica decisione; 
        che il Tribunale amministrativo regionale del  Friuli-Venezia
Giulia dubita - in riferimento agli articoli 2, 3, 41 e 117, primo  e
secondo comma, lettera e),  della  Costituzione,  della  legittimita'
costituzionale degli articoli 19, 29-bis e 30, comma 2,  lettera  b),
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  5  dicembre
2005, n. 29 (Normativa organica in materia di attivita' commerciali e
di somministrazione  di  alimenti  e  bevande.  Modifica  alla  legge
regionale 16 gennaio 2002, n. 2 «Disciplina organica  del  turismo»),
in particolare nella parte in cui escludono gli esercizi  commerciali
con superficie  di  vendita  inferiore  ai  metri  quadrati  400,  ma
insediati in centri  commerciali,  dalla  possibilita'  di  usufruire
delle deroghe all'obbligo di chiusura festiva e  domenicale  previste
dall'art. 30, comma 2, lettera b), della medesima legge; 
        che, secondo il rimettente, le norme citate violerebbero  gli
artt. 2, 3, 41 Cost. per l'immotivata ed  irrazionale  disparita'  di
trattamento fra fattispecie analoghe  che  consegue  alla  disciplina
differenziata tra operatori commerciali di pari dimensioni, con  solo
una  differente  ubicazione  all'interno  o   meno   di   un   centro
commerciale; 
        che sarebbe violato anche l'art. 117, primo  comma,  Cost.  e
l'art. 28 del  Trattato  dell'Unione  europea  (TUE),  in  quanto  la
distinzione fra i vari esercizi commerciali al  dettaglio  non  trova
alcun fondamento nel principio concorrenziale e comporta un  ostacolo
anche alla libera circolazione dei prodotti provenienti da Paesi  UE,
ove distribuiti in esercizi di limitate  dimensioni,  ma  ubicati  in
centri commerciali; 
        che il dubbio di legittimita' costituzionale investe anche la
violazione  dell'art.  117,  secondo   comma,   lettera   e),   Cost.
trattandosi  di  norme  riconducibili  alla  materia  «tutela   della
concorrenza» attribuita alla competenza legislativa  esclusiva  dello
Stato; 
        che,  infine,  le  modifiche  introdotte  si  porrebbero   in
contrasto anche con i principi  in  tema  di  rapporto  fra  funzione
giurisdizionale  e  potere  legislativo,   perche'   il   legislatore
regionale avrebbe introdotto le norme de  quibus  al  solo  scopo  di
superare ed eludere il giudicato amministrativo; 
        che,  successivamente  alle  ordinanze  di   rimessione,   la
disciplina degli orari degli esercizi commerciali  e  della  chiusura
domenicale e festiva ha  subito  rilevanti  modifiche  ad  opera  del
legislatore statale; 
        che un primo intervento si e' avuto con l'art. 35,  comma  6,
del  d.l.  6  luglio  2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per   la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha aggiunto la  lettera  d-bis)  al
comma 1 dell'art. 3 del d.l. 4  luglio  2006,  n.  223  (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di entrate e di contrasto all'evasione fiscale); 
        che la nuova lettera d-bis) del comma 1 del citato art. 3 del
d.l. n. 223 del 2006 aggiunge all'elenco degli ambiti normativi per i
quali  espressamente  esclude  che  lo   svolgimento   di   attivita'
commerciali  possa  incontrare  limiti  e   prescrizioni   anche   la
disciplina degli orari e della chiusura domenicale  o  festiva  degli
esercizi  commerciali  sia  pure   solo   in   via   sperimentale   e
limitatamente agli esercizi ubicati nei comuni inclusi negli  elenchi
regionali delle localita' turistiche o citta' d'arte; 
        che l'art. 31 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  22  dicembre
2011, n. 214, ha ulteriormente modificato l'art. 3, comma 1,  lettera
d-bis), del d.l. n. 223 del 2006 eliminando dal testo della norma  il
riferimento ai Comuni inclusi negli elenchi regionali delle localita'
turistiche o citta'  d'arte,  cosi'  estendendo  la  liberalizzazione
della disciplina degli  orari  degli  esercizi  commerciali  e  della
chiusura domenicale e festiva a tutte le attivita' commerciali,  come
individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998,  n.  114  (Riforma
della  disciplina  relativa  al  settore  del  commercio,   a   norma
dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59); 
        che  la  modificata  normativa  statale  prevede   che   tali
attivita'  commerciali  non  possano   piu'   incontrare   limiti   o
prescrizioni relativi agli  orari  di  apertura  e  chiusura  e  alle
giornate di chiusura obbligatoria; 
        che compete al rimettente verificare  se  la  motivazione  in
ordine  alla  rilevanza  e  alla  non  manifesta  infondatezza  della
questione, prospettata nell'ordinanza di  rimessione,  resti  o  meno
valida alla luce del novum normativo; 
        che,  pertanto,  occorre  restituire  gli  atti  al   giudice
rimettente, perche' operi una nuova  valutazione  della  rilevanza  e
della non manifesta infondatezza della questione (ordinanze  n.  145,
n. 38 e n. 12 del 2010).