ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo  10-bis  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), aggiunto dall'art.  1,  comma  16,
lettera a), della legge  15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in
materia di sicurezza pubblica),  promossi  dal  Giudice  di  pace  di
Vigevano con due ordinanze del 26 aprile 2010, iscritte ai nn. 217  e
218 del registro ordinanze 2011 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Udito nella camera di consiglio del  21  marzo  2012  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con due ordinanze di analogo tenore, emesse  il  26
aprile 2010 (r.o. nn. 217 e 218 del 2011),  il  Giudice  di  pace  di
Vigevano ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 25, secondo
comma,  e  97   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio
1998,  n.  286  (Testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lettera a),  della  legge
15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in  materia  di   sicurezza
pubblica), che punisce con l'ammenda da 5.000 a 10.000  euro,  «salvo
che il fatto costituisca  piu'  grave  reato,  lo  straniero  che  fa
ingresso  ovvero  si  trattiene  nel  territorio  dello   Stato,   in
violazione delle disposizioni del [citato]  testo  unico  nonche'  di
quelle di cui all'articolo 1 della  legge  28  maggio  2007,  n.  68»
(Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite,
affari, turismo e studio); 
        che il giudice a quo riferisce di  essere  investito  di  due
distinti  processi  nei  confronti  di   cittadini   extracomunitari,
imputati del reato previsto dall'art. 10-bis del d.lgs.  n.  286  del
1998,  per  essersi  trattenuti  nel  territorio  dello   Stato   «in
violazione delle disposizioni  di  legge  inerenti  l'ingresso  e  il
soggiorno degli stranieri»; 
        che, secondo il rimettente, la nuova norma incriminatrice  si
porrebbe in contrasto con l'art. 2 Cost., che riconosce e  garantisce
i diritti inviolabili dell'uomo e richiede l'adempimento  dei  doveri
di solidarieta' politica, economica e sociale; 
        che  essa  violerebbe,  inoltre,  l'art.  3  Cost.,  per   la
irragionevolezza  della  scelta   legislativa   di   «criminalizzare»
l'ingresso e la permanenza illegali nel territorio dello Stato; 
        che l'obiettivo perseguito  con  l'introduzione  della  nuova
fattispecie di reato e', infatti, quello di allontanare lo  straniero
"irregolare"  dal  territorio  dello  Stato,  come   si   desumerebbe
chiaramente dal fatto che il giudice di pace puo' applicare la misura
dell'espulsione come sanzione sostitutiva (art. 16 del d.lgs. n.  286
del 1998) e che l'esecuzione dell'espulsione  in  via  amministrativa
costituisce causa di improcedibilita' dell'azione penale; prospettiva
nella quale, peraltro, la nuova  incriminazione  si  rivelerebbe  del
tutto inutile, giacche' il suo ambito di  applicazione  coinciderebbe
perfettamente con quello della preesistente misura amministrativa; 
        che il rimettente denuncia, altresi', l'irragionevolezza  del
trattamento  sanzionatorio   della   nuova   fattispecie   criminosa,
complessivamente considerato: non soltanto, cioe', della comminatoria
della pena dell'ammenda - pena che, se pur elevata  e  insuscettibile
di oblazione, risulterebbe priva di  ogni  efficacia  deterrente  nei
confronti di soggetti di regola totalmente  impossidenti,  quali  gli
stranieri «clandestini» - ma anche del divieto di applicazione  della
sospensione condizionale della pena e  della  facolta',  concessa  al
giudice, di sostituire la  pena  pecuniaria  con  una  sanzione  piu'
grave, quale l'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni; 
        che l'art. 3 Cost. sarebbe violato  anche  sotto  l'ulteriore
profilo dell'ingiustificata disparita' di trattamento  rispetto  alla
fattispecie criminosa, pure piu'  grave,  contemplata  dall'art.  14,
comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, che  punisce  la  permanenza
dello straniero nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine
di allontanamento impartito dal questore,  solo  quando  abbia  luogo
«senza giustificato  motivo»:  «scriminante»,  questa,  non  prevista
dalla norma impugnata; 
        che il giudice a quo reputa lesi, inoltre, gli artt. 3 e  25,
secondo comma, Cost.,  in  quanto  la  nuova  figura  di  reato  solo
apparentemente sanzionerebbe una condotta (l'ingresso  o  il  mancato
allontanamento dal  territorio  dello  Stato),  mentre,  in  realta',
sarebbe diretta a colpire una condizione personale  e  sociale  dello
straniero, legata  al  mancato  possesso  di  un  titolo  abilitativo
all'ingresso o al  soggiorno  in  detto  territorio:  condizione  che
verrebbe   arbitrariamente   considerata    come    sintomatica    di
pericolosita' sociale; 
        che risulterebbe vulnerato, ancora, l'art. 97,  primo  comma,
Cost.,  giacche'  la  previsione  di  due  distinti  procedimenti   -
amministrativo e  penale  -  diretti  allo  stesso  fine  influirebbe
negativamente sulla ragionevole durata del processo penale,  oltre  a
provocare un incremento dei costi e degli «incombenti»; 
        che la questione sarebbe, altresi', rilevante,  giacche'  nel
caso di declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  della  norma
censurata l'imputato non  andrebbe  incontro  a  nessuna  conseguenza
penale. 
    Considerato che le ordinanze di  rimessione  sollevano  questioni
identiche, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere  definiti
con un'unica decisione; 
        che il Giudice di pace di  Vigevano  dubita,  in  riferimento
agli artt. 2, 3, 25, secondo comma, e 97  della  Costituzione,  della
legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto  legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), aggiunto dall'art. 1, comma 16, lettera a),  della  legge
15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in  materia  di   sicurezza
pubblica), che punisce con l'ammenda da 5.000 a  10.000  euro,  salvo
che il fatto costituisca  piu'  grave  reato,  lo  straniero  che  fa
ingresso o si trattiene illegalmente nel territorio dello Stato; 
        che le ordinanze di rimessione presentano carenze in punto di
descrizione  della  fattispecie  concreta  e  di  motivazione   sulla
rilevanza tali da precludere lo scrutinio nel merito delle  questioni
con esse sollevate; 
        che il giudice a quo si  limita  -  quanto  alla  descrizione
della vicenda concreta - a riportare, nell'epigrafe  delle  ordinanze
di rimessione, il capo di imputazione: il quale si risolve, peraltro,
nella sostanza, in una generica parafrasi  del  dettato  della  norma
incriminatrice; 
        che il rimettente afferma,  al  tempo  stesso,  la  rilevanza
delle questioni in termini puramente assiomatici; 
        che mancano, per converso, adeguate indicazioni sulle vicende
oggetto dei giudizi a quibus e sulla loro effettiva  riconducibilita'
al paradigma punitivo considerato,  atte  a  permettere  la  verifica
dell'asserita rilevanza delle questioni, sia nel loro  complesso  che
in rapporto alle singole censure prospettate; 
        che le questioni vanno dichiarate,  pertanto,  manifestamente
inammissibili, conformemente a quanto gia' reiteratamente  deciso  da
questa Corte con riferimento ad analoghe  questioni  sollevate  dallo
stesso rimettente (ordinanze n. 149, n. 86 e n. 3 del 2011 e  n.  253
del 2010). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.