ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  degli  articoli  10,
comma 7, e 26, comma 8,  della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche  di
sicurezza e ordinamento della polizia locale), promosso dal Tribunale
ordinario di Trieste, nel procedimento vertente tra R.Z. ed  altri  e
il Comune di Trieste, con ordinanza del 31 agosto 2011,  iscritta  al
n. 235 del  registro  ordinanze  2011  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 48,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2011. 
    Visto l'atto di intervento della Regione autonoma  Friuli-Venezia
Giulia; 
    udito nella camera di consiglio del  21  marzo  2012  il  Giudice
relatore Sergio Mattarella. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un giudizio promosso da  alcuni  dipendenti  del
Comune di Trieste, inquadrati nel corpo di  polizia  municipale,  nei
confronti del Comune stesso, il Tribunale ordinario  di  Trieste,  in
funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento all'art.
117, primo e secondo comma, lettera l), della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  10,   comma   7,   e
dell'articolo 26, comma 8, della legge della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche  di
sicurezza e ordinamento della polizia locale). 
    Osserva il giudice remittente che i  ricorrenti  hanno  impugnato
davanti  al  giudice   del   lavoro,   chiedendone   la   sospensione
dell'efficacia, i provvedimenti con i quali il Comune  di  Trieste  -
sulla base del regolamento comunale emesso in attuazione delle  norme
della legge citata - aveva disposto la loro esclusione  dal  rapporto
di lavoro a tempo parziale. Nel ricorso, fra  l'altro,  i  dipendenti
hanno  ricordato   che   alcune   disposizioni   della   legge   reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009 sono  state  gia'  scrutinate  da
questa Corte con la sentenza n. 167 del 2010  la  quale,  accogliendo
alcune questioni, ha respinto quelle relative all'art. 10,  sollevate
peraltro in riferimento ad aspetti diversi da quelli odierni. 
    Cio'  premesso,  il  Tribunale  riporta  il   testo   delle   due
disposizioni impugnate: l'art. 10, comma 7, stabilisce che  «al  fine
di garantire l'efficace svolgimento delle funzioni di polizia  locale
e migliorare le condizioni di sicurezza urbana, l'articolo  1,  comma
57, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica),  concernente  l'esclusione  del  rapporto  a
tempo parziale per il personale militare, per quello delle  Forze  di
polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si applica  anche
al personale di polizia locale, salvo che sia diversamente  stabilito
nei  regolamenti  di  polizia  locale  per  esigenze   di   carattere
stagionale»; l'art. 26, comma 8, stabilisce che i rapporti di  lavoro
a tempo parziale esistenti alla data di entrata in vigore della legge
siano  trasformati  in  rapporti  a  tempo  pieno  entro   due   anni
dall'entrata in vigore della  stessa.  In  ottemperanza  alle  citate
disposizioni, il Comune di Trieste  ha  emanato  un  regolamento  che
vieta, per il personale della polizia municipale,  la  trasformazione
del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale  ed
impone la conversione di quelli a tempo parziale in contratti a tempo
pieno entro un certo termine. 
    Il giudice a quo, dopo aver ricordato che la citata  sentenza  n.
167 del  2010  riconduce  alla  potesta'  normativa  residuale  delle
Regioni la materia della polizia amministrativa locale, rileva che il
personale di polizia locale non puo' essere equiparato  al  personale
militare, alle forze di polizia e al  corpo  dei  vigili  del  fuoco,
poiche' lo status di questi  ultimi  non  e'  regolato  da  contratto
collettivo. Ne consegue che l'assimilazione  compiuta  dal  censurato
art. 10, comma 7, contravviene a quanto stabilito dall'art. 1,  comma
58, della legge n. 662  del  1996,  che  costituisce  espressione  di
principi fondamentali vincolanti  anche  per  le  Regioni  a  statuto
speciale  sulla  base  della   giurisprudenza   costituzionale.   Ma,
soprattutto, le disposizioni  censurate  intervengono  nella  materia
dell'ordinamento civile, perche' l'orario di lavoro ed il trattamento
economico «sono aspetti privatistici del contratto di lavoro»,  tanto
piu' che i ricorrenti,  tutti  agenti  di  polizia  municipale,  sono
comunque dipendenti  comunali  e  rientrano  nel  comparto  unico  di
contrattazione collettiva regioni-enti locali. 
    Non e' sostenibile, pertanto, secondo il  Tribunale  di  Trieste,
che il divieto di part-time per il personale  di  polizia  municipale
rientri nella materia dell'organizzazione degli uffici regionali, che
l'art. 117, quarto comma, Cost. attribuisce alla competenza residuale
delle Regioni. 
    Osserva, infine, il giudice a quo che  le  norme  impugnate  sono
lesive anche delle prerogative attribuite ai sindacati dal meccanismo
della contrattazione  collettiva  di  cui  all'art.  40  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),  perche'
il contratto collettivo applicabile ai ricorrenti non vieta  loro  in
alcun modo il rapporto di lavoro a tempo parziale; semmai - alla luce
delle modifiche di cui all'art. 73 del decreto-legge 25 giugno  2008,
n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 - e'  solo  in  base
alla valutazione delle esigenze di servizio che si deve  decidere  se
ammettere o meno il dipendente pubblico al lavoro a  tempo  parziale,
secondo un criterio rispondente anche alle  regole  generali  di  cui
all'art. 97 della Costituzione. 
    2.- E' intervenuta in giudizio la Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia, chiedendo che la questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
infondata. 
    In una successiva memoria depositata in vista della  discussione,
la Regione specifica che l'istituto del lavoro  a  tempo  parziale  -
regolato dall'art. 1, commi 57 e seguenti, della  legge  n.  662  del
1996 - e' modellato dal legislatore nazionale in termini di  facolta'
delle pubbliche amministrazioni, le quali possono ammetterlo in vista
del conseguimento di finalita' di risparmio di spesa. D'altra  parte,
l'art. 39, comma 27, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per
la stabilizzazione della finanza pubblica), ha chiarito che  i  commi
58 e 59 dell'art. 1 della legge n.  662  del  1996  si  applicano  al
personale degli enti locali «finche' non  diversamente  stabilito  da
ciascun ente con proprio atto normativo»; per cui e' la stessa  legge
statale a prevedere una potesta'  normativa  delle  Regioni  in  tale
materia. 
    Quanto al merito delle censure,  la  Regione  rileva  che  quella
riguardante l'art. 117, primo comma, Cost.,  deve  essere  dichiarata
inammissibile per genericita'. 
    La presunta lesione della competenza esclusiva statale in tema di
ordinamento  civile,  invece,  e'  da  un  lato   contraddittoria   e
dall'altro infondata. Contraddittoria, perche' l'ordinanza lamenta la
violazione   di   un    titolo    di    competenza    esclusiva    e,
contemporaneamente,  fa  riferimento  al  contrasto  con  i  principi
fondamentali posti dalla legislazione statale, il che  presupporrebbe
l'esistenza  di  un  titolo  di  competenza  concorrente.  Infondata,
perche' la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e'  dotata  di
competenza esclusiva statutaria in tema  di  ordinamento  degli  enti
locali e di potesta' residuale in materia di  polizia  amministrativa
locale, come risulta dall'art. 117, secondo comma, lettera h),  della
Costituzione. Non c'e', del resto, alcuna  lesione  della  competenza
statale in materia di ordinamento civile, perche' nel caso  in  esame
la  Regione  «non  disciplina  affatto  il  rapporto  di  lavoro,  ma
semplicemente sceglie, come qualunque soggetto puo'  fare,  di  quale
tipo di rapporto di lavoro -  tra  quelli  che  l'ordinamento  civile
mette a sua disposizione - ha bisogno»; si tratta, evidentemente,  di
una scelta che  attiene  ai  profili  organizzativi  dell'ordinamento
degli enti locali, sui quali la Regione  ha  una  propria  indiscussa
potesta' normativa. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Trieste, in funzione di giudice del
lavoro, ha sollevato, in riferimento all'art. 117,  primo  e  secondo
comma, lettera l),  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 10, comma 7, e dell'articolo  26,  comma
8, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n.
9 (Disposizioni in materia di politiche di  sicurezza  e  ordinamento
della polizia locale). 
    Ritiene il giudice remittente che le censurate disposizioni -  le
quali vietano al personale appartenente alla  polizia  municipale  la
possibilita' di accedere al contratto  di  lavoro  a  tempo  parziale
(art. 10, comma 7), nel contempo stabilendo che i  rapporti  a  tempo
parziale in corso siano convertiti in contratti a tempo  pieno  entro
la data del 31 dicembre 2012 (art. 26, comma 8) - siano in  contrasto
con i menzionati parametri costituzionali, poiche' l'orario di lavoro
e il trattamento economico  costituiscono  aspetti  privatistici  del
contratto  di  lavoro,  rispetto  ai  quali  la  potesta'   normativa
esclusiva spetta allo Stato (ordinamento civile). 
    2.-  Occorre  preliminarmente  osservare  che   una   delle   due
disposizioni  impugnate,  ossia  l'art.  26,  comma  8,  della  legge
regionale n. 9 del 2009,  e'  stata  oggetto  di  modifica  da  parte
dell'art. 10, comma 87,  della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 11 agosto 2011, n. 11 (Assestamento del bilancio  2011  e  del
bilancio pluriennale per gli anni 2011-2013 ai sensi dell'articolo 34
della  legge  regionale  n.  21/2007),  pubblicata   nel   Bollettino
Ufficiale della Regione in data 24 agosto  2011.  Di  tale  modifica,
benche' avvenuta  in  un  momento  precedente  rispetto  al  deposito
dell'ordinanza di rimessione a questa Corte, il  giudice  a  quo  non
mostra  di  avere   cognizione.   Tale   incompletezza   -   peraltro
comprensibile,  in  considerazione  del  brevissimo  lasso  di  tempo
intercorso fra la pubblicazione della citata modificazione  normativa
e il deposito dell'ordinanza che solleva la  presente  questione  (31
agosto  2011)  -  non  ridonda   in   ragione   di   inammissibilita'
dell'odierna questione,  perche'  la  modifica  non  altera  in  modo
significativo il quadro  normativo,  limitandosi  a  spostare  al  31
dicembre 2012 la data entro la quale i rapporti  di  lavoro  a  tempo
parziale esistenti devono essere  trasformati  in  rapporti  a  tempo
pieno. D'altra parte, gia' l'art. 10, comma  57,  della  legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia 29 dicembre 2010, n.  22  (Disposizioni
per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione -
legge finanziaria 2011), considerato nell'ordinanza di rinvio,  aveva
modificato il testo del censurato art. 26  nel  senso  che  gli  enti
locali fossero tenuti ad adeguarsi alle disposizioni di cui  all'art.
10 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009 entro  il  31
dicembre 2012. 
    Ne consegue che la Corte  deve  procedere  all'esame  del  merito
estendendo il proprio scrutinio al testo della norma come  modificata
dalla citata legge regionale n. 11 del 2011. 
    3.- Ancora in  via  preliminare  va  rilevato  che  la  lamentata
lesione dell'art. 117, primo comma, Cost.,  benche'  prospettata  nel
dispositivo dell'ordinanza di rimessione, non trova alcun supporto di
motivazione nel corpo dell'ordinanza  stessa,  sicche'  la  sollevata
questione deve essere dichiarata inammissibile in riferimento a  tale
parametro;  la  medesima,  invece,  va  esaminata   nel   merito   in
riferimento all'unico  parametro  realmente  motivato,  ossia  quello
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 
    4.- Giova premettere, ai fini di un  corretto  inquadramento  del
problema in esame, che la normativa in tema di contratto di lavoro  a
tempo parziale alle  dipendenze  della  pubblica  amministrazione  ha
conosciuto negli ultimi anni uno sviluppo non sempre lineare. 
    In precedenza, infatti, vigeva la regola, contenuta nell'art.  60
del decreto del Presidente della Repubblica 10  gennaio  1957,  n.  3
(Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti  lo   statuto   degli
impiegati civili dello Stato), secondo cui  il  rapporto  di  impiego
pubblico  era  caratterizzato  dal   fondamentale   connotato   della
esclusivita'. Con l'art. 7 della  legge  29  dicembre  1988,  n.  554
(Disposizioni in materia di pubblico impiego), e' stata  riconosciuta
la possibilita', per le amministrazioni  dello  Stato  e  degli  enti
pubblici istituzionali e  territoriali,  di  costituire  rapporti  di
lavoro a tempo parziale. Il successivo art.  1,  commi  56-65,  della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha introdotto la previsione per cui i
pubblici dipendenti con prestazione di lavoro non superiore al 50 per
cento di quella a tempo pieno  possono  anche  iscriversi  agli  albi
professionali. Tale normativa ha superato con successo  lo  scrutinio
di questa Corte,  cui  erano  state  sottoposte  varie  questioni  di
legittimita' costituzionale nell'ambito di giudizi in via  principale
promossi da diverse Regioni (sentenza n. 171  del  1999);  in  quella
pronuncia  -  peraltro  emessa  nel  vigore  del  precedente   quadro
costituzionale,  anteriore   alla   riforma   di   cui   alla   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione) - si e'  gia'  posto  in  luce  che
l'estensione  del  contratto  a  tempo  parziale  anche  ai  pubblici
dipendenti si collocava «nell'ottica  del  contenimento  della  spesa
pubblica    e    dell'aumento    dell'efficienza    della    pubblica
amministrazione». 
    Successivamente, l'art. 73, comma 1, del decreto-legge 25  giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti  per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 6  agosto  2008,  n.  133,  ha  introdotto
significative novita' nel corpo dell'art. 1, comma 58, della legge n.
662 del 1996. Nella versione  attualmente  vigente,  la  disposizione
menzionata prevede che la trasformazione del rapporto  di  lavoro  da
tempo  pieno  a  tempo  parziale  non  costituisce  piu'  una  scelta
esclusiva del dipendente; l'Amministrazione, infatti, puo' negare  la
trasformazione, fra l'altro, nel caso in cui comporti, «in  relazione
alle  mansioni  e  alla   posizione   organizzativa   ricoperta   dal
dipendente, pregiudizio alla finalita' dell'amministrazione stessa». 
    La valenza innovativa di tale modifica e' confermata dall'art. 16
della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di
lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative
e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per  l'impiego,  di
incentivi   all'occupazione,   di   apprendistato,   di   occupazione
femminile, nonche' misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in
tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro), con cui  si  e'
prevista la facolta' per le amministrazioni  pubbliche,  in  sede  di
prima applicazione del menzionato art. 73,  di  «sottoporre  a  nuova
valutazione i provvedimenti di concessione della  trasformazione  del
rapporto di lavoro da tempo pieno  a  tempo  parziale  gia'  adottati
prima dell'entrata in vigore» del d.l. n. 112 del 2008. 
    Ne consegue che la possibilita' di svolgere il rapporto di lavoro
a tempo parziale e', nel  regime  attualmente  vigente,  strettamente
connessa con gli assetti organizzativi della pubblica amministrazione
di appartenenza. 
    5.- La questione che e' posta al giudizio della  Corte  va  letta
anche  nel  contesto  normativo  che   ora   e'   stato   rapidamente
tratteggiato. 
    Il Tribunale ordinario di Trieste ipotizza che le  due  censurate
norme della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009  siano  in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., invadendo
la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.
In  realta',  le  due  disposizioni  oggi  in  esame  hanno   diversi
contenuti: l'art. 10, comma 7,  stabilisce  -  evidentemente  per  il
futuro - un generale divieto di contratto di lavoro a tempo  parziale
per il personale della polizia locale, applicando a  quest'ultimo  il
divieto gia' fissato dall'art. 1, comma 57, della legge  n.  662  del
1996 per il personale militare, delle Forze di polizia  e  del  Corpo
nazionale dei vigili del fuoco; l'art. 26, comma 8, invece, detta una
norma transitoria,  imponendo  che  i  rapporti  di  lavoro  a  tempo
parziale gia' stipulati alla data di entrata in  vigore  della  legge
siano convertiti ope legis in rapporti a tempo pieno entro una  certa
data (originariamente entro due anni e, dopo le successive  modifiche
normative, entro  il  31  dicembre  2012).  La  questione  sollevata,
pertanto, va esaminata distintamente in riferimento alle due  diverse
disposizioni. 
    6.- La questione riguardante l'art.  10,  comma  7,  della  legge
regionale n. 9 del 2009 non e' fondata. 
    Innanzitutto si rileva che  lo  statuto  speciale  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31  gennaio
1963, n. 1, gia' prevedeva,  all'art.  4,  numero  1),  una  potesta'
legislativa primaria della Regione in materia di  «ordinamento  degli
Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione  e  stato  giuridico  ed
economico  del  personale  ad  essi  addetto».  Successivamente  alla
riforma  costituzionale  del  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione, intervenuta con legge costituzionale 18  ottobre  2001,
n.  3,  questa  Corte  ha,  in  piu'  occasioni,  ribadito  che   «la
regolamentazione  delle  modalita'  di  accesso  al  lavoro  pubblico
regionale   e'   riconducibile   alla   materia   dell'organizzazione
amministrativa delle  Regioni  e  degli  enti  pubblici  regionali  e
rientra nella competenza residuale delle Regioni di cui all'art. 117,
quarto comma, della Costituzione» (cosi' la sentenza n. 95 del  2008;
ma in tal senso sono anche le successive pronunce n. 159 del 2008, n.
100 e n. 235 del 2010). Inoltre questa Corte, con la recente sentenza
n. 167 del 2010 - emessa in un giudizio che aveva  ad  oggetto  norme
della medesima legge regionale oggi censurata -  ha  confermato  che,
con la modifica del titolo V della parte seconda della  Costituzione,
e' stata riservata  allo  Stato  la  competenza  in  tema  di  ordine
pubblico e  pubblica  sicurezza,  mentre  la  materia  della  polizia
amministrativa  locale  e'  oggetto  di  competenza  residuale  delle
Regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., competenza  che
si estende anche alle Regioni a statuto speciale in  forza  dell'art.
10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. 
    La disposizione impugnata, emanata sulla  base  degli  ambiti  di
competenza ricordati, non interviene  direttamente  sulla  disciplina
del contratto di lavoro a tempo parziale ma si  limita  a  stabilire,
per il futuro, che il personale addetto a funzioni di polizia  locale
non potra' usufruire di tale modalita' di prestazione del rapporto di
lavoro: questa previsione non altera il  contenuto  di  un  contratto
regolato dalla legge statale, ma  sceglie  quale  tipo  di  contratto
dovra' essere applicato ad una determinata categoria  di  dipendenti.
Anche alla  luce  dell'evoluzione  della  sopra  ricordata  normativa
statale in materia, la possibilita' (o il divieto) di prestazione  di
lavoro con contratto a tempo parziale si inserisce in  un  ambito  di
scelte di organizzazione amministrativa; ambito che si colloca in  un
momento antecedente a quello del sorgere del rapporto di  lavoro.  La
norma,  quindi,  «spiega  la  sua  efficacia  nella  fase   anteriore
all'instaurazione del contratto di lavoro e incide  in  modo  diretto
sul comportamento  delle  amministrazioni  nell'organizzazione  delle
proprie risorse umane e solo in via riflessa ed  eventualmente  sulle
posizioni soggettive» (sentenza n. 235 del 2010). 
    La  disposizione  impugnata  non  incide  sulla  struttura  della
disciplina del rapporto di lavoro ma regola l'uso  di  quell'istituto
da parte delle amministrazioni locali, su cui la legge  regionale  ha
competenza. In particolare, non disciplina il part-time con modalita'
diverse da quelle stabilite dalla legge statale,  ma  regola  la  sua
applicabilita', con riferimento ad una categoria  di  dipendenti  con
caratteri e funzioni  particolari,  attinenti  alla  sicurezza,  come
emerge dalla stessa  motivazione  contenuta  nella  norma,  la  quale
richiama il «fine di garantire l'efficace svolgimento delle  funzioni
di polizia locale e migliorare le condizioni di sicurezza urbana». 
    Pertanto, la disposizione dell'art.  10,  comma  7,  della  legge
regionale in esame e' da ricondurre alla competenza  residuale  della
Regione. 
    7.- A diversa conclusione deve  pervenirsi,  invece,  per  quanto
riguarda l'altra disposizione censurata, ossia quella  dell'art.  26,
comma 8, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009. 
    Questa norma, infatti, stabilisce l'obbligatoria conversione  dei
contratti di lavoro a tempo parziale,  in  precedenza  stipulati,  in
contratti a tempo pieno entro la data del 31 dicembre  2012.  In  tal
modo, pero', la norma regionale incide direttamente sulla  disciplina
di  contratti  che  gia'  esistono.  La  natura   transitoria   della
disposizione in esame manifesta la sua illegittimita' costituzionale,
perche' essa non regola, per il futuro, la possibilita' o il  diniego
di utilizzazione di una determinata forma contrattuale, ma altera  il
contenuto di contratti a tempo parziale conclusi in precedenza e gia'
in corso, in tal modo  intervenendo  nella  materia  dell'ordinamento
civile, riservata alla competenza esclusiva dello Stato. 
    La questione avente ad oggetto l'art. 26, comma  8,  della  legge
reg. Friuli-Venezia Giulia  n.  9  del  2009,  nel  testo  modificato
dall'art. 10, comma 87, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n.  11
del 2011, sollevata dal Tribunale ordinario di Trieste in riferimento
all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  e',  pertanto,
fondata,   sicche'   di   tale   norma   deve    essere    dichiarata
l'illegittimita' costituzionale.