IL GIUDICE DI PACE Nella causa civile iscritta al n. 15643/09 del Ruolo Generale avente per oggetto: risarcimento danni da incidente stradale. Promossa da Castaldo Davide residente in Torino, ed elettivamente domiciliato in Torino, c. Tassoni, n. 12, presso lo studio dell'avvocato Massimo Perrini che lo rappresenta e difende come da delega in atti. Contro Uniqa Protezione s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in Udine, Viale Venezia n. 99 ed elettivamente domiciliata in Torino, c. Matteotti n. 53 presso lo studio dell'avvocato Angelo Formica che la rappresenta e difende in forza di delega in atti, convenuta, nonche' contro Arcuri Teo residente in Rivalta (Torino), v. Giaveno n. 46/2, altro convenuto contumace. Il Giudice di pace dott. Polotti di Zumaglia Alberto ha depositato la seguente ordinanza. Premesso: con atto di citazione notificato il 26 marzo 2009 il sig. Castaldo Davide conveniva in giudizio la Uniqa Assicurazioni s.p.a. chiedendo il risarcimento dei danni alla persona patiti a seguito di incidente stradale verificatosi il 31 gennaio 2008; asseriva l'attore che in tale data era trasportato sulla Lancia Y targata CS965AF di proprieta' e condotta dal sig. Arcuri Teo assicurata per la responsabilita' civile obbligatoria dalla Uniqa Assicurazioni s.p.a., e che detto veicolo veniva urtato dalla Fiat Tipo targata TO41297R di proprieta' del sig. Barbagiovanni Luca ed assicurata per la responsabilita' civile obbligatoria dalla Reale Mutua Assicurazioni; all'udienza di comparizione il g.d.p. rilevava la necessita' di integrare il contraddittorio nei confronti del vettore che veniva quindi evocato in giudizio dalla difesa attorea senza che peraltro esso vettore provvedesse a costituirsi in giudizio alla successiva udienza, per cui verificata la presenza delle condizioni di legge ne veniva dichiarata la contumacia; sempre all'udienza di comparizione la difesa attorea dichiarava che per mero errore aveva evocato in giudizio l'Uniqa Assicurazioni s.p.a. omettendo l'esatta sua denominazione di Uniqa Protezione e quest'ultima si costituiva regolarmente in giudizio alla successiva udienza dichiarando in sostanza di assumere la gestione della lite in luogo di Uniqa Assicurazioni s.p.a. che veniva quindi estromessa dal giudizio; espletate le prove ammesse, le parti all'udienza del 19 ottobre 2009 precisavano le conclusioni e chiedevano che la causa venisse trattenuta a sentenza; la difesa attorea chiedeva in via preliminare, ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 139, decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in riferimento agli articoli 2, 3, 10, 24 e 32 della Costituzione, sospendersi il giudizio e disporre l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale cui questo giudice provvedeva con ordinanza del 30 novembre 2009, iscritta al n. 224 del registro delle ordinanza 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, 1ª serie speciale, n. 35 dell'anno 2010; la Corte costituzionale con ordinanza n. 157 depositata il 28 aprile 2011 dichiarava manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale cosi' sollevata precisando: «che nell'ordinanza di rimessione e' da rilevare una insufficiente descrizione della fattispecie concreta che non consente un'adeguata valutazione dell'effettiva rilevanza della questione, dal momento che il rimettente, nel lamentarsi del fatto che la norma impugnata non consente l'integrale risarcimento del danno non patrimoniale subito dal danneggiato, non indica l'eta' di quest'ultimo (art. 139, comma 1, lettera a), non spiega quale danno ha subito, non indica quale decreto ministeriale intenda applicare (art. 139, comma 5), non enuncia l'entita' del risarcimento del danno che sarebbe liquidato facendo applicazione del d.m. rilevante, non chiarisce se tale importo sia aumentabile di un quinto (art. 139, comma 3), non enuncia le ragioni per cui tale somma non sarebbe sufficiente malgrado tale aumento, non esplica, infine, quale somma sarebbe corretta per risarcire completamente il danno alla persona; che siffatte omissioni, impedendo secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, di verificare la rilevanza della questione proposta, in relazione alla peculiarita' della fattispecie, rendono la questione stessa manifestamente inammissibile. Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per questi motivi la Corte costituzionale dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 309 (Codice delle assicurazioni private), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 76 della Costituzione, dal Giudice di pace di Torino con l'ordinanza in epigrafe ... L'attore riassumeva il giudizio e, all'udienza del 25 luglio 2011, la causa veniva nuovamente assegnata a decisione. O s s e r v a Occorre premettere che nel giudizio in corso nessuna questione e' stata sollevata in ordine alla responsabilita' che pertanto e' stata considerata pacifica dalle parti, in quanto l'attore, trasportato a titolo di cortesia su un veicolo coinvolto in un sinistro con altro identificato ed assicurato puo' comunque avvalersi del disposto dell'art. 141 codice delle assicurazioni. Le parti hanno anche concordato le conseguenze lesive patite dall'attore sulla base di un'invalidita' temporanea parziale al 50% di giorni 10, un'invalidita' temporanea parziale al 25% di giorni 15 ed un'invalidita' permanente biologica dell'1,5%, oltre alle spese mediche, per cui al giudicante non resta che quantificarle. La persona del leso ed il danno da esso patito. Dagli atti di causa risulta: che il danneggiato, di professione elettricista, e' nato il 13 novembre 1973 ed il fatto si e' verificato il 31 gennaio 2008 per cui esso danneggiato a tale data aveva anni 35; che il danno da esso subito e' rappresentato da una distorsione al rachide cervicale per la quale l'assicuratrice ha formulato, il 6 aprile 2009, a sensi dell'art. 148 cod. assic., e sulla base delle conseguenza lesive che non sono state oggetto di contestazione, offerta reale di euro 2.500,00, di cui euro 210,30 per i 10 giorni di invalidita' temporanea parziale al 50% euro 157,73 per i 15 giorni invalidita' parziale al 25% euro 1.015,10 per l'invalidita' permanente biologica dell'1,5% ed euro 1.116,81 per spese mediche. La valutazione del danno ai sensi dell'art. 139 cod. assic. ed il conseguente aumento del 20%: insufficienza. Occorre a questo punto effettuare una valutazione del danno patito dall'autore quale ritenuta da questo giudice congrua tenuto conto delle caratteristiche del caso in esame, dopo aver effettuato le valutazioni che si ottengono invece con il riferimento ai parametri di legge ed a quelli giurisprudenziali. Va rilevato che la percentuale dell'1,5% per l'invalidita' permanente, unitamente alla temporanea non contestata per 10 giorni a parziale massima e di 15 giorni a parziale minima concordata dalle parti per il danno al rachide cervicale riportato dall'attore, appare comunque congrua a questo giudice in relazione a quanto risulta in atti perche' non e' in contrasto con le indicazioni del decreto del Ministero della salute 3 luglio 2003 (in G.U. n. 211 dell'11 settembre 2003) che riporta la tabella delle menomazioni alla integrita' psicofisica ed e' anzi ad essa conforme. Effettuate poi delle valutazioni con riferimento ai criteri di legge, confrontandole con quelli utilizzati alla giurisprudenza, occorrera' chiedersi se tali criteri consentano un'adeguata personalizzazione del danno, e quindi un suo integrale risarcimento, provvedendo quindi alla sua relativa quantificazione quale considerata invece corretta ed obbiettiva. Sulla base della valutazione pecuniaria del danno effettuata con riferimento ai valori di cui al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 giugno 2011 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 giugno 2011, n. 147, e con il quale sono stati aggiornati gli importi del risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entita' derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti come previsto dal comma 5 dell'art. 139 del d.lgs. n. 209/2005) applicabile ratione temporis, si ottiene euro 1.062,65 per il danno biologico permanente dell'1,5% euro 221,44 per il danno biologico temporaneo parziale di 10 giorni al 50% ed euro 166, 05 per il danno biologico temporaneo parziale al 25% di 15 giorni e cosi' in totale euro 1.450,14. Occorre pero' tenere conto che l'attore ha riportato delle conseguenze lesive anche sul piano delle sue condizioni soggettive posto che e' stato comprovato, nel corso dell'istruttoria, che gli e' impedito di effettuare attivita' o lavori che comportino la necessita' di rivolgere la testa verso l'alto. Tanto rende allora necessario incrementare l'importo come sopra riconosciuto per il danno biologico del 20% come consentito dal comma 3 dell'art. 139 del d.lgs. n. 209/2005 per cui detto importo di euro 1.450,14 diventa euro 1.740,16, dovendosi aggiungere per tale operazione di aumento, euro 290,02 cui dovranno ancora sommarsi euro 1.116,81 per le spese mediche come risultanti in atti, oltre all'importo di euro 240,00 per la visita medico-legale che portera' ad un danno totale, solo per le voci di danno predette, di euro 3.096,97 importo questo corrispondente ad un danno che comunque non potrebbe venir considerato risarcito con l'offerta di euro 2.500,00 (sia pur adeguata ad oggi) formulata dall'assicuratrice dopo la notifica dell'atto di citazione e senza nulla riconoscere a titolo di spese di patrocinio che ovviamente dovevano venir richieste con il giudizio proposto. In ordine al decreto ministeriale applicabile ratione temporis a sensi del comma 5 dell'art. 139 cod. assic. si puo' ancora osservare che ad oggi e' applicabile il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 giugno 2011 ma anche qualora nelle more dell'eventuale giudizio di legittimita' costituzionale, venisse emanato un nuovo decreto ministeriale, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 139 cod. assic. qui sollevata, sarebbe comunque attuale e rilevante. Infatti, il Ministero competente con il decreto annuale previsto dall'art. 139 si limita a disporre l'aumento dei valori mediante l'adeguamento degli stessi al costo della vita, aumento del quale non potrebbe non tener conto il giudicante e del quale tengono notoriamente conto anche le tabelle milanesi che pur non essendo termine di paragone per la presente questione di legittimita' costituzionale, restano comunque, ad avviso del giudicante e della giurisprudenza di legittimita', parametro dell'equita' e notoriamente vengono anch'esse aggiornate annualmente per adeguarle all'inflazione dal che ne discende la ininfluenza del decorrere del tempo e dell'eventuale promulgazione di un nuovo decreto ministeriale in relazione alla questione di legittimita' che qui si solleva. Non resta a questo punto che chiedersi se l'importo come sopra conteggiato per il danno biologico a sensi dei criteri dell'art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 e dei valori economici adeguati con il d.m. del 17 giugno 2011 possa venir considerato satisfattivo o meno. Occorre in sostanza chiedersi se l'incremento dell'importo tabellare di euro 290,02 consentito dal comma 3 del richiamato art. 139 possa, con l'importo previsto dalla tabella, e cosi' in totale euro 1.740,16, considerarsi adeguato risarcimento del caso concreto con adeguata personalizzazione del danno biologico in funzione delle condizioni soggettive dell'infortunato. Nel caso di specie e' stato comprovato che l'attore non riesce piu' ad effettuare lavori su soffitti non potendo mantenere la testa rivolta verso l'alto, il che significa non solo il sorgere di difficolta' nell'ambito lavorativo, ma anche nell'ambito familiare o sociale, avendo esso attore, difficolta', sia pur solo, per cambiare una lampadina in casa od attaccare un quadro. Si tratta, dunque, di conseguenze di un certo rilievo sul piano delle condizioni soggettive del danneggiato, che e' comunque soggetto ancor in giovane eta', che si trova ad essere in un certo senso menomato anche nelle sue relazioni familiari e con altri soggetti e che ha dovuto affrontare cure mediche di notevole durata ed impegno come dimostrato dal rilevante importo e dalla molteplicita' delle stesse, comprovati con adeguata documentazione, il che dimostra che si e' dovuto affrontare una tipologia di cure specifiche e di diversa efficacia da quelle adottate nei normali casi di lesione al rachide cervicale. Tali conseguenze, secondo l'incremento normativamente previsto in relazione alle condizioni soggettive del danneggiato, si vorrebbero risarcite con euro 290,02, importo questo che non si ritiene certo conforme ad equita', tenuto anche conto, nel caso di specie, del ridotto importo riconosciuto dalla tabella di legge per un 1,5% di danno biologico permanente. Occorre a questo punto rilevare che il comma 3 dell'art. 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 precisa testualmente che l'ammontare del risarcimento del danno biologico liquidato ai sensi del comma 1 puo' essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato. Si consente in sostanza un aumento di quanto previsto dalla tabella, aumento da operarsi, pero', in via equitativa e con riferimento alle condizioni soggettive del singolo danneggiato ma con il limite di un quinto. La liquidazione equitativa del danno alla persona. Per meglio inquadrare le questioni che si vengono a porre nel caso di specie e' allora il caso di specie e' allora il caso di ricordare essere stato precisato dalla Suprema Corte che il concetto di equita' racchiude in se' due caratteristiche. «La prima e' l'essere essa uno strumento di adattamento della legge al caso concreto. La norma giuridica infatti, in quanto astratta non puo' mai prevedere tutte le ipotesi concretamente verificabili.». L'altra caratteristica dell'equita' e' «... la funzione di garantire l'intima coerenza dell'ordinamento, assicurando che casi uguali non siano trattati in modo diseguale, o viceversa: sotto questo profilo l'equita' vale ad eliminare le disparita' di trattamento e le ingiustizie. Alla nozione di equita' e' quindi consustanziale non solo l'idea di adeguatezza, ma anche quella di proporzione ... Cosi' intesa, l'equita', costituisce strumento di eguaglianza, attuativo del precetto di cui all'art. 3 Cost., perche' consente di trattare i casi dissimili in modo dissimile, ed i casi analoghi in modo analogo, in quanto tutti ricadenti sotto la disciplina della medesima norma o dello stesso principio ... La regola della proporzione, intesa quale parita' di trattamento, e' gia' stata affermata in numerose occasioni sia dalla Corte costituzionale che dalla Corte di cassazione, con riferimento alla liquidazione del danno biologico. Nella motivazione della sentenza 14 luglio 1986, n. 184, la Consulta chiari' che nella liquidazione del danno alla salute il giudice deve combinare due elementi: da un lato una "uniformita' pecuniaria di base", la quale assicuri che lo stesso tipo di lesione non sia valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto; dall'altra elasticita' e flessibilita', per adeguare la liquidazione all'effettiva incidenza della menomazione sulle attivita' della vita quotidiana. Il criterio della compresenza di uniformita' e flessibilita' e' stato condiviso da questa Corte, la quale ha ripetutamente affermato che nella liquidazione del danno biologico il giudice del merito deve innanzitutto individuare un parametro uniforme per tutti, e poi, adattare quantitativamente o qualitativamente tale parametro alle circostanze del caso concreto.». (Cass. civ. 7 giugno 2011, n. 12408). In altra occasione si e' anche ribadito che «... in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, nei diversi aspetti o voci di cui tale unitaria categoria si compendia, l'applicazione dei criteri di valutazione equitativa, rimessa alla prudente discrezionalita' del giudice deve consentirne ... la maggior approssimazione possibile all'integrale risarcimento; a tal fine tali criteri devono essere pertanto idonei a garantire anche la cosiddetta personalizzazione del danno.». (Cass. civ. 30 giugno 2011, n. 14402). Ma se la personalizzazione del danno deve essere effettuata con riferimento al criterio equitativo e l'equita' deve avere le caratteristiche appena delineate e' chiaro che l'integrale risarcimento del danno in esame, con ricorso a tale criterio, non potra' ottenersi con l'applicazione delle tabelle di legge, che fungono da limite legale (ma solo per i danni conseguenti alla circolazione dei veicoli dei natanti) al potere equitativo del giudice in relazione alla domanda svolta nel presente giudizio nei confronti dell'assicuratore della RCA, viste le conseguenze lesive attribuibili all'incidente quali evidenziate in precedenza. Infatti, i predetti valori appaiono oggettivamente insufficienti sia in cifra assoluta che in relazione con quanto, per danni analoghi ma aventi diversa eziologia, appare equo liquidare. A titolo di confronto si puo' rilevare che la valutazione del danno, ove effettuata con le tabelle 2011 del Tribunale di Milano (scelte dalla Suprema Corte con la sentenza 7 giugno 2011, n. 12408, per la liquidazione del danno biologico in difetto di previsioni normative come l'art. 139 del codice delle assicurazioni) comporta che l'1,5% di danno biologico in un soggetto di anni 35 venga valutato in euro 1.782,50 cui si dovra' sommare l'inabilita' temporanea, calcolata sulla base di euro 91,00 al giorno (riferita all'inabilita' temporanea totale), che, nel caso di specie, porterebbe ad euro 455,00 per i 10 giorni di inabilita' temporanea parziale al 50% oltre ad euro 341,25 per l'inabilita' temporanea parziale al 25% di giorni 15, cosi' ottenendosi un totale di euro 2.578,75, cui dovra' ancora sommarsi un quid in via equitativa per l'adeguamento della liquidazione al caso concreto perla personalizzazione dello stesso, aumento che potra' giungere ad un massimo del 50% come previsto da detta tabella. E', dunque, evidente la sproporzione tra la valutazione di legge e quella adottata con le tabelle gia' in uso presso la maggior parte dei Tribunali italiani, anche se occorre tener presente che le tabelle milanesi tengono conto (come evidenziato nelle istruzioni dell'Osservatorio per la Giustizia civile di Milano) del danno biologico nei suoi risvolti anatomo-funzionali e relazionali medi ovvero peculiari, nonche' del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di dolore, sofferenza soggettiva, in via di presunzione, in riferimento ad un dato tipo di lesione, mentre quelle di legge tengono conto solo del danno biologico quale definito dall'art. 139. Come, infatti, si e' appena rilevato il danno patito dall'attore verrebbe valutato con i criteri di cui all'art. 139 in euro 1.450,14 per il danno biologico oltre ad euro 290,02 per l'incremento di cui al comma 3 di detta norma e cosi' in totale euro 1.740,16, contro un importo di euro 2.578,75, solo per il danno biologico e quindi al netto dell'incremento corrispondente alla personalizzazione del danno, laddove si faccia riferimento alla tabelle di Milano. La somma che in concreto il giudice ritiene equa per il risarcimento del danno. Ritiene questo giudice che in considerazione delle conseguenze lesive influenti pesantemente sulle condizioni soggettive di danneggiato in ancor giovane eta', quali in precedenza delineate, l'importo di euro 1.740,16 previsto dalla tabella di legge non consenta l'integrale risarcimento del danno non permettendo un'adeguata personalizzazione e possa essere solo preso in considerazione come base per una valutazione uguale per ogni danneggiato con identica percentuale di invalidita', nonche' di conseguenze lesive, e dalla quale partire per addivenire ad una liquidazione del danno biologico secondo la definizione che ne viene fornita dall'art. 139 cod. assic. danno che si ritiene equamente risarcito solo con il globale importo di euro 2.940,24 (oltre ovviamente alle spese mediche, di consulenza e di lite). Si rileva che tale importo, ai soli fini di valutarne l'equita', senza che si intenda porre in relazione la norma di legge con una tabella costituita dalla media delle liquidazioni, e' comunque inferiore a quanto si riconoscerebbe con le tabelle milanesi una volta incrementate con l'importo relativo alla personalizzazione del danno. Con tale operazione si e' percio' tenuto conto delle tabelle di legge integrate, pero', equitativamente per la personalizzazione del danno, sia in relazione alla base di partenza che all'incremento equitativo in relazione alle condizioni soggettive del danneggiato e non si e' tenuto conto delle conseguenze delle lesioni in termini di dolore, sofferenza soggettiva che sono invece considerate nella tabella di Milano ritenuta, come ormai deciso dalla Suprema Corte (con la sentenza n. 12408/2011) il valore da ritenersi equo, e cioe' quello in grado di garantire la parita' di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l'entita'. Ma se si prendono in considerazione, sia pur in via presuntiva, come ritenuto da certa giurisprudenza, anche le ulteriori conseguenze dannose in termini di dolore e sofferenza soggettiva, prese invece in considerazione dalla tabella di Milano, si vede come i soli importi consentiti dalla tabella di legge siano ancor piu' lontani da un adeguato risarcimento del danno. E per tale voce di danno e' intenzione di questo giudice riconoscere l'ulteriore importo di euro 300,00. In ognicaso, gia' l'attuale conteggio come sopra effettuato e senza il conteggio del danno morale soggettivo evidenzia l'impossibilita' di un risarcimento adeguato del danno patito dall'attore cosi' evidenziandosi sempre piu' la necessita' di un esame della costituzionalita' dell'art. 139 del codice delle assicurazioni. La liquidazione del danno alla persona effettuata sulla base dei criteri di cui all'art. 139 cod. assic.: oggettivamente insufficiente e contraria all'equita'. In ordine all'utilizzo delle tabelle di legge per il risarcimento dei danni da micropremanenti conseguenti alla circolazione dei veicoli e' da rilevare come la Suprema Corte (con la gia' richiamata sentenza n. 12408/2011) abbia precisato testualmente: «Quante volte, dunque la lesione derivi dalla circolazione di veicoli a motore e di natanti, il danno non patrimoniale da micro permanente non potro' che essere liquidato, per tutti i pregiudizi areddittuali che derivino dalla lesione del diritto alla salute entro i limiti stabiliti dalla legge mediante il rinvio al decreto annualmente emanato dal Ministro delle attivita' produttive (ex art. 139, comma 5), salvo l'aumento da parte del giudice, "in misura non superiore ad un quinto con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato" (art. 139, comma 3). Solo entro tali limiti il collegio ritiene di poter condividere il principio enunciato da Cass. 17 settembre 2010, n. 19816, che ha raccolto il ricorso in un caso nel quale il risarcimento del danno "morale" era stato negato sul presupposto che la tabella normativa non prevede la liquidazione.». Con tali premesse e' la Suprema Corte ad aver evidenziato le ragioni dell'insufficienza del risarcimento secondo i valori dell'art. 139 cod. assic., venendo, di fatto, chiarito che l'equita' sta nei livelli di risarcimento delle tabelle milanesi. La Cassazione prende poi atto che l'art. 139 costituisce comunque il limite stabilito dalla legge, per il risarcimento del danno non patrimoniale anche con riguardo al pregiudizio di tipo morale. Ma in tal modo si evidenzia anche la contrapposizione che si viene a porre tra la liquidazione dei danni alla persona conseguenti alla circolazione dei veicoli e dei natanti e gli altri e tale squilibrio e' contrario all'equita' dal momento che il risarcimento deve tendere a fissare parametri uguali per tutti. Al di la dello squilibrio cosi' evidenziato resta comunque il fatto che i valori che si ottengono con la liquidazione effettuata a sensi di legge risultano insufficienti come risulta dal confronto con i conteggi in precedenza effettuati e con l'importo che questo giudice ritiene conforme ad equita', tanto piu' se si prende in considerazione anche un quid per il danno morale. A questo punto resta ulteriormente confermata la necessita' di esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 139 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, gia' sollevata con la precedente ordinanza posto che tanto diventa vieppiu' rilevante al fine del decidere per cui non resta che richiamare brevemente le argomentazioni salienti illustrate con detta ordinanza integrandole ove opportuno e che di seguito vengono riportate. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 139 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209. 1) Violazione dell'art. 2 della Costituzione per la fissazione di un limite al risarcimento del danno alla persona senza un adeguato contemperamento degli interessi in gioco. Il quesito che ci si deve preliminarmente porre e' se il legislatore possa stabilire che la vittima di un illecito aquiliano non possa pretendere piu' di una somma predeterminata a titolo di risarcimento indipendentemente dall'effettiva consistenza del pregiudizio subito. Di tale questione la Corte costituzionale ebbe ad occuparsi in svariate occasioni. Per quanto qui interessa e per i risvolti che le decisioni adottate possono riverberare sulla questione qui sollevata, si puo' ricordare la sentenza 2 maggio 1985, n. 132, con la quale la Corte costituzionale venne chiamata a stabilire se fossero o meno contrari alla Costituzione gli articoli 1 della legge 19 maggio 1932, n. 841 e 2 della legge 3 dicembre 1962, n. 1832, nella parte in cui, dando esecuzione all'art. 22 della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 e successive modifiche, stabilivano che la responsabilita' del vettore aereo per il risarcimento del danno alla persona fosse contenuta entro il limite di 250.000 franche Poincare'. In motivazione detta sentenza osservo': «Si puo' intanto precisare che l'aver comunque sancito un limite alla responsabilita' del vettore non basta ad integrare la prospettata ipotesi di illegittimita' costituzionale sebbene importi una deroga al principio del risarcimento integrale del danno ... Occorre vedere piu' da vicino se la limitazione dell'obbligo risarcitorio sia giustificata dallo stesso contesto normativo in cui essa si colloca, nel senso che la denunciata disciplina pattizia riesca a comporre gli interessi del vettore con un sistema di ristoro del danno non lesivo della norma costituzionale di raffronto ... Ad avviso della Corte deve trattarsi di una soluzione normativa atta ad assicurare l'equilibrato componimento degli interessi in gioco: e dunque, per un verso sostenuta dalla necessita' di non comprimere indebitamente la sfera di iniziativa economica del vettore, per l'altro, congeniata secondo criteri che, in ordine all'imputazione della responsabilita' o alla determinazione della consistenza del limite in discorso, comportano idonee e specifiche salvaguardie del diritto fatto valere da chi subisce il danno ...». Nei termini in cui essa e' configurata «... la norma che di fronte alle lesioni corporee ... esclude il ristoro integrale del danno non e' assistita da un idoneo titolo giustificativo. Occorre quindi concludere che essa lede la garanzia eretta dall'art. 2 Costituzione a presidio inviolabile della persona.». Come rilevato da attenta dottrina le norme limitatrici della responsabilita' del vettore aereo vennero dichiarate costituzionalmente illegittime non perche' fissassero un limite al risarcimento, ma perche' non realizzavano l'«equo contemperamento» tra l'interesse della vittima al risarcimento integrale e quello del vettore aereo allo svolgimento della propria attivita', in particolare non fissando ne' un meccanismo che garantisse alla vittima la certezza del ristoro (ad esempio per una responsabilita' oggettiva), ne' criteri di adeguamento dell'importo del massimale. Si tratta a questo punto di vedere se l'art. 139 del codice delle assicurazioni violi o meno l'art. 2 della Costituzione facendo applicazione dei principi come sopra affermati: premesso dunque che la semplice previsione di un tetto risarcitorio non puo' costituire di per se violazione del richiamato art. 2 Cost., occorre allora vedere se tale norma realizzi l'equo contemperamento degli interessi in gioco. Ma il contemperamento degli interessi in gioco si deve ammettere che da tale norma non e' stato realizzato, visto che a fronte della rigida limitazione risarcitoria imposta al danneggiato questi non ottiene alcun vantaggio diretto od indiretto nei confronti del responsabile o del suo assicuratore come potrebbe essere ad esempio una responsabilita' oggettiva dell'assicuratore stesso, ne si e' avuta una riduzione dei premi assicurativi che sono invece notevolmente lievitati pur a fronte di una riduzione dei sinistri, come piu' volte rimarcato dalla stampa specializzata. Non pare poi ragionevole sostenere che l'interesse all'esercizio dell'attivita' assicurativa possa essere ritenuto preminente su quello all'integrale risarcimento del danno alla persona, risarcimento che e' pur sempre collegato alla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo. In sostanza, la sproporzione del trattamento delle rispettive posizioni risulta evidente tanto piu' se si considera anche che l'assicuratore ha gia' ottenuto un vantaggio, sul piano commerciale, dall'introduzione dell'obbligatorieta' dell'assicurazione contro il rischio della responsabilita' civile per la circolazione dei veicoli. A maggior ragione, diventa dunque ingiustificabile il subordinare diritti costituzionalmente garantiti dall'art. 32 della Costituzione agli interessi economici di singoli soggetti privati ed alle loro scelte imprenditoriali ed organizzative. Lamentare infine che la mancanza di una tabella di base sia inaccettabile per gli attuari delle assicurazioni impedendo loro previsioni certe dimentica, da un lato, che l'eventuale adozione della tabella di Milano come prospettato con la nota sentenza della Cassazione n. 12408/2011 limiterebbe certo tale supposta difficolta', e dall'altro, che la possibilita' di analisi di decisioni di svariati Tribunali consentirebbe, pur sempre, di giungere ad evidenziare i valori medi delle liquidazioni come d'altronde venne fatto negli anni 70 dello scorso secolo per ottenere delle indicazioni sul valore da attribuire al singolo punto di danno biologico appena riconosciuto dalla giurisprudenza genovese. Di conseguenza, si deve rilevare l'assenza dell'equo contemperamento tra i contrapposti interessi che come si e' visto e' il presupposto della legittimita' costituzionale di qualsiasi norma limitativa del diritto al risarcimento e da cio' deriva il contrasto dell'art. 139 cod. assic. con il richiamato art. 2 della Costituzione. A conclusioni similari, sia pur esaminando il problema da diversa angolatura, e' pervenuta la giurisprudenza di merito laddove venne precisato: «Da piu' parti ci si e' interrogati, tenuto conto della valenza costituzionale del risarcimento del danno alla persona, alla luce del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione e del principio della necessaria integralita' del risarcimento, circa il rischio di illegittimita' costituzionale dell'introduzione di limitazioni massime al risarcimento del danno alla persona, che non appaiano ragionevolmente giustificate da un interesse pubblico di rilievo costituzionale. Almeno in linea di principio non sembra da escludersi la sussistenza di un apprezzabile interesse pubblico all'introduzione di un limite legale massimo al risarcimento, al fine di stabilizzare il mercato assicurativo e soprattutto di garantire una certa uniformita' dei risarcimenti sul territorio nazionale di una loro minima prevedibilita' da parte degli operatori del settore. Il riconoscimento astratto dell'ammissibilita' dell'introduzione di soglie-limite, di per se' non contrastanti con la Costituzione, non significa pero' che il legislatore non debba rispettare parametri di ragionevolezza per introdurre le soglie. E' in tale scenario che matura il sospetto di incostituzionalita' delle norme di cui agli articoli 138 e 139 Codice delle Assicurazioni ove le stesse fossero reinterpretate alla luce del "nuovo" art. 2059 del codice civile cosi' come concepito dalle Sezioni Unite.» ( cosi' in motivazione Corte d'Appello di Torino 30 ottobre 2009, n. 1315). 2) Violazione dell'art. 3 comma 1 della Costituzione con riferimento all'eziologia del danno ed al soggetto danneggiante. Sotto questo aspetto si puo' ricordare che in dottrina, criticando l'art. 5 della legge n. 57/2001, si sia osservato come tale norma apparisse difficilmente compatibile con il combinato disposto degli articoli 3 e 32 Cost. perche' se la salute e' un bene dell'individuo e tutti gli individui sono uguali non si comprende perche' una stessa lesione debba essere risarcita in modo diverso a seconda che derivi da un sinistro stradale come nel caso de quo o abbia altra genesi. Identico ragionamento puo' ora venir fatto nei confronti dell'art. 139 codice delle assicurazioni il cui disposto vale nei confronti dei danni alla persona conseguenti alla circolazione dei veicoli ed in caso di azione diretta del danneggiato contro l'assicuratore non essendovi ragione per discostarsi anche da quanto affermato dalla Corte costituzionale nella propria ordinanza n. 434/2004 in riferimento all'art. 5 della legge n. 57/2001 laddove preciso' che detta noma nella parte in cui disciplina la liquidazione delle micropermanenti «... e' applicabile soltanto all'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore e non anche nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, che e' indipendente dal contratto assicurativo ...». Ed allora identica lesione puo' venir risarcita ora con gli importi di cui al d.m. 17 giugno 2011 se conseguente a circolazione dei veicoli mentre puo' venir risarcita con i criteri di cui alla tabella adottata dal Tribunale di Milano, (come deciso da Cass. n. 12408/2011), se conseguente ad altra e diversa causa, come cadere in una buca stradale, eccetera. Ma le differenze in termini monetari risultano notevoli se si pensa che nel primo caso in forza del punto base del decreto ministeriale ad un soggetto di dieci anni che abbia riportato un 1% di invalidita' da circolazione, viene corrisposto euro 759,04 (con i valori di cui al d.m. 17 giugno 2011) mentre allo stesso soggetto che abbia riportato sempre un'invalidita' dell'1% cadendo in una buca puo' venir corrisposto (con le attuali tabelle del Tribunale di Milano) l'importo di euro 1.313,00 e con l'aumentare dell'invalidita' le differenze risultano ancora maggiori se si pensa che un 9% in un soggetto di 24 anni con la tabella ministeriale viene risarcito con euro 14.612,28 e con euro 19.160,00 con la tabella di Milano, salvo l'incremento equitativo in relazione alle condizioni soggettive dell'infortunato. La differenza di trattamento in presenza di identiche situazioni, che consegue a quanto appena rilevato, risulta allora evidente con conseguente violazione dell'art. 3 comma 1 della Costituzione. Quanto appena rilevato si riflette anche nei confronti del soggetto tenuto al risarcimento, posto che se questi e' un assicuratore contro il quale sia stata proposta l'azione diretta sara' obbligato ad un risarcimento calcolato con i criteri di cui alla tabella ministeriale, mentre tanto non avverra' per il danneggiante tenuto a sensi dell'art. 2043 e seguenti del codice civile proprio come e' avvenuto nel giudizio a quo ove l'attore ha cumulato l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore con l'ordinaria azione aquiliana nei confronti del conducente proprietario del mezzo sul quale era trasportato. Ma le conseguenze di tale situazione possono avere effetti particolari anche nei confronti dell'assicuratore che sia tenuto in forza di un contratto per garanzie che non consentano l'azione diretta contro di esso. Puo' di fatto accadere che un soggetto tenuto, ad esempio, a sensi dell'art. 2051 del codice civile per danno cagionato da cose in custodia od a sensi dell'art. 2052 del codice civile per danno cagionato da animale, venga convenuto in giudizio per rispondere di danni a persona dei quali sia responsabile a sensi di dette norme e venga condannato al risarcimento degli stessi; ma la quantificazione di detti danni non potra' essere effettuata con i criteri di cui all'art. 139 codice delle assicurazioni tanto piu' dopo il recente insegnamento della Suprema Corte che ha esteso l'applicazione dei criteri di cui alla tabella di Milano. Ed allora al momento in cui il danneggiante - assicurato si rivolgera' alla propria compagnia di assicurazione per essere manlevato dalle richieste del danneggiato, a sensi dell'art. 1917 del codice civile, l'assicuratore si trovera' a dover intervenire per il risarcimento di un danno liquidato con criteri diversi e quasi sicuramente ben piu' elevati da quelli che sarebbero stati utilizzati se il danno fosse stato invece provocato dalla circolazione dei veicoli. Nell'ambito dei giudizi per il risarcimento di danni alla persona da circolazione stradale si potra' avere una situazione anche piu' complessa poiche' dopo l'intervento della Corte costituzionale con la sentenza 19 giugno 2009, n. 180, la procedura di risarcimento prevista dall'art. 149 cod. assic. si affianca, senza sostituirla obbligatoriamente, a quella ordinaria, nel senso che al danneggiato e' consentito agire sia contro la propria assicuratrice che contro il responsabile del danno, il che comporta risultati economici diversi, visto che, nel primo caso, la liquidazione del danno sarebbe vincolata ai parametri della tabella ministeriale e nel secondo caso si avrebbe invece una liquidazione con i piu' favorevoli valori tabellari in uso presso i vari Tribunali, con evidenti e irragionevoli disparita' di trattamento a seconda del soggetto che venga evocato in giudizio. La situazione diventa poi ancora piu' complessa nel caso in cui il danneggiato agisca cumulativamente contro l'assicuratore con l'azione diretta, e contestualmente contro il responsabile del danno a sensi degli artt. 2043-2054 del codice civile, con il risultato che al primo puo' chiedere il risarcimento del danno da micro permanente ma con il limite della tabella di legge ed al secondo puo' chiedere il risarcimento con le altre tabelle per ottenere il totale risarcimento e quest'ultimo potrebbe venir cosi' condannato ad importo superiore a quello invece posto a carico dell'assicuratore per cui per non essere poi esposto in proprio l'assicurato dovrebbe porre una domanda di manleva a sensi dell'art. 1917 del codice civile nei confronti del proprio stesso assicuratore. Da quanto sin qui precisato resta dunque confermata l'irragionevolezza della scelta legislativa con evidente violazione della nonna costituzionale ed in particolare dell'art. 3 comma 1. 3) Violazione dell'art. 3 della Costituzione come principio di uguaglianza dinanzi alla legge sotto il profilo dell'uguale trattamento di situazioni di fatto diverse, dell'art. 2 per la limitazione all'effettiva tutela giurisdizionale conseguente alla limitazione al risarcimento e dell'art. 24. L'art. 139 cod. assic., fissati i criteri e le misure per il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entita' derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, come precisa al suo primo comma, prevede al comma 3 che l'ammontare del danno biologico, liquidato a sensi di detta norma, possa essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato. E' appena il caso di sottolineare che, in ogni caso, l'aumento del quinto non puo' prescindere dal concreto accertamento, nel singolo caso, della sussistenza di conseguenze pregiudizievoli ulteriori e diverse rispetto a quelle ordinariamente derivanti da invalidita' dello stesso grado di quella accertata, e tali da incidere negativamente su una qualsiasi delle attivita' vitali cui la vittima era dedita prima del sinistro. E' evidente, anzitutto, che il differente aumento del risarcimento consentito in relazione all'entita' delle lesioni, potrebbe porre una certa discriminazione, visto che per le lesioni di lieve entita' si e' mantenuto il limite del 20% gia' in precedenza prefissato, mentre per le altre si e' previsto il limite del 30% il che peraltro potrebbe anche essere giustificato dalla maggior importanza di queste ultime. Si deve pero', rilevare, per quanto riguarda le lesioni di lieve entita', che e' senz'altro vero che le stesse non comportano, in genere, conseguenze pratiche immediate sull'attivita' dinamico relazionale del soggetto, ma cio' non puo' escludere la presenza di casi del tutto particolari nei quali un limite alla personalizzazione puo' risultare irragionevole, come risulta dalle considerazioni svolte in precedenza laddove si e' effettuata una valutazione sia pur non del tutto integrale del danno attoreo non essendosi calcolato alcunche' per il danno da sofferenza soggettiva. Resta comunque il fatto che in casi simili a quello in esame, nei quali le conseguenze delle lesioni influiscono direttamente ed in misura rilevante sulle condizioni soggettive dei danneggiati, la liquidazione in forza dell'art. 139 cod. non copre la reale entita' del danno, mentre altrettanto non potrebbe dirsi per identiche lesioni che abbiano colpito individui con diverse condizioni soggettive. E' infatti, bensi' vero, che sarebbe praticamente impossibile trovare due soggetti che conducano vite assolutamente identiche, ma e' altrettanto vero che la distrazione al rachide cervicale provochera' disagi ben diversi a chi come l'attore pratichi determinate attivita' rispetto a chi non le pratichi, con evidente necessita' di operare ben diverse liquidazioni. E tanto evidenzia come il sistema posto in essere con l'art. 139 cod. assic. porta a trattare in maniera uguale situazioni di fatto diverse con evidente violazione del principio di uguaglianza di fronte alla legge. La situazione si e', pero', resa ancora piu' complessa dopo che le Sezioni Unite con la sentenza 11 novembre 2008, n. 26972, hanno affermato la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale ed hanno anche precisato che «Quando il fatto illecito integra gli estremi di un reato, spetta alla vittima il risarcimento del danno non patrimoniale, nella sua piu' ampia accezione, ivi compreso il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva causata dal reato. Tale pregiudizio puo' essere permanente o temporaneo (circostanze delle quali occorre tenere conto in sede di liquidazione, ma irrilevanti ai fini della risarcibilita'), e puo' sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi non patrimoniali (ad esempio derivanti da lesioni personali o dalla morte di un congiunto): in quest'ultimo caso, pero', di esso il giudice dovra' tener conto nella personalizzazione del danno biologico o di quello causato dall'evento luttuoso, mentre non ne e' consentita una autonoma liquidazione.». Ed allora del danno non patrimoniale di cui al caso particolare in oggetto si dovrebbe tenere conto globalmente nella personalizzazione del danno biologico con il limite dell'aumento del 20% che finisce, pero', per determinare un livellamento del risarcimento particolarmente con riferimento ai risvolti dinamico relazionali provocati dallo stesso danno. Di conseguenza, impedendosi al giudicante di personalizzare la liquidazione del danno biologico adeguandola alle caratteristiche del singolo caso concreto con il limite suindicato che porta a concedere importi inadeguati, si deve ammettere la violazione anche dell'art. 2 della Costituzione determinandosi un'irragionevole compressione del diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale il che porta anche ad una violazione dell'art. 24 della Costituzione. E' appena il caso di ricordare che nella prassi precedente si consideravano come pregiudizi distinti e separati il danno biologico e quello cosiddetto morale e si giungeva ad una loro separata liquidazione, per cui attraverso la liquidazione del secondo si poteva tener conto di quelle conseguenze dannose il cui risarcimento avrebbe potuto superare la soglia del quinto di legge. Tanto rende percio' piu' complessa l'azione giudiziale per la tutela del diritto alla salute pregiudicandosi in certi casi la difesa del danneggiato con evidente violazione anche dell'art. 24 della Costituzione. 4) Violazione dell'art. 76 della Costituzione per la previsione di un limite non previsto dalla legge delega 23 luglio 2003, n. 229 La legge n. 229/2003 all'art. 4 dispone testualmente: « Il Governo e' delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'art. 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti piu' deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonche' dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio ...». Il codice delle assicurazioni doveva quindi tutelare i contraenti piu' deboli con adeguata informazione avendo anche riguardo alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali del relativo servizio. Ma aver riguardo alla correttezza del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali del servizio, non sembra possa significare anche porre dei limiti al risarcimento, limite, questo, che non risulta sia stato previsto dalla legge delega. Si puo', dunque, rilevare come l'introduzione di valori tabellari vincolanti per il Giudice oltre tutto con importi notevolmente inferiori a quelli normalmente utilizzati dai Tribunali nelle vicende diverse da quelle di cui alla circolazione dei veicoli, si ponga in posizione opposta rispetto ai criteri guida della legge delega che risultano pur sempre indirizzati alla tutela del contraente piu' debole e comunque del consumatore del servizio assicurativo, posizione questa che indubbiamente puo' rinvenirsi nell'assicurato che a sensi dell'art. 149 agisca direttamente contro il proprio assicuratore per i danni alla persona che restano contenuti nel limite previsto dall'art. 139 ed identico discorso potrebbe farsi, in considerazione degli scopi cui era diretta l'istituzione dell'assicurazione obbligatoria dei veicoli e dei natanti, anche per qualsivoglia altro soggetto danneggiato da incidente stradale. Infatti, l'assicurato che come conducente del proprio veicolo abbia riportato un danno alla persona che si sia concretato in una micro permanente, otterra' un risarcimento che non necessariamente potrebbe corrispondere al suo intero danno proprio per la presenza del limite al risarcimento previsto dall'art. 139 richiamato dall'art. 149, e tanto non pare in linea con la tutela del contraente piu' debole il che' pare oggi contrastare anche con gli accordi internazionali, se si pensa che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (in G.U. 23 gennaio 2008, n. 223) precisa testualmente all'art. 38: «Nella politica dell'Unione e' garantito un elevato livello di protezione dei consumatori.». Da quanto sin qui detto emerge allora come l'art.139 del d.lgs. n. 209/2005 risulti costituzionalmente illegittimo difettando della necessaria autorizzazione parlamentare e ponendosi quindi in contrasto con l'art. 76 della Costituzione. Impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma. L'art- 139 del d.lgs. n. 209/2005 segue di fatto quanto gia' previsto dall'art. 5 della legge n. 57/2001, come modificato dall'art. 23 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, che aveva il chiaro intento di contenere i costi del servizio assicurativo, intento che evidentemente si e' inteso proseguire anche con il predetto art. 139. Il tentativo di procedere ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma non puo' allo stato, prescindere dagli attuali principi giurisprudenziali, quali recepiti dal diritto vivente ed indirizzati alla personalizzazione della liquidazione del singolo danno alla persona ed al suo intero ristoro cui tende appunto tale operazione, soprattutto con il ricorso al criterio equitativo (come evidenziato da Cass. n. 12408/2011 che a tal fine fa riferimento alle tabelle milanesi). Ma l'art. 139 del d.lgs. n. 209/2005 non consente al Giudice alcuna possibilita' di adeguare al caso concreto la sua liquidazione sia nei casi in cui gli importi previsti da detta norma risultino inferiori alla reale entita' del danno sia nel caso in cui detti importi risultino invece superiori, non potendo, esso Giudice, intervenire in alcun modo, in quanto deve adottare un semplice calcolo matematico che lo limita nel suo potere equitativo. Peraltro e' il caso di rilevare che il testo originario dell'art. 5 della legge n. 57/2001 si limitava a precisare che «... il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato» cosi' consentendo un'adeguata personalizzazione del singolo danno e che solo con la modifica apportata a detta norma con l'art. 23 della legge n. 273/2002 si e' posto il limite di un quinto all'aumento relativo alle condizioni soggettive del danneggiato impedendo di fatto l'utilizzo del criterio equitativo quale ora evidenziato dalla Suprema Corte. Non e' poi da sottacere il fatto che l'attuale diritto vivente non consente piu' la liquidazione del danno morale in casi del genere di quello in esame e cio' ad evitare la duplicazione del risarcimento di danni gia' risarciti con il danno biologico quale definito dall'art. 139 cod. assic. per cui non e' possibile, nel caso di specie, cercare di adeguare il risarcimento alla reale entita' del danno quanto meno liquidando al danneggiato, in aggiunta ai valori del danno biologico tabellato dalla norma, quella ulteriore parte di danno corrispondente alla sofferenza dell'individuo che viene fatta rientrare nel danno biologico. Si potrebbe allora cercare di giungere ad una liquidazione adeguata del danno sulla scorta delle allegazioni e prove fornite dal danneggiato al fine di individuare quella norma la cui violazione ha provocato un danno non patrimoniale ovviamente diverso dal danno biologico inteso nella sua piu' ampia accezione, operazione questa che per le micro permanenti, in genere, diventa di indubbia difficolta' se non impossibilita'. Peraltro, nel caso concreto, il giudice a quo ritiene di aver individuato, per il solo danno da risarcire all'attore a titolo di risarcimento della lesione temporanea e permanente alla sua integrita' psicofisica che esplica un'incidenza negativa sulle attivita' quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della sua vita, un'equa valutazione nell'importo di euro 2.940,24 ai quali ritiene equo aggiungere euro 300,00 per il pregiudizio che prima dell'intervento delle Sezioni Unite si calcolava come danno morale. Per contro a sensi dell'art. 139 cod. assic. il giudice non puo' liquidare al danneggiato che i soli importi consentiti dalla legge, importi che compreso l'aumento del 20% non possono superare, sempre per il solo ristoro della lesione temporanea e permanente alla sua integrita' psicofisica che esplica un'incidenza negativa sulle attivita' quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della sua vita, l'importo di euro 1.740,16. Non si vede quindi allo stato in quale modo poter salvare la norma con un'interpretazione costituzionalmente orientata. Sulla rilevanza della questione di illegittimita' costituzionale formulata. Come fin qui diffusamente argomentato nel presente giudizio il remittente ha individuato nella somma di curo 2.940,24 (oltre ovviamente alle spese mediche, di consulenza e di lite), l'ammontare della somma che intende attribuire all'attore a titolo di risarcimento della lesione temporanea e permanente alla sua integrita' psicofisica che esplica un'incidenza negativa sulle attivita' quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della sua vita. Oltre tale somma sarebbe intenzione del giudicante attribuire anche l'ulteriore importo di euro 300,00 a titolo di danno morale, importo che dopo il noto intervento delle Sezioni Unite non gli e' pero' possibile riconoscere. Nel presente caso l'attore, ritiene che il suo danno superi l'importo offerto dall'assicuratrice e chiede per un suo integrale risarcimento adottarsi quanto meno le tabelle normalmente utilizzate dal Tribunale per le controversie diverse da quelle derivanti dalla circolazione dei veicoli con esclusione dunque della tabella prevista dall'art. 139 cod. assic. a suo avviso non satisfattiva del suo intero danno in quanto si limiterebbe il risarcimento alla minor somma da essa prevista. A prescindere dalle domande attoree la questione di legittimita' dell'art. 139 cod. assic., come in precedenza chiarito, non viene ovviamente sollevata in relazione ai rapporti tra una norma di legge ed una tabella ministeriale, ma in riferimento alla impossibilita' per il remittente di provvedere ad un integrale risarcimento del danno sui livelli dell'equita' in concreto individuata nei valori come sopra precisati, con riferimento a quanto risultante in atti, a cio' ostando i rigidi limiti della norma di legge. Resta dunque il fatto che l'attuale domanda non potrebbe essere esaminata nella sua completezza, laddove si debbano applicare rigorosamente i criteri dell'art. 139 cod. assic, sia nella parte in cui detta norma indica i valori che fungono da soglia limite, sia nella parte in cui essa limita ad una percentuale prestabilita, la possibilita' per il giudice di procedere all'aumento del valore del risarcimento. L'applicazione dei criteri dell'art. 139 cod.assic. impedirebbe, infatti,di procedere ad una adeguata valutazione del danno o meglio ad una sua personalizzazione alla luce dell'art. 2059 del codice civile come ora concepito dal diritto vivente tanto e' vero che questo giudice ha provveduto ad evidenziare quella che a suo avviso deve essere una liquidazione maggiormente aderente alla reale entita' del danno, liquidazione ben diversa da quella che sarebbe consentita con l'applicazione dei criteri di legge. E' allora evidente l'interesse della parte e dello stesso giudice ad una pronuncia sulla legittimita' costituzionale di detta norma sia nella parte in cui fissa una tabella inderogabile, sia nella parte in cui non consente un'adeguata personalizzazione del singolo danno, posto che, laddove tale norma della cui costituzionalita' si dubita, venisse confermata, si impedirebbe appunto una valutazione adeguata della domanda impedendo, comunque, una personalizzazione del danno, che finirebbe, quindi, per non venir integralmente risarcito, non osservandosi i criteri posti a base dell'equita' dalla piu' recente giurisprudenza. Tanto precisato la questione di legittimita' costituzionale come sopra enunciata appare a questo Giudice seria e non manifestamente infondata e rilevante nel processo il cui esito resta ad essa collegato per cui lo stesso non puo' essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione.