ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  37,
comma 10, del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98  (Disposizioni
urgenti  per  la  stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011,  n.  111,  in  riferimento
all'art. 36 del regio decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455
(Approvazione dello statuto della Regione siciliana), all'art. 2  del
decreto del Presidente della  Repubblica  26  luglio  1965,  n.  1074
(Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia
finanziaria), e al  principio  di  leale  cooperazione  tra  Stato  e
Regioni, promosso dalla Regione siciliana con ricorso  notificato  il
14 settembre 2011, depositato in cancelleria il 21 settembre 2011  ed
iscritto al n. 103 del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  17  aprile  2012  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    uditi gli avvocati  Beatrice  Fiandaca  e  Marina  Valli  per  la
Regione siciliana e l'avvocato dello Stato Angelo  Venturini  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 14 settembre  2011,  depositato  in
cancelleria il 21 settembre 2011 e iscritto al n.  103  del  registro
ricorsi  dell'anno  2011,  la  Regione  siciliana  ha  promosso,  tra
l'altro, questioni di legittimita' costituzionale  dell'articolo  37,
comma 10, del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98  (Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito in legge, con
modificazioni, dall'articolo 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111, in
riferimento all'articolo 36 del regio decreto legislativo  15  maggio
1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della  Regione  siciliana),
all'articolo  2  del  d.P.R.  26  luglio  1965,  n.  1074  (Norme  di
attuazione  dello  Statuto  della  Regione   siciliana   in   materia
finanziaria), e al  principio  di  leale  cooperazione  tra  Stato  e
Regioni. 
    1.1.- La ricorrente lamenta  che  la  norma  impugnata  comprende
nella riserva a favore del bilancio  statale  anche  il  gettito  del
contributo unificato di iscrizione a ruolo introdotto  dall'art.  37,
comma 6, del decreto-legge n. 98 del  2011  nei  processi  tributari,
senza farne salva, per quelli celebrati in Sicilia, la spettanza alla
Regione nemmeno della quota sostitutiva dell'imposta di bollo che  la
stessa norma statale ha contestualmente abolito. 
    La difesa della Regione,  ricordato  che  questa  Corte  ha  gia'
affermato la natura di «entrata tributaria erariale»  del  contributo
unificato (sentenza n. 73 del 2005), sostiene che,  pur  non  volendo
considerare che la  riserva  al  bilancio  statale  dei  proventi  in
questione e' finalizzata alla realizzazione di non meglio individuati
interventi nel settore della giustizia (e non a specifiche  finalita'
idonee a configurare il  requisito  della  clausola  di  destinazione
richiesta dall'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965), nella fattispecie
manca l'altro requisito richiesto perche' possa  farsi  eccezione  al
principio  devolutivo  stabilito  dall'art.  36  dello   statuto   di
autonomia speciale, vale a dire  quello  della  novita'  dell'entrata
tributaria. 
    Al riguardo la ricorrente deduce che lo stesso art. 37, comma  6,
lettera v), del decreto-legge n. 98 del 2011, modificando l'art.  18,
comma 1, del d.P.R.  30  maggio  2002,  n.  115  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia - Testo A), ha escluso per gli atti ed i provvedimenti  del
processo tributario l'imposta di  bollo  che  spettava  alla  Regione
siciliana e dunque, per i gradi di giudizio celebrati in Sicilia,  il
contributo unificato,  difettando  del  carattere  di  novita',  deve
essere  mantenuto  alla  Regione  almeno  per  la  quota  sostitutiva
dell'imposta di bollo. 
    1.2.- La difesa regionale sostiene, poi, che l'art. 37, comma 10,
del decreto-legge  n.  98  del  2011  e'  lesivo  delle  attribuzioni
statutarie in  materia  finanziaria  anche  sotto  il  profilo  della
violazione del principio di leale cooperazione, nella parte  in  cui,
riservando allo Stato il maggior gettito derivante dai nuovi  importi
fissati per  il  contributo  unificato  nel  processo  civile  e  nel
processo amministrativo, non prevede la partecipazione della  Regione
siciliana al procedimento di ripartizione tra  Stato  e  Regione  dei
relativi proventi riscossi in Sicilia. 
    In proposito la ricorrente ricorda come questa Corte  abbia  piu'
di una volta dichiarato l'illegittimita' costituzionale  di  clausole
di riserva all'erario di nuove entrate che non contenevano  una  tale
previsione, poiche' tali  clausole  costituiscono  un  meccanismo  di
deroga alla regola della spettanza alla Regione siciliana del gettito
dei tributi erariali riscosso nel territorio della medesima e la loro
attuazione incide  direttamente  sulla  effettivita'  della  garanzia
dell'autonomia finanziaria regionale (la difesa regionale menziona le
sentenze n. 228 del 2001 e n. 98, n. 347 e n. 348 del 2000). 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  si  e'  costituito  nel
giudizio di legittimita' costituzionale e ha chiesto che le questioni
siano dichiarate infondate. 
    La difesa dello Stato premette che la norma impugnata costituisce
una forma finanziaria  eccezionale  finalizzata  a  fronteggiare  una
situazione economica  emergenziale  e  si  colloca  in  un  complesso
percorso di risanamento della finanza pubblica al quale sono chiamati
a concorrere tutti i  livelli  di  governo,  incluse  le  Regioni  ad
autonomia speciale. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri aggiunge che l'art.  37,
comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011 non  viola  l'art.  2  del
d.P.R. n. 1074 del 1965, poiche' per «nuova entrata  tributaria»  non
deve necessariamente intendersi un nuovo tributo, essendo sufficiente
anche  l'incremento  di  un  tributo  preesistente,  e   perche'   la
destinazione delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni  sul
contributo unificato alla «realizzazione  di  interventi  urgenti  in
materia civile, amministrativa e tributaria» costituiscono condizioni
sufficienti,  nell'attuale  contesto  emergenziale   del   Paese,   a
giustificare la riserva  allo  Stato,  la  quale,  comunque,  essendo
diretta a coprire spese relative ad interventi  sociali  di  notevole
spessore, e' destinata a produrre  benefici  finanziari  anche  nelle
singole Regioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione siciliana ha promosso, tra l'altro,  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 10, del decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria), convertito in legge,  con  modificazioni,  dall'art.  1
della legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento  all'art.  36  del
regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione  dello
statuto della Regione siciliana), all'art. 2  del  d.P.R.  26  luglio
1965, n. 1074  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  della  Regione
siciliana  in  materia  finanziaria),  e  al   principio   di   leale
cooperazione tra Stato e Regioni. 
    1.1.- In particolare, ad  avviso  della  ricorrente,  l'art.  37,
comma 10, del decreto-legge n.  98  del  2011,  nella  parte  in  cui
comprende nella riserva a favore del bilancio statale  il  contributo
unificato di iscrizione a ruolo dovuto nei processi tributari,  senza
farne salva, per quelli  celebrati  in  Sicilia,  la  spettanza  alla
Regione  nemmeno  della  quota  sostitutiva  dell'imposta  di  bollo,
violerebbe l'art. 36 del r.d.lgs. n. 455 del  1946  e  l'art.  2  del
d.P.R. n. 1074 del 1965, a norma  dei  quali  spettano  alla  Regione
siciliana,  oltre  alle  entrate  tributarie  da  essa   direttamente
deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito
del suo territorio, dirette  o  indirette,  comunque  denominate,  ad
eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato
con apposite leggi alla  copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare
particolari  finalita'  contingenti  o   continuative   dello   Stato
specificate nelle leggi medesime. 
    1.2.- Inoltre, lo stesso art. 37, comma 10, nella parte  in  cui,
attribuendo allo Stato il maggior gettito derivante dai nuovi importi
fissati per  il  contributo  unificato  nel  processo  civile  e  nel
processo amministrativo, non prevede la partecipazione della  Regione
siciliana al procedimento di ripartizione tra  Stato  e  Regione  dei
relativi proventi riscossi in Sicilia,  violerebbe  il  principio  di
leale cooperazione tra Stato e Regioni. 
    2.- Riservata a separata pronuncia la decisione  sulle  questioni
di legittimita' costituzionale aventi ad oggetto  altre  disposizioni
del decreto-legge n. 98 del  2011,  va  esaminata,  in  primo  luogo,
quella relativa all'art. 37, comma 10, nella parte in  cui  comprende
nella riserva a favore del bilancio statale il  contributo  unificato
di iscrizione a ruolo dovuto nei processi tributari. 
    La questione non e' fondata. 
    In virtu' dell'art. 36 dello  statuto  di  autonomia  speciale  e
dell'art. 2 del d.P.R.  n.  1074  del  1965,  spettano  alla  Regione
siciliana tutte le entrate tributarie erariali  riscosse  nell'ambito
del suo territorio (ad eccezione di  alcuni  specifici  tributi).  E'
possibile per la legge statale  prevedere  diversamente,  attribuendo
allo Stato il gettito di determinati tributi, solamente se  ricorrono
due condizioni: a) che si tratti di una entrata tributaria «nuova»  e
b) che il relativo gettito sia specificamente destinato  dalla  legge
alla copertura di oneri diretti a  soddisfare  particolari  finalita'
contingenti  o  continuative  dello  Stato  specificate  nelle  leggi
medesime. 
    Questa Corte ha gia' affermato che  il  contributo  unificato  ha
natura di «entrata tributaria erariale»  ai  sensi  dell'art.  2  del
d.P.R. n. 1074 del  1965  (sentenza  n.  73  del  2005).  La  Regione
siciliana, nel caso in esame, si duole dell'insussistenza della prima
delle menzionate due condizioni richieste  dal  predetto  art.  2  e,
cioe', della «novita'» del tributo medesimo. 
    In proposito si deve osservare che «nuova» entrata tributaria (la
quale puo' essere riservata allo Stato, in  virtu'  dell'art.  2  del
d.P.R. n. 1074  del  1965)  e',  pero',  anche  la  maggiore  entrata
derivante da disposizioni legislative che introducono nuovi tributi o
aumentano le  aliquote  di  tributi  preesistenti  e  contestualmente
dispongono la soppressione di tributi esistenti o la riduzione  delle
loro aliquote (sentenza n. 348 del 2000). 
    Orbene,  con  riferimento  alle   controversie   tributarie,   le
disposizioni contenute nell'art. 37 del decreto-legge n. 98 del  2011
hanno sostituito l'imposta di bollo (in precedenza dovuta dalle parti
e rientrante tra i tributi il cui gettito era devoluto  alla  Regione
siciliana) con il contributo unificato e nel contempo, con  il  comma
10,  hanno  destinato  allo  Stato  solamente  il  «maggior  gettito»
conseguitone in applicazione dei commi 6, 7, 8 e 9. 
    La norma impugnata, quindi, concerne  solamente  l'incremento  di
gettito scaturente dalla sostituzione dell'imposta di  bollo  con  il
contributo unificato. 
    In fase di applicazione della  norma  impugnata,  lo  Stato  puo'
sempre sentire la  Regione  interessata  sul  riparto.  Ove,  invece,
riservi a se' una quota del gettito derivante  dall'applicazione  del
contributo unificato  alle  controversie  tributarie  ritenuta  dalla
Regione superiore alla differenza tra il gettito totale e  quello  in
precedenza derivante dall'applicazione dell'imposta di bollo,  e'  in
quella sede che l'ente regionale puo' difendere la propria  autonomia
finanziaria  dalla  lesione  che  ne  deriverebbe,   attraverso   gli
strumenti appropriati,  ivi  incluso  il  conflitto  di  attribuzioni
(sentenze n. 348 e n. 98 del 2000). 
    3.- Va esaminata, in secondo luogo, la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 37, comma 10, del decreto-legge  n.  98  del
2011, nella parte in  cui  riserva  allo  Stato  il  maggior  gettito
derivante  dall'incremento  dell'importo  del  contributo   unificato
dovuto nelle cause civili e amministrative  disposto  dal  precedente
comma 6. 
    Anche tale questione non e' fondata. 
    La ricorrente si duole del fatto che la norma non prevede la  sua
partecipazione al procedimento di ripartizione tra  Stato  e  Regione
del gettito  derivante  dall'applicazione  del  contributo  unificato
nelle cause che si svolgono in Sicilia. 
    Questa Corte ha gia' affermato che, quando il legislatore riserva
all'erario  «nuove  entrate  tributarie»,  il  principio   di   leale
collaborazione tra  Stato  e  Regioni  impone  la  previsione  di  un
procedimento che contempli la partecipazione della Regione  siciliana
(la quale deve essere posta in grado  di  interloquire  sulle  scelte
tecniche e sulle stime da effettuare e di  rappresentare  il  proprio
punto di vista), solamente  se  la  determinazione  in  concreto  del
gettito derivante dalle nuove norme sia complessa  (sentenze  n.  152
del 2011, n. 288 del 2001, n. 348, n. 347 e n. 98 del 2000). 
    Tale condizione  non  e'  ravvisabile  rispetto  alle  operazioni
dirette  a  distinguere,  dopo  l'aumento  del  contributo  unificato
disposto dall'art. 37, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011,  la
quota del gettito conseguito in Sicilia corrispondente ai  precedenti
importi del contributo unificato da quella derivante  dall'incremento
di tali importi. 
    Il  problema,  peraltro,  si  pone  soltanto  per  il  contributo
unificato dovuto nelle  controversie  civili,  considerato  che,  per
quanto  riguarda  invece  il   medesimo   contributo   dovuto   nelle
controversie amministrative, non si pone il problema  di  individuare
la quota del gettito derivante dalle tariffe vigenti  precedentemente
alle modificazioni introdotte dal predetto  art.  37.  Quel  gettito,
infatti, non era riservato alla Regione siciliana. Gia'  nel  momento
in cui il legislatore statale - con l'art.  21  del  decreto-legge  4
luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e
sociale, per il  contenimento  e  la  razionalizzazione  della  spesa
pubblica, nonche' interventi in materia di  entrate  e  di  contrasto
all'evasione  fiscale),  convertito  in  legge,  con   modificazioni,
dall'art. 1, della legge  4  agosto  2006,  n.  248  -  modifico'  la
disciplina di tale tributo nelle cause in questione, dispose  che  il
relativo maggior gettito dovesse essere riservato allo Stato. 
    Rilevato,  quindi,  che  l'intervento  del  legislatore   statale
oggetto delle doglianze regionali  dev'essere  circoscritto  al  solo
tributo  dovuto  nelle  cause  civili,  c'e'  da  osservare  che   la
determinazione di tale ammontare nei singoli casi concreti dipende da
elementi di agevole individuazione (essenzialmente  il  valore  della
causa dichiarato dalla stessa parte ricorrente). Se, poi, in sede  di
applicazione della norma, lo Stato dovesse  erroneamente  determinare
tale quota, la Regione, come  gia'  precisato  sopra,  potra'  sempre
tutelarsi con  le  opportune  iniziative,  incluso  il  conflitto  di
attribuzioni.