ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  2,
commi 1, 3 e 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98  (Disposizioni
urgenti  per  la  stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011,  n.  111,  promosso  dalla
Regione  Liguria  con  ricorso  notificato  il  14  settembre   2011,
depositato in cancelleria il 21 settembre 2011 ed iscritto al  n.  99
del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  18  aprile  2012  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per  la  Regione  Liguria  e
l'avvocato  dello  Stato  Angelo  Venturini  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 14 settembre 2011 e depositato  il
21  settembre  2011  il  Presidente  della  Regione  Liguria,  previa
deliberazione della Giunta regionale, ha impugnato in via  principale
varie  disposizioni  del  decreto-legge  6   luglio   2011,   n.   98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
fra le quali l'articolo 2, commi 1, 3 e 4. 
    In particolare l'articolo in oggetto prevede che  «La  cilindrata
delle auto di servizio non puo' superare i 1600 cc.» (comma  1);  che
«le auto ad oggi in servizio possono essere utilizzate solo fino alla
loro dismissione o rottamazione  e  non  possono  essere  sostituite»
(comma  3);  che  «con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione  e
l'innovazione, sono disposti modalita' e  limiti  di  utilizzo  delle
autovetture di servizio al fine di ridurne numero e costo» (comma 4). 
    2. - La Regione Liguria  deduce  l'illegittimita'  costituzionale
delle predette disposizioni per violazione degli artt.  3,  97,  117,
terzo, quarto e sesto comma, e 118 della Costituzione. 
    2.1. - Premette la ricorrente che, pur  comprendendo  le  cogenti
ragioni finanziarie che hanno  determinato  il  ricorso  al  predetto
decreto, talune sue disposizioni, tra le quali l'art. 2, commi 1, 3 e
4,  sarebbero  lesive  delle  sue  competenze  e  che,   sebbene   le
considerazioni di ordine puramente economico non  possano  costituire
di  per  se'  oggetto  ne'  parametro  del  presente   giudizio,   le
illegittimita' di cui sarebbero affette le norme impugnate potrebbero
essere emendate attraverso la pronuncia  della  Corte  costituzionale
senza  che  il  risultato  economico   della   manovra   ne   risulti
compromesso. 
    2.2. - Secondo la ricorrente il contesto nel  quale  e'  inserito
l'art. 2, commi 1, 3 e 4, del decreto-legge  n.  98  del  2011  e  la
mancanza di una disposizione che ne precisi l'ambito di  applicazione
e conseguentemente l'efficacia vincolante a carico  della  Regione  -
diversamente da quanto accade,  per  altri  limiti  valevoli  in  via
diretta per lo Stato, all'art. 1, comma 4, dello stesso decreto-legge
n. 98 del 2011, in materia di trattamento economico  di  titolari  di
cariche pubbliche - potrebbero far  ritenere  che  l'articolo  citato
valga esclusivamente per lo Stato e per gli enti nazionali. 
    Tuttavia, secondo la Regione,  si  tratta  di  un'interpretazione
incerta poiche' l'art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 98 del  2011,
nel prevedere delle eccezioni  all'applicabilita'  delle  restrizioni
alle cosi' dette "auto blu", non comprende in esse le Regioni  e  gli
enti del "sistema regionale": «fanno eccezione le auto  in  dotazione
al Capo dello Stato, ai Presidenti del Senato  e  della  Camera,  del
Presidente del Consiglio dei Ministri e del  Presidente  della  Corte
costituzionale e le auto blindate adibite ai servizi istituzionali di
pubblica sicurezza». A  tale  proposito  la  ricorrente  richiama  il
principio   ermeneutico   secondo    il    quale    l'interpretazione
dell'eccezione ad una regola generale deve essere restrittiva. 
    3. - Se intesi come riferiti alla Regione ed agli  enti  da  essa
dipendenti, i commi richiamati, a giudizio della  ricorrente,  devono
ritenersi costituzionalmente illegittimi sotto diversi profili. 
    3.1. - Viene lamentata, da un lato, la violazione dell'art.  117,
quarto comma, Cost., poiche' i limiti introdotti con l'art. 2,  commi
1, 3 e 4, del  decreto-legge  n.  98  del  2011  inciderebbero  nella
materia residuale dell'organizzazione regionale. 
    3.2.  -  Sostiene,  d'altro  lato,  la  ricorrente   che   simili
disposizioni contrasterebbero anche  con  l'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in quanto privi del carattere di principi  fondamentali  nella
materia  concorrente  del  coordinamento  della   finanza   pubblica.
Porrebbero, infatti, limiti puntuali ad una singola e minuta voce  di
spesa senza lasciare alla Regione alcuno  spazio  di  adeguamento.  A
tale proposito viene richiamata la giurisprudenza costituzionale, che
esclude che tali limiti abbiano natura di principi fondamentali. 
    3.3.  -  Inoltre  si  sostiene  che  le  disposizioni   impugnate
violerebbero il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e
quello del buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  di  cui
all'art.  97   Cost.   L'irrazionalita'   intrinseca   delle   stesse
discenderebbe dal loro ambito di applicazione. Innanzitutto a  fronte
della rubrica dell'art. 2 del decreto-legge n.  98  del  2011  -  che
utilizza la generica espressione «auto blu» - i  commi  dell'articolo
precisano che  si  tratta  delle  «auto»  e  delle  «autovetture»  di
servizio. In altre parole, rileva la ricorrente, non  si  tratterebbe
dei soli mezzi a disposizione dei titolari degli organi politici,  ma
di tutti i mezzi di servizio. Conferma di  tale  assunto  deriverebbe
dalla previsione del comma 2, che eccettua  dalla  nuova  disciplina,
oltre  alle  vetture  degli   organi   costituzionali   espressamente
indicati, solo «le auto blindate adibite ai servizi istituzionali  di
pubblica sicurezza». 
    Tale previsione, secondo la ricorrente, sarebbe  irragionevole  e
lesiva del buon andamento dell'amministrazione regionale, dal momento
che la limitazione generalizzata della  cilindrata  non  tiene  conto
della  diversita'  delle  situazioni  operative:  secondo  la  comune
esperienza,  anche  al  di  fuori  della   pubblica   sicurezza,   lo
svolgimento adeguato di taluni compiti pubblici puo' richiedere mezzi
di potenza superiore. A tale proposito vengono richiamati  i  settori
di  competenza  regionale  della  protezione  civile,  della  guardia
forestale e della polizia amministrativa. 
    Irrazionale sarebbe altresi' il riferimento alla  cilindrata  del
motore, ritenuto  dato  non  significativo  relativamente  a  prezzo,
grandezza,   funzionalita'   e   prestazioni   dell'autovettura.   Al
contrario, sarebbe rilevante il dato della  potenza,  alla  quale  si
rapporterebbero prezzo e prestazioni. 
    Secondo la Regione, anche il divieto di sostituzione  di  cui  al
comma 3 - se riferito a tutte «le auto oggi in servizio» e non solo a
quelle  di  cilindrata  superiore  ai  1600   cc.   -   costituirebbe
un'ulteriore e specifica violazione del principio di  buon  andamento
di cui all'art. 97 Cost., dal momento che con il  decorso  del  tempo
renderebbe impossibile svolgere  qualsiasi  servizio,  a  prescindere
dalla sua necessita'. 
    La ricorrente afferma che la violazione degli artt. 3 e 97  Cost.
puo' essere  denunciata  in  via  principale,  poiche'  la  normativa
impugnata, a causa dell'irragionevolezza e della contrarieta' al buon
andamento, impedirebbe ovvero ostacolerebbe lo svolgimento  da  parte
della  Regione  di  compiti  rientranti  nell'ambito  della   propria
autonomia legislativa e ad essa  spettanti  ai  sensi  dell'art.  118
Cost. A tale proposito viene richiamata la consolidata giurisprudenza
costituzionale, secondo cui la Regione e' abilitata a  denunciare  in
via principale violazioni anche di norme costituzionali  di  per  se'
estranee al riparto di competenze, quando si  traducano  comunque  in
lesione di proprie attribuzioni. 
    3.4. - Infine la ricorrente lamenta l'illegittimita' dell'art. 2,
comma 4, del decreto-legge n. 98  del  2011  -  nella  parte  in  cui
prevede che sia un organo statale mediante decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri a dettare «modalita'  e  limiti  di  utilizzo»
delle vetture al fine di ridurne numero e  costo  -  se  riferito  ai
mezzi che operano al sevizio della Regione, degli enti locali e degli
enti collegati.  Tale  stranezza,  secondo  la  ricorrente,  potrebbe
costituire  indizio  dell'effettiva  intenzione  del  legislatore  di
limitare il vincolo alle sole amministrazioni statali. Ad ogni  modo,
si rileva che nei limiti  delle  risorse  di  cui  legittimamente  le
Regioni (e gli enti locali) dispongono, alle stesse, in quanto organi
responsabili, spetterebbe prescrivere tali  modalita'  e  limiti,  in
modo da rientrare nel budget. 
    Oltre  all'adozione  di  norme  di  dettaglio   in   materia   di
organizzazione regionale, la  ricorrente  lamenta  l'introduzione  di
vincoli  con  fonte  regolamentare  ed,  in  subordine,  il   mancato
coinvolgimento delle Regioni in applicazione del principio  di  leale
collaborazione. 
    Difatti, ove la disposizione  dovesse  ritenersi  riferita  anche
alle vetture delle Regioni ed enti  locali,  sarebbe  violato  l'art.
117, sesto comma, Cost. Essa prevedrebbe in  materia  concorrente  un
atto amministrativo  di  natura  sostanzialmente  regolamentare,  dal
quale si dovrebbero dedurre vincoli a carico  della  Regione  stessa.
Pur volendo ammettere la finalita'  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, tale scopo  non  potrebbe  essere  perseguito  a  mezzo  di
regolamenti vincolanti l'autonomia regionale. Si richiama  sul  punto
la giurisprudenza costituzionale, secondo la quale «la sussistenza di
un ambito materiale di competenza concorrente  comporta  che  non  e'
consentita, ai sensi del sesto comma dell'art. 117 della Costituzione
che attua il principio di separazione delle competenze,  l'emanazione
di atti regolamentari» (sentenza di questa Corte n.  200  del  2009);
nonche' quella secondo la  quale  le  prescrizioni  contenute  in  un
regolamento «non possono essere considerate espressione  di  principi
fondamentali della materia  concorrente  [...],  per  la  inidoneita'
della fonte regolamentare a  dettare  detti  principi»  (sentenza  di
questa Corte n. 92 del 2011). 
    In subordine, nella denegata ipotesi in cui si dovesse  ammettere
la possibilita' che tali vincoli  derivino  da  un  atto  secondario,
l'illegittimita'  dell'art.  2,  comma  4,  deriverebbe  dal  mancato
coinvolgimento delle Regioni e quindi dalla violazione del  principio
costituzionale di leale collaborazione. 
    4. - Con atto depositato in data 24 ottobre  2011  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, si e' ritualmente costituito in giudizio. 
    Secondo il resistente la doglianza della Regione Liguria  sarebbe
del  tutto  infondata,  poiche'  la  corretta  interpretazione  delle
disposizioni di cui all'art. 2, commi 1, 3 e 4 del  decreto-legge  n.
98 del 2011 sarebbe  nel  senso  che  esse  non  si  applichino  alla
ricorrente  per  le  ragioni  dalla  stessa  evidenziate.  L'articolo
sarebbe infatti inserito in un  contesto  non  concernente  gli  enti
regionali: se il legislatore avesse inteso riferirsi anche  ad  essi,
avrebbe espressamente previsto e disciplinato il limite del vincolo a
loro carico.  Difatti,  in  attuazione  dell'art.  2,  comma  4,  del
decreto-legge n. 98  del  2011,  e'  stato  emanato  il  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011  (Utilizzo  delle
autovetture di servizio e di rappresentanza da parte delle  pubbliche
amministrazioni), che ha disciplinato l'utilizzo delle autovetture di
servizio   e   di   rappresentanza   da   parte    delle    pubbliche
amministrazioni, escludendo dalla relativa applicazione le Regioni  e
gli enti locali. Se ne dovrebbe dedurre che lo Stato stesso non abbia
ritenuto applicabile la normativa alla Regione ricorrente. 
    Il citato d.P.C.m. all'art. 1, rubricato «Finalita' ed ambito  di
applicazione», prevede al comma  2:  «Le  disposizioni  del  presente
decreto si applicano  alle  pubbliche  amministrazioni  inserite  nel
conto economico  consolidato  della  pubblica  amministrazione,  come
individuate  dall'Istituto   nazionale   di   statistica   ai   sensi
dell'articolo 1, comma 3, della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196,
incluse  le   Autorita'   indipendenti,   ed   esclusi   gli   Organi
costituzionali e, salvo quanto previsto dall'articolo 5, le Regioni e
gli enti locali». Tale disposizione precisa  l'ambito  soggettivo  di
applicazione  delle  eccezioni  poste  all'art.  2,  comma   2,   del
decreto-legge n. 98 del 2011, richiamando gli  organi  costituzionali
ivi espressamente indicati ed esplicitando l'esclusione delle Regioni
e degli enti locali. 
    5. - In data 27 marzo  2012  la  Regione  Liguria  ha  depositato
memoria, in cui rileva che l'art. 1, comma 2, del d.P.C.m.  3  agosto
2011, in attuazione dell'art. 2, comma 4, del decreto-legge n. 98 del
2011, esclude espressamente dal proprio  ambito  di  applicazione  le
Regioni, con la sola eccezione dell'art. 5, che prevede il censimento
permanente delle autovetture di servizio. Evidenzia  inoltre  che  la
posizione dell'Avvocatura - secondo cui «la  norma  se  correttamente
interpretata, non si applica alla Regione», essendo «inserita  in  un
contesto che non e' riferito agli  enti  regionali»  -  confermerebbe
l'illegittimita' delle norme impugnate, se riferite alle Regioni.  Di
conseguenza ed in sintesi, secondo  la  Regione  verrebbero  meno  le
ragioni di doglianza avanzate nel ricorso, solo ove l'art.  2,  commi
1, 3 e 4, possa essere effettivamente interpretato nel senso che  non
sia rivolto alle Regioni; in caso contrario, le censure  allo  stesso
conserverebbero piena validita'. 
    6. - Con memoria del 27 marzo 2012  l'Avvocatura  generale  dello
Stato,  affermando  l'infondatezza  del  ricorso,   introduce   delle
precisazioni relativamente alle censure mosse dalla Regione  all'art.
2, commi 1, 3 e 4, del decreto-legge n. 98 del 2011. In  particolare,
rileva che  medio  tempore  l'ordinanza  del  10  novembre  2011  del
Tribunale amministrativo regionale (TAR) per il Lazio ha ordinato  al
Presidente del Consiglio dei ministri di provvedere, nel  termine  di
60 giorni dalla notifica ovvero dalla comunicazione,  al  riesame  in
sede regolamentare della questione dell'applicabilita'  alle  Regioni
ed agli enti locali del d.P.C.m. 3 agosto 2011. 
    In adempimento a tale ordinanza, ma anche in via  di  autotutela,
e' stato  adottato  il  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 12 gennaio 2012 (Modifiche al  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, che ha modificato il precedente decreto del 3
agosto 2011, prevedendo l'adeguamento  delle  Regioni  e  degli  enti
locali a quanto ivi previsto, negli ambiti di  rispettiva  competenza
(art. 1, comma 1, lettera a), che ha sostituito l'art.  1,  comma  2,
del d.P.C.m. 3 agosto 2011). 
    Nel rivalutare la questione alla  luce  di  quanto  disposto  dal
giudice amministrativo e di quanto ritenuto in via di autotutela  dal
Presidente del Consiglio dei  ministri,  le  norme  censurate  -  sia
quella relativa al limite di cilindrata,  sia  quella  relativa  alle
modalita'  di  utilizzo  delle   vetture   -   dovrebbero   ritenersi
applicabili alle  Regioni  ed  agli  enti  del  "sistema  regionale",
dovendosi interpretare restrittivamente  -  cosi'  come,  del  resto,
prospettato dalla medesima Regione - le eccezioni  all'applicabilita'
delle limitazioni concernenti le cosi' dette "auto blu". 
    Nella memoria l'Avvocatura dello  Stato  procede  dunque  ad  una
rivalutazione della questione di  legittimita'  costituzionale  delle
norme censurate alla  luce  delle  modifiche  da  ultimo  introdotte,
concludendo per l'infondatezza nel merito del ricorso. 
    In primo luogo, quanto al limite all'acquisto di  autovetture  di
cilindrata superiore a 1600  cc.,  questo  deve  intendersi,  secondo
l'Avvocatura,   come   riaffermazione   del   principio   di    buona
amministrazione nell'ottica del contenimento  della  spesa  pubblica.
L'intervento sarebbe diretto, secondo  il  resistente,  a  conformare
l'attivita' amministrativa ai principi di  buona  amministrazione  ed
efficienza, oltreche' di moralita' - cui non puo' essere estraneo  il
plesso degli enti territoriali - mediante il contenimento di voci  di
spesa  prive   di   giustificazione   nell'esercizio   dell'attivita'
istituzionale  della  pubblica  amministrazione.   Rileva,   infatti,
l'Avvocatura che proprio quest'ultima sovente puo'  svolgersi,  salvo
casi del tutto eccezionali, senza l'uso di auto di servizio e,  anche
nei casi in cui esso sia indispensabile, con mezzi di cilindrata  non
superiore  a  1600  cc.  La  norma  censurata  in  realta'   non   si
tradurrebbe, a giudizio del resistente, in un mero  taglio  di  spesa
lesivo, come tale, dell'autonomia regionale, in  quanto  suscettibile
di essere sostituito con una diversa riorganizzazione della  spesa  a
cura  della  Regione.  Viceversa   inciderebbe   su   una   modalita'
organizzativa che e' in re ipsa, salvo rare eccezioni, non  in  linea
con  i   principi   costituzionali   della   buona   amministrazione,
trattandosi di un'inutile ostentazione a carico della  collettivita',
con l'ulteriore conseguenza di creare una separazione  e  talora  una
disaffezione  tra  cittadino  ed  amministrazione,  priva  di  ragion
d'essere alla luce dell'art. 97 Cost. 
    Inoltre, il resistente osserva che il limite massimo di 1600  cc.
sarebbe ragionevole,  perche'  sufficientemente  elevato  e  tale  da
consentire l'acquisto di autovetture funzionali  ai  diversi  compiti
pubblici. Del resto,  il  limite  suddetto,  dal  lato  della  spesa,
integrerebbe un principio di coordinamento della finanza pubblica nel
quadro dell'azione di  risanamento  spettante  allo  Stato  ai  sensi
dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  La  previsione,  peraltro,  non
risulterebbe   lesiva   delle   prerogative   regionali,    imponendo
semplicemente il tetto di 1600 cc. di cilindrata  e  lasciando  ampio
spazio di scelta regionale al suo interno  in  ordine  alle  auto  da
acquistare ed utilizzare per i diversi scopi. 
    Quanto  alla  disciplina  sulle  modalita'  di   utilizzo   delle
autovetture, le modifiche apportate  con  d.P.C.m.  12  gennaio  2012
avrebbero  chiarito  il  significato  e   la   portata   del   potere
sostanzialmente regolamentare conferito al legislatore. In base  alla
previsione che «le  Regioni  e  gli  Enti  locali,  negli  ambiti  di
rispettiva  competenza,  adeguano  i  propri  ordinamenti  a   quanto
previsto dal presente decreto» (art. 1, comma 2 del d.P.C.m. 3 agosto
2011, come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera a), del  d.P.C.m.
12 gennaio 2012), alla  fonte  regolamentare  statale  sarebbe  stato
demandato di disciplinare specificamente le modalita'  di  uso  delle
vetture del settore statale, senza ledere le  prerogative  regionali,
ma  individuando  semplicemente  un  modello  organizzativo.  Proprio
perche'  attuativo  in  modo   diretto   del   principio   di   buona
amministrazione  e   della   competenza   statale   in   materia   di
coordinamento  della  finanza  pubblica,  ad  esso  dovrebbero   fare
riferimento anche le Regioni, lasciando al contempo alle stesse  ogni
liberta'  organizzativa  nell'individuare  le   corrette   forme   di
adeguamento in aderenza alle loro specificita'. 
    Parimenti, a giudizio dell'Avvocatura, non sarebbe  lesivo  delle
competenze regionali in materia di organizzazione  amministrativa  il
generale  dovere  di  conformazione,  perche'  il   regolamento   nel
disciplinare le modalita' di utilizzo  delle  vetture  da  parte  del
personale, considerato non dal lato della spesa,  ma  da  quello  del
fruitore del mezzo, atterrebbe anche  alla  disciplina  del  pubblico
impiego.   Quest'ultima   deve   essere   ricondotta,   secondo    la
giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza di  questa  Corte
n. 151 del 2010), nella materia dell'ordinamento civile di competenza
legislativa esclusiva dello Stato ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost.,  posto  che  tale  disciplina  deve  essere
uniforme sul territorio nazionale, pena una disparita' di trattamento
tra soggetti appartenenti al pubblico impiego, con possibile  lesione
dell'art. 3 Cost. 
    Da ultimo, l'Avvocatura rileva che, trattandosi di  normativa  in
tema di coordinamento della  finanza  pubblica,  assunta  nel  quadro
dell'azione  statale  di  risanamento  della   finanza   pubblica   e
consentita allo Stato ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., non
potrebbe  fondatamente  censurarsi  l'aspetto  formale  della   fonte
regolamentare, poiche' l'art. 117, sesto comma,  Cost.  si  riferisce
alla potesta' regolamentare regionale attuativa  od  esecutiva  della
potesta'  legislativa  regionale  concorrente,  non  rilevante  nella
fattispecie in esame.  Conclude,  dunque,  per  l'infondatezza  della
questione di costituzionalita' alla luce degli artt. 97 e 117 Cost. 
    7.  -  All'udienza  pubblica  le  parti   hanno   illustrato   ed
ulteriormente ribadito le argomentazioni gia' rassegnate in atti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 14 settembre 2011 e depositato  il
21 settembre 2011, la Regione Liguria ha impugnato in via  principale
varie  disposizioni  del  decreto-legge  6   luglio   2011,   n.   98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
fra le quali l'articolo 2, commi 1,  3  e  4,  oggetto  del  presente
giudizio. 
    In particolare, l'articolo  in  considerazione  prevede  che  «La
cilindrata delle auto di servizio  non  puo'  superare  i  1600  cc.»
(comma 1); che «le auto ad oggi in servizio possono essere utilizzate
solo fino alla loro dismissione o rottamazione e non  possono  essere
sostituite» (comma 3); che «con decreto del Presidente del  Consiglio
dei  Ministri,   su   proposta   del   Ministro   per   la   pubblica
amministrazione e l'innovazione, sono disposti modalita' e limiti  di
utilizzo delle autovetture di servizio al fine di  ridurne  numero  e
costo» (comma 4). 
    Secondo la ricorrente, il contesto nel quale e'  inserito  l'art.
2, commi 1, 3 e 4, del decreto-legge n. 98 del 2011 e la mancanza  di
una  disposizione  che  ne  precisi  l'ambito  di  applicazione  -  e
conseguentemente limiti l'efficacia vincolante a carico della Regione
- potrebbero far ritenere che l'articolo citato valga  esclusivamente
per lo Stato e per gli enti nazionali.  La  Regione  deduce  tuttavia
l'incertezza   di   una   tale   interpretazione   costituzionalmente
orientata, poiche' le  eccezioni  all'ambito  di  applicazione  delle
disposizioni in esame  non  comprendono,  all'art.  2,  comma  2,  le
Regioni e gli enti locali. Viene in proposito ricordato il  principio
ermeneutico  secondo  cui  l'interpretazione  dell'eccezione  ad  una
regola generale deve essere restrittiva. 
    Se intesi  come  riferiti  alla  Regione  e  agli  enti  da  essa
dipendenti,   i   commi   richiamati   sarebbero   costituzionalmente
illegittimi sotto diversi profili. 
    Detta  opzione  ermeneutica  determinerebbe  in  primo  luogo  il
contrasto delle norme impugnate con l'art. 117, quarto  comma,  della
Costituzione    per     invasione     della     materia     residuale
dell'organizzazione regionale. 
    Ulteriori censure vengono formulate in riferimento all'art.  117,
terzo comma, Cost.,  in  quanto  le  norme  impugnate  non  avrebbero
carattere di principi fondamentali del  coordinamento  della  finanza
pubblica,  materia  di  competenza  legislativa   concorrente.   Essi
porrebbero limiti puntuali ad una singola e  minuta  voce  di  spesa,
senza lasciare alla Regione alcuno spazio normativo di adeguamento. 
    Viene altresi' evocato il contrasto con l'art. 3 Cost.  sotto  il
profilo della ragionevolezza e con l'art. 97 Cost. sotto  il  profilo
del buon andamento, sia in relazione  alla  dubbia  economicita'  che
all'assenza di funzionalita' del limite con riguardo a taluni servizi
pubblici delle Regioni e degli enti locali,  che  possono  richiedere
mezzi di potenza superiore. 
    Se applicabili alle Regioni, le norme contrasterebbero anche  con
l'art. 118 Cost., violando la loro potesta' amministrativa. 
    L'art. 2, comma 4, infine, sarebbe in contrasto con  l'art.  117,
sesto comma, Cost., poiche' affiderebbe ad un atto statale di  natura
regolamentare  la  disciplina  afferente  a  materia  di   competenza
concorrente delle Regioni. 
    In  subordine,  viene  invocato  anche  il  principio  di   leale
collaborazione per il  mancato  coinvolgimento  delle  Regioni  nella
disciplina della materia. 
    1.2.  -  L'Avvocatura   dello   Stato   ha   dapprima   sostenuto
l'infondatezza del ricorso poiche' il contesto e la collocazione  dei
tre commi impugnati escluderebbero la loro applicazione alle  Regioni
e agli enti locali. 
    Tale  assunto   interpretativo   trovava   conferma   -   secondo
l'Avvocatura - nel decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri
3  agosto  2011  (Utilizzo  delle  autovetture  di  servizio   e   di
rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni), emanato  ai
sensi dell'impugnato comma 4. 
    L'art. 1, comma 2, del citato d.P.C.m. statuiva infatti  che  «Le
disposizioni  del  presente  decreto  si  applicano  alle   pubbliche
amministrazioni  inserite  nel  conto  economico  consolidato   della
pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di
statistica ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre
2009, n. 196, incluse  le  Autorita'  indipendenti,  ed  esclusi  gli
Organi costituzionali e,  salvo  quanto  previsto  dall'articolo  5»,
(meri obblighi informativi), «le Regioni e gli enti locali». 
    1.3. - E' successivamente intervenuta l'ordinanza del 10 novembre
2011 del Tribunale amministrativo regionale (TAR) per  il  Lazio,  il
quale - a seguito di un  ricorso  sollevato  dalle  associazioni  dei
consumatori - ha emesso  un  provvedimento  cautelare,  intimando  al
Presidente del Consiglio di provvedere  al  riesame  della  questione
dell'applicabilita' alle Regioni ed agli enti locali del  d.P.C.m.  3
agosto 2011. 
    In esecuzione dell'ordinanza,  e  specificando  la  finalita'  di
autotutela della modifica, il Presidente del Consiglio ha adottato il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  12  gennaio  2012.
Quest'ultimo ha corretto il precedente decreto,  includendo  nel  suo
ambito di applicazione anche le Regioni e gli enti locali. 
    1.4. - La novella regolamentare  ha  indotto  l'Avvocatura  dello
Stato ad  una  rivalutazione  delle  questioni  sollevate,  eccependo
l'infondatezza   del    ricorso    con    motivazioni    basate    su
un'interpretazione opposta a quella sostenuta precedentemente. 
    Il limite all'acquisto di autovetture di cilindrata  superiore  a
1600 cc. dovrebbe intendersi, secondo l'Avvocatura dello Stato,  come
riaffermazione del principio di buona amministrazione nell'ottica del
contenimento della spesa pubblica. 
    L'intervento sarebbe diretto, secondo la difesa  dello  Stato,  a
conformare  l'attivita'   amministrativa   ai   principi   di   buona
amministrazione ed efficienza -  indefettibili  anche  per  gli  enti
territoriali - mediante il contenimento di voci di spesa suscettibili
di ridimensionamento qualitativo e quantitativo alla luce del momento
di particolare congiuntura economica. 
    Il limite  massimo  di  1600  cc.  sarebbe  ragionevole,  perche'
sufficiente per consentire l'acquisto di  autovetture  funzionali  ai
diversi compiti pubblici. Il limite suddetto integrerebbe, del resto,
un principio di  coordinamento  della  finanza  pubblica  nel  quadro
dell'azione di risanamento spettante allo Stato  ai  sensi  dell'art.
117, terzo comma, Cost. 
    Parimenti, a giudizio dell'Avvocatura, non sarebbe  lesivo  delle
competenze regionali in materia di organizzazione  amministrativa  il
generale  dovere  di  adeguamento   perche'   il   regolamento,   nel
determinare le modalita' di  utilizzo  delle  vetture  da  parte  del
personale, atterrebbe anche alla  disciplina  del  pubblico  impiego,
riconducibile alla  materia  dell'ordinamento  civile  di  competenza
legislativa esclusiva dello Stato ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. 
    2. - Riservate a separate pronunce le decisioni sull'impugnazione
delle altre  norme  contenute  nel  decreto-legge  n.  98  del  2011,
convertito, con modificazioni, in  legge  15  luglio  2011,  n.  111,
vengono in esame in questa sede  le  questioni  di  costituzionalita'
relative all'art. 2, commi 1, 3 e 4. 
    Esse non sono fondate. 
    Secondo la giurisprudenza di questa Corte (ex  plurimis  sentenze
n. 417 del 2005, n. 36 del 2004 e n. 376 del  2003),  il  legislatore
statale puo' legittimamente imporre agli enti autonomi  vincoli  alle
politiche  di  bilancio  (ancorche'  si  traducano   in   limitazioni
indirette all'autonomia di spesa degli  enti  stessi),  ma  solo  con
disciplina di principio e  modalita'  di  coordinamento  finanziario.
Dalla collocazione delle disposizioni e dal significato lessicale dei
termini utilizzati nei commi impugnati si ricava in modo univoco  che
i relativi precetti sono rivolti esclusivamente  allo  Stato  e  agli
enti nazionali. 
    Non presentando alcun riferimento alle autonomie territoriali, le
norme impugnate intervengono su una singola  voce  di  spesa  con  un
precetto  rigido  e  puntuale,  inibitore  di  qualsiasi  margine  di
discrezionalita' per i destinatari. L'art. 2, comma 1, stabilisce  un
limite di cilindrata delle auto di servizio, integrato dal successivo
comma 2 con alcune deroghe calibrate su organi e soggetti, non aventi
alcuna attinenza con le autonomie territoriali. Il comma 3 stabilisce
altresi' regole di dismissione e rottamazione delle auto preesistenti
all'emanazione della norma, senza alcun  riferimento  alle  autonomie
stesse.  L'ambito  applicativo  dell'art.  2,  commi  1  e   3,   del
decreto-legge  n.  98  del  2011  non  puo'  dunque   essere   esteso
all'assetto  dei  rapporti  tra  Stato  e  Regioni,  come   delineato
nell'art. 117 Cost., poiche' dette  norme  non  rivestono  natura  di
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. 
    Conseguentemente, una esegesi letterale e  sistematica  dell'art.
2, comma 4, non consente di ricavarne  l'attribuzione  al  Presidente
del  Consiglio  di  un  potere  regolamentare  nei  confronti   delle
autonomie territoriali, perche' non sussiste, nel caso in esame,  una
potesta' legislativa esclusiva dello Stato, presupposto indefettibile
per l'esercizio di detto potere (art. 117, sesto comma, Cost.). 
    E' bene ricordare in proposito il costante orientamento di questa
Corte, secondo cui solo la sussistenza  di  un  ambito  materiale  di
competenza  esclusiva  consente  allo  Stato  l'emanazione  di   atti
regolamentari  precettivi  anche  nei   confronti   delle   autonomie
territoriali (sentenza n. 200 del 2009). 
    La  corretta  lettura  della  norma  nei  termini  esposti  aveva
ispirato  le  modalita'  di  redazione  dell'originario   regolamento
attuativo del comma 4, poi disattese  dal  d.P.C.m.  del  12  gennaio
2012,  il  quale  non  e'  tuttavia  in   grado   di   orientare   la
qualificazione e la interpretazione delle norme impugnate, nonche' la
loro cogenza nei confronti delle Regioni e degli enti locali, in modo
non conforme al dettato dell'art. 117 Cost. 
    Le norme impugnate non hanno dunque alcun effetto precettivo  nei
confronti delle Regioni e degli enti locali e, per questo motivo,  il
ricorso della Regione Liguria deve essere respinto.